Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

LA CROCIERA

lunedì 30 novembre 2009

-Non riesco proprio a capire il motivo per cui D’Alema non sia stato eletto Ministro degli Esteri dell’Unione Europea. Era dato per il grande favorito, erano tutti d’accordo per la sua nomina, l’elezione era pressoché certa e persino il Cavaliere, inaspettatamente, aveva dichiarato il suo appoggio alla candidatura. Allora come mai all’ultimo momento e a sorpresa è stata eletta al suo posto una britannica insignificante e sconosciuta? Chi ha affossato l’ex Segretario del PD? Chi gli ha fatto le scarpe? Zapatero? Sarkozy? O proprio il Cavaliere? Ah, saperlo!-

Dario proprio non si dava pace per questa ennesima, ma stavolta inaspettata, trombatura del suo campione.

Dario proprio non si dava pace per questa ennesima, ma stavolta inaspettata, trombatura del suo campione.

Impietosito ho pensato di dargli la spiegazione che ci voleva per tirarlo un po’ su.

-Dario, non ti angustiare. Se proprio vuoi sapere come è andata, eccoti la verità: D’Alema l’hanno fatto fuori i suoi ‘compagni’ del PD. Sia pure di nascosto, nascondendo la mano dopo aver tirato il sasso, ma i piddiini questa volta gliel’hanno voluta far pagare. Una specie di vendetta, insomma. Dolorosa.-

-Fantapolitica! Ma che cavolate dici! Ma come ti è venuta in mente una fesseria del genere! I responsabili sarebbero quelli del suo partito, allora! Biri, questa volta non ci hai capito niente. Mi meraviglio di te. E poi, perché mai l’avrebbero fatto?-

Era proprio arrabbiato, Dario. Ho cercato di tranquillizzarlo.

Dario, amico mio, calmati e ascoltami solo per cinque minuti ma attentamente e senza interrompermi e vedrai che alla fine dovrai concordare con la mia tesi. Dunque vediamo i dati (cominciavo a parlare come Nero Wolfe). Non abbiamo un colpevole ma abbiamo una vittima (il povero Baffino anche se manca il movente. Si dice: troviamo il movente e troveremo il colpevole; ebbene io il movente l'ho trovato. Lascia che ti spieghi.


Come certo saprai, dopo le note vicissitudini capitate al Cavaliere, quelle che questa primavera, anche grazie al capillare, attento, e imparziale interessamento del quotidiano di Scalfari ci avevano intrattenuto, incuriosito e divertito fino a fine estate, i deputati e i senatori del PD erano in fermento. Si raccontavano cose dell’altro mondo su certe serate a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli, perfino ad Arcore; insomma dovunque ci fosse Lui. Chi, pur simpatizzante del PD, aveva avuto la fortuna di esserci stato, vuoi perché invitato (difficile: i comunisti, lo sai, non sono bene accetti) vuoi perché infiltratosi di soppiatto nella tana del lupo, raccontava cose leggendarie. Cene favolose, champagne a fiumi, bella gente, movimento, allegria, atmosfera simpatica e poi, sempre una sorpresa. A volte poteva capitare lì Briatore, con tutto il suo entourage del Millionaire, spesso arrivava qualche giovane imprenditore rampante accompagnato da tutta una schiera di ragazze sorridenti simpatiche e desiderose di poter fare nuove conoscenze; e poi ospiti internazionali a go-go: potevi trovare l’emiro del Kuwait con le sue quaranta mogli, o Gheddafi con le sue amazzoni, e in ogni caso c’era sempre Fede con una nuova meteorina, o le veline di Striscia ; insomma non ci si annoiava di certo in quelle feste; ci credo: in quell’ambiente; con quella compagnia! Il Cavaliere poi, sempre pronto a fare la sua parte: barzellette a getto continuo, pacche sulle spalle, battute a raffica, e sempre sorridente, sempre disponibile con tutti. Se gli veniva chiesto (o anche senza che gli venisse chiesto a dire il vero) ecco che ad un certo punto della serata, chissà come, chissà perché, spuntavan fuori una chitarra e un mandolino; allora, senza farsi tanto pregare, il Cavaliere si esibiva a gola spiegata in qualche canzone melodica dei bei tempi andati incitando poi tutti i presenti ad accompagnarlo in coro; spesso addirittura si scatenava in un roboante karaoke con tutti gli invitati! Si tornava a casa tardi da quelle serate, ma che serate! Serate da sogno! Da Mille e una notte a sentire quelli che c’erano stati!

Dagli oggi, dai domani, con “Repubblica” che scavava il dito nella piaga descrivendo ogni giorno per filo e per segno la cronaca di quelle serate favolose, fatto sta che quelli del PD masticavano amaro dall’invidia; “Poterle fare noi quelle feste! (dicevano), ma quello (il Cavaliere) noi (i comunisti) col cavolo che ci invita!”

Poi un giorno, si sparse una voce che qualcuno interpretò come un segno del destino: D’Alema, smentendo la sua fama di taccagno, invitava alcuni dei più importanti rappresentanti della coalizione sulla sua barca per una crociera nel Mediterraneo! L’ora della riscossa era dunque arrivata finalmente! Anche noi (pensavano quelli del PD) avremo le nostre belle serate, i nostri parties, lo champagne e.. tutto il resto! Qualcuno fece la battuta (subito replicata in tutto Montecitorio): “A D’Alema, il Cavaliere gli fa un baffo!”. Contentezza sugli scranni delle Camere, allegria nel Transatlantico, attesa spasmodica del giorno della partenza, tutto prometteva bene, tutto pareva ok. Già. Pareva.

E ora ascoltami bene perché quello che ti racconterò lo saputo personalmente da uno che su quella barca c’era, un simpatizzante romano del PD (il cui nome non posso fare ma che da qui in poi chiamerò Righetto) che fu chiamato a far parte dell’equipaggio all’ultimo momento con la mansione di cuoco aggiunto.

Dice Righetto che il tempo non c’entrò per niente. Le giornate erano stupende, così calde e soleggiate, ed il mare non fu da meno: meravigliosamente calmo e azzurro come s’era visto di rado. Fu il contesto che non funzionò; mancava il ritmo, l’allegria, il feeling. Anche a pranzo ci fu subito da ridire: prima fu un ex-onorevole dei Verdi che pretendeva di mangiare solo portate no-ogm, biologiche e vegetariane, poi ci si mise Fassino a rifiutare i salumi Rovagnati (portati come antipasto) e successivamente i tortelloni Rana al nero di seppia perché pubblicizzati negli spot di Mediaset, ed infine ci fu anche un giovane della sinistra militante, invitato sulla barca per portare una tocco di modernità alla compagnia, che ebbe da ridire sugli spaghetti perché non erano al dente (senza sapere che l’annunciata partecipazione di Scalfaro – poi rientrata - aveva spinto D’Alema a raccomandarsi al cuoco di bordo affinché li facesse bollire come minimo per venti minuti buoni).

Dulcis in fundo, perfino il caffè, servito a fine pasto, non contribuì a rasserenare gli animi. I più lo considerarono una vera schifezza (“Una ciofega”, sentenziò Violante, schifato) e i mugugni aumentarono quando venne fuori che la colpa era stata di Epifani, il quale, non aveva esitato a “dare il pacco” al povero D’Alema convincendolo ad acquistare a prezzi stracciati diverse decine di confezioni di caffè equo-e-solidale (marca “Revolucciòn”) che erano rimaste invendute all’ultima Festa Democratica della Garbatella.

Dopo il pranzo, sul ponte, le cose non andarono meglio. Non si poteva fare un passo senza incontrare la Bindi, in prendisole giallo a fiori larghi (verdi), che cercava di attaccar bottone con chiunque gli passasse a tiro; la plancia di prua era monopolizzata da quel menagramo di Fassino che, in tenuta balneare (canottiera XXL e pantaloncini da bagno blu a maglia larga con cintura di nylon bianca) fissava chiunque gli si avvicinasse con uno sguardo che incuteva il fondato timore che volesse partire lancia in resta a parlare della linea del partito, di correnti, di mozioni ecc. ecc con tutto il solito armamentario dialettico sinistrese che, almeno d’estate, almeno in crociera, dicevano sottovoce i più, non poteva risparmiarselo? D’Alema, incazzato nero da quando aveva dovuto prendere atto che della compagnia faceva parte pure Franceschini che non ricordava d’avere invitato (ma chi gli pareva d’essere a quello, il segretario del PD? O se non lo sapevano tutti che tanto era “a termine” e che dopo le prossime primarie sarebbe tornato ad attaccar circolari nella bacheca della sezione!), con una maglietta a righe orizzontali bianco-celesti e il berretto bianco con l’àncora e la scritta Yacht Club ricamate in azzurro, se ne stava aggrappato al timone di prua come per paura che volessero toglierglielo di mano mentre cercava di dimostrare la propria competenza in materia di navigazione spiegando a Bersani, che non si azzardava a contraddirlo, di come si governa una barca, qual è la differenza tra babordo e tribordo, cosa si intende per “dritta”, cosa significa “strambare” (non fraintendere) e di come da quest’anno la retta per il rimessaggio delle barche da diporto fosse aumentata in maniera scandalosa che non ci si faceva più ad andare avanti. Insomma imperava la noia; noia mortale. La sera, dopo una cena a base di spaghetti al pomodoro (per venire incontro al solito Verde), filetti di platessa Findus, patatine fritte (il purè, preparato in dosi massicce nella scongiurata eventualità che venisse Scalfaro, non lo volle nessuno), e un cornetto Algida per dessert (le bevande, tutte rigorosamente analcoliche escluso una bottiglia di lambrusco offerta sottobanco da Bersani, spaziavano dall’estaté al chinotto), nella compagnia dei croceristi cominciò a serpeggiare lo scoramento. Dopo che ebbero servito la frutta, consistente in pesche, albicocche e prugne cotte (per Scalfaro), D’Alema pensò di recuperare la serata proponendo qualche gioco di società un po’ trasgressivo, ma, avendo indicato a tale scopo lo strip poker, quando furono notate avvicinarsi al tavolo da gioco la Finocchiaro, la Jervolino, l’Annunziata, la Bonino (invitata come guest star) e la solita Bindi in pareo bianco a pois arancioni, fu costretto precipitosamente ed inappellabilmente a desistere (dietro minacce gravi anche lesive dell’incolumità personale) dalla maggioranza dei presenti maschi.

(Nota del redattore: Per la verità Righetto dice che D’Alema aveva cercato di cautelarsi almeno un po’, dal punto di vista del glamour, spingendosi fino ad invitare personalmente la Serracchiani, ma quella, udito di cosa si trattava e data una velocissima scorsa alla lista degli invitati, per tutta risposta, fissandolo dritto negli occhi, aveva alzato la mano sinistra all’altezza del petto, e dopo averne riunito le cinque dita si era limitata ad agitarla velocemente fino quasi a toccarsi il mento per tre volte, prima di andarsene scuotendo il capo e senza proferir parola).

Ospiti, non ce n’erano, se si eccettua il Donadi (l’onnipresente portavoce di Di Pietro, che spaventò a morte più di una signora uscendo all’improvviso da dietro un boccaporto) e la Faccio, più incazzata e spettinata che mai; ovviamente la loro presenza non poteva contribuire alla recuperare la serata. E il giorno successivo la storia si ripetè pressoché uguale…

La crociera (chiamiamola così) durò solo tre giorni dei sette previsti perché alla fine del secondo giorno il Comandante (D’Alema aveva voluto che tutti gli si rivolgessero con questo appellativo) disse che le previsioni metereologiche indicate sulle carte nautiche (che, ovviamente solo lui sapeva interpretare) consigliavano di tornare a riva stante il prossimo arrivo di un terribile uragano (cosa che, puntualmente, non si verificò)

Pare che il mattino del terzo giorno, quando gli ospiti sbarcarono, erano più tristi, depressi e incazzati che mai.

Quando interrogai Righetto per sapere se, secondo il suo parere, D’Alema aveva probabilità di essere eletto ministro europeo, quello, mi rispose enigmaticamente, a voce bassissima e dopo essersi guardato furtivamente attorno: “Lassame stà.. “, poi mi sussurrò: “Dopo sta popò di crociera, quelli, gliel’hanno giurata”. “Ma tu che ne pensi della sua candidatura?” gli chiesi.

Quello mi guardò sorridendo enigmaticamente. Poi, scuotendo il capo mi fece, a mezza voce: “Gnaafà”.

Ecco spiegata la trombatura europea del tuo candidato; ora sai come sono andate le cose, ma, mi raccomando: acqua in bocca. Lascia pure che diano la colpa al Cavaliere tanto lui ci ha le spalle larghe.”

Dario era rimasto come annichilito:

“Ma che storia mi hai raccontato? Ma sei proprio un impunito! Ma pensi che possa prenderti sul serio? Pensi che possa credere che codesta sia la verità?”

Gli ho risposto, dopo aver finto di averci pensato su:

“Non chiederti se la storia è vera. Chiediti solo se è completamente inverosimile. Spesso è più vera una storia completamente inverosimile che non una verità ufficiale. E dopotutto, cos’è poi la verità?: una bugia non ancora scoperta".

E' rimasto in silenzio. Per consolarlo gli ho offerto un caffè. Lavazza.


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