Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

FARE E PARLARE

lunedì 1 marzo 2010

Quando ci siamo incontrati al solito appuntamento era scuro come la cenere, Dario, quella mattina; voglia di parlare, punta.

Per un po’ ho cercato di assecondare quello che ho interpretato come un suo muto desiderio (quello di non parlare, insomma), ma, non c’è niente da fare, è più forte di me, dopo appena due minuti (mi erano sembrati anche troppi) ho cominciato a indagare.

Alla fine, è sbottato:

“Ma l’hai letto, no! Mills è stato prosciolto e il Cavaliere se la caverà anche questa volta! Roba da chiodi! Incredibile! Povera Italia… (e via col liscio)”

Povero Dario. Un po’ mi faceva pena. Dopotutto siamo amici dalla nascita e mi dispiaceva vederlo così affranto. Ho avuto la brillante idea di provare a tirargli su il morale: dopotutto un amico è un amico.

“Dario, lascia che lo dica, questa volta non mi sento di darti torto. A volte siamo stati in dissenso ma veramente non posso vederti così giù. E’ vero; dal tuo punto di vista (ribadisco: dal tuo) è uno schifo. L’unico vantaggio di tutta questa vicenda di colpi e contraccolpi (andati tutti a vuoto) e di decine di tentativi falliti per disarcionare il Cavaliere è che ora, finalmente, possiamo azzardare una ulteriore ipotesi di interpretazione di tutta questa ultradecennale serie di clamorosi insuccessi della sinistra e dei suoi alleati.

Se vuoi quindi, ma solo se vuoi, posso illustrarti la mia personale, anche se assolutamente non autorizzata, spiegazione di quello che sta succedendo.”

Ho fatto una pausa. Dario ha fatto ancora qualche passo al mio fianco, poi, visto che non parlavo, ha sbottato:

“Allora dilla! Lo so che non aspetti altro. Sentiamo questa famosa interpretazione dei motivi dello scontro tra il Cav e i suoi avversari. Sono curioso.”

Potevo andare avanti. Ero contento; avevo corso un bel rischio. Se Dario avesse detto: “Dai, Biri! Finiscila con queste buffonate e parliamo d’altro, che è meglio” non avrei saputo che dire e la nostra conversazione sarebbe proseguita su argomenti poco stimolanti e meno divertenti della cosidetta “situazione politica” come ad esempio il gossip o lo sport.

Così, ho preso fiato e ho continuato:

“Senti cosa penso; ascoltami bene. Penso che sia tutto un grande bluff, anzi: “Il Grande Bluff”. In effetti, nonostante quello che appaia e che ci si sforzi di far apparire nessuno in Italia, tanto meno la cosidetta opposizione, vuole “veramente” scalzare il Cav dal governo. Consideriamo i fatti. Tutti gli esperti di cose politiche, che, come è noto, sono tutti di sinistra, affermano che il Cavaliere, nonostante le sue proteste e nonostante si ostini a “fare la vittima” (come magistralmente definì il suo comportamento l’intelligentissima Rosy Bindi, allorché quello montò tutte quelle storie per una normale manifestazione di dissenso quale può essere un lancio in faccia di una miniaturina di nemmeno un chilo) non può negarlo: dopo la Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta, dopo tutta la stampa nazionale ed estera, le reti televisive pubbliche e private, la Confindustria, la Borsa, i grandi petrolieri (oltre al Parlamento nazionale ed europeo), il Nostro controlla anche la Magistratura! Ecco spiegata l’impunità di cui ha goduto in tutti questi anni: Avvocati, Giudici, TAR, Cassazione, Corte Costituzionale e Corte dei Conti (nonostante cerchino di non farsene accorgere) sono tutti in combutta con lui. E, stanne certo, sotto sotto fanno per lui anche tutti i leaders dei partiti della cosiddetta opposizione. Compreso Di Pietro. E’ chiaro che, per non perdere i suffragi dei cret.., pardon, degli sprovveduti che li votano (qui ho visto comparire una smorfia sul viso di Dario) devono far finta di fargli la guerra, al Cav. Ma le intenzioni, specie quelle di lunga durata, si misurano dai risultati e in tutti questi anni quali risultati hanno ottenuto lorsignori? Nessuno, nulla, niente, zero spaccato. Decine di perquisizioni, un mare di intercettazioni, chiamate in giudizio per ogni tipo di reati dai più comuni ai più fantasiosi, e alla fine cosa resta? Niente; il Cav è sempre prosciolto o prescritto e si fa un baffo di tutti i suoi accusatori. Ma ti sembra possibile? Ti sembra credibile? O non è la prova provata che i giudici, i PM, e persino i magistrati di ANM sono tutti per lui e sanno che tutte queste richieste di giudizio che non vanno a buon fine non fanno altro che irrobustirlo, il Nostro, che intanto, e grazie a questo, vede aumentare la sua popolarità tra la gente (e i voti per sé e per il suo partito). E sai perché? Perché la gente comincia a ritenerlo invincibile. Pensa a Scalfari, e alla “Repubblica”; perché mai avrebbe permesso che il suo giornale, considerato fino a qualche anno fa come il leader dei quotidiani di tendenza (quelli che oltre ad esprimere, “fanno”, opinione), potesse ridursi al rango di fogliaccio fazioso, gossipparo e di parte, simile più ad un mix fra Novella 2000 e Lotta Continua che a un campione mediatico di autorevolezza e di imparzialità? Dai retta a me: per irrobustire il Cavaliere. E “mortadella” Prodi, “ciccio bello”Rutelli, “faccia vieta” Bersani e il ruggibondo Di Pietro, perché mai hanno ridotto e continuano a ridurre la cosiddetta opposizione ad un caravanserraglio di nani e ballerine, dove non c’è una sola personalità di rilievo, non una, ma semplicemente una lista di squallidi protagonisti che ottengono popolarità solo per certi pruriginosi scandali a base di sesso depravato e di droga-parties? Semplice anche questa risposta: per affossare la sinistra (o quello che ne resta) in modo irreversibile, per allontanare da ogni cosa che puzzi anche lontanamente di rosso anche quelli che per abitudine, per antica convinzione o per pigrizia, avevano sempre votato da quella parte”.

Mi zittai (solo per un poco). Dario ora sembrava divertito. La mia ipotesi fantapolitica sembrava avergli fatto tornare il buonumore. Poi disse:

“Beato te che hai voglia di scherzare! Ma poi, stando alla tua provocazione dimmi: perché mai gli oppositori, reali o virtuali, del Cavaliere, dovrebbero fare i suoi interessi? Cosa ci guadagnerebbero, alla fine?”

Qui t’aspettavo, amico.

“Come cosa ci guadagnerebbero! Ci guadagnerebbero il fatto di poter restare per sempre all’opposizione; ci guadagnerebbero il fatto di evitare per sempre di governare, e ci guadagnerebbero la possibilità di essere sempre considerati, a scelta: coraggiosi, intransigenti, progressisti, irriverenti e impertinenti. Potrebbero continuare all’infinito con i loro teatrini (la satira!, le Dandini, i Fabifazi, Benigni e così via. E poi il noiosissimo cinema “impegnato”, i talk show televisivi alla Travaglio, gli inutili premi letterari, le brutte mostre di arte contemporanea, i faticosi dibattiti “culturali”, gli editoriali a tema fisso alla D’Arcais, i ridicoli cortei viola, gialli o arcobaleno, le occupazioni delle più varie infrastrutture, eccetera eccetera) e potrebbero continuare fino alla fine dei tempi (o a quella, per cause naturali, del Cav) a godere del regime privilegiato delle loro cooperative e di tutto ciò che le contorna, dei contributi statali ai sindacati per le compilazioni dei 730, e del potere in alcune amministrazioni locali (sempre meno, però); insomma potrebbero perseguire vita natural durante (del Cav; dopo non so) tutto il solito tran tran che li rende felicemente “importanti” e deresponsabilizzati, togliendoli nello stesso tempo dall’imbarazzo di governare e dall’incubo di dover dimostrare capacità in un campo dove non l’hanno mai avuta: quello del “fare”. Loro infatti sono quelli del “parlare”, quindi niente di più comprensibile che il fare lo lascino al Cavaliere tanto loro al diritto sacrosanto di criticare e sminuire non ci rinunciano di certo.

Ecco spiegato tutto! Come vedi i motivi a supporto di questa ipotesi ce ne sono, eccome!”.

Dario scosse la testa. “Anche se è divertente è ovvio che codesta ipotesi è solo una provocazione, uno spunto dialettico, e nemmeno troppo divertente. I motivi sono altri” concluse, serio.

“Ascolta Dario. Un’altra ipotesi c’è, in effetti. E’ la prima che dovrebbe essere valutata in una democrazia, anche se, guarda caso, nessuno dei suoi avversari la vuol considerare accanendosi a voler rovesciare il Cavaliere non con il voto (non ci credono più nemmeno loro che sia possibile in questo modo), ma con altri mezzi, diciamo, extraparlamentari, come le escort, la stampa, i suoi problemi familiari, la sua salute, il fatto che è basso (!) e la macchina giudiziaria. Però la prima ipotesi c’è e deriva da una certezza: il Cav ha la maggioranza degli elettori a suo favore, ne ha una marea sempre crescente, e la sua popolarità è talmente alta che, anche per calmare le acque, egli stesso si è dovuto premunire di dichiarare che rinuncia fin da ora ad una sua futura candidatura al Quirinale se sarà fatta la riforma che vuole il Capo dello Stato eletto dal popolo, ben sapendo che, in questo caso, sarebbe eletto non da una maggioranza, ma con un imbarazzante plebiscito. E questo perché non c’è nessuno sulla piazza politica italiana, nessuno, letteralmente nessuno (e quelli di sinistra lo sanno benissimo) che possa competere con lui in quanto a gradimento popolare, prestigio internazionale, capacità comunicativa, carisma personale e capacità di fare le cose. Ma te lo immagini Bersani a discutere a Bruxelles con Putin, o Sarkozy, ci pensi a Di Pietro ricevuto da Obama alla Casa Bianca o invitato a parlare all’Assemblea delle Nazioni Unite? Da rabbrividire, o da ridere, ne convengo. E questo perché, ben al di là dei suoi difetti, che non sono pochi né di poco conto, il Berlusca ha una grande capacità, una qualità, o meglio una caratteristica che lo contraddistingue e che oggi è divenuta una prerogativa rarissima: quella di saper “fare”.”

Eravamo arrivati alla nostra panchina (fortunatamente era libera) dove ci siamo seduti, un pochino stanchi.

Dopo qualche secondo, restandosene Dario in silenzio, continuai, specificando meglio il concetto.

“Ricorda: - Chi sa, fa. Chi non sa, insegna a fare -. E’ una legge naturale verificabilissima. Ora, come è notorio, avendo dimostrato al colto e all’inclita che la sinistra non sa o (dati i suoi precedenti ideologici) non può “fare”, ecco che la stessa si è dedicata con indubbio successo a quello che più le si addice: “insegnare a fare”. Quelli di sinistra sono bravissimi, che dico?: imbattibili a insegnare a fare. Per questo organizzano dibattiti dove si esercitano nelle varie discipline del “non fare” come: criticare, biasimare, ammonire, sminuire, contrastare, dialogare, e così via. Ma sempre assolutamente senza: “fare”. E come potrebbe la Sinistra, posto che sapesse farlo, ridisegnare le Pensioni, abbassare le tasse, introdurre il nucleare o combattere l’immigrazione clandestina, solo per citare alcune delle priorità nazionali? Ecco quindi perché quelli dell’opposizione si tengono stretto, anzi, strettissimo, il loro Silvio. Dopo di lui si vedrà, pensano; intanto lasciamolo lavorare che lavorare stanca; facciamogli portare avanti tutte quelle cose che noi non sapremmo fare. A criticarlo, tanto, ci pensiamo noi. E, dopotutto, non sarà mica eterno. I problemi, per noi, verranno quando lui non ci sarà più.”

Eravamo giunti al termine della nostra corroborante passeggiata. Dario aveva un sorrisino sulle labbra che non gli conoscevo.

“Ma falla finita, pagliaccio!” ha sbottato, serio ma allegro (proprio così).

L’ho guardato fisso, poi, quando gli ho stretto la mano per salutarlo: “Pensaci” gli ho detto.

Prima di lasciarci ci siamo dati appuntamento per la prossima volta, stesso luogo, stessa ora.


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