Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Non solo Gargamella

domenica 19 settembre 2010

“O Biri, o che cosa ti succede?” ha esordito con domanda perentoria e misteriosa Dario, quando, dopo una vita, l’ho rivisto alla fermata dell’autobus.
“Dario, amico mio, mi succede cosa? Chiarezza, prego” ho risposto un po’ piccato perché non avevo trovato niente di più intelligente per controbattere (lo sapevo infatti, a cosa, il bischero, si riferiva).
“Ma come? Seguo il tuo blog per godere delle tue trovate, delle tue impertinenze, delle tue dissacrazioni (anche politiche, sì, soprattutto contro quella che tu ritieni la mia parte), delle tue arguzie verbali pittoresche ma sempre divertenti e ieri che ti trovo? Un pistolotto a metà tra la predica e la confessione esoterica con morti che parlano, cipressi che si muovono e tutta una serie di confessioni religiose che mi hanno lasciato di stucco. Stai invecchiando? Hai sentito le voci? Che diavolo significa?”
Ho dovuto spiegare a Dario che un blog che si rispetti (e anche un uomo che si rispetti) non deve focalizzarsi solo su un aspetto dei mille motivi che circondano, arricchiscono, complicano e intrecciano la nostra esistenza.
“Vedi, amico mio” gli ho confidato “di tutte le miriadi di notizie inutili che intralciano, appesantiscono e rendono le nostre giornate un po’ meno degne di essere vissute, quelle provenienti dal mondo (anzi, dal “teatrino”) della politica, sono le più spassose, se viste sotto la giusta angolazione (eliminando subito il fatto che si possano prendere sul serio) che è quella della gioiosa “presa per i fondelli” di coloro che appartengono (magari vantandosene, i bischeri!) a quel mondo. E di tutti quelli che lo meritano (quasi tutti), i più meritevoli sono, guarda caso, proprio quelli che tu definisci “la tua parte”. I comunisti, insomma, o, se questa parolina di cui una volta ci si vantava (loro, intendo) ora, a dirla, si rischia di offendere qualche repentina suscettibilità chiarisco meglio che i signori in questione sono i progressisti, gli illuminati, i tolleranti, i democratici insomma. Sono quelli che per decenni ci hanno dato a bere, e continuano imperterriti, anche se ora molti cominciano a rifiutare di sorseggiare le loro tisane, che solo loro sono sempre e comunque “dalla parte giusta”, che solo loro possiedono, promuovono, comprendono e praticano la “Cultura”, che solo loro hanno i mezzi e le carte in regola per interpretare la “Storia” e che solo loro hanno la ricetta giusta per tutti i mali, piccoli o grandi che possano affliggere un Paese.
Così per anni hanno imperversato monopolizzando quelli che ormai considerano i loro “territori” di caccia, i grandi spazi sociali che gli altri, spaventati da ciò che “gli illuminati” potessero fare, hanno loro lasciato: le grandi praterie del consenso che si chiamano Educazione (Scuola, Università ecc.), Lavoro (Organizzazioni Sindacali, Aziende Statali ecc.), e ancora Editoria, Grande Distribuzione, Magistratura e via col liscio.
Ovvio che, alla fine, poiché loro non cambiano ed il mondo invece sì, alcuni nodi sono venuti (e vengono, sempre più spesso) al pettine. E così emerge (faticosamente, ma emerge) che la loro Storia è perlopiù composta di Miti e Luoghi Comuni inamovibili e che la loro Cultura tanto sbandierata è una sottocultura al servizio della loro stessa ideologia, una Cultura vecchia, funzionale, utilitaristica ed autoreferenziale che dà origine a spettacoli tragicomici. Per esempio, nel Cinema (una delle discipline culturali che mi hanno sempre interessato) si può arrivare al punto in cui produttori di sinistra (grazie a finanziamenti pubblici erogati in base a leggi votate, a suo tempo, dalla sinistra), sulla base di una sceneggiatura di sinistra (ovviamente politically-correct e tratta da un romanzo di uno scrittore di sinistra), commissionano film a registi di sinistra che si avvalgono di staff tecnico e attori di sinistra. Il film viene recensito positivamente nei giornali di sinistra, vince premi nei festival presieduti da giurati di sinistra e viene infine proiettato (pressoché esclusivamente) nei cinema d’essai (non in tutti ma quasi: quelli in mano alla sinistra). I giornali ispirati alla sinistra (primo fra tutti il giornale-partito della sinistra: La Repubblica), ovviamente sprecano piombo e spazio nelle loro pagine culturali per recensire entusiasticamente il film in questione.
La gente normale, di solito, questi film non li va a vedere e, se vi viene costretta da alcune circostanze (ripararsi dalla pioggia, il desiderio di far colpo su una persona, la voglia di sentirsi un po’ meno cretino di quanto gli altri cretini, quelli di sinistra, lo giudicano), esce poi dalla sala incazzata, annoiata e triste (semplicemente: non saprebbe descrivere cosa ha visto). Se ha visto il film di pomeriggio, la sera a cena, litiga con la moglie (anche lei arrabbiatissima per averlo dovuto accompagnare ed essersi dovuta sorbire quella che, considera come una “cagata” indescrivibile), se invece ha visto il film dopo cena, quando si corica viene colpito da tremendi sensi di colpa (per essere andato a vedere quella boiata) e dorme un sonno tormentato dagli incubi.
 Ricordo al riguardo i micidiali film di Antonioni, uno dei più sopravalutati registi del dopoguerra (insieme ad altri riferimenti della sinistra come Petri, Bellocchio, Bertolucci ecc. ecc.). Questo regista, dopo un esordio onorevole cadde in preda alla paranoia (o a qualcosa di più serio che non si è ancora riusciti a scoprire) e, uno dopo l’altro, sfornò una serie impressionante di film che definire demenziali è far loro un complimento. Ma il tizio era nelle grazie della sinistra, quella più pericolosa, quella che gestiva le pagine culturali dei grandi quotidiani e le riviste di critica cinematografica. Ebbene, lì cominciò la beatificazione di Antonioni. Pagine e pagine di articoli, di dibattiti (“culturali” ovviamente), sulla “rappresentazione cinematografica dell’incomunicabilità”, sui rapporti di coppia nella società del boom economico e tante fregnacce similari, fecero di tre o quattro dei film più pazzeschi della storia della cinematografia italiana, dei capolavori.
Oggi, nessuno sano di mente si arrischierebbe, se non fisicamente costretto, ad assistere (e non per più di due, tre scene) a tali “capolavori” (mi riferisco a film come “La notte”, “L’eclisse”, “L’avventura”, opere che, all’epoca, fecero incetta di premi e suscitarono critiche entusiastiche e incomprensibili da parte di tutti i guru dell’intellighenzia cinematografica nostrana, “Cinema Nuovo” e Aristarco in testa), tanto è vero che oggi non si trova nemmeno un editore che abbia il coraggio di riproporli in DVD o un canale televisivo che si attenti a mandarli in onda, nemmeno a notte fonda (escludendo forse Ghezzi in “Fuori Orario” su Rai 3; ma Ghezzi, si sa, è sempre fuori-sincrono). Quanto al micidiale “Deserto rosso”, la sua visione integrale, se proposta ad una singola persona può essere considerata come “tortura”; se proiettata davanti a centinaia di persone: “arma impropria di distruzione psicologica di massa”. Le rarissime bobine rimaste sono conservate in un luogo segreto da parte dell’antispionaggio ad evitare che, se cadute in mano di terroristi, possano da costoro essere usate “contro la sovranità e la sicurezza dell’Occidente”.
Ebbene, quei film la sinistra li esaltava. E lo stesso succedeva e succede anche oggi per quanto riguarda la letteratura, la poesia e le arti figurative: la sinistra, depositaria nazionale dell’Arte e della Cultura è sempre, o in ritardo o fuori bersaglio. Ovvio che, essendo questo il contesto, è proprio la sinistra che mi interessa di più, è lei che stimola e nutre le mie umili velleità satiriche. E’ comunque niente più che un divertimento, uno scherzo che mi illudo possa aiutare la mia mente a restare sveglia e vigile; niente altro.
Ma i grandi interrogativi, quelli che prima o poi sorgono in ognuno di noi (e a me è un po’ di tempo che questo succede) sono ben altri. E a questi non si può rispondere con un’alzata di spalle, voltando la testa da un’altra parte o buttandola sullo scherzo. Qui non si scherza. Qui è in ballo semplicemente “tutto”.
E da ora in poi, mio caro amico, mi occuperò a tempo pieno ed un po’ anche su questo blog (se al Mulinacci, che me lo gestisce, non dispiace) di questi temi, magari trascurando per un po’ l’avvenenza della Bindi, le diatribe tra Gargamella e Franceschiello e le smorfie di Di Pietro, il sintassiclasta. E’ venuto il tempo di pensare a me, e anche a te e a tutti gli altri. E’ venuto il tempo di riflettere; e non c’è più la voglia di qualche tempo fa per prendere in giro certi personaggi che ci si prendono benissimo da sé. Basta guardarli.”


Siamo andati a prendere un caffè insieme e di questo, per oggi, non abbiamo più parlato.

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