Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

SOGNO O SON DESTO? ovvero: Un incubo di Gargamella

domenica 12 dicembre 2010

Era la notte del 13 Dicembre e Bersani, sdraiato al buio nel proprio letto, non riusciva ad addormentarsi. Erano già le una passate ma strani pensieri gli si agitavano nel cervello rendendogli difficile prender sonno.
Il pover’uomo era ormai arrivato al limite della sopportazione. Ma come? Quando ormai tutto sembrava fatto, quando le cose procedevano a puntino e gli eventi auspicati si verificavano puntualmente come fossero controllati da un orologio, ecco che proprio alla vigilia della mozione di sfiducia preparata appositamente da Fini e Casini per sloggiarlo dalla carica di Premier, l’odiato B., il Dittatore che proprio lui, Bersani, aveva definito negli ultimi tre mesi in ogni dichiarazione, in ogni intervista e in ogni talk show nei quali si era presentato come: finito, esaurito, spacciato, eliminato, cacciato e, insomma, morto e sepolto, si metteva in testa di andare alla conta dei voti in Parlamento. E questo senza tenere in nessun conto quanto lui stesso, la Bindi,  Di Pietro, Fini e Casini gli consigliavano: è tutto previsto, sarai sfiduciato, caro B., fìdati; è inutile votare la sfiducia, rispàrmiati la figuraccia, dimèttiti e chi s’è visto s’è visto.
Quello invece niente: fermo, duro come un sasso: - Se non ho più la maggioranza lo voglio verificare contando i voti – si è messo a dire - non mi fido dei vostri sondaggi – come se non volessimo dimetterlo per il suo bene, pensava Bersani, per non fargli subire una umiliazione; insomma, perché ci fa un po’ pietà.
Ed ecco che accidenti a lui, pensava rigirandosi nel letto Gargamella (il nomignolo gli era stato affibbiato da quella sempliciona della Bindi), giorno dopo giorno, ora dopo ora, prima impercettibilmente, poi lentamente, ma comunque inesorabilmente, le cose sembrava si fossero messe a girare da tutt’altra parte e quello che “doveva” essere il giorno della madre di tutti i ribaltoni, il giorno della riscossa della grande coalizione (ex-fascisti, ex-comunisti, filini, valoriani, casini e chi più ne ha più ne metta, tutti uniti sotto la grande bandiera dell’antiarborismo viscerale) rischiava di divenire il giorno della più sanguinosa disfatta che i progressisti, che pur avevano promosso, sponsorizzato e esaltato quel fatidico 14 Dicembre (un piccolo D-Day di casa nostra), avessero mai subito nella loro gloriosa, se pur controversa, storia.
Certo se il 14 (rimuginava il Garga) quel diavolo d’un B. porta a casa la fiducia, nonostante il cambio di giubba di Fini e dei suoi, nonostante la chiamata a raccolta di tutti i cani sciolti della politica italiana sotto la bandiera del PD, nonostante il battage massmediatico degli anchor-men amici (Fazio, Santoro, Annunziata, Scalfari, Floris eccetera eccetera) e nonostante anni di sputtanamenti vari (veri e presunti ma comunque tutti fedelmente documentati dal giornale dei giornali: la velina scalfariana), non so più cosa fare.
Beh, pensava, dovrò fin da ora procurarmi un buon motivo per giustificare la figuraccia. Pensò vorticosamente: motivi buoni, giustificazioni credibili non ce n’erano, almeno di prima mano.. sudava. Si agitò nervosamente nel letto mentre tutto uno scenario infernale si spiegava dinanzi agli occhi della sua immaginazione: …vedeva il Cavaliere Vittorioso… vedeva folle che inneggiavano a B. Premier a vita… vedeva Franceschini che gli toglieva il saluto, Fassino che, incrociandolo nel corridoio di Montecitorio gli si rivolgeva col gesto dell’ombrello, la Bindi, già di suo poco incline alle mezze misure, che lo spingeva via.. via dalla sua sedia.. lontano..lontano..
Poi si rasserenò; il viso gli si schiarì, il respiro divenne più regolare. Aveva forse trovato la soluzione? (penserà qualcuno): niente affatto, signori e del resto quale soluzione potrebbe mai trovare uno passato alla storia di questi ultimi decenni come il più perdente fra tutti gli uomini politici europei? (Franceschini a parte). Solo aveva improvvisamente comparato la sua situazione con quella di Fini, il Quisling de noantri.
E pensando alla situazione in cui si sarebbe trovato il Presidente della Camera all’indomani di una votazione di fiducia favorevole al Duce di Arcore, Bersani si sentì improvvisamente sereno, quasi felice.
Perché sarebbe pur potuto piovere m..rda su di lui, ma, pur incessante, puzzolente e degradante sarebbe stata acqua di colonia rispetto alla valanga himalaiana di m..rda, allo tsunami globale di m..rda, all’inondazione megagalattica di m..rda, all’eruzione interspaziale di m..rda fresca, inattaccabile ed insolubile che avrebbe travolto nelle sue schifosissime spirali il saputello fasciocomunista, il piccolo Cesare fallito, il presupponente demiurgo in doppiopetto e ditino alzato, il transfuga stolto….
“Non mi è mai stato simpatico”, pensò oscuramente Bersani.
Ebbe un tremito, un brivido, una breve sensazione di freddo e poi un raggio di luce improvvisa lo svegliò. Era l’alba! Senza accorgersene si era addormentato e quelle brutte sensazioni non erano state altro che incubi!
Bersani si sentì rinascere. Era il 14, doveva prepararsi per il grande giorno, quello che avrebbe segnato il suo trionfo e la rovina irreversibile del suo acerrimo nemico. Nient’altro che un sogno! Si avviò verso Montecitorio con la faccia di sempre, con l’andatura di sempre, con il portamento di sempre; ma un pensiero aveva cominciato a roderlo dentro e restava lì, non se ne andava.. non se ne voleva andare. E se invece… Scacciò quel pensiero inopportuno dalla mente; “Vinceremo sicuramente” si sforzò di pensare. Ma se…

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