Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

LA POSTA DEL BIRI. Centocinquanta!

mercoledì 16 marzo 2011

Caro Biri,
puoi dirmi come devo comportarmi per la Festa del 150.o Anniversario dell’Unità d’Italia? Sono comunista da sempre (ho dato i miei voti prima al PCI, poi a Rifondazione e adesso – per disperazione -  al PD) e ricordo come fosse ieri il caposezione del mio Circolo ARCI che ci parlava di internazionalismo, ci insegnava che la Patria non esiste e che il tricolore è la bandiera dei fascisti e dei cretini; da noi solo bandiere rosse! (e quando il rosso non fu più di moda, arcobaleno).
Ora però, improvvisamente, il mio Circolo Culturale (sì, insomma, la vecchia Casa del Popolo) si sta riempiendo di simboli risorgimentali. Roba da non crederci: bandiere tricolori a tutte le finestre, un bel nastro bianco-rosso-verde a contornare il ritratto di Gramsci e, prima del dibattito (ogni sabato sera, c’è un dibattito), intoniamo a squarciagola “La canzone del Piave”!
E poi tutti a chiedere ai compagni più anziani, chè loro a scuola l'avevano studiato, qualche aneddoto piccante su Cavour e la Contessa di Castiglione, o imprese gloriose della vita di Garibaldi e di Bixio. I giovani più ambiziosi, per mettersi in vista, si sono offerti (visto il successone di Benigni a Sanremo) di commentare i versi de “La bella Gigogin” e lo stesso responsabile politico da qualche giorno arriva al Circolo con una coccarda tricolore fiammante all’occhiello. E tutto da pochissimo tempo; diciamo da quando Napolitano se ne è uscito con questa bell’idea dell’Anniversario dell’Unità d’Italia e che tutti dobbiamo onorarla ed essere fieri del nostro Paese e guai a boicottarla o a far finta di niente. Ma non era comunista anche lui? Ma cosa succede? E soprattutto: sbagliamo ora o avevamo sbagliato prima?
Con ossequi
Rocco Barulli

Risponde il Biri:
“Caro Rocco,
secondo me non hai motivo di preoccuparti; sono certo che, in fondo in fondo, le cose non sono cambiate e, fossi al tuo posto, non mi fascerei la testa. La linea generale del glorioso vecchio Partito, e oggi del PD, è sempre la stessa: internazionalista,  proletaria e rivoluzionaria.
E’ solo che i suoi Dirigenti, visto che le cose per loro e per il Partito che dirigono non si affrettano a cambiare (il Berlusca è sempre lì da secoli e, d’accordo che i giudici lo sanno quello che devono fare, ma non è mica proprio stragarantito che riescano a mandarlo a casa senza passare dalle elezioni) una regolatina alla strategìa, un aggiustamento di mira ideologico (ma piccolo piccolo e provvisorio) si impone, e per due validissimi motivi: fare un dispetto alla Lega e recuperare una parte del vecchio elettorato missino.
Il primo, si comprende da sé. La Lega avanza nel Nord e rischia di fare proseliti anche nelle tradizionali Regioni rosse; meglio quindi cercar di combatterla portando la tenzone su un piano “nobile” e con un argomento forte, “di pancia”, come l’Amor di Patria, piuttosto che cercar di sfidarla su alcuni temi pericolosamente popolari come l’immigrazione selvaggia, l'aumento della delinquenza, le intercettazioni telefoniche, e le troppe tasse che vanno a Roma.
Il secondo motivo sta nell’ordine delle cose. Come è noto Fini, in pieno delirio di onnipotenza, ha sfasciato quello che restava del vecchio MSI; anche le sue parole d’ordine. Dei cavalli da battaglia programmatici della vecchia Destra (Dio, Patria e Famiglia), almeno uno, la Patria, è restato relativamente libero, a disposizione del miglior offerente dal momento che la Lega lo combatte e il PDL esita a servirsene elettoralmente.
“Mio!” ha detto subito il PD e in quattro e quattr’otto ecco che ne ha fatto una bandiera, una parola d’ordine, un Valore. Una ideologìa centenaria basata sul superamento del concetto di Stato Nazionale, e del contrasto feroce ad ogni forma di nazionalismo per non parlare del patriottismo ecco che, per motivi utilitaristici, butta a mare le vecchie certezze, ripudia le vecchie dottrine e rivendica, orgogliosa, la propria Italianità.
Ed allora, in fretta e furia, rottamate, se ancora esistevano, le bandiere rosse, le bandiere Arcobaleno e persino quelle piccoline con la silhouette nera della testa del Che al centro, ecco che i tricolori progressisti cominciano a spuntare nei cortei di protesta, nei circoli culturali, nei centri sociali, nei festival democratici e nelle sagre popolari; bandiere belle, solari, colorate, garrule, allegre, sventolanti ed irridenti (oltre che tremendamente ironici) che si prendono, a dire il vero, una bella rivincita.
Ma comunque, se non riesci ad imparare a memoria l'Inno di Mameli non ti devi preoccupare; secondo me questa vampata di sacro furore patriottico e nazionalista che ha contagiato il partito che fu di Gramsci e di Turati ma che oggi è solo di Bersani e della Bindi, non dura. Resisti. Per dirla con i "martinitt" delle Cinque Giornate: "dura minga". Non può durare.

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