Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

LA SOLIDARIETA’

domenica 10 aprile 2011


Dario era preoccupato, quella mattina. Me ne sono accorto non appena l’ho incontrato. Ho ascoltato attentamente cosa lo angustiava (aveva appena finito di leggere il giornale) poi ho provato a rincuorarlo:
“Dario, ma cosa vai a pensare? Proprio tu ti preoccupi per i continui sbarchi di clandestini? Ma non lo sai che Bersani ha detto (e non dirmi che non apprezzi Bersani) che i clandestini: “sono una risorsa per il nostro Paese”? E non lo sai che Napolitano (Napolitano! Mica un bischero qualsiasi..) ha lanciato “l’alto monito” a non reagire “con allarmismi e vittimismi” agli arrivi di nordafricani sulle nostre spiagge? E che Berlusconi (Berlusconi; il leader del centro-destra!) ha detto che l’Italia non può respingere nessuno poiché “siamo un Paese civile e cristiano”? E che il Papa ha detto che “bisogna accogliere tutti coloro che bussano alla nostra porta”? E che la CGIL ha detto che “chiunque venga da noi ha diritto a rimanere finché vuole (finché vuole!)”? E che D’Alema ha detto che “l’Europa per sopravvivere ha bisogno di 30 milioni di africani (Trenta milioni!)”? E che Casini ha detto che “non si può respingere nessuno”? E così la CEI, i Centri Sociali, Santoro, il Popolo Viola, il Movimento Cristiano dei Lavoratori, i Girotondini, i Disoccupati Organizzati, i Grillini, la Littizzetto, eccetera, eccetera? Se lo dicono loro che bisogna stare tranquilli non vedo perché tu dovresti preoccuparti. Càlmati. Se dicono che bisogna accogliere tutti, diamoci da fare per accoglierli; dirò di più: impegniamoci a farli sentire come fossero a casa loro, come facenti parte di una grande famiglia; dimostriamo loro il nostro amore e la nostra riconoscenza per essere venuti così numerosi e a prezzo di tante sofferenze per darci una mano. Sono o non sono (dicono i progressisti, e non solo) “una grande risorsa”?”

Dario mi ha guardato storto. Sentiva che nelle mie parole c’era qualcosa che non andava.

“Ma che cavolo dici, Biri? Vuoi darmi ad intendere che non solo non sei incazzato per l’invasione dei magrebini, ma sei perfino disposti ad aiutare queste persone? Ma chi cerchi di fregare! Proprio tu, che vorresti ricacciarli a mare!”

“Calma Dario, calma. Innanzitutto ognuno ha diritto a cambiare idea e comunque io ce l’avevo (prima di convertirmi al pensiero di D’Alema, Napolitano, Berlusconi e compagnia) solo con i clandestini e non certamente con i profughi, quelli veri. Ebbene, ora mi sono ravveduto. Se tante persone importanti come tutti i nostri governanti dicono che bisogna accogliere, vestire, nutrire e curare tutti questi maschi senza passaporto, e che bisogna altresì farli divertire, dare loro una paghetta settimanale per i vizietti, farli viaggiare gratis, trovar loro il modo di poter fare sesso, rispettare i loro usi e le loro leggi, fornire loro un luogo dove professare la propria religione, non offenderli con i simboli della nostra e non infastidirli con il nostro modo di vita, ebbene, io mi adeguo. E dovresti farlo anche te, Dario” ho concluso guardandolo severamente.

Lui ha taciuto; non sapeva se scherzavo e se dicevo sul serio. Qualcuno è venuto in mio aiuto dandomi l’opportunità di dimostrare al mio amico la sincerità di quanto avevo appena espresso.

Era un giovane dalla carnagione abbronzata, i capelli ricci, gli occhi neri ed una espressione triste e sfigata; dimostrava poco meno di trent’anni. Indossava jeans e giubbotto ed ai piedi portava un paio di scarpe da ginnastica: “Puma” mi sembra di ricordare. Aveva appena finito di fare una telefonata col cellulare quando ci si è avvicinato.  Per sua fortuna (dato quello che avevo appena detto riguardo a lui e a quelli come lui), si è rivolto proprio a me:
“Amico. Tu aiutare me. Io niente soldi. Io profugo; viene di Tunisia” ha detto.

“Come no! Ma ci mancherebbe altro!” ho subito ribattuto facendo sgranare gli occhi a Dario che non si capacitava; “Cosa posso fare per te?” gli ho chiesto per capire meglio le sue esigenze.

“Dare soldi. Carica telefono” ha fatto quello facendomi vedere il telefonino (uno dell’ultima generazione).

“Ah, ho capito. Devi ricaricare il cellulare. Non ti preoccupare, ci penso io. E oltre alla ricarica, posso fare dell’altro per te?” gli ho chiesto, premuroso come D’Alema meglio non avrebbe fatto.

Il tunisino, probabilmente toccato da tanta compartecipazione, non se l’è lasciato dire due volte:
“Volere fumare. Sigarette. Manca sigarette” ha detto facendo l’atto di portarsi una sigaretta alle labbra.
“Ero sicuro che c’era qualche cos’altro che ti avrebbe fatto comodo! Allora, badiamo un po’: un ricarica telefonica di.. diciamo di 50 euro?” quello ha fatto di sì, con la testa. “E poi, vediamo un po’.. facciamo altri 20 euro per le sigarette?” sì, sì, annuiva quello, tutto serio, con gli occhi tristi come prima.

“Insomma con settanta.. anzi meglio.. con 100 euro, saresti a posto. O sbaglio?” Sì sì, annuiva quello col capo, come a dire: sarei a posto. Dario osservava.

“Benissimo” ho fatto io. Mi sono messo la mano in tasca; ho frugato. L’ho ritirata, vuota. Ho cercato nelle tasche dei pantaloni, nelle tasche della giacca, poi in quelle interne, poi nel taschino. Niente soldi. Poi ho guardato nel borsetto. Non ho trovato niente.
Alla fine mi sono arreso.

“Senti” gli ho fatto (aiutandomi con la mimica perché quello sembrava non capire bene l’italiano) “Ora io non soldi. Ma andare subito prendere per te. Andare bancomat, prendere soldi per ricarica (ho mimato uno che telefona) e per sigarette (ho fatto il verso di uno che fuma) e portare qui a te. Adesso andare a fare passeggiata (puntata la mano in basso ho agitato l’indice ed il medio per dire “passeggiata”), poi prendere soldi (ho sfregato il pollice sull’indice della mano) e quando tornare, io (mi sono battuto l’indice sul petto) dare te (con l’indice ho indicato lui) cento euro. Sei contento?” gli ho chiesto.

Quello non ha risposto. Non aveva capito la fortuna che gli era capitata?

“Fra un’ora, io tornare qui e dare te soldi” gli ho ripetuto. Poi mi è venuto un dubbio atroce:
“Io trovare te qui fra una ora?” gli ho chiesto, preoccupato. E se non lo avessi più trovato? Il nordafricano ha annuito lentamente; poi ha guardato Dario, poi di nuovo me. Forse non aveva realizzato: era la sua giornata fortunata! E si dice che gli italiani non sono ospitali. Il Berlusca, Napolitano, Bersani, D’Alema, il Papa e tutti quanti potevano essere fieri di me. Quale altro cittadino di quale altro Stato avrebbe dimostrato la stessa solidarietà del sottoscritto?

Lasciato il clandestino ad attendermi dove l’avevamo trovato, abbiamo proseguito la nostra passeggiata. Dopo cinque minuti di silenzio Dario ha sbottato:
“E ora, Biri, vorresti dirmi che darai cento euro a quel clandestino? Ma che credi che non ti conosca? E smettila con queste buffonate!” ha sbottato; ma era allegro. Era quello che volevo.

Non gli ho risposto. Dopo un minuto abbiamo cominciato a parlare delle solite cose di sempre: il campionato, le elezioni, le donne, il tempo, le vacanze, la famiglia, questo e quello.

Quando è giunto il momento di salutarci, Dario non si è lasciata sfuggire l’occasione:
“E ora Biri, guardami negli occhi e dimmi che andrai al bancomat, preleverai 100 euro e li porterai a quel tunisino. Promettimelo” mi ha intimato, severo (ma gli occhi gli ridevano).
“Ma certamente. Come puoi dubitarne?” gli ho risposto. Poi, balenandomi in mente un improvviso pensiero: “Maledizione!” ho quasi gridato; “ma guarda la sfortuna! Proprio quando uno vuol far del bene! Accidenti alla fretta!” ero affranto, quasi sconvolto.
“Che è successo?” ha chiesto premuroso Dario vedendomi così dispiaciuto.
“Dario, Dario; ma dove ho la testa? Si invecchia e la testa se ne va. Vuoi sapere che cosa è successo? Mi sono dimenticato di chiedere a quel clandestino il numero del cellulare. E ora come faccio a fargli la ricarica?” Ho scosso la testa ripetutamente. “Miseriaccia cane! Proprio quando uno vuol far del bene!” ho fatto.

Dario non sapeva cosa dire (forse lo sapeva ma non l’ha detta).
Dopo un po’, sbollita la rabbia, è venuta l’ora di lasciarci sul serio.

“Biri” ha fatto Dario “ma almeno i soldi per le sigarette potresti portarglieli..”.

“Amico mio” gli ho risposto “o non ha sentito cosa dicono; che bisogna prendersi cura dei clandestini come di noi stessi? Hai letto cosa c’è scritto sui pacchetti di sigarette? IL FUMO UCCIDE. E io ci tengo alla salute dei nostri amici che vengono dall’Africa. Non vorrei che per colpa mia gli venisse un malaccio”.

Ci siamo salutati finalmente ed ognuno è tornato a casa sua. Io sono tornato per un’altra strada.

  

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