Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

MUTO E TACITO

mercoledì 6 aprile 2011

Pensavo, Dario, come cambia il mondo! E quanto tremendi possono essere i cambiamenti; così drastici, così profondi da rovesciare un modo di intendere la vita,  così terribili da distruggere intere civiltà. Dirai: va bè, si sa; il corso del tempo; il passare dei millenni… No, Dario. Vuoi sapere quanto tempo ci vuole? Ce ne vuole poco; pochissimo. Un respiro profondo, un battito di ciglia, poco più. Basta solo che si avverino certe condizioni ed è fatta. La vita di me, di te, dei nostri cari e di tutti quelli che fino ad oggi hanno condiviso con noi la nostra esperienza secolare, che sono figli della stessa storia e che fanno parte della stessa cultura, può finire in un attimo, per lo meno nelle forme in cui l’abbiamo conosciuta e praticata.
Non ci credi? Allora seguimi con attenzione e non spazientirti se la prendo da lontano.
Ieri mi sono ricapitate tra le mani alcune vecchie cartoline tedesche che avevo acquistato anni fa in Alto Adige, in una specie di mercatino delle pulci. Risalgono tutte agli anni della Grande Guerra e sono affrancate con i francobolli delle Poste Bavaresi. Dal bollo postale si può risalire alla data in cui sono state impostate: tutte nell’anno 1915. I soggetti raffigurati vertono tutti sullo stesso tema: la chiamata alle armi di un soldato, la sua imminente partenza per il fronte, l’addio all’amata e la promessa di coronare il loro amore quando lui tornerà, dopo l’immancabile vittoria.
Voglio soffermarmi su una cartolina, quella che mi ha più colpito fra le cinque. E’ l’unica a colori, l’unica senza francobollo; voglio descrivertela dettagliatamente perché è importante per quello che voglio dire.
La cartolina rappresenta una coppia: lui è un soldato dell’esercito germanico, lei una ragazza di paese, la sua fidanzata. Entrambi sono giovanissimi; lui sembra un pò a disagio nella sua uniforme perfettamente stirata e con tanto di fucile a tracolla, baionetta agganciata alla vita ed elmetto (quello col famoso chiodo) già calzato sulla testa. E’ giovanissimo, poco più di un bambino; alto, con i baffettini ben curati e un’espressione decisa si vede che cerca di darsi un’aria bellicosa che non riesce però a nascondere una gentilezza di fondo. La mano sinistra, aperta, sul cuore; la destra stringe la mano dell’amata. La ragazza, in un abito semplice ma di buona, seppur modesta fattura (con il suo bravo grembiulino da brava donna bavarese) è triste; la vediamo che si terge una lacrima con un fazzoletto. La sua espressione però è quieta, rassegnata; il loro non è che un addio temporaneo, un arrivederci a presto. Dietro alla coppia, sullo sfondo di un paesaggio sbiadito scorre un fiume; da una sponda sale una collina dove svetta l’alta torre di un castello. In alto a sinistra, incastonata fra due rami di alloro intrecciati e tenuti fermi da una ghirlanda bianco-rossa-nera, il ritratto severo, ma sereno e determinato del Kaiser guarda negli occhi, parallelamente alla direzione dello sguardo del soldato, lo spettatore. A sinistra dell’icona imperiale e sopra la testa dei due innamorati, una frase incompleta, in corsivo: “Leb wohl, mein Brauchten…” viene completata, in basso a sinistra, a spiegare il senso dell’insieme: “Leb wohl, mein Brauchten schon! Muss nun zum Kampfe gehn” (A presto mia amata! Ora devo andare a combattere”).
La cartolina è colorata a mano. Gli unici colori vividi sono il verde della ghirlanda d’alloro e il tricolore germanico del fiocco; tutto il resto è coperto con colori a pastello assai poco vivaci, quasi smorti a rappresentare la malinconia di una separazione richiesta dalla Patria.
Ma la cosa più interessante, e per certi versi, più commovente della cartolina è il retro. La cartolina è stata spedita il 10 Febbraio 1915 e, invece del francobollo, porta il timbro dell’esercito tedesco. Proviene da un avamposto militare sconosciuto (per ragioni di sicurezza non è indicato nel timbro) ed è indirizzata alla Signorina Perta Schanz, abitante a Lindau. Non sono riuscito a decifrare le poche parole che compongono il testo della cartolina ma questo non è importante; sono parole scritte a penna, in un corsivo esile, ampio e disteso assai elegante, in poche righe allineate perfettamente. Al posto della firma, due iniziali puntate: N. N.
Questo era il genere di cartoline che i tedeschi si spedivano in tempo di guerra e, c’è da giurarsi, erano simili, mutatis mutandis (la lingua della scritta, il ritratto del sovrano, i costumi dei personaggi) a quelle che venivano spedite dalle popolazioni di ogni nazione in guerra.
Vedi Dario; per difendere l’Italia (o l’Austria) dall’essere invasa da popoli che dividevano la stessa storia, la stessa religione, la stessa cultura, la stessa arte e lo stesso stile di vita, fu combattuta una guerra atroce che generò centinaia di migliaia di morti; morti che scrivevano e ricevevano cartoline come quella che ti ho illustrato.
Gli italiani addirittura, trovarono nel “supremo ideale”, quello di conservare l’indipendenza e l’integrità territoriale, la forza di resistere all’avanzata nemica sul Piave e successivamente di respingere l’invasore; lo stesso Piave (il Fiume Sacro degli italiani) fece “contro i nemici una barriera” prima di mormorare: “non passa lo straniero!” bom-bom!
C’è da pensare (col senno di poi) che dopotutto, se quegli stranieri fossero passati, se quei nemici di allora avessero vinto e avessero occupato l’Italia, non avrebbero poi portato così tanti stravolgimenti nella vita degli italiani; il tempo sarebbe scorso più o meno come prima, le istituzioni basilari della nostra civiltà sarebbero rimaste più o meno le stesse: la famiglia, la religione, l’educazione dei nostri ragazzi, il senso dello stato e della storia… niente a ben vedere sarebbe cambiato se fossimo andati sotto l’Austria (molte regioni italiane c’erano rimaste per secoli); probabilmente i treni sarebbero arrivati più spesso in orario, la posta sarebbe stata più efficiente, il catasto sarebbe stato più aggiornato, si sarebbe bevuta più birra e meno vino… tutto sommato piccoli vantaggi, pochi svantaggi.
Ma era una questione d’onore, di patriottismo, di orgoglio, di principio: l’Italia respingeva “tutta unita” lo Straniero! “No, all’invasore!” fu il grido che cementò la volontà degli italiani di restare indipendenti, liberi, padroni in casa loro. E’ retorica? Penso di no; penso che anche oggi si ricordi con fierezza quella volontà, quella vittoria vista l’enfasi patriottica con cui tutti hanno voluto celebrare il Centocinquantesimo Anniversario della cosiddetta Unità d’Italia.
Sono passati poco più di novant’anni e di quell’orgoglio, di quella fierezza, di quella volontà, niente è rimasto, tutto è cambiato.
In questi giorni l’Italia è invasa da centinaia di migliaia di clandestini che, senza nessun motivo che non sia la loro prepotenza e la nostra vigliaccheria prtendono di essere nutriti, rivestiti, ospitati, sovvenzionati e curati. In cambio ci deruberanno, spaccheranno tutto quello con cui verranno a contatto, violenteranno le nostre donne e distruggeranno tutto quello che c’è da distruggere. A differenza dei nostri nemici di un tempo, questi non hanno niente in comune con noi, con la nostra storia e con la nostra cultura; questi ci odiano per ciò che siamo, per la religione che professiamo, per i diritti che abbiamo, per lo stile di vita che facciamo, per le leggi che ci siamo dati. Lo dicono chiaramente cosa vogliono e cosa non vogliono. Prima di tutto NON vogliono integrarsi: l’integrazione è addirittura proibita dalla loro religione. Vogliono conquistarci, sottometterci e colonizzarci e c’è da giurarci Dario, continuando così le cose ci riusciranno perché ci stanno già riuscendo. L’Italia, l’Europa, tutto questo lo sa (anche se non lo dice) ma letteralmente, NON PUO’ difendersi perché è disarmata mentalmente, fiaccata ideologicamente da decenni di propaganda comunista. Chi oggi, a questa invasione che ci sommergerà, potrebbe solamente proporre la difesa più semplice, quella che fino a cinquant’anni fa sarebbe sembrata la più banale, la più ovvia, la più giusta: combattere chi ci invade. Opporsi agli invasori, ricacciarli  da dove provengono e con qualunque mezzo prima che l’abbiano vinta.
La cosa pazzesca, Dario, è che ognuno (ogni persona, ogni governante, ogni parte politica) sa che questa sarebbe la sola cosa che potrebbe ancora salvarci ma non può, letteralmente NON PUO’, dirlo. Troppa acqua è passata sotto i ponti: marxismo, comunismo, parole d’ordine come: internazionalismo, pauperismo, solidarismo… Non siamo più quelli di allora, Dario, e nemmeno i nostri nemici lo sono: questi non lasceranno niente come prima. Siamo povera gente; niente onore, niente orgoglio, nessun tipo di coraggio.. con ineluttabilità aspettiamo la fine del nostro mondo che è certa, ed avverrà per un atto collettivo di irresponsabile masochismo. Il Mediterraneo solcato giorno e notte da centinaia di barche che scaricano sulle nostre spiagge i nuovi invasori dovrebbe essere oggi il nostro Piave; ma quello che fu una volta il “mare nostrum” senza le nostre volontà unite è solo una distesa d’acqua “muta e tacita” che non fa più alcun tipo di barriera alla marea di vandali che indisturbati, lo attraversano.
Possiamo confidare solo nel Signore: che Egli soccorra i nostri figli.

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