Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Pasquetta e Resistenza

martedì 26 aprile 2011

Dice Michele : “Roba da chiodi! Anche questa storia della Pasqua valla a capire! E’ l’unico caso di un Anniversario che viene celebrato in una data incerta! Ma come si fa a festeggiare un avvenimento che già è di per sé, diciamo, estremamente improbabile (per non dire incredibile, o assurdo, almeno per chi non ha la fede) e che, perdipiù, non si sa nemmeno in quale giorno si è verificato? Se chiedi ad un prete – Padre, per favore mi può dire in che giorno risorse Gesù? – quello comincia a menartela con tutto un giro di parole nel quale entrano cabale, solstizi, fatti aleatori e concomitanze celesti e alla fine ti dice che non si sa. Punto. I Vangeli non chiariscono il problema. E così tocca guardare le effemeridi, l’asse terrestre, il moto di rivoluzione della Terra e poi concludere che la Pasqua cade ogni anno in un giorno diverso, che quindi si festeggia sempre in una domenica diversa e che quindi anche il giorno di Pasquetta viene sempre in un lunedì diverso”.
Pausa. Sospiro. Poi prosegue: “Io quest’anno la Pasquetta non ho potuto nemmeno festeggiarla come si deve. Con la classica gita fuori porta con la famiglia voglio dire, con il picnic, la pennichella ed il ritorno nel maxi ingorgo stradale che caratterizza questa ricorrenza. Accidenti!”.
Lo riprendo amichevolmente (Michele si abbatte con facilità):
“Michele mio, ma come pensavi che i Vangeli potessero indicare quel giorno; il giorno della Risurrezione di Gesù? Non potevano certo dire, che so: “Ed il ventiquattro Aprile il Cristo risorse.” Il ventiquattro a partire da che? Aprile cosa? E in che anno? Il calendario non c’era Michele mio perché gli anni, i mesi ed i giorni come li intendiamo furono elaborati e modificati innumerevoli volte nel corso dei secoli successivi. Loro ti davano il riferimento, e preciso per giunta; siamo stati noi che, avendo cambiato le carte in tavola con Giulio Cesare e poi col Papa Gregorio Magno ora ci troviamo a non riuscire più a far coincidere quell’avvenimento con i giorni come ce li siamo inventati. Ma perché non sei riuscito a festeggiare la Pasquetta? Per il tempo? Un po’ di pioggia è caduta ma niente che potesse rovinare una festa, a mio avviso”.
“Biri, che cavolo c’entrano la pioggia ed il tempo? Non ho potuto festeggiare la Pasquetta con la famiglia perché, grazie al famoso lunedì variabile (mi ha guardato come a dire: hai voglia a difenderli tanto la colpa è tutta dei preti) quest’anno la Pasquetta è coincisa con la Festa della Liberazione dai tedeschi. E se permetti, noi partigiani (qui ha alzato la testa e la voce) che abbiamo combattuto per liberare l’Italia dallo straniero, la festa della Liberazione, della nostra Liberazione, la festeggiamo. E non c’è Pasquetta, con la famiglia o senza e con o senza picnic, che tenga”.
E’ bello, fiero, quasi patetico nel suo furor d’amor patrio e, su due piedi, non me la sento di controbattere.
Ma poi, passato qualche minuto e tornati alla normalità del nostro solito conversare non posso fare a meno di chiedergli:
“Scusa Michele, ma devo farti una domanda. Tu prima hai detto: - Noi partigiani – ma, mi sbaglio o hai, come hai sempre avuto, la mia stessa età? E se hai, come hai, sessant’anni, come fai a dire di essere stato partigiano e di aver combattuto per la Liberazione? Fammi capire”.
Un lampo di fierezza gli passa nello sguardo tornato fiero come poco prima.
Mi guarda senza rispondere, poi, infilata una mano nella tasca interna della giacca ne estrae il portafoglio che comincia ad esplorare attentamente in tutti i suoi scompartimenti. Dopo un minuto, un grido di trionfo: “Eccola!” e, lentamente, quasi religiosamente mi sbatte sotto il naso qualcosa di bianco-rosso e verde. “Guarda qui, se non ci credi!” sbotta con l’aria di chi ti mette con le spalle al muro. E’ una tessera; una tessera come tante altre si potrebbe dire a prima vista ma per Michele, evidentemente, è una tessera assai speciale. Sul davanti c’è scritto “A.N.P.I.” e sotto, per esteso “Associazione Nazionale Partigiani Italiani”. Sul retro, riportato in stampatello, c’è il nome del mio amico e lo spazio con i bollini dei pagamenti annuali. Ce ne sono molti; posso leggere l’ultimo: Anno 2011.
“Allora sono o non sono un partigiano? Mi credi o no, adesso? Non c’entrano niente gli anni che si hanno o non si hanno, c’entra solo se hai la tessera e se hai pagato la quota annuale. Io l’ho pagata; guarda: 2011!” e mi fa vedere quello che ho già visto.
Non me la sento di controbattere. Se Michele vuole essere partigiano, che lo sia. Mi dice che quel lunedì ha partecipato alla manifestazione per la difesa dei valori della Resistenza ed ha sfilato davanti ai capi dell’ANPI tra i quali c’erano anche alcuni (pochi, pochissimi ormai) partigiani “veri”, con o senza bollino. Naturalmente non è potuto andare con la famiglia a fare la gita fuori porta, come ogni altro anno, ma questo a Michele non importa. Lui è felice così ma io, che ho trascorso la Pasquetta come sempre (gita, picnic, ingorgo) non l’ho invidiato anche se, documenti alla mano, lui può dimostrare di essere proprio un partigiano ed in regola, per giunta.

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