Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

IL CAPO E' NERVOSO

giovedì 26 maggio 2011

Oggi Bersani è intrattabile. Sempre scuro in volto, iroso, pronto a scattare su per un nonnulla, incavolato nero come da qualche tempo non succedeva. I suoi sono costernati: “Ocché gli è successo?”, “Ocché gli s’è fatto?”. Non sanno darsi una risposta; si guardano tra di loro, smarriti, alla ricerca di un indizio. Niente; “Ammazza quanto è lezzo oggi Gargamella!” si ammiccano l’un l’altro quando si incrociano nei corridoi della Sede del PD. Non sanno darsene una ragione.
Ma, per scoprire il mistero, facciamo un passo indietro.
Allarmati per la continua emorragia di consensi che rischiava in breve tempo di ridurre quello che era pur sempre l’erede del Partitone, la bandiera dei Proletari, il punto di riferimento di tutti i progressisti doc (nonché ovviamente pacifisti e antiimperialisti) al livello di un IDV qualsiasi, le Alte Sfere avevano deciso di correre ai ripari.
Compagni” aveva sussurrato la Bindi (parlava a bassa voce per non farsi sentire dal Bersa) ai suoi fedelissimi: “se continua con quest’andazzo qui tra poco non votano più per noi nemmeno i comunisti. Non so se mi spiego”. E così era stato indetta una riunione che, dopo un lungo ed accurato studio di tutte le variabili era giunta ad una conclusione; l’unica, a sentire Franceschini, in grado di cambiare l’ordine delle cose e di far tornare suffragi e consensi sul glorioso Partito dei Lavoratori.
La sera si erano fatti ricevere da Bersani e l’avevano messo con le spalle al muro.
Senti” gli aveva detto a muso duro la Rosy, spalleggiata da Franceschini e da D’Alema, “qui la situazione è grave. C’è un solo mezzo per salvarci e dipende da te.” e poi, in un orecchio: “anche l’Uomo del Colle… capiscimi… è d’accordo”.
Bersani aveva chiesto, piuttosto allarmato, cosa poteva fare. Lui era disposto a tutto per il bene del Partito.
Facile” aveva risposto la Bindi “abbiamo trovato cosa c’è in te che non va. Non sei abbastanza “giovane”. Per dirla con Celentano, sei “lento”, compagno Bersani. E invece i nostri elettori vogliono essere guidati da gente “rock”! Non sei d’accordo?” aveva chiesto melliflua.
Bersani aveva sospirato; cosa bisogna fare per il bene del Partito! Ma dopotutto era o non era lui il Segretario, l’Uomo più influente del PD, il Primo e Unico Nemico del Diabolico Cavaliere? Dopo un minuto buono di silenzio aveva accettato:
Allora, cosa avete deciso? Cosa devo fare? Sono disposto a tutto” aveva dichiarato stoicamente generando così un lungo e spontaneo applauso di tutti i presenti.
Vedi, compagno Bersani, anzi, vorrai scusarmi se ti voglio chiamare “amico” Bersani. Dovresti cambiare un po’. Modificare il tuo comportamento… il tuo atteggiamento…” e poiché non proseguiva Franceschini aveva prontamente continuato: “Anche il tuo look”.
Amico Segretario” toccava alla Bindi concludere “Abbiamo deciso che per vincere devi comportarti come Vendola. Fai come lui, parla come lui, usa i suoi argomenti, fai tuo il suo stile di vita. Imitalo in tutto e, ne siamo tutti sicuri, vincerai” aveva concluso trionfante la suffragetta di Sinalunga.

Dopo un po’ che quelli se ne erano andati Bersani aveva cominciato a riflettere sulla sua posizione e sulla promessa che (ne era sicuro) gli avevano estorta. Accidenti a loro!
Comunque si era dedicato fin da subito ad accontentarli.
Il giorno successivo aveva iniziato a prendere lezioni di pugliese (dal fruttivendolo che era originario di Taranto) e, anche se la sua parlata romagnola non se ne voleva andare del tutto, i risultati già cominciavano a farsi sentire. Tempo tre ore e parlava come un Lino Banfi imitato da Valentino Rossi: non un granché ma, ne era sicuro, gli elettori avrebbero apprezzato. Poi si fece mettere due orecchini, uno per parte (uno solo gli sembrava poco: era o non era lui il Segretario?) e, consigliato da tutta la componente femminile del suo Ufficio si decise, a partire dal giorno dopo, a cambiare modo di vestire (più giovanile), di parlare (meno politichese, più giochi di parole e battute fulminanti – gliele avrebbe scritte Fabio Fazio –) e di affrontare Berlusconi (con ironia, sorridendo e senza mai lasciarsi andare ad improperi, allusioni al bunga-bunga ed offese triviali, tutte cose del suo repertorio passato che, gli avevano detto, non piacciono nei salotti che contano della sinistra radical-chic).
Arrivati a sera e tornando, stanco ma soddisfatto, a casa, Bersani poteva in tutta coscienza affermare a sé stesso di aver fatto grossi progressi; ci si era impegnato a fondo, d’accordo, e nei giorni successivi il lavoro sulla sua immagine per renderla sempre più vendoliana sarebbe stato ancora più difficile, ma ci stava provando e i risultati si sarebbero visti presto: dalle prossime elezioni.
E così, dopo aver cenato e aver seguito, come ogni sera, i programmi di RAI3, il Bersani, stanco come non gli capitava da anni non vede l’ora di mettersi a letto. Si spoglia, si mette la camicia da notte (il pigiama è roba da borghesi!), si corica, si volta su un lato e fa per addormentarsi.
Una mano lo tocca, lo scuote… Bersani accende l’abat-jour: che succede? Chi è?
E’ la moglie, la signora Daniela. Ha notato che c’è qualcosa che non va nell’uomo che ha sposato e che è stato il suo compagno da una vita. Vuole vederci chiaro. Bersani non ce la fa quasi a tenere gli occhi aperti ma quella insiste, alza la voce, lo scuote… basta! Beh, dopotutto è un suo diritto, pensa Bersani, e, cercando di prevalere sul sonno che lo avviluppa, le racconta tutto per filo e per segno. Silenzio.
La Signora Daniela tace. Pensa. Poi chiede: “Ma com’è che ti è venuto in mente di imitare proprio il Vendola?”. Bersani le rispiega tutto: la calata di consensi, la decisione di cambiare atteggiamento… La Signora Daniela lo interrompe: “E cosa dovresti imitare di Vendola?” chiede (ma si vede che è nervosa). “Beh, cara, tutto. Devo sembrare come lui. Comportarmi come fa lui. Se riesco ad essere come lui, è fatta. Vinceremo le lezioni e sarò ancora Segretario” conclude trionfante. Ora potrà dormire? No. Per niente. La Signora Daniela non si fa mica convincere.
Senti un po’, a Segretario” gli fa ironica “Fuori di questa casa imita chi ti pare, anche quel (e qui dice una parola che, per pudore, mi rifiuto di riportare) di Vendola. Ma in questa casa e dentro questo letto….  Senti mò (ora parla a voce alta, altissima e Bersani si fa piccino piccino, si sposta in un angolo del lettone e vorrebbe sprofondare, dormire, forse sognare) non t’azzardare a comportarti come Vendola! E non mi far dire di più! Mi hai capito”. Poi anche la Signora Daniela, mugugnando spenge la luce e si gira dall’altra parte. Ma Bersani ha perso il sonno, ormai. E riesce a sentire ancora la moglie che dice, come parlando tra sé e sé “Mi fa il Vendola, quello. Ma se vuol fare qualcuno, almeno in questa casa, faccia il Berlusca.. se gli riesce”. 

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