Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Le misure contro la crisi

mercoledì 10 agosto 2011

Certo che così non se lo sarebbero mai aspettato. Quando Silvio, tre anni orsono, stravinse le elezioni ottenendo una maggioranza parlamentare schiacciante, Bersani, Franceschini e la Bindi (per non parlare di D'Alema) se l'erano vista parecchio ma parecchio brutta. Ma come? Dopo tutti gli attacchi che gli avevano portato (supportati da tutta la stampa cosidetta "indipendente", da tutta la magistratura cosidetta "imparziale", dalle reti televisive più colte e prestigiose), il Cav non solo rivinceva le elezioni, ma lo faceva in modo da porre seri dubbi sulla stessa possibilità di un'opposizione di sinistra in Italia.
"O Dio bonino, ma proprio a noi doveva capitare una cosa così" si lamentava la Rosy, passeggiando nervosamente su e giù per le stanze della Sede del PD, incapace di trovar pace. "Mo bada ben, Rosy, che io me lo sentivo. Ma mica così? Socc'mel, ma dove l'è che abbiamo sbagliato?", Bersani non si capacitava. Cercava invano di incontrare lo sguardo di Franceschini, che, zitto zitto, in un angolino, faceva finta di parlare al telefonino per non essere costretto, lui, segretario del partito in carica, a dare spiegazioni.
Solo D'Alema rideva sotto i baffi. "Mi volevate fare le scarpe, eh?" sogghignava "O ciucciatevi il Berlusca, tiè!" Quasi godeva della sconfitta.
Poi però le cose erano cambiate. Cominciò quel ciucchettone di Tartaglia a dare una bella scossa al Cavaliere: mica un colpo da niente, quasi gli aveva portato via un occhio! Berlusconi non fece una grinza, ma ci sformò. Poi venne la D'Addario, la escort con registratore incorporato che se ne venne a "la Repubblica" a raccontare per filo e per segno, il prima e il dopo, il sopra e il sotto, il davanti ed il didietro delle sue serate ad Arcore. Berlusca, da quel signore che è, glissò su tutta la faccenda, ma un pochino vacillò. Eccoti poi la moglie, la Veronica, che, in quanto coniuge cornuta, si vide riconoscere in sede di divorzio certi alimenti che ci avrebbe mangiato una nazione intera. Berlusconi, signorilmente pagò, ma cominciò ad inc..arsi. Poi vennero, di seguito una all'altra: richiesta di incarcerazione per i diritti Media Trade; l'affaire Mills; lo scandalo a luci rosse delle seratine allegre trascorse in dolce compagnia (Ruby e company) a Palazzo Grazioli, ad Arcore, a Villa Certosa e in qualunque altro luogo atto allo scopo; e poi il rimborso miliardario a De Benedetti; lo scisma di Fini...
Ce n'era da ammazzare un toro. Il Berlusca, per la prima volta era veramente alle corde come un pugile suonato. Pareva che da un momento all'altro, bastava chiederlo, e il dittatore nero sarebbe stato ignominiosamente defenestrato spalancando le sale dei bottoni dei Palazzi che contano alla vittoriosa Opposizione, che, c'era da giurarsi, in brevissimo tempo avrebbe restaurato tutto il suo armamentario culturale fatto di concertazioni, dibattiti, commissioni, comitati e compagnia che, sempre all'ombra dell'intoccabile Resistenza (e della bandiera del Che Guevara; ci se n'era scordati?) avrebbe riportato il progressismo ai massimi vertici del potere indecisionale.
O allora, che stava succedendo? O perché il Cavaliere Nero era sempre lì? O perché non se ne andava ora che anche lui sembrava stanco, ora che anche i suoi lo stavano velocemente scaricando?
Era avvenuto un fatto.
Il fatto era che l'Italia stava cominciando ad andare ineluttabilmente a rotoli e per cercare di risollevarla c'era bisogno di chiedere sacrifici (e duri, e tanti) alla gente. Sì, insomma, ci voleva qualcuno che avesse la faccia tosta di ripresentarsi davanti al popolo con tutto lo stesso armamentario di leggi e leggine che: aumenta una tassa di qua, togli un'esenzione di là, aumenta i ticket ospedalieri, metti le accise sulla benzina, sposta in avanti l'età pensionabile, aumenta il prezzo di sigarette, tram, treni, autostrade, asili nido, tasse scolastiche e IVA.. avrebbe permesso di rimandare il crack di qualche anno preservando nello stesso tempo la Casta dominante dalla perdita di uno solo dei suoi incoffessabilissimi, immeritatissimi ed esageratissimi privilegi.
Rosy, Franceschini, D'Alema, Fassino, Vendola e tutti i capi del glorioso partito che fu una volta il P.C.I. si erano guardati negli occhi.
"Ragazzi" aveva detto la Rosy quando si accorse che nessun altro avrebbe preso la parola; "Se noi andiamo al governo e prendiamo una sola di queste misure impopolari, siamo finiti. Estinti. Distrutti. Non ci voteranno più nemmeno gli immigrati clandestini del Saharawi, nemmeno le prostitute senegalesi del Raccordo Anulare, nemmeno i black block del Leoncavallo, nemmeno le gang del No-Tav nonostante tutto quello che abbiamo fatto per loro".
Passarono un minuto in silenzio.
"E se, che so?" azzardò Franceschini "Proponessimo l'aumento dell'età pensionabile per tutti?"
"Spiègati bene" chiese minaccioso D'Alema.
"Volevo dire" balbettò Franceschini "Anche per noi della Casta.."
"Cosaaa?" Il grido all'unisono spaventò il giovane democratico al punto che questi non osò replicare e se ne uscì a fare due passi tutto impermalosito.
"Ho trovato. Per far digerire le misure al popolo potremmo mettere una grande tassa sui beni di lusso. Diamanti, Limousine... yacht..." azzardò la Bindi.
D'Alema la incenerì con lo sguardo: "A Rosy.. pensa un pò ai cazzacci tua" le fece tutto incavolato. La poverina non osò replicare.
Alla fine convennero che sarebbe stato meglio tenersi Berlusconi almeno fino a che non avesse aumentato le tasse, alzato le tariffe e rivisto l'età pensionabile. Loro si sarebbero fatti vivi dopo, per denunciare i provvedimenti filofascisti di un governo di destra.
Per adesso era meglio lasciar stare. Attendere. Defilarsi. Tenere basso profilo. 
"Ma allora" fece Bersani "Dovrò anche smettere di chiedere ogni minuto le dimissioni del Cavaliere?"
"Meglio lasciar perdere, per ora" gli fece piano D'Alema, "Fagli fare queste leggi impopolari e vedrai che fra poco, passata l'emergenza, il Cavaliere non ci sarà più". 
E mentre quello, sconsolato, si allontanava; "E nemmeno tu" fece, come parlando tra sé e sé.


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