Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Il Qualunquismo

giovedì 25 agosto 2011

Davanti ad una birra lui (Dario), e ad un karkadé freddo io (sono probabilmente l'unico a chiedere e ad ottenere senza essere mandato aff... un karkadé freddo; per questo vado in quel bar), stavamo belli comodi (aria condizionata, ambiente in penombra, niente comitive casinare nei paraggi) a discorrere saltando di palo in frasca pur sapendo che, prima o poi, il discorso là, sarebbe andato a finire.
Il primo a rompere gli indugi, c'è da dirlo?, è stato il mio amico, stremato da cinque minuti e passa di conversazione dove gli argomenti erano (non nell'ordine) il gran caldo che fa, lo spettacolare davanzale che ci aveva la nuova cameriera, e quanto potevamo aspettarci dalla vecchia Robur nel prossimo campionato di Serie A.
"Che mi dici di questa crisi?" ha chiesto improvvisamente. Poi si è messo in attesa della risposta che mi sono, per il momento, ben guardato di dargli. Beh, il fatto che non parlassi di un argomento che, ne era certo, mi stava a cuore, ha messo il mio amico in una situazione nuova e inaspettata; aveva ancora lui la mano e doveva rilanciare.
"Io vorrei proprio sapere di chi è la colpa di questa situazione. Te che ne pensi?" ha chiesto di nuovo. L'ho guardato come se la sua domanda mi avesse distolto da pensieri più importanti (era vero: stavo cercando di indovinare la misura di reggiseno della cameriera), poi, mettendomi seduto ben comodo sulla poltroncina di vimini che mi ospitava, dato un gran sorso alla caraffa di karkadé e assicurandomi che la ragazza non fosse a portata di voce, ho detto, serio: "Penso che sia perlomeno una sesta. Forse una settima, se ne esistono".
Mi ha guardato stupito: per un nanosecondo non aveva capito. E' stato un attimo: "La quinta" ha sentenziato sicuro e io non ho controbattuto: su certi argomenti Dario è assolutamente inconfutabile.
Ma la crisi, anzi la Crisi, era nell'aria: evidente, inevitabile, ineludibile; impossibile far finta di niente.
"Sai, Biri" ha esordito Dario "secondo me la colpa non è del Berlusca. O perlomeno non tutta. Una buona parte sì, però" ha lanciato là come per caso. Beh, il sasso era stato tirato: prenderlo in faccia o cercare di ributtarlo dall'altra parte.
"Secondo me" ho esordito lentamente (e ho visto Dario che si accingeva ad aprir bene le orecchie, per capire "veramente" come la pensassi al riguardo visto che non era mai sicuro di comprender bene quello che gli dicevo),
"secondo me la colpa morì fanciulla. Voglio dire che per trovare i responsabili veri della situazione così come ce la stanno delineando bisognerebbe risalire un bel pò indietro nel tempo. Ci dicono che la crisi è finanziaria e che la colpa è di certi sconosciuti e cattivissimi broker che, come si trattasse di giovani irresponsabili che aggeggiano con macchine non ben definite di cui non conoscono il funzionamento e i meccanismi, un giorno sì ed uno no si mettono a vendere e comprare azioni e obbligazioni rischiando di mandare in bancarotta non solo le aziende titolari delle azioni stesse, ma persino gli stati che sarebbero né più né meno che le Nazioni sovrane, nel caso nostro la nostra beneamatissima Patria, l'Italia che Dio ce la conservi. Il problema è invece un altro e consiste in una degenerazione della forma di Governo che ci ostiniamo a chiamare Democrazia la quale, a lungo andare, perde ogni connotato autoritario anche là dove, una qualche forma di autorità è necessaria. In nome della democrazia si dà voce a tutti, si mettono sullo stesso piano le opinioni di tutti, si rinuncia volentieri a forme che possano sembrare vagamente coercitive e si ricerca sempre il consenso, il dibattito, il compromesso e il tutto immerso in una forma talmente dilacquata di non esercitata autorità che alla fine ogni tipo di autorevolezza cessa e, come converrai, mancando l'autorevolezza lo Stato, o qualunque altro Ente che lo rappresenta cessa di esistere. La degenerazione della democrazia è l'anarchia e l'anarchia, rinnegando il concetto di autorità, semplicemente frende impossibile intervenire per modificare gli eventi. Stai attento, amico mio, non voglio dire che la democrazia è un male e che, per esempio, la dittatura è un bene. Solo che la degenerazione della democrazia (che comporta l'impossibilità di intervenire quando, dove e come sarebbe richiesto), porta alla fine ad un tipo tutto speciale di anarchia non dichiarata dove tutto è permesso e tutte le idee hanno lo stesso diritto di essere professate e riconosciute come valide in modo che la differenza tra il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, l'onesto e il criminale diventa così flebile nel mare magnum di un relativismo che mettendo acriticamente tutte le idee sullo stesso piano le riconosce tutte. In tale situazione (che è quella che stanno vivendo le ex-grandi Democrazie occidentali) è evidente che, senza un rigurgito di dittatura (sperando che il dittatore sia illuminato), la fine di ogni convivenza civile è sicura. Ecco il punto. Ci siamo spinti talmente in là con la democrazia, con i relativismi, con l'abrogazione del concetto stesso di sanzione sociale, con il garantismo spinto fino al grottesco, che non solo non si può, ma non si sa nemmeno più quale era il diritto o l'interesse da difendere.
E quindi ecco che un Berlusca, (ma un Bersani, o un Casini non potrebbero agire diversamente), dietro la minaccia della crisi (che significa fine dello stato sociale e di ogni qualsivoglia sviluppo) vengono "consigliati" da organismi esterni (la famigerata Europa) a porre in essere certe misure. L'Europa (o i mercati, o gli investitori esteri) dettano le regole, il governante le recepisce in una manovra che presenta senza crederci preoccupato solo delle reazioni di quelli che protesteranno reputandosi colpiti dalle misure stesse. A quel punto la manovra viene disconosciuta, modificata, annacquata, o ritirata a seconda della forza di coloro che protestano. 
Lasciamo stare i cosiddetti politici: di destra o di sinistra, in buona fede  o meno, corrotti o corruttori, onesti o disonesti, non sono che poveri uomini in balìa di eventi che ormai non possono più controllare. La sovranità alla quale abbiamo abdicato è ora in altre mani, le decisioni che contano si prendono altrove, a Bruxelles, nelle capitali europee, nelle Agenzie di rating e nei saloni delle Borse per adesso, prima che giungano altri padroni (che già si stanno preparando...), padroni più determinati, più autoritari, meno "democratici" e provenienti da più lontano. Allora ci sarà la vera Crisi, quella che determinerà la fine prima dello status quo e successivamente della nostra civiltà tout court." E qui ho fatto stop.
Essendomi di nuovo dedicato al karkadé ecco che Dario è (finalmente) sbottato: "Ma che pessimismo! Che Cassandra che sei! Accidenti come la vedi nera!". Era preoccupato Dario, così, dopo che la cameriera è venuta a liberare il tavolo dai nostri bicchieri ormai vuoti, ho pensato bene di tirarlo su con il morale: "Dario; non dirmi che ci sei cascato! O non l'hai capito che scherzavo? Figùrati se è il caso di avvilirsi per la degenerazione della Democrazia o di prendere sul serio questa... questa crisi. Se la Democrazia è in crisi ci resta sempre il benedetto Qualunquismo. Finché c'è la salute, ci pagano la pensione, non vengono a tirarci fuori di casa per mandarci a dormire sotto un ponte e ci si può permettere di andare in un bar come questo a prendere un karkadè freddo ma di che crisi si parla? E, a proposito dimmi: ma l'hai vista bene? A me parrebbe una sesta." Dario, per una volta, non ha risposto.

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