Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Qualcosa è cambiato

martedì 2 agosto 2011

Ho rivisto Dario dopo molto tempo. Strano, non mi è sembrato cambiato: stessa andatura, stesso aspetto giovanile, stessa "Repubblica" nella tasca della giacca. "Ciao!" mi ha fatto gioviale, e poi "Come va? Lo sai che ti trovo cambiato?". Mi duole dirlo: aveva ragione.
Il fatto è che con la politica, i politici, i giornali che parlano di politica, i talk show che si occupano di politica, insomma con la Politica in generale (ed anche e soprattutto in particolare) non mi ci diverto più. Sono invecchiato? Certo che sì, ma non credo che sia questo il motivo. Vedo tutto sotto un'altra luce da un pò di tempo a questa parte e il teatrino della politica che va in scena (a nostre spese) su ogni TV, giornale o dibattito che sia, ha cominciato a disgustarmi. Gliel'ho spiegato a Dario, mentre ci avviavamo a passo lento verso il nostro solito bar.
"Ci credo" ha fatto sorridendo "Non ti ci diverti da quando anche a te è caduto il paraocchi. Sul tuo amico Berlusca, voglio dire.". L'avrei strozzato, Dario, per quel modo punto affatto signorile di affrontare le questioni. L'avrei strozzato, ma non l'ho fatto. Perché? Aveva ragione.
Nonostante le (o meglio: grazie alle) mie affermazioni di indipendenza e di libertà ideologica e intellettuale devo dire che il Berlusca, per un certo periodo, mi aveva colpito.
Insomma, un uomo che da imprenditore di successo si candida a principale avversario delle sinistre, fonda dal nulla un partito, si candida alle elezioni politiche e le vince, strappando la maggioranza ai comunisti che, dopo il terrore giustizialista e la fine della DC pensavano già di avere il comando del Paese.. beh, ditemi voi se non è un soggetto interessante da seguire. Anche, e soprattutto, dal punto di vista estetico (in senso artistico). Per anni il Berlusca ha vinto ogni specie di battaglia politica nella quale si è impegnato portando alla disperazione gli orfani del comunismo e determinando la fine della carriera politica di innumerevoli avversari; poi, proprio all'indomani della vittoria definitiva, quella che avrebbe potuto far fare a lui e al suo partito il vero salto di qualità permettendogli di realizzare il suo programma... beh, proprio allora, tutto si è sgonfiato. Il re si è scoperto nudo. Peggio: inetto, e proprio nel campo che pensava di dominare: il governo di una intera nazione. Gli italiani gli hanno detto: volevi la maggioranza? Eccola, bella e corposa: ora facci vedere di cosa sei capace. S'è visto: niente. Nisba. Nothing, come dicono a Londra.
La magistratura ci ha messo del suo, certamente, così come le debolezze carnali del Nostro, e le campagne di diffamazione dei giornali di De Benedetti, e Santoro e i santorofili televisivi e chi più ne ha più ne metta... ma, siamo seri. Non ha fatto niente di quello che aveva detto, niente di quello che aveva promesso. Alla resa dei conti ha fallito. E' fallito.
Beh, che dire? Mi dispiace. Ma non per lui. Dopotutto non credo che si ridurrà a chiedere l'elemosina col piattino agli angoli delle strade come vaticinava D'Alema. Mi dispiace per gli eredi del comunismo, l'ideologia che, morta dappertutto, in Italia vive e prospera grazie ad una casta occulta che controlla ogni apparato dello Stato e pensa (e spesso ci riesce) di far breccia sulle menti deboli spacciandosi per colta, progressista, intelligente, brillante e spiritosa mentre non è altro che presupponente, e vive e vegeta solo grazie ad una immensa prosopopea che rinverdisce continuamente, impedendo di fatto qualsiasi esame storico, miti intoccabili e parole d'ordine desuete.
"Caro Dario" gli ho fatto quando, dopo dieci secondi, mi sono deciso a rispondergli, "non è per il Cavaliere che mi dispiace, ma soprattutto è per me. Vedi, svegliarsi e scoprire che la persona nella quale riponevi certe speranze ti ha tradito non è bello. Ed è umiliante  e a me non va di essere o sentirmi umiliato. Mantengo la mia libertà ma mi sento tradito. Perché non onorare le promesse è il peggior modo di tradire e dimostrare di aver paura è ancora peggio e fuggire o rimangiarsi la parola data è imperdonabile.
Vedi, Dario. Il Berlusca a me, fa un pò pena. E' fuor di dubbio che sia rincoglionito (a lui la parola non piacerebbe ma la sostanza esatta è questa), e questo può esser dovuto all'età, ai mille malanni che lo affliggono e agli attacchi che ha ricevuto, sia quelli fisici che quelli portatigli dalla magistratura rossa; entrambi, anche se non lo dà a vedere lo hanno scosso profondamente. Ora sta conoscendo tutti i gradi del decadimento fisico, morale e di leadership. La sua vita privata, escludendo i successi professionali) è stata un insieme di fallimenti (un divorzio fallito per sua colpa che gli costa una fortuna, puttanelle di ogni specie che lo ricattano, persone che lo sfruttano a sangue). Come Capo del Governo ormai non riesce a portare avanti un provvedimento che è uno, senza che Napolitano, la magistratura, l'Alta Corte (come la chiamano), la cosidette Parti Sociali o, in mancanza d'altro, i suoi alleati gli si mettano di traverso. E lui che fa? Si ritira in buon ordine, senza dare troppo nell'occhio, magari raccontando che lui quel provvedimento non lo voleva neanche presentare. Poi fa un accordo con Gheddafi, un accordo che sarà pur disprezzabile ma porta innumerevoli vantaggi al nostro Paese, e neanche un anno dopo si trova, dietro ordine di Napolitano, a bombardare quello che definiva suo amico. Dice che vuol ridurre le tasse e aumenta le tariffe; dice di voler abolire le Province e ne istituisce di nuove. E' arrivato al punto di non farsi più vedere in giro. Aspetta con trepidazione il compimento della legislatura per vedere cosa sarà di lui, della sua famiglia e delle sue proprietà. Non si occupa d'altro. Non decide più niente, non comanda più niente e i suoi lo abbandonano. E lui la notte sogna che tutti cospirano contro di lui e vorrebbe sparire, dormire, o non essere mai nato. Mi fa pena per questo. Ma mi fa anche un pò schifo".
Dario mi ha guardato stupito: queste parole da me non se le sarebbe mai aspettate. Ma non potevo proprio farci niente.

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