Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Dopopranzo

lunedì 23 gennaio 2012

Quando, passate due ore buone, mangiato il pranzo, gustato il dessert, bevuto il caffé e rifattisi la bocca col limoncello, i tre si resero conto che non c'era nient'altro di commestibile da aspettarsi, fu proprio Gargamella a rompere il silenzio che era piombato nella stanza e a lanciare la proposta a Casini e Alfano che, senza saper bene cosa stessero ad aspettare, pure pareva non avessero alcuna voglia di andarsene senza aver prima tirato fuori il rospo che, da alcune settimane, pesava sui loro stomaci come un macigno.
L'idea di quel pranzo era nata così, dopo che erano passati mesi (mesi!) senza che i tre avessero trovato niente da fare, da dire, da dichiarare, da presenziare se non altro per far vedere che erano vivi, che esistevano ancora oltre a al di là delle poche sedute in Parlamento dove erano chiamati a ratificare di mala voglia le decisioni del Governo.
Si erano trovati quindi intorno ad un tavolo, non tanto per mangiare insieme, quanto per poter scrutare, l'uno negli occhi degli altri due, se il suo stato d'animo era simile al loro, un misto di depressione, di angoscia e di paura; la muta risposta era disperatamente affermativa: sì, avevano paura; sì, erano depressi; sì, erano quasi alla disperazione.
"Se quel raccomandato del Prof riesce a portar l'Italia fuori dalla crisi...." fece Gargamella entrando a gamba tesa nell'argomento che più gli stava a cuore, e si fermò.
"A me sta bene" disse subito Casini; "L'Italia prima di tutto".
"Ma non capisci?" sbottò Alfano "Se questo, in quattro e quattr'otto, con due o tre provvedimenti risolve la situazione ci rovina. Ci rovina tutti, hai capito? Anche te, che fai finta di appoggiarlo" disse, duro, rivolto a Casini che si limitò a fare spallucce senza replicare.
"Insomma, colleghi, la situazione è chiara. Da quando Napoleò-Tano e Merkozy hanno messo il Bocconiano alla guida del Governo, quello fa e disfa in un baleno certe prerogative esistenti che sembravano tabù, e tutto senza che noi possiamo dire o fare niente. A noi è toccato approvare l'ICI sulla prima casa e a Gargam... (si corresse rapidamente), e a Bersani, la riforma selvaggia delle pensioni. Insomma, la gente che ci ha votato comincia a chiedersi che cosa ci stiamo a fare. Ora poi è venuta fuori la faccenda dei nostri emolumenti! Ragazzi, io non so voi, ma a me l'andazzo non piace. Sento odore di forconi. Come possiamo giustificare, non dico i nostri stipendi, ma la nostra stessa presenza? Ditemi voi: gli italiani si accorgerebbero di noi se non ci fossimo, salvo il fatto che si risparmierebbero un bel pò di soldi?", e scoppiò in un pianto dirotto.
Dopo qualche secondo di silenzio Bersani si schiarì la voce e parlò: "A noi hanno sempre detto che l'importanza di una persona, di una professione e di una categoria si vede quando questa non opera più. Questo accade quando una personalità importante e influente muore, o quando una categoria di lavoratori dichiara, e riesce ad attuare, uno sciopero ad oltranza. Avete visto quello che succede se, ad esempio, si fermano gli autotrasportatori: in meno di una settimana si blocca la nazione intera. E pensate che cosa succederebbe nel nostro Paese se si fermassero le Poste, o le Ferrovie. O se si bloccassero le Autostrade, o smettessero di lavorare tutti gli addetti alle telecomunicazioni o l'intera categoria dei medici di famiglia o tutte le forze dell'ordine o tutti i lavoratori che provvedono a raccogliere e a smaltire i rifiuti. In ogni caso, in un tempo più o meno breve, l'Italia intera andrebbe a rotoli il che dimostra come, ad esempio, le categorie dei lavoratori dei Trasporti, delle Ferrovie, delle Autostrade, delle Poste siano importanti al punto che ogni cittadino avverte come vitali la loro esistenza e la loro attività. Semplicemente non si può fare a meno di loro. D'altra parte è evidente che uno sciopero dei pensionati non produrrebbe danni avvertibili segno che l'Italia, per andare avanti e progredire potrebbe (e lo farebbe volentieri) fare a meno di loro. Ecco perché i pensionati non hanno voce in capitolo, perché prendono poco e perché, ogni tanto, qualcuno che comanda taglia loro un pezzetto di pensione. Eccoci ora al punto; guardiamoci negli occhi e riflettiamo: se noi tutti deputati, senatori, sottosegretari, portaborse, dirigenti di partito e via dicendo, se noi tutti insomma facessimo uno sciopero nazionale, globale, duro e ad oltranza; se per qualsivoglia ragione decidessimo di non.... di non... (gli era venuto in mente "lavorare", ma la parola gli parve inappropriata) di non.. occuparci del bene degli italiani e di non farci vedere più in giro, voglio dire in TV, nei talk show o nei dibattiti... allora, in questo caso estremo, come se la passerebbero gli italiani? Quanto potrebbe durare l'Italia?".
Gargamella si chetò, affranto meno dalla sua lunga sparata che da un pensiero che, mentre parlava, gli era affiorato nella mente. Guardando i suoi compagni negli occhi si accorse che anche loro avevano avuto la stessa idea.
"Amici" fece Casini con un lungo sospiro: "Diciamoci la verità: nessuno ci farebbe caso, anzi, l'Italia andrebbe avanti lo stesso e meglio di adesso. La stragrande maggioranza delle persone dopo una settimana ci avrebbe già dimenticato e persino i telegiornali televisivi, senza tutti i nostri interventi e le nostre interviste che occupano una bella fetta del loro spazio, sembrerebbero sopportabili. Insomma: se ci tolgono le nostre risse, le nostre rivalità, le accuse e contraccuse, le diffamazioni e le difese ad oltranza noi non solo non varremmo niente, ma non conteremmo niente e non potremmo nemmeno giustificare, non dico un terzo, ma nemmeno un decimo degli emolumenti che prendiamo mensilmente".
"E' quello che sta succedendo ora", fece Alfano con un lungo singhiozzo. "Se il governo può fare quello che vuole con il solo aiuto del Capo dello Stato e con l'appoggio delle piazze finanziarie e se noi non possiamo nemmeno abbozzare la più timida opposizione alle sue misure, noi moriamo, non esistiamo, non serviamo. E la gente comincerà a chiedersi per quale motivo deve continuare a mantenere profumatamente una categoria di persone (la nostra) che, semplicemente, non solo non lavora, ma letteralmente "non fa niente" al punto che se non ci fosse le cose andrebbero avanti lo stesso, più spedite e meglio."
"Vi dò una brutta notizia: la gente se lo chiede già" disse Bersani infilandosi il cappotto; "Arrivederci ragazzi" salutò uscendo dalla stanza.
"Finché dura." fece Casini stringendo la mano ad Alfano; "A proposito, tu che hai occasione di sentirlo spesso: cosa ne pensa il Cavaliere di questa situazione?"
Alfano scosse la testa: "Cosa vuoi che ne pensi? Quando ho cercato di conoscere la sua opinione sulla situazione critica in cui è ridotta l'intera classe politica italiana, ieri sera, a casa sua, si è fatto una risata che l'hanno sentito dalla strada. Poi, senza rispondermi è andato in salotto a giocare a moscacieca con alcune nuove stagiste di Mediaset. Ma, pur dandosi da fare per cercar di abbrancare quelle che gli passavano a tiro, non ha mai smesso di ridere a crepapelle. Chissà che avrà voluto dire?".
Casini aveva già aperto la porta per andarsene: "E lo so io che voleva dire, e lo so io. A domani, finché dura".

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