Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

A volte ritornano... (nota politica)

venerdì 9 marzo 2012

Quando il duo Merkel-Napolitano insediò Monti ed il suo Governo dei Tecnici a Palazzo Chigi, beh, diciamoci la verità, nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato sul destino politico del Cavaliere. "Er Puzzone", come benevolmente lo chiamavano i suoi avversari di una vita, era stato dimesso in quattro e quattr'otto ed era dovuto sloggiare nella notte, andandosene, spettinato e parecchio attapirato, sotto un diluvio di fischi che avrebbe sotterrato un bue. "Se Dio vuole di questo non si sentirà più parlare in eterno!" pensavano allegri i soliti comunisti, contenti come pasque al pensiero che ormai la strada progressista al potere era più che spianata: spalancata.
Poi ci si accorse che con i professori alle leve di comando niente sarebbe più stato come prima.
Innanzitutto quelli misero subito il naso (e le mani) dove nessuno aveva osato metterle prima e fecero in due balletti una Riforma delle Pensioni talmente drastica che lasciò senza fiato e senza parole piddiini e ciggiellini i quali lì per lì, pensando di sognare, non riuscirono nemmeno a organizzare una protesta qualunque, una protestina, un cenno di dissenso, un distinguo, uno scioperetto, una piccola rimostranza. 
Da allora fu tutto un susseguirsi di manovre, manovrine, disegni di legge e riforme che stanno ottenendo due scopi; quello dichiarato di rimettere in piedi la situazione economica italiana, e quello nascosto di distruggere (ce ne fosse stato bisogno) la residua fiducia degli italiani nei partiti tradizionali.
Nella crisi di identità degli apparati politici, ormai sempre più distanti dalla gente e considerati niente più che una cricca di incapaci e corrotti dalla quale varrebbe la pena di sbarazzarsi al più presto possibile, quello che prima di ogni altro capì e utilizzò ai propri fini la nuova situazione che si era venuta a creare, chi fu?
Il solito: il Berlusca, il Cavaliere Nero, il Duce d'Arcore, insomma ancora lui: er Puzzone.
Lasciato il bastone di comando dell'agonizzante partito che aveva fondato ad un giovane "parvenu" della politica e prendendo su di sé l'incredibile carica di "Padre Nobile" del movimento (Padre Nobile: roba da chiodi!), ecco che il Nostro, dopo qualche giorno di silenzio, è ora tornato sulla scena politica-mediatica con una autorevolezza e un credito che non aveva mai avuto nemmeno quando governava.
Le televisioni se lo contendono, i media pubblicano per intero le sue interviste mentre ogni intercettazione telefonica che lo riguardi sembra misteriosamente sparita dalle prime pagine dei giornaloni "indipendenti". Persino "Repubblica", demoralizzata, non ha più interesse e voglia di occuparsi di lui lasciando argomenti progressisti come il bunga-bunga e l'affaire delle olgettine ai rotocalchi di gossip più squalificati ai quali, prima, contendeva con successo l'intervista alla escort di turno. In più, tutti i comici, satiri, ventriloqui ed imitatori che lo sbertucciavano un'ora sì e l'altra pure, ora che "il Caimano" non comanda più, non potendo più tirare in ballo il suo nome e tutto quello che questo comportava, si trovano improvvisamente a corto di idee, annaspano, non sanno cosa dire e, senza il Nume Ispiratore, non fanno più ridere nessuno. Benigni, che da Fiorello, tentò di rinverdire la satira antiberlusconiana con due o tre battutacce vecchie come il cucco, accorgendosi della mala parata (il comico di Vergaio è ormai alla frutta), cercò di accaparrarsi qualche applauso rifugiandosi a cantare (e male) un anacronistico e squallido "Inno del corpo sciolto", sua hit scatologica di quarant'anni fa che giustamente oggi, nella bocca di uno che si dice abbia vinto un Oscar (ma l'ha vinto! Davvero!) fa veramente ca'à.
"Dovrò dare qualche consiglio a Monti su come fare per agevolare lo sviluppo" dice intanto ai microfoni tutto serio il Cav, senza che nessun giornalista si metta a ridere; "Andrò a breve dal mio amico Putin a dirgli di darsi da fare per far rilasciare i nostri marò", promette al TG1, e nessuno che si stupisca; "Monti è bravo, non c'è che dire; del resto l'ho scoperto io" racconta con nonchalance alla conferenza stampa, e tutti i giornali riportano, e con pochi commenti, le sue parole.
E da ogni parte si vedono le sue foto: mentre assiste alla partita del Milan ("Devo ricordarmi di dire ad Allegri di far spingere di più sulle fasce"); in un gruppo sotto la neve con Putin e due giovani elettrici siberiane ("Sono andato a complimentarmi personalmente con Putin per la sua rielezione"); mentre, in maniche di camicia, parla con il sindaco di Lampedusa ("Ho rassicurato i lampedusani che qui non sbarcherà più nemmeno un libico. Del resto ci ho comprato una casa"); mentre racconta barzellette spinte alla sua claque ("Dunque: c'era un frate che doveva confessare una novizia..."); insomma, il Berlusca imperversa nei rotocalchi, nei giornali, nelle televisioni, come non mai.
Nel frattempo il partito dei progressisti sta andando a rotoli. Scalfari contro Bersani, Veltroni contro Franceschini e D'Alema, Renzi contro tutti, sconosciuti che battono sonoramente alle primarie i candidati ufficiali della Direzione; insomma il partito dovrebbe cambiare nome, da PD a Lotta Continua (intestina), come ai bei tempi. Solo Maria Rosaria tace. Dopo aver vissuto il suo momento migliore con la sprezzante risposta al Cav che aveva irriso alla sua avvenenza con l'orgoglioso: "Signore, non sono una donna a sua disposizione!", ora, che non la riconosce più nemmeno il gatto, ora che non viene salutata neppure dall'ortolano quando la mattina va a fare la spesa al mercato ortofrutticolo, ora Rosaria rimpiange amaramente quei tempi eroici in cui era considerata l'icona della Sinistra e sempre più spesso, la sera, mentre davanti alla TV cena da sola, una lacrima le cade, furtiva, inarrestabile, nella minestrina.

1 commenti:

Gian Canio ha detto...

Un giorno, nel paese dei rospi, tutto il popolo dei rospi fu invitato ad andare a votare per il nuovo governo.
Ogni votante si fece carico di migliorare, con il proprio voto, la situazione nazionale e cominciò a scartare tutti i candidati delle liste, perchè erano rospi.
Le schede risultarono tutte bianche.
Fu allora indetto un referendum in cui si chiedeva alla popolazione se, in attesa di futuri migliori eventi e di migliori candidati, non fosse il caso di mantenere il vecchio governo. Tutti risposero SI, naturalmente, e tutti quei rospi furno governati dal vecchio grande rospo.

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