Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

La Solitudine del Numero Primo

martedì 4 settembre 2012

La solitudine è una brutta cosa. E se è vero (come è vero) che è brutta per tutti, figuriamoci quanto brutta può essere per chi assaporò un giorno i fasti della popolarità e il dolce profumo del potere ed ora si trova, mutatis mutandis, nella situazione di non avere più alcuna autorità, nessuna influenza sulla pubblica opinione e dovere restar solo come un cane, senza uno straccio di amico.
Del resto, ad esser sinceri, un grande compagnone F******, non lo era mai stato. Era schivo, silenzioso, mancava di dialettica e di spirito e spesso, quando doveva presenziare a qualche festa alla quale era stato invitato, trascorreva il tempo che lo separava dall'ora in cui, finalmente, sarebbe potuto tornarsene a casa, in disparte, addossato alla parete nel lato più buio della sala, sperando in cuor suo di non esser notato da alcuno per non dover intavolare una conversazione che, da parte sua, non sarebbe stata che una sequela di poche frasi sbocconcellate e, per gli altri, incomprensibili. E nonostante che, per qualche inspiegabile miracolo, fosse arrivato a rappresentare il Partito nei più alti consessi politici fino ad esser candidato (lui! F******!) alla carica di Presidente, purtuttavia, anche allora, il suo carattere introverso lo rendeva, agli occhi di chi poteva avvicinarlo, un uomo diverso, un "dropout", un solitario.
Ora, chi si ricordava di lui? D'accordo, aveva ottenuto la carica di Sindaco ed era quindi, a tutti gli effetti, ancora un Numero Uno, ma anche se alle riunioni politiche veniva invitato come prima era evidente a tutti che le sue fortune erano svanite, che la sua ora era fuggita e che il futuro che gli si presentava davanti sarebbe stato pieno di rimpianti e di solitudine ancora più penosa.
Il suo fisico non lo aiutava a superare questa sensazione che a poco a poco si stava trasformando in un vero e proprio complesso: alto, magrissimo, macilento e con lo scarno volto emaciato a incorniciare due occhi grandi e tristi sovrastanti due spaventose occhiaie, il suo aspetto sembrava fatto apposta per allontanare da sé anche le persone più amichevoli e estroverse. Metteva un pò di disagio. Le donne, parlando tra di loro, cominciarono presto a paragonarlo ad un lombrico. Presto tutti, di nascosto da lui ma in ogni occasione, lo chiamarono: il  "verme" e, poiché stava sempre solo: il "verme solitario". 
Pensate che F****** non soffrisse di questa situazione? Il pover'uomo ne soffriva eccome! Ma non riusciva a cambiare né il proprio carattere né, di conseguenza, le cose, e questo la rattristava profondamente fino a procurargli una specie di  dolore quasi fisico. A volte, nelle ore più tarde delle lunghe notti insonni passate a ripercorrere la sua situazione, si alzava e, sceso dal lettone del quale occupava solo la minima parte, traversava la grande camera da letto e, coperto solo dalla lunga, bianca camicia da notte, scendeva nel soggiorno dove si rimirava attentamente nel grande specchio appeso alla parete. Racconta la fida governante, che assistette spesso e non vista a questi fatti, che una lacrima silenziosa scendeva allora sullo scarno volto del suo padrone. Una volta fu udito gridare. La domestica, saggiamente, in questi casi sapeva che era assai meglio non avvicinarglisi, ché il meschino, in preda ad un raptus di follia, avrebbe potuto passare dalle escandescenze ai fatti. Si limitava, la fedele governante, a sbirciare dal buco della serratura, poi, la mattina seguente, uscita a comperare il solito quartino di latte scremato (che insieme ad una prugna secca costituiva la magra colazione del Nostro), raccontava quello che aveva visto alle coetanee (occorre dire che la riservatezza era, fra tutte le sue virtù, quella che faceva difetto alla fida e anziana nutrice). 
-N.d.A.: l'anziana donna, oltre che governante e domestica, a F****** gli era anche nutrice-
"Perché, perché grande Mani (F****** era di religione manichea) non posso anche io avere amici con cui parlare, una compagnia da frequentare, ragazze... (qui esitava, timidamente).. da corteggiare, persone che mi stanno a sentire? Quale è stata la colpa che mi costringe a restare perennemente solo?" diceva egli allo specchio come se questi avesse potuto rispondergli. Poi, aprendo la grande finestra che dava sulla nera campagna e dalla quale nelle limpide notti di luna piena potevano scorgersi le lontane Alpi innevate, alzava i tristi occhi al cielo e scuotendo i pugni verso un invisibile nemico, proferiva orrende bestemmie pagane (la decenza e il timor di Dio impedivano alla pia donna di riportarle per esteso) che risuonando nel livido cielo spaventavano persino i grandi pipistrelli che, a frotte, si radunavano ogni notte presso la sua casa. 
Quando poi seppe che non solo i suoi ex amici ma perfino i compagni di partito si riferivano a lui con quel nomignolo: "verme solitario", la voglia di reagire al suo triste stato di solitudine gli venne meno. Cessò di uscire di casa; rinunciò ad ogni manifestazione di vita pubblica; nessuno lo vide più per interi mesi.

Poi, dopo quasi un anno, la situazione cambiò. F****** a poco a poco era riuscito a trovare in sé le risorse per riemergere da quello stato di abulìa che rischiava di condurlo alla depressione; sforzando la propria volontà riuscì finalmente a maturare la convinzione di potercela fare. "Devo tornare in pubblico; devo mostrarmi brillante, arguto, spiritoso, sagace... il "verme solitario" di una volta sarà solo un ricordo. La gente mi rispetterà" si ripeteva allo specchio in una sorta di parossistico training autogeno. E si fregava le mani.

Venne il gran giorno.
L'occasione che avrebbe sancito il suo ritorno in politica era stata programmata con cura; non un dibattito pubblico su temi d'attualità e nemmeno una partecipazione come referente ufficiale ad una conferenza stampa dove avrebbe avuto puntati su di sé le telecamere di mezzo mondo; per la sua prima apparizione in pubblico dopo così lunga assenza era stata scelto un Evento culturale: la Settimana della Scapigliatura Milanese (nota corrente letteraria in voga all'inizio del secolo scorso). All'inaugurazione della Settimana (dove sarebbero state presenti tutte le televisioni nazionali nonché politici e giornalisti dei quotidiani più diffusi), F****** avrebbe dovuto tenere il discorso d'apertura e successivamente presenziare in prima fila alle recite dei componimenti degli Scapigliati, conferendo in tal modo a tale rassegna, una valenza politica (oltre che un valore letterario) che, oltre a favorire il Partito, lo avrebbe riportato in auge tra i suoi compagni e tra i primi nel gradimento del pubblico.
All'inizio tutto andò bene. La prolusione del Nostro sembrò incontrare il favore del pubblico al punto che, al termine del suo preciso intervento, detto per una volta con voce ferma e piglio deciso, si levò nella sala anche qualche applauso.
"Ci siamo! E' fatta!" diceva tra sé e sé F****** fregandosi le mani: "Sono di nuovo in sella. E ora nessuno parlerà più di me come del verme solitario" concludeva mentalmente, soddisfatto della sua performance.
Poi, sul palco si presentò un giovane il quale dopo aver parlato della Scapigliatura Milanese concentrò il suo intervento sul poeta Ernesto Ragazzoni, descrivendone l'indole ribelle, la produzione poetica e la sua morte prematura.
"E adesso" disse poi, "per commemorarlo degnamente permettetemi di leggervi una delle sue odi più famosa: l'Elegia del Verme Solitario". E, mentre a F****** cominciavano lentamente a ronzare gli orecchi, quello cominciò a declamare:

"Solo è Allah nel Paradiso
del profeta Macometto,
solo è il naso in mezzo al viso,
solo è il celibe nel letto,
ma nessun da Polo a Polo
come me sul globo è solo,
né mai fu, per quanto germe
ebbe lume nel lunario,
perch'io solo sono il verme,
lungo verme
cupo verme
bieco verme
cieco verme
triste verme
solitario"

"Ma... cosa.. che succede? Come è possibile?" F****** si contorceva nella poltrona in prima fila, gli occhi vitrei, i pensieri in tumulto.. "Uno scherzo? Una burla? Chi, come perché?" non poteva pensare, non poteva parlare; mentre quello sul palco continuava la declamare imperterrito, lui poteva solo aspettare che quella tempesta che gli si abbatteva addosso terminasse al più presto....
Intanto dal palco quelle strofe saltellanti continuavano impietosamente ad abbattersi su di lui che avrebbe desiderato solo di non esser lì, di essersene rimasto a casa, di scomparire....
Il giovane poeta giunse finalmente all'ultima strofa:

"Pure il giorno verrà, il giorno
che uscirò fuori a vedere
come è fatto il mondo intorno
miserere, miserere,
finirò la vita trista
nel boccal d'un farmacista
pieno d'alcool ed erme-
ticamente funerario,
perché io non son che un verme
lungo....
cupo....
cieco....
bieco....
triste verme
solitario."

L'elegia finì sotto un uragano d'applausi. Che gran poeta era Ragazzoni! E come era bravo il giovane poeta che l'aveva letta così bene! La Settimana della Scapigliatura non poteva cominciare meglio. Poi, tutti cercarono con gli sguardi F****** per vedere come aveva accolto quella performance, forse per udire da lui qualche commento.... ma...
"F******! Dov'è F******?" si udiva da ogni parte..
F****** non c'era più; la sua poltrona era vuota; forse lui era sgattaiolato via, non visto, quando era scoppiata l'ovazione.

Da quel giorno nessuno l'ha più visto.





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