Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Tripolineide

giovedì 4 ottobre 2012

Alla fine quella che è stata definita di volta in volta come: la Madre di tutte le telebojate; la fiction più "gore" che sia mai apparsa sui teleschermi italiani; quella che ha contribuito a creare un nuovo genere dell'intrattenimento televisivo (lo Splattrasher, acronimo formato da Splatter + Trash); insomma, alla fine "L'onore e il rispetto" è giunto, faticosamente però, alla sua (temporanea) conclusione.
C'è da dire che l'ha fatto col botto. Nell'ultima puntata era impossibile trovare una logica negli efferati ammazzamenti, negli insensati accoppiamenti o fra gli scambi di battute degli stravolti protagonisti che esulassero dalla più fantasmagorica demenzialità; sopraffatti dai bagni di sangue e dalle smorfie dei poveri interpreti (i quali si sono trovati costretti da una sceneggiatura infame e dall'incongruenza narrativa a prodursi nelle più orrende facciacce e nei più istrionici atteggiamenti che, spero ardentemente, mai più avranno occasione di ripetere nella loro futura carriera), i telespettatori più caparbi dopo solo una quindicina di minuti, incapaci di seguire il passo dell'insulsa vicenda, abdicata ogni velleità critica, si sono lasciati docilmente trasportare dall'infernale sarabanda granguignolesca che andava in onda e, persi in una specie di catatonica fissità e indifferenti ormai all'universomondo, hanno atteso pazientemente la fine del sovrabbondante macello solo per la curiosità infantile di voler vedere come sarebbe andata a finire l'atroce mattanza che si svolgeva sotto ai loro occhi.
Qualcosa di inaudito poi, a onor del vero, c'è in questa fiction. E' infatti l'unico sceneggiato televisivo (ma anche nei film veri ci sono pochi riscontri...) in cui, al termine delle puntate, ogni personaggio sopravvissuto (pochi, pochissimi) si ritrova più cattivo, più maledetto e più incarognito di quanto non fosse al principio. Qui scordatevi le morali, le redenzioni, i pentimenti e quisquilie del genere; ognuno si impegna ad ammazzare quelli che gli si trovano più a tiro, siano pure essi amici, parenti stretti o genitori. Chi non lo fa, alla fine si suicida, e comunque tutte queste carneficine avvengono senza la presenza o l'interessamento delle cosidette "forze dell'ordine" (basti pensare al proposito che solo uno fra le decine di mafiosi che popolano lo strambo mondo rappresentato in questa fiction, alla fine, finisce in carcere, il cretino). E c'è un'altra particolarità in "L'Onore e il Rispetto": è una delle pochissime fiction in cui, alla fine, non viene dissipato alcun nodo narrativo; insomma, al termine dell'ultima puntata, siamo nelle stesse condizioni in cui eravamo quando tutto cominciò, tutti gli accadimenti sono avvenuti per così dire, gratis, e la situazione è più confusa e intricata di quanto fosse all'inizio. Un bel risultato per chi ha scritto il soggetto della bojatissima, non c'è che dire...
Di scene memorabili (se così vogliamo definirle...) ce ne sono, a dire il vero, a fiumi, a valanghe, ma qui mi preme ricordarne tre in particolare.
Già all'inizio la Tripolina (ignara di dover crepare - come gli altri del resto - di lì a qualche minuto) si esibiva in atteggiamenti da Gran Stronza umiliando ai limiti dell'inverosimile la donna e i figli del vecchio Padrino, fino ad ieri suo unico protettore (oltre che privilegiato cliente delle sue arti zoccolesche) ma caduto poi dalle sue grazie una volta che ella scoprì le sue malefatte. Tripolina si vuol vendicare sull'uomo e sulla sua famiglia; si stabilisce nella sua casa e pretende che i suoi figli e la sua donna (che prima l'angariava) le facciano da servi. Prima costringe la donna a portarle dentro casa le pesantissime valige, poi le annuncia che da ora in avanti dovrà fare le veci di domestica e cuoca a tutto servizio e per cominciare le ordina di preparare, a lei e ad un suo figlio stronzo, un pranzo luculliano per la cena.
La donna abbozza e del resto che potrebbe mai fare?: la Tripolina gira per casa con un pistolone a tamburo in bella vista nella tasca della vestaglia manco fosse la Barbara Stanwyck di "Quaranta pistole" e non perde occasione per offenderla ("Puttana" la chiama!) ed umiliarla davanti ai figli e allo stesso Padrino, quest'ultimo ormai ridotto ad un rottame d'uomo che si trascina per casa, incapace di ogni reazione e indifferente alle offese più sanguinose come nemmeno Berlusconi dopo l'avvento di Monti.
La sera poi, ecco a tavola Tripolina e figlio, serviti dalla donna e dal figlio di lei. Quando questi stappa una bottiglia di vino, l'altro gli ordina di versarglielo nel bicchiere: "E se sa di tappo t'ammazzo!" (sic!) gli dice mostrandogli la pistola (tutti hanno una pistola, in questa fiction). Poi, la donna è chiamata a portare in tavola la zuppiera colma di prelibata pastasciutta alla pommarola (ai lettori: non sono io a inventarmi queste str...zate: è proprio la fiction che è così!) ma (ohi, ohi) inciampa e fa cadere a terra tutto il fumante primopiatto mediterraneo.. Dovreste vedere la Tripolina! Tira fuori la pistola, e, puntandola alla tempia della donna vuole assolutamente che questa si inginocchi e mangi le  tagliatelle atterrate senza aiutarsi con le mani o con le posate: "Come una cagna!" le ordina.
Un'altra scena che, spero ardentemente, non passerà inosservata ai cultori del pulp in salsa sìcula, è quella in cui il vecchio padrino, stufo ormai di vedersi comandato e ridotto a zimbello da colei che una volta era la sua puttana personale, decide di farla finita e dà fuori da matto.
Dopo essere riuscito a disarmare la Tripolina (benedetta donna, un pò di accortezza! Sempre in giro con quel pistolone in bella vista e facile da perdere...) dà inizio alla mattanza cominciando dai suoi familiari (sic!). Ammazza la sua donna (pistolettata in pieno petto), poi il figlio (due colpi nello stomaco) e quindi la figlia che gli si era rifugiata fra le braccia, terrorizzata. Lentamente gira per le stanze facendo secchi tutti quelli che gli si parano davanti. La Tripolina si accorge di quello che sta accadendo; corre a prendere la pistola, ma non la trova: maledizione! pensa la disgraziata... Poi, si odono dei colpi: la porta viene aperta a pistolettate ed ecco che entra il Padrino, con la pistola in pugno. La Tripolina non ha scampo; un colpo e viene colpita alla spalla destra. Cade a terra sanguinante, non può difendersi.. il Padrino, ritto davanti a lei la prende ancora di mira: "Pam!" altro colpo, altra spalla. La Tripolina è in un lago di sangue ma ancora lucida; lo guarda dritto negli occhi e gli dice (testuale): "Padrino, ora ti riconosco. Sparami ancora, ti prego. Noi sappiamo solo sparare". Ovviamente quello non se lo fa dire due volte: "Pam! Pam!" e addio Tripolina. 
Altra scena imperdibile (che avviene dopo una mezz'oretta, quando tra agguati, tradimenti e scontri a fuoco se ne sono già andati al Creatore qualche decina di mafiosi legati al clan del Padrino, quattro o cinque affiliati ad una cosca rivale, dieci o dodici giunti apposta dall'America per farsi ammazzare oltre a parenti e amici di questo o di quello che sarebbe troppo difficoltoso nominare) è quella dell'uccisione della moglie del Fortebracci ad opera di quest'ultimo.
La donna (che infoiata come una capra in primavera ha voluto sposare il Fortebracci nonostante questi la disprezzi) è venuta a sapere con l'aiuto di una intercettazione telefonica (che originalità!) che il marito tiene una figlia nascosta da qualche parte. Subito lo affronta e, a muso duro gli ordina: "Devi subito farmi fare un figlio, così ti legherò a me!". Fortebracci sogghigna (Diavolo d'un uomo; cosa mai avrà in mente?), poi, inaspettatamente: "Va bene. Hai vinto tu. Ma lo faremo nell'acqua, perché così è più bello" le replica cominciando a togliersi i pantaloni...
L'amplesso, fortunatamente per noi e su richiesta (credo) dello stesso Garko, avviene rigorosamente off-screen (dopotutto siamo in fascia protetta); nella scena che segue infatti vediamo i due in bagno dove (si immagina) debbono aver copulato alla grande dato che lei, ancora nella vasca, cinguetta: "Mai avrei creduto di poter provare un piacere così immenso...". Lui, intanto, atteggiato il viso alla sua seconda espressione (quella di profilo), si pettina davanti allo specchio mostrando a lei e alle telespettatrici più arrapate tutti il repertorio dei suoi celebrati pettorali. Poi improvvisamente, impugnato il phon e accesolo, si rivolge alla donna che ancora nuda vagheggia i bei ricordi di non più di cinque minuti prima e: "Maledetta! Volevi legarmi a te! Ma io ti detesto! Non sai quanto ti odio! Muori maledetta puttana!" le urla gettandole il phon acceso nella vasca. Grande fiammata, fumo infernale, la vasca ribolle, la musica impazza, la donna arrostisce, Fortebracci trionfa.

E ora non resta che aspettare il seguito....

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