Il Biri cessa le pubblicazioni su questo blog!!
Eh sì, proprio così. Il Biri ormai si ritiene abbastanza esperto di informatica da volare con le sue ali: al sottoscritto, che fino ad adesso lo aveva aiutato disinteressatamente, non resta che prenderne atto.
Non è però che il Biri cessi del tutto le sue pubblicazioni, anzi!
Ora di blog ce ne ha addirittura 3 (TRE!) e ci ha anche un profilo Facebook assai seguito.
I blog del Biri sono i seguenti:
biribixi.tumblr.com (dove il Biri scrive le sue cose)
biriarte.tumblr.com (i quadri che piacciono al Biri)
birifilm.tumblr.com (dedicato al Cinema del Biri).
La mia missione pertanto è finita. Chi vuol continuare a seguire il Biri lo potrà fare ancora meglio accedendo a questi link o, anche meglio, andando a vedere la sua bacheca Facebook.
Saluti a tutti.
R. Mulinacci
Birituìt
L'ironia
La felicità
Le buone intenzioni
Consultazione
La verità.
Ma come si può definire la verità? Perché alcuni reputano vero un fatto (una dichiarazione, una confessione, una spiegazione, una ideologia, una ricostruzione storica, una teoria, una utopia) e altri no?
Perché si afferma che una cosa è vera? Se quello che ci dicono, o che scrivono, o che ci rappresentano, è conforme alla realtà dei fatti?
Bene; premesso che la Verità (quella assoluta, quella con la V maiuscola) non è di questo mondo, possiamo cercar di dare una definizione della verità (con la v minuscola) terrena.
Per me “Il tasso di verità che accordiamo ad un fatto che non sperimentiamo direttamente risulta dall’aderenza alle nostre aspettative culturali (apprese o sperimentate) dell’evidenza del fatto così come ci viene rappresentato”.
Parlando di tasso di verità (dato che la verità al 100 per 100 non esiste) ecco che siamo disposti a prendere una cosa per vera se la sua descrizione è più o meno conforme a ciò che, per la nostra formazione culturale, siamo disposti ad accettare.
Ma ecco che nascono subito i problemi; la descrizione del fatto ci è esposta da altri ed il nostro giudizio su quel fatto dipende dalla nostra cultura. Poiché un fatto può essere descritto in una miriade di modi (con omissioni, enfasi, punti di vista ideologici, alterazioni varie, mancanza di dati essenziali, ecc. ecc.) e da fonti interessate a provocare un certo tipo di reazione nel destinatario della descrizione del fatto stesso; poiché le formazioni culturali e le esperienze sono tante per ogni essere umano; e poiché possono esserci interessi nella rappresentazione di un fatto ecco che in pratica si può dire che:
a- la verità di ognuno non è che un atteggiamento personale indotto dall’esterno e che
b- la Verità accettata da tutti non può esistere.
A queste condizioni le basi su cui ci regoliamo per destinare ad altri la nostra fiducia, la nostra gratitudine, la nostra stima (e analogamente il nostro odio, il nostro disprezzo, la nostra sfiducia) dipendono quasi sempre non dai fatti (veri o non veri) in sé, ma da noi (come li giudichiamo) e da altri (come ce li propongono).
E allora perché ci danniamo l’anima a perorare certe posizioni, a professare certe ideologìe, a propagandare certezze, a fomentare odii, a concedere simpatie e a sposare tesi che domani, al cambiare di uno dei due termini in gioco (primo: fatti che modificano la nostra esperienza o le nostre conoscenze; secondo: nuovi o diversi mezzi per la presentazione del fatto in questione) possono rivelarsi come mal riposte?
Se il bene e il male, la giustizia e l’ingiustizia, la verità e la menzogna poggiano su basi così fragili come possiamo permetterci “responsabilmente” di giudicare un fatto, un avvenimento, una persona, e a volte un intero popolo, senza rischiare di prendere la posizione sbagliata?
Ecco che la mia posizione può essere, se non condivisa, almeno compresa:
Confessione (1)
I CLASSICI DEL CINEMA IN 3 BATTUTE
THE END
Il Difetto
I FALSI MAESTRI
La saggezza del Biri (3)
"Tutte le cose piacevoli della vita o sono illegali, o sono immorali, o fanno ingrassare"
Woodehouse
l'AFORISMA del mese
"Anche quando le leggi sono scritte, non dovrebbero mai rimanere immutate"
Quanti leggono il taccuino?
Cerca nel blog
Missione del blog
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.
Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.
(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.
Roberto Mulinacci
COMUNICAZIONE IMPORTANTE!
domenica 23 giugno 2013Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 16:21 0 commenti
La scomparsa di Re Giorgio I.
sabato 19 gennaio 2013Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 15:06 0 commenti
Senso Civico
lunedì 26 novembre 2012"A cosa ti riferisci, in particolare?" gli risposi gentilmente ma con un'altra domanda, così, per lo spettacolo.
"Beh, alla situazione politica, economica e sociale del momento; all'aria particolare che si respira; alle prossime elezioni, per esempio". Si zittò. Un sorrisino gli aleggiava sulle labbra. Alzò la tazzina alle labbra scolandone l'ultima goccia e si pose in paziente attesa. Attesa vana. Muto, me ne restai.
"Ecco" riprese il mio amico vedendo che la conversazione non proseguiva "Scommetto che tu alle prossime elezioni ti asterrai. Disfattista" concluse, per provocare la mia reazione.
Il bicchiere di tamarindo era ancora mezzo pieno; ce n'era di tempo da perdere, tanto valeva dargli spago anche perché l'argomento, a esser sinceri, si prestava a diverse, allegre, intorcinature dialettiche.
"Ma Dario, cosa mai ti salta in mente. Astenermi io? Ci mancherebbe altro. Diciamo che mi sto guardando intorno per cercare di decidere a chi dare il mio voto. E lo sai Dario? Sono veramente perplesso. Indeciso. Titubante. Insomma, se proprio lo vuoi sapere non so ancora a chi darò la mia fiducia. Guardo. Osservo. Cerco di informarmi. Leggo i giornali, guardo la TV.. Astensionista io? Tu non mi conosci".
E giù un'altra sorsata di quella nera, calda, profumata, corroborante bevanda.
Il ghiaccio era rotto, la conversazione poteva cominciare; le prospettive erano invitanti. Dario ci si buttò a capofitto.
"Allora un'idea te la sarai fatta. Se non altro di schieramento." Raccolse le forze: "Senti, Biri, ci conosciamo
da una vita, a me puoi dirlo. Destra o sinistra?"
Lo sapevo. Lo aspettavo al varco. Alzai gli occhi al cielo (insomma, al soffitto del bar) e cercai di assumere un'espressione sofferta e partecipata.
"Destra. Sinistra. Cosa mai significano, adesso, queste parole? La destra non era quella che difendeva i padroni, gli industriali, il profitto e il ceto medio? Beh, hanno governato per anni e oggi il ceto medio è impoverito, le industrie chiudono e i profitti calano incessantemente. E la sinistra non era quella che difendeva gli operai, i lavoratori e il pubblico impiego? Anche loro hanno governato per decenni e ecco che la disoccupazione è salita alle stelle, le famiglie si sono impoverite e le pensioni sono diventate un miraggio... Dario, ormai non si parla più di destra o di sinistra ma di persone. Io voglio trovare una persona alla quale dare il mio voto che sarebbe poi la mia fiducia, una persona che vorrei vedere a Capo del Governo, una persona della quale condivido il programma a prescindere se questa persona è considerata alla vecchia maniera e cioè di destra o di sinistra. Non si votano le ideologie, ma gli uomini" e con questa frase ad effetto ho rilanciato la palla nella sua metà campo.
Dario era rimasto spiazzato, si vedeva lontano un miglio, tuttavia replicò come c'era da aspettarsi:
"Ma ti sarai guardato in giro... ti sarai fatto un'idea..."
Il tamarindo era finito, il bar era accogliente e calduccio e comunque c'era ancora un sacco di tempo prima che fosse ora di pranzo; la conversazione (praticamente il mio solito monologo) poteva iniziare.
"Vedi Dario" partii lento "Vedi Dario, tu mi consideri a torto o a ragione, un cinico, un disfattista, un tipo disimpegnato insomma. Beh, hai torto a pensare che sia così. Torto marcio. In verità sono molto attento a tutti gli aspetti del mondo che mi circonda e la cosa che più mi interessa, non lo crederai, è proprio la politica, quella di casa nostra. So che probabilmente ci saranno le elezioni a breve termine e sto cercando di orientarmi, di guardarmi intorno per decidere al meglio. Ebbene, non lo crederai ma ancora non ho trovato un partito o un uomo politico al quale dare il mio voto.." vidi un sorrisino sulle labbra di Dario: lo spensi subito: "..e non perché non ce ne siano di partiti e di uomini degni di fiducia ma perché ce ne sono troppi". Rimase di stucco; quando dopo qualche secondo si accinse a replicare lo precedetti:
"Pensiamo ad esempio al PD. In quel grande Partito di persone valide ce ne sono a bizzeffe, e tutte preparate a puntino per fare il Primo Ministro. Chi sarebbe il più indicato a fare il premier? Vediamo un pò, mi sono detto. Prendiamo Bersani. Chi può mettere in dubbio la sua onestà adamantina, la sua grande umanità, il suo costante interessamento alla causa dei lavoratori alla quale (causa) dedica ogni minuto della sua giornata lavorativa? E si può tacere la sua capacità dialettica, il grande seguito che ha in ogni strato della popolazione, la sua abilità nell'interloquire con qualunque interlocutore (mi scuso per queste tre ultime parole oggettivamente cacofoniche), la sua grande esperienza di finanza internazionale e la sua perfetta conoscenza delle lingue e delle culture europee, provvido viatico ad eventuali escursioni in altri Paesi? Ergo Bersani va benissimo; approvato; votabile.
E Renzi? No, scusate, dico: e Renzi? Un giovane romantico e battagliero, amatissimo dai giovani di ogni estrazione sociale che ha conquistato con la sua spontaneità e la freschezza dei suoi giovani anni; un uomo che, passo dopo passo, si è avvicinato al top del Partito facendosi largo con la sua vitalità, la sua ansia di rinnovamento, le sue idee rivoluzionarie.. Renzi è a posto; approvato; il mio voto è cosa fatta.
Ventola poi non si discute. Un ragazzo del Sud che è giunto alla ribalta europea della politica grazie al suo coraggio, alle sue idee lungimiranti, alla sua correttezza e all'integrità della propria vita che fa da specchio ideale al suo programma sociale. Ventola, un nome, una garanzia; sai che ti dico? mi ci vedrei benissimo rappresentato da lui in questa nostra Italia: per me è OK.
Del centrodestra si può dire altrettanto. Uomini e donne validissime caratterizzano la dirigenza di quel Partito. Dopo i successi di Berlusconi (che potrebbe ricandidarsi; avrebbe la mia approvazione) ecco che qui troviamo Alfano. Il giovane delfino ha le idee assai chiare e sa esporle molto bene ai milioni di seguaci che lo seguono e lo apprezzano per il suo decisionismo e la sua specchiata onestà; potrebbe fare il premier? Ovvio che sì; per me, approvato. Dice: potrebbe venir fuori il nome di Maroni. Maroni? E chi meglio di lui, dico. Sa come parlare alla gente ed è un vulcano di iniziative brillanti e popolari... anche Maroni è a posto. Sì; sì anche a lui. Poi ci sarebbe la Santanché e la Meloni; dunque...."
Dario ha approfittato di un attimo in cui riprendevo fiato per interrompermi:
"Ma insomma Biri a chi lo dai il tuo voto? Parli, parli ma ora vieni al dunque.." la voce di Dario era stranamente alterata.
"Dario mio, non hai capito che non posso votare un solo nome, a qualsiasi Partito appartenga? Sono tutti bravissimi, onestissimi, preparatissimi e assolutamente incorruttibili, disprezzano il denaro e gli onori, disdegnano la moda vana di cercar di apparire in TV a tutti i costi. Li stimo tutti; li amo tutti; come votarne uno solo? Come penalizzare tutti gli altri?". Mi tacqui; Dario taceva. Dopo un minuto di stallo pensieroso ruppi il silenzio:
"Dario, tu ti preoccupavi per una mia possibile astensione, io ti rispondo con l'annuncio della mia an-astensione: un Partito solo è troppo poco, un candidato solo è troppo poco; pertanto ho deciso: il giorno delle elezioni li voterò tutti. Sei contento?".
Era giunta (finalmente) l'ora di pranzo, così, in silenzio, ci siamo avviati verso le rispettive case.
Tripolineide
giovedì 4 ottobre 2012Qualcosa di inaudito poi, a onor del vero, c'è in questa fiction. E' infatti l'unico sceneggiato televisivo (ma anche nei film veri ci sono pochi riscontri...) in cui, al termine delle puntate, ogni personaggio sopravvissuto (pochi, pochissimi) si ritrova più cattivo, più maledetto e più incarognito di quanto non fosse al principio. Qui scordatevi le morali, le redenzioni, i pentimenti e quisquilie del genere; ognuno si impegna ad ammazzare quelli che gli si trovano più a tiro, siano pure essi amici, parenti stretti o genitori. Chi non lo fa, alla fine si suicida, e comunque tutte queste carneficine avvengono senza la presenza o l'interessamento delle cosidette "forze dell'ordine" (basti pensare al proposito che solo uno fra le decine di mafiosi che popolano lo strambo mondo rappresentato in questa fiction, alla fine, finisce in carcere, il cretino). E c'è un'altra particolarità in "L'Onore e il Rispetto": è una delle pochissime fiction in cui, alla fine, non viene dissipato alcun nodo narrativo; insomma, al termine dell'ultima puntata, siamo nelle stesse condizioni in cui eravamo quando tutto cominciò, tutti gli accadimenti sono avvenuti per così dire, gratis, e la situazione è più confusa e intricata di quanto fosse all'inizio. Un bel risultato per chi ha scritto il soggetto della bojatissima, non c'è che dire...
Già all'inizio la Tripolina (ignara di dover crepare - come gli altri del resto - di lì a qualche minuto) si esibiva in atteggiamenti da Gran Stronza umiliando ai limiti dell'inverosimile la donna e i figli del vecchio Padrino, fino ad ieri suo unico protettore (oltre che privilegiato cliente delle sue arti zoccolesche) ma caduto poi dalle sue grazie una volta che ella scoprì le sue malefatte. Tripolina si vuol vendicare sull'uomo e sulla sua famiglia; si stabilisce nella sua casa e pretende che i suoi figli e la sua donna (che prima l'angariava) le facciano da servi. Prima costringe la donna a portarle dentro casa le pesantissime valige, poi le annuncia che da ora in avanti dovrà fare le veci di domestica e cuoca a tutto servizio e per cominciare le ordina di preparare, a lei e ad un suo figlio stronzo, un pranzo luculliano per la cena.
Altra scena imperdibile (che avviene dopo una mezz'oretta, quando tra agguati, tradimenti e scontri a fuoco se ne sono già andati al Creatore qualche decina di mafiosi legati al clan del Padrino, quattro o cinque affiliati ad una cosca rivale, dieci o dodici giunti apposta dall'America per farsi ammazzare oltre a parenti e amici di questo o di quello che sarebbe troppo difficoltoso nominare) è quella dell'uccisione della moglie del Fortebracci ad opera di quest'ultimo.
L'amplesso, fortunatamente per noi e su richiesta (credo) dello stesso Garko, avviene rigorosamente off-screen (dopotutto siamo in fascia protetta); nella scena che segue infatti vediamo i due in bagno dove (si immagina) debbono aver copulato alla grande dato che lei, ancora nella vasca, cinguetta: "Mai avrei creduto di poter provare un piacere così immenso...". Lui, intanto, atteggiato il viso alla sua seconda espressione (quella di profilo), si pettina davanti allo specchio mostrando a lei e alle telespettatrici più arrapate tutti il repertorio dei suoi celebrati pettorali. Poi improvvisamente, impugnato il phon e accesolo, si rivolge alla donna che ancora nuda vagheggia i bei ricordi di non più di cinque minuti prima e: "Maledetta! Volevi legarmi a te! Ma io ti detesto! Non sai quanto ti odio! Muori maledetta puttana!" le urla gettandole il phon acceso nella vasca. Grande fiammata, fumo infernale, la vasca ribolle, la musica impazza, la donna arrostisce, Fortebracci trionfa.
E ora non resta che aspettare il seguito....
"L'onore e il rispetto" - Tonio e la Tripolina
venerdì 21 settembre 2012Senza quindi por tempo in mezzo e senza soffermarmi in noiose digressioni su "quello che è successo" nelle puntate precedenti (chi le ha viste lo sa già, chi non le ha viste non leggerà, presumibilmente, nemmeno questo post e chi sarà invogliato a vedere solo quelle che andranno in onda da ora in poi potrà fare benissimo a meno di un riassunto) esaminerò da vicino il carattere e la psicologia dei protagonisti indiscussi della fiction: Tripolina e Tonio.
Nonostante la non più verde età Tripolina esercita ancora e, sembra, con profitto ed entusiasmo; il suo primo e privilegiato cliente è nientepopodimenoché il Padrino "in person", quello che comanda a bacchetta la gang di mafiosi che aspirerebbe a divenire dominante nel territorio: egli protegge Tripolina fin da quando (si indovina) essa era ancora una giovinetta, e lei lo ricambia, volenterosamente, somministrandogli appena può (lui) qualcuna di quelle pratiche nelle quali è maestra indiscussa e conclamata. Nonostante la sua professione e benché si dimostri una donna timida e riservata, la Tripolina ha una innata vocazione familiare; di più: la famiglia è la sua stessa ragione di vita. Ma un giorno la vita di Tripolina cambia drammaticamente; alla sua unica figlia (una giovinetta, ignara dell'antichissimo mestiere in cui eccelle la madre, che è stata allevata fino all'età di sedici anni in un convento di suore) appena uscita dal luogo santo dov'era relegata capitano tutte insieme più disgrazie che alla celebre gatta di Masino: cinque guappetti la sequestrano, la stuprano a turno, e alla fine uno di loro la uccide.
Tripolina non ci sta. Si accorge subito che la figlia non è morta suicida (come si vorrebbe farle credere) e indovina anche quale è stato il suo destino cinico e baro. "Basta!" (proclama in cuor suo) e decide di vendicarsi. Detto fatto. Con l'aiuto dei suoi tre figli maschi riesce a conoscere i nomi di tutti coloro che presero parte al tremendo oltraggio e decide di ucciderli tutti, uno ad uno (e per non sbagliarsi di nome e nella cronologia degli ammazzamenti scrive i nominativi dei predestinati in un libretto che legge poi a voce alta al cimitero davanti alla tomba della figlia - e da questa scena capite subito il grado di verosimiglianza dell'intera fiction -). Il primo viene prima torturato a sangue e poi decapitato con un'accetta dalla stessa Tripolina (!); il secondo viene ucciso da un figlio della buona donna (in senso ironico) in un modo talmente orribile da esser ritenuto dagli stessi autori della fiction (due; sono due i responsabili di questo guazzabuglio) assolutamente impresentabile: le modalità della sua morte avvengono fuori-scena e il suo stesso cadavere non ci viene mostrato direttamente anche se si lascia supporre che debba esser ridotto in condizioni abbastanza pietose: il genitore che corre a vederlo prima dà fuori di matto e poi si spara. Sorge in tutti una domanda: cosa diavolo successe al giovane stupratore? Quale morte gli riservò la Tripolina? Fu egli squartato? O triturato? Forse fu macinato? ridotto in poltiglia; affettato? Niente: gli autori non ce lo dicono; sta a noi, esperti estimatori di questo genere di spettacoli, farsene un'idea.
Adesso Tripolina deve pensare a far fuori il terzo candidato all'obitorio; gli mette alle calcagna i suoi figli ma questo riesce a sfuggire alle loro ricerche... si salva quindi? chiederete. Manco per sogno: il misero fa la fine dei suoi predecessori, salvo che a farlo fuori questa volta è (colpo di scena!) Tonio il Fortebracci, l'altro protagonista della fiction!
"Tonio"
Chi, se non Gabriel Garko, avrebbe potuto (o accettato) di interpretare Tonio Fortebracci, il protagonista conclamato de "L'onore e il rispetto"? Nessuno, spero. Il Nostro (a proposito, da notare l'assoluta inverosimiglianza del cognome di uno che dovrebbe essere l'essenza stessa della sicilianità, ma si vede che gli autori, a corto di un cognome autoctono che avrebbe potuto richiamare alla mente quello di persone pericolosamente viventi, hanno chiesto aiuto alla fantasia) è qui un mafioso che viene fatto uscire di galera dall'Ispettrice Martines (innamorata di lui) in cambio della sua disponibilità a pentirsi. La Mafia subito gli fa fuori (facendoli saltare per aria con la dinamite) moglie e figlioletto; lui risponde facendo finta di esser perito nell'attentato e spedendo la sopravvissuta figlioletta dalle suore (in questa fiction, come c'è da far uscire d scena qualcuno per un certo tempo, lo si manda dalle suore). Poi Tonio (Garko) decide di vendicarsi da solo. Prima manda in bianco per ben due volte l'infoiata Ispettrice che pensava già (dato che l'uomo è fresco vedovo) di papparselo in un boccone (e alla povera donna questo duplice rifiuto non va proprio giù; dopo aver dato per un pò in solitarie escandescenze erotiche la vediamo adesso ormai rassegnata ad una sorta di scipitissimo amor platonico.. scommettiamo che da qui alla fine la darà al primo che gliela chiede?). Strano destino invero quello di Tonio (Garko), quando si tratta di vedersela con le donne.
Tutte sono ansiose di farselo. Quando va al ricevimento che un industriale dà per il compleanno della sua esuberante figlia, non ha ancora varcato la soglia di casa che già trova la giovane festeggiata che fuma spinelli in giardino e che, solo il tempo che lui la guardi e gli dica due o tre bischerate, lo bacia (un bacino) e gli cade tra le braccia. Lui, imperturbabile, la porta dentro casa a ballare. Qui suscita la gelosia della cugina della ragazza, più bruttina ma non per questo meno disposta a non farsi ripassare dal bel tenebroso. Le due parenti diventano rivali (lui, intanto, se ne frega di loro) e ad un certo punto non riuscendo nemmeno a dormire per l'improvviso arrapamento, se ne vanno a fare un bagno (vestite!) in piscina (sic!). E' una scena cult, nella sua inutile gratuità, una scena da far rifulgere come una gemma di nonsense nel bailamme narrativo di questo incredibile papocchio super-trash. Finalmente la ragazza più giovane, dopo aver offerto uno spinello al Fortebracci ed avendolo lui rifiutato, gli si butta letteralmente fra le braccia. "Ti scongiuro" gli dice lei guardandolo in un certo modo (Attenzione prego: trattasi di notevole bionda con tutte le sue notevoli cosine da bionda al posto giusto) "Fammi un favore, te lo chiedo umilmente. Fai l'amore con me". Indovinate cosa succede adesso? Esatto. "Sei solo una bambina" gli fa lui invece di farsela lì su due piedi "e fumare gli spinelli fa male" prosegue, e dopo averla così schifata, se ne va, lasciandola (anche lei!) infoiata come una cagna in calore ma ineluttabilmente, tragicamente, colpevolmente in bianco che più bianco non si può.
(segue...)
Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 16:52 0 commenti
Etichette: Fortebracci, Garko, Mafia, onore, rispetto, Tripolina
Onore e rispetto? Ma mi faccia il piacere...
sabato 15 settembre 2012Ma bisogna pur dire che c'è boiata e boiata. E "L'onore e il rispetto" è (fino ad oggi, ma non mettiamo limiti alla provvidenza fictionesca) la boiatona per autonomasia, la Madre di tute le boiate, il capolavoro boiatesco tout-court.
Ma qual'è la componente che lo rende così boiatescamente perfetto? Ecco il punto: non c'è una componente in particolare; nella fiction di Canale 5 (il martedì, ore 21 e 20) tutte le componenti presenti in una fiction che dovrebbe (e potrebbe) esser drammatica si integrano a perfezione nel produrre l'effetto finale, quello per cui, a mio avviso, "L'onore e il rispetto" merita attenzione.
Certo non dipende solo dal soggetto non proprio originalissimo (la solita Mafia, i soliti pentiti, la solita droga, le solite forze dell'ordine, la solita corruzione ecc. ecc.) né dalla scarsezza conclamata di alcuni attori (Garko fa tenerezza come alterna le due sole espressioni di cui è capace: vestito o a torso nudo) alcuni dei quali usati in ruoli insoliti (mi auguro) per loro: la De Sio in quello della puttanona "cuore di mamma"; la Martines nei panni di una frustratissima Ispettrice di Polizia alla continua -ma fino ad ora insoddisfatta- ricerca di una liberatoria trombata col Garko di cui sopra; la Torrisi vilmente sprecata in statiche scene di erotismo da oratorio). E posso condividere le vostre critiche all'ambientazione banale e didascalica, ai personaggi ad una sola dimensione e a molto altro.... ma rimango della mia idea: "L'onore e il rispetto" è "nel suo insieme" il vero capostipite di un sottogenere pulp che comprende lui solo e che solo lui ha contribuito a creare; un genere che potrei denominare il "caponata-splatter".
Innanzitutto c'è già l'uso delle inquadrature (sempre in continuo movimento longitudinale o circolare) e del colore accesissimo (dove imperano i gialli, gli arancioni, i rossi accesi e i blu cobalto) a dare alle scene una ambigua connotazione post-gotica amplificata dall'abuso del primissimo piano e dalla pazzesca incessante colonna sonora che non la smette mai di anticipare, commentandole con effettaci "di colore", quelle che dovrebbero essere le situazioni più paurose o più cruciali della fiction, ma sopratutto la "colpa" è della sceneggiatura che sembra scritta saccheggiando a più mani le opere della letteratura e del cinema più popolare (con rimandi a: l'immancabile "Padrino", "Profondo rosso", "La muta di Portici", Lady Macbeth, "La lupa", Maria Goretti, "Pulp Fiction", "La tarantolata di Petralìa Sottana", "Justine o le disgrazie della virtù", "il Gattopardo" e le storie siciliane di Cicciu Busacca) condendole poi con le più consolidate banalità e stereotipi riguardanti i conclamati usi e costumi del popolo siciliano.
Un breve riepilogo delle prime puntate può aiutare a capire da dove proviene l'insolito fascino(?) di quest'opera così sgangheratamente estrema.
Riassunto:
-Ramo di Garko-
Garko, ex mafioso, può finalmente uscire di prigione: pagato il suo conto con la Giustizia ora vorrebbe solo poter vivere in pace con la famiglia, ma viene convinto dalla battagliera ispettrice di Polizia Alessandra Martines (perdutamente e segretamente innamorata di lui) a collaborare con l'Antimafia: solo una sua deposizione potrà smantellare la potentissima Cupola palermitana. L'ispettrice non deve faticare molto a convincerlo: Garko accetta di pentirsi senza chiederle niente in cambio (con di lei sommo disappunto, essendo la fedele Custode dell'Ordine dispostissima a donargli, per farlo accettare, il fiore, se pur appassito, della sua virtù). La Mafia, venuta a conoscenza delle sue intenzioni pentitesche cerca di farlo fuori, ma fa cilecca: la bomba che doveva far saltare in aria la famigliola accoppa la moglie e il tenero figlioletto lasciando incolume il Garko stesso e la figlia adolescente che viene subito presa in carico dalla premurosa ispettrice che la nasconde in un collegio tenuto dalle suore (sic!).
Garko decide di vendicarsi: vuole far fuori l'intera organizzazione mafiosa colpevole di così orrendo delitto e si allea col vecchio Burattinaio (un vecchio boss mafioso stile Marlon Brando-Don Vito Corleone che un giovane mafioso rampante vorrebbe defenestrare). Per conquistarne la fiducia si fa mandare a New York (rifatta in studio) dove entra nell'Organizzazione della Droga. In breve riesce a farsi credere da tutti un vero mafioso (come in effetti era), risolve un certo caso per il Burattinaio e torna subito in Sicilia da trionfatore (non prima di aver mandato in bianco una spettacolosa spogliarellista che si era denudata a bella posta per concederglisi; ma si sa, lui non si lascia attrarre da simili cose, il cretino!).
Ora può dedicarsi alla sua tremenda vendetta, e dopo averlo annunciato alla povera Martines, che lo aveva incontrato nella notte speranzosa di ben altri, e più porcaccioni, sviluppi, sparisce nella notte accelerando la sua 1100 e lasciando la povera Ispettrice ancora una volta in bianco. In una scena madre (che mi auguro non sarà dimenticata tanto presto dalle antologie della fiction televisiva) si vede l'infoiata femmina, arrapatissima ma ancora una volta privata così brutalmente dell'oggetto del suo desiderio (avete capito...) che si contorce di brutto nel fango gridando al vento il suo amore mentre la musica di fondo raggiunge toni walchiriani e la pioggia, impassibile, le inonda il viso (davvero: vedere per credere!).
Intanto la Torrisi, sorella di uno della banda dei mafiosi rampanti, è incinta di Garko (non chiedetemi dove, come e perché successe il fattaccio) ma quando lo confessa al fratello, questi, lungi dal ringraziarla di volerlo rendere zio, cerca di farla abortire a forza. A tale scopo il farabutto la sequestra e chiama una orrenda mammana perché adempia all'infame bisogna ma la Torrisi, lo sguardo di fuoco, disposta a tutto, impugnato un coltellaccio da cucina, lo minaccia: "Vogghiu teniri o figghiu miu!" urla. Alla fine la vince lei. Viene cacciata di casa: il figlio se lo vorrà, dovrà farselo e allevarselo da sola. Ecco quindi la tapina, incinta, sola, senza marito ma stranamente allegra, che giunge nella sua vecchia casa (ohibò: aveva una casa. Vuota e perfettamente arredata). "Qui starò da sola e darò alla luce mio figlio" ci spiega opportunamente in una sorta di autoconfessione fatta davanti allo specchio di camera. Che potrà succedere adesso? Ci credereste? Arriva Garko, proprio quella sera stessa, proprio in quella stessa casa (dopotutto era anche casa sua in qualche precedente -non vista- puntata). I due, ovvio, non passan tre minuti sono già a rotolarsi nel letto intenti a fornicare castamente (siamo in prima fascia) in una scena incomprensibilmente avara di gemiti, di nudità e di tutti gli effettacci videosonori che si presume si addicano televisivamente a similari abusatissime situazioni.
-Ramo della De Sio-
Ma lasciamo per adesso Garko a concentrarsi sulla sua vendetta (e sulla Torrisi) ed occupiamoci invece della De Sio. E' costei (e ancor più lo era in passato) un celebre puttanone, famosa per aver iniziato alle prime giovanili porcherie tutti i maschi dei dintorni (i mafiosi del posto la chiamano "la nave scuola"); ora, piuttosto stagionata ma sempre appetibile e in servizio, esercita solo di quando in quando, perlopiù a beneficio di un rispettabile Padrino che la mantiene da sempre e al quale lei deve imperitura gratitudine. La De Sio ha anche tre figli, due maschi sui vent'anni e una tenera fanciulla assai bellina che ella ha voluto preservare dalle brutture del mondo mantenendola fino all'età di anni sedici in un collegio tenuto dalle Orsoline. La dolce ragazza è ingenua e pura siccome un angelo; essa è la luce degli occhi di mamma sua: quando esce dal collegio mammà la porta a casa e subito si dà da fare per sistemarla, ma...
-Dite la verità, anche voi a questo punto, benché stremati, volete che prosegua, vero? Va bene, va bene. Continuiamo:-
ma la giovane viene adocchiata dal più strafottente della banda dei giovani mafiosi (quello che vuol defenestrare il Burattinaio) il quale riesce a convincere la tenera agnellina a seguirlo in un casolare. Era un vile tranello: qui la ragazza incontra gli altri quattro componenti della banda di delinquenti...
Basta: il pudore e l'orrore mi impediscono di descrivere appieno il triste fato della fanciulla: basta dire che in pochissimo tempo la disgraziata si trova a passare dallo stato di ingenua verginella a quello di incolpevole plurispulzellata. Gli infoiati energumeni la lasciano solo dopo aver abusato di lei a loro piacimento e, dulcis in fundo, (si fa per dire) al mattino, viene anche strangolata dal cattivissimo mafioso stupratore non appena questi si sveglia.
La De Sio non ci sta. E quando la sua bambina viene rinvenuta impiccata non crede all'ipotesi del suicidio. Corre dal boss suo protettore ma questi per difendere il figlio (faceva parte della banda degli stupratori, il delinquente!) le dice che per lei è molto meglio se dimentica tutto e le mette in mano un bel paccone di banconote per convincerla. La De Sio capisce che qualcosa di terribile è avvenuto alla figlioletta ma lì per lì non lascia trapelare nulla, anzi, per convincere il boss della sua buona fede, gli sbottona la patta dei pantaloni e gli pratica seduta stante, benché non espressamente richiestane, uno di quei servizi per i quali, ai bei tempi, ella andava, in paese e nel contado, giustamente famosa.
Poi, tornata a casa, arringa i suoi figli perché provvedano immantinente a vendicare la loro povera sorella. Anche essi sono mafiosi (per chi non l'avesse ancora capito in questa memorabile fiction TUTTI gli uomini sono mafiosi) che però (l'onore è l'onore, diamine!) non possono far finta di niente: a costo di mettersi contro il boss vendicheranno l'onta che si è abbattuta sulla loro famigliola. A dire il vero uno di essi fa qualche resistenza: vorrebbe, l'ingenuo, sposarsi con una giovane puttanella (per chi non l'avesse ancora capito in questa mitica fiction TUTTE le donne ancora in vita sono puttane) della quale si è innamorato e ritirarsi a godere dei piaceri della vita familiare, ma mamma sua lo mette in riga: "A sposarrìa solu doppu aviri ancisu u fetusi 'cchì desonorarunu a sòreta!" (In questa fiction la De Sio parla così: è anche per questo che "L'onore e il rispetto" è memorabile). I due giovani si armano fino ai denti e, con uno stratagemma riescono a catturare uno dei mafiosi che fecero sì vile oltraggio alla tenera consanguinea. Il misero viene massacrato a sangue e torturato dai due e dalla De Sio nei panni di una Dea Kalì sanguinaria. Alla fine il disgraziato "fa i nomi" dei suoi complici. Questo non lo salverà da una fine orribile: Giulianona, armata di una pesante mannaia, quale novella Giuditta, lo decapita con un colpo solo. Il giorno dopo la testa sanguinante della vittima viene ritrovata in mezzo alla piazza del paese...
Fine della Puntata. (ma continua...)
Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 15:48 0 commenti