Ma bisogna pur dire che c'è boiata e boiata. E "L'onore e il rispetto" è (fino ad oggi, ma non mettiamo limiti alla provvidenza fictionesca) la boiatona per autonomasia, la Madre di tute le boiate, il capolavoro boiatesco tout-court.
Ma qual'è la componente che lo rende così boiatescamente perfetto? Ecco il punto: non c'è una componente in particolare; nella fiction di Canale 5 (il martedì, ore 21 e 20) tutte le componenti presenti in una fiction che dovrebbe (e potrebbe) esser drammatica si integrano a perfezione nel produrre l'effetto finale, quello per cui, a mio avviso, "L'onore e il rispetto" merita attenzione.
Certo non dipende solo dal soggetto non proprio originalissimo (la solita Mafia, i soliti pentiti, la solita droga, le solite forze dell'ordine, la solita corruzione ecc. ecc.) né dalla scarsezza conclamata di alcuni attori (Garko fa tenerezza come alterna le due sole espressioni di cui è capace: vestito o a torso nudo) alcuni dei quali usati in ruoli insoliti (mi auguro) per loro: la De Sio in quello della puttanona "cuore di mamma"; la Martines nei panni di una frustratissima Ispettrice di Polizia alla continua -ma fino ad ora insoddisfatta- ricerca di una liberatoria trombata col Garko di cui sopra; la Torrisi vilmente sprecata in statiche scene di erotismo da oratorio). E posso condividere le vostre critiche all'ambientazione banale e didascalica, ai personaggi ad una sola dimensione e a molto altro.... ma rimango della mia idea: "L'onore e il rispetto" è "nel suo insieme" il vero capostipite di un sottogenere pulp che comprende lui solo e che solo lui ha contribuito a creare; un genere che potrei denominare il "caponata-splatter".
Innanzitutto c'è già l'uso delle inquadrature (sempre in continuo movimento longitudinale o circolare) e del colore accesissimo (dove imperano i gialli, gli arancioni, i rossi accesi e i blu cobalto) a dare alle scene una ambigua connotazione post-gotica amplificata dall'abuso del primissimo piano e dalla pazzesca incessante colonna sonora che non la smette mai di anticipare, commentandole con effettaci "di colore", quelle che dovrebbero essere le situazioni più paurose o più cruciali della fiction, ma sopratutto la "colpa" è della sceneggiatura che sembra scritta saccheggiando a più mani le opere della letteratura e del cinema più popolare (con rimandi a: l'immancabile "Padrino", "Profondo rosso", "La muta di Portici", Lady Macbeth, "La lupa", Maria Goretti, "Pulp Fiction", "La tarantolata di Petralìa Sottana", "Justine o le disgrazie della virtù", "il Gattopardo" e le storie siciliane di Cicciu Busacca) condendole poi con le più consolidate banalità e stereotipi riguardanti i conclamati usi e costumi del popolo siciliano.
Un breve riepilogo delle prime puntate può aiutare a capire da dove proviene l'insolito fascino(?) di quest'opera così sgangheratamente estrema.
Riassunto:
-Ramo di Garko-
Garko, ex mafioso, può finalmente uscire di prigione: pagato il suo conto con la Giustizia ora vorrebbe solo poter vivere in pace con la famiglia, ma viene convinto dalla battagliera ispettrice di Polizia Alessandra Martines (perdutamente e segretamente innamorata di lui) a collaborare con l'Antimafia: solo una sua deposizione potrà smantellare la potentissima Cupola palermitana. L'ispettrice non deve faticare molto a convincerlo: Garko accetta di pentirsi senza chiederle niente in cambio (con di lei sommo disappunto, essendo la fedele Custode dell'Ordine dispostissima a donargli, per farlo accettare, il fiore, se pur appassito, della sua virtù). La Mafia, venuta a conoscenza delle sue intenzioni pentitesche cerca di farlo fuori, ma fa cilecca: la bomba che doveva far saltare in aria la famigliola accoppa la moglie e il tenero figlioletto lasciando incolume il Garko stesso e la figlia adolescente che viene subito presa in carico dalla premurosa ispettrice che la nasconde in un collegio tenuto dalle suore (sic!).
Garko decide di vendicarsi: vuole far fuori l'intera organizzazione mafiosa colpevole di così orrendo delitto e si allea col vecchio Burattinaio (un vecchio boss mafioso stile Marlon Brando-Don Vito Corleone che un giovane mafioso rampante vorrebbe defenestrare). Per conquistarne la fiducia si fa mandare a New York (rifatta in studio) dove entra nell'Organizzazione della Droga. In breve riesce a farsi credere da tutti un vero mafioso (come in effetti era), risolve un certo caso per il Burattinaio e torna subito in Sicilia da trionfatore (non prima di aver mandato in bianco una spettacolosa spogliarellista che si era denudata a bella posta per concederglisi; ma si sa, lui non si lascia attrarre da simili cose, il cretino!).
Ora può dedicarsi alla sua tremenda vendetta, e dopo averlo annunciato alla povera Martines, che lo aveva incontrato nella notte speranzosa di ben altri, e più porcaccioni, sviluppi, sparisce nella notte accelerando la sua 1100 e lasciando la povera Ispettrice ancora una volta in bianco. In una scena madre (che mi auguro non sarà dimenticata tanto presto dalle antologie della fiction televisiva) si vede l'infoiata femmina, arrapatissima ma ancora una volta privata così brutalmente dell'oggetto del suo desiderio (avete capito...) che si contorce di brutto nel fango gridando al vento il suo amore mentre la musica di fondo raggiunge toni walchiriani e la pioggia, impassibile, le inonda il viso (davvero: vedere per credere!).
Intanto la Torrisi, sorella di uno della banda dei mafiosi rampanti, è incinta di Garko (non chiedetemi dove, come e perché successe il fattaccio) ma quando lo confessa al fratello, questi, lungi dal ringraziarla di volerlo rendere zio, cerca di farla abortire a forza. A tale scopo il farabutto la sequestra e chiama una orrenda mammana perché adempia all'infame bisogna ma la Torrisi, lo sguardo di fuoco, disposta a tutto, impugnato un coltellaccio da cucina, lo minaccia: "Vogghiu teniri o figghiu miu!" urla. Alla fine la vince lei. Viene cacciata di casa: il figlio se lo vorrà, dovrà farselo e allevarselo da sola. Ecco quindi la tapina, incinta, sola, senza marito ma stranamente allegra, che giunge nella sua vecchia casa (ohibò: aveva una casa. Vuota e perfettamente arredata). "Qui starò da sola e darò alla luce mio figlio" ci spiega opportunamente in una sorta di autoconfessione fatta davanti allo specchio di camera. Che potrà succedere adesso? Ci credereste? Arriva Garko, proprio quella sera stessa, proprio in quella stessa casa (dopotutto era anche casa sua in qualche precedente -non vista- puntata). I due, ovvio, non passan tre minuti sono già a rotolarsi nel letto intenti a fornicare castamente (siamo in prima fascia) in una scena incomprensibilmente avara di gemiti, di nudità e di tutti gli effettacci videosonori che si presume si addicano televisivamente a similari abusatissime situazioni.
-Ramo della De Sio-
Ma lasciamo per adesso Garko a concentrarsi sulla sua vendetta (e sulla Torrisi) ed occupiamoci invece della De Sio. E' costei (e ancor più lo era in passato) un celebre puttanone, famosa per aver iniziato alle prime giovanili porcherie tutti i maschi dei dintorni (i mafiosi del posto la chiamano "la nave scuola"); ora, piuttosto stagionata ma sempre appetibile e in servizio, esercita solo di quando in quando, perlopiù a beneficio di un rispettabile Padrino che la mantiene da sempre e al quale lei deve imperitura gratitudine. La De Sio ha anche tre figli, due maschi sui vent'anni e una tenera fanciulla assai bellina che ella ha voluto preservare dalle brutture del mondo mantenendola fino all'età di anni sedici in un collegio tenuto dalle Orsoline. La dolce ragazza è ingenua e pura siccome un angelo; essa è la luce degli occhi di mamma sua: quando esce dal collegio mammà la porta a casa e subito si dà da fare per sistemarla, ma...
-Dite la verità, anche voi a questo punto, benché stremati, volete che prosegua, vero? Va bene, va bene. Continuiamo:-
ma la giovane viene adocchiata dal più strafottente della banda dei giovani mafiosi (quello che vuol defenestrare il Burattinaio) il quale riesce a convincere la tenera agnellina a seguirlo in un casolare. Era un vile tranello: qui la ragazza incontra gli altri quattro componenti della banda di delinquenti...
Basta: il pudore e l'orrore mi impediscono di descrivere appieno il triste fato della fanciulla: basta dire che in pochissimo tempo la disgraziata si trova a passare dallo stato di ingenua verginella a quello di incolpevole plurispulzellata. Gli infoiati energumeni la lasciano solo dopo aver abusato di lei a loro piacimento e, dulcis in fundo, (si fa per dire) al mattino, viene anche strangolata dal cattivissimo mafioso stupratore non appena questi si sveglia.
La De Sio non ci sta. E quando la sua bambina viene rinvenuta impiccata non crede all'ipotesi del suicidio. Corre dal boss suo protettore ma questi per difendere il figlio (faceva parte della banda degli stupratori, il delinquente!) le dice che per lei è molto meglio se dimentica tutto e le mette in mano un bel paccone di banconote per convincerla. La De Sio capisce che qualcosa di terribile è avvenuto alla figlioletta ma lì per lì non lascia trapelare nulla, anzi, per convincere il boss della sua buona fede, gli sbottona la patta dei pantaloni e gli pratica seduta stante, benché non espressamente richiestane, uno di quei servizi per i quali, ai bei tempi, ella andava, in paese e nel contado, giustamente famosa.
Poi, tornata a casa, arringa i suoi figli perché provvedano immantinente a vendicare la loro povera sorella. Anche essi sono mafiosi (per chi non l'avesse ancora capito in questa memorabile fiction TUTTI gli uomini sono mafiosi) che però (l'onore è l'onore, diamine!) non possono far finta di niente: a costo di mettersi contro il boss vendicheranno l'onta che si è abbattuta sulla loro famigliola. A dire il vero uno di essi fa qualche resistenza: vorrebbe, l'ingenuo, sposarsi con una giovane puttanella (per chi non l'avesse ancora capito in questa mitica fiction TUTTE le donne ancora in vita sono puttane) della quale si è innamorato e ritirarsi a godere dei piaceri della vita familiare, ma mamma sua lo mette in riga: "A sposarrìa solu doppu aviri ancisu u fetusi 'cchì desonorarunu a sòreta!" (In questa fiction la De Sio parla così: è anche per questo che "L'onore e il rispetto" è memorabile). I due giovani si armano fino ai denti e, con uno stratagemma riescono a catturare uno dei mafiosi che fecero sì vile oltraggio alla tenera consanguinea. Il misero viene massacrato a sangue e torturato dai due e dalla De Sio nei panni di una Dea Kalì sanguinaria. Alla fine il disgraziato "fa i nomi" dei suoi complici. Questo non lo salverà da una fine orribile: Giulianona, armata di una pesante mannaia, quale novella Giuditta, lo decapita con un colpo solo. Il giorno dopo la testa sanguinante della vittima viene ritrovata in mezzo alla piazza del paese...
Fine della Puntata. (ma continua...)
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