Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Primarie 2

venerdì 23 ottobre 2009

Si stava avvicinando il grande giorno e Dario, anche se cercava di
nasconderlo, era eccitatissimo.
Sapevo dove voleva andare a parare così per un pò lo lasciai sulla
graticola portando il discorso su alcuni argomenti veramente
importanti come a dire il campionato di calcio, i concorrenti
dell'Isola dei Famosi e il fatto che, indubitabilmente, non ci fossero
più le mezze stagioni.
Alla fine lui non ce la fece più:
- Allora, senza svicolare come fai sempre: tra Franceschini e Bersani
chi preferisci e perché. Risposta concisa e dettagliata, prego – mi
fece pensando di cogliermi alla sprovvista ma senza immaginare che
l'aspettavo al varco dal primo momento che l'avevo visto.
-Fammi pensare… Franceschini o Bersani.. - l'indice sotto il mento,
gli occhi volti in alto, facevo finta di pensare.
-Bisogna che ci pensi bene – dissi poi – dunque vediamo. Dato che, a
mio avviso, ognuno dei due sembra avere la stoffa per essere eletto
Segretario del PD, ecco che per valutare il candidato migliore occorre
scendere in profondità senza fermarsi alle solite referenze. Vediamo
un po'. Rinunciando ad inserire nella loro valutazione certi meriti
speciali che potrebbero ritrovarsi nella storia personale dei
candidati ad una importante carica; meriti quali potrebbero essere
quelli di un capitano d'industria che ha dato prova di grande capacità
manageriale, o quelli di un filosofo che abbia scritto pagine
illuminanti su certi aspetti dell'umana esperienza, o quelli di un
sociologo che abbia pubblicato studi acclamati su metodologie sociali;
o anche meriti normali, quali potrebbero essere quelli di un
bravissimo avvocato, di un celebre economo o di un passabile
odontoiatra, e poiché non mi risulta che i nostri due contendenti
possano vantare benemerenze pregresse similari (nemmeno una, a dire il
vero) mi limiterò nella mia valutazione (che determinerà la mia
preferenza tra i due) ad aspetti più.. diciamo… terra terra,
epidermici, fisici, telegenici e anche dialettici.
Dunque; dico subito che a me piacciono tutti e due. Bersani si vede
che è un pacioccone, una persona per bene, uno tranquillo. Quando
parla in TV mi ricorda un po' la Signora Coriandoli, il personaggio
creato da Ferrini, anche se il tono della voce è più quello di Andrea
(sai, Andrea Roncato, quello del duo comico Gigi e Andrea) e in
generale evoca il gusto della piadina fresca di forno, della Grande
Orchestra Casadei e le prime pomiciate sulla spiaggia quando fa notte.
E' decisamente simpatico e lo vedrei bene in ogni occasione in cui
regna l'amicizia, l'allegria e la spensieratezza anche se non so come
se la caverebbe come Segretario.
Franceschini, (detto anche "l'Uomo Che Non C'Era" perché un anno fa
non lo conosceva nessuno, nemmeno quelli della sua famiglia, suppongo)
è ormai diventato una star televisiva ed è il vero favorito della
consultazione di domenica. Ha al suo passivo, però, due grossi
handicap: è antipatico (dicono) ed è un perdente nato (dico). Voglio
subito smontare il primo giudizio affermando a chiare lettere:
Franceschini non è assolutamente antipatico come sembra. Sì, è vero,
molti, anche i suoi compagni di partito, bisbigliano sottovoce, quando
lui tutto preso dai suoi terribili monologhi non può sentirli, che la
sua è una antipatia genetica, una antipatia dura e pura, che più
antipatico di lui non si può, che è talmente antipatico che anche lo
specchio che ha in casa, quando non può esimersi dal riflettere la sua
immagine, lo "migliora" (un po' come fa Photoshop con le foto
sovraesposte) facendolo meno rigido, più disteso, con le pieghe delle
labbra volte un po' all'insù, a parvenza dell'ombra di un sorriso.
Tutto falso. Posso affermare (lo sento) che in realtà Franceschini è
quello che si dice una pasta d'uomo, tutto casa e famiglia; un
ragazzone sempre pronto a ridere alle barzellette di Bersani e a fare
scherzi dove dimostra sempre classe e buon gusto (come quando è andato
alle sorgenti del Po, avvolto nel Tricolore: che colpo di genio!).
Smontato quindi il primo difetto (è antipatico: falso) passo ad
esaminare il secondo che vuole Franceschini un perdente, uno sfigato,
un menagramo all'ottava potenza. Le cose non stanno così. Anche quando
sembra aver perso, in effetti Franceschini riesce a volgere la
disfatta in vittoria; e questo è un grande merito. Vi ricordate le
ultime elezioni regionali? Bene: 9 regioni su 16 passarono dalla
sinistra al centro-destra e nessuna (nessuna) dal centro destra al
centro sinistra. Ebbene, che fece Franceschini? Dove altri, affranti,
distrutti, si sarebbero nascosti nell'angolo più buio del fabbricato
e, piangendo, avrebbero chiesto di essere lasciati un poco in pace,
per pietà; ebbene, cosa fece il Nostro? Con un coup de theatre degno
di Feuillade cambiò la disfatta in vittoria dichiarando imperterrito
alle TV: "Abbiamo vinto su tutta la linea". Il tutto con un'aria seria
e severa che nemmeno Buster Keaton nelle sue famose comiche. Alla
timida richiesta di precisazioni (i telecronisti hanno timore a
chiedergli le cose troppo bruscamente perché non sanno come possa
reagire) spiegò le arcane parole così: "Abbiamo perso 9 Regioni ma, se
ci pensate, potevamo perderne molte di più". Bastò questa semplice
dichiarazione per gettare nella disperazione il Cavaliere che già si
apprestava a cantar vittoria, a rincuorare i fedelissimi e ad ispirare
a Repubblica il titolo e l'editoriale del giorno dopo. Ecco perché
tifo per Bersani: perché a detta di tutti Franceschini ha già vinto ed
io sono portato a fare sempre per il più debole, per quello che è
sfavorito nella lotta.
Però, resta un dubbio. Posto che Franceschini sia un perdente, posto
che sia il più perdente tra tutti i politici del nostro Paese; uno che
spesso perde anche il cellulare; uno che, in casa sua, perdono tutti i
rubinetti del bagno… ebbene, in questo caso come potrebbe vincere le
primarie? Si creerebbe un paradosso: il perdente per antonomasia che
vince… sarebbe possibile? -
Dario non aveva perso una parola di quanto avevo detto. Dopo qualche
secondo riprese come niente fosse:
-Insomma, te chi vorresti che vincesse?-

Primarie 1

mercoledì 21 ottobre 2009

Stamani Dario era particolarmente eccitato:

- Non dirai che le primarie del PD non ti interessano. Se sei, come ti reputi, imparziale, dovrai ammettere che si tratta di un grosso evento democratico: la base, il popolo intero, chiamato a decidere chi dovrà essere il Segretario del Partito. E considera la ricaduta mediatica: in TV e nei giornali  si parlerà per giorni del dibattito interno, della vigilia della consultazione e poi dei risultati; un evento che potrà far conoscere il nostro programma e chi siamo  al mondo intero. E che, anche se la pensi in un altro modo, dovrebbe interessare anche te. -  poi, poiché preso alla sprovvista non rispondevo, ha proseguito, incauto:

- Tu chi vorresti: Bersani o Franceschini? –

L'ho guardato negli occhi, serio, stupito, con la bocca semiaperta.

- Bersani o Franceschini? Ber-sa-ni o Fran-ce-schi-ni?? Ma sei impazzito?  – ho quasi gridato.

- Dai, non fare lo scemo. Dopotutto si tratta di scegliere il capo dell'opposizione. Ti pare poco? -

- Senti Dario, amico mio.  – gli ho detto dopo un attimo di silenzio – Come sai io mi vanto di non appartenere ad alcun partito. Come potrei delegare ad altri il diritto di rappresentare le mie idee? Sono sempre restato al di fuori da ogni logica collettiva e rifuggo dalle ideologie come dalla peste mentre mi riservo il diritto di giudicare volta per volta ciò che mi sento di condividere da quello che reputo sbagliato e questo a prescindere dalla parte dalla quale provenga. Prima poi di appoggiare o sostenere o prendere la tessera di un partito politico (e puntualizzo: qualunque partito), preferirei iscrivermi alla Thin Earth Society, la società i cui membri affermano che la Terra non è tonda come una palla di biliardo ma piatta e sottile come un CD di Vasco Rossi (o di chiunque altro). Dovresti sapere  quale è il mio motto: Pensa sempre con la tua testa. Quanto alle tue primarie devo confessarti che non parteggio per nessuno dei due contendenti. Chi li conosce, al di là delle parole che pronunciano? Quale è il loro curriculum? Che meriti hanno? Cosa hanno realizzato di buono, o meritevole, o degno di nota? Spero per tutti che prevalga il meno peggio, che comunque è il massimo che è lecito augurarsi in questa ed in qualsiasi altra occasione.-

Dario mi conosce bene, siamo amici da una vita. Non si è arreso:

- Bersani o Franceschini? Franceschini o Bersani? Forza, dichiarati. Non sei appassionato anche te da questo duello che ricorda un po' quegli scontri del passato divenuti proverbiali: Coppi e Bartali, Benvenuti e Mazzinghi, Togliatti e De Gasperi, Binda e Girardengo, Mazzola e Rivera, Borg e McEnroe… -

L'ho interrotto, abbastanza bruscamente:

- Non confondiamo il culo con le quarant'ore (scusa il modo di dire…). Qui si parla di Franceschini e Bersani, due candidati che, anche fossero il meglio che passa il convento, l'unica freccia che hanno da spendere, vista la mancanza cronica di risultati da far valere, è la fiducia che si ritrovano a dover chiedere sulla parola. Non è il massimo. E secondo me non sono aiutati nemmeno dal nome  che portano. Prova a dire: Binda e Girardengo, Napoleone e Nelson, Annibale e Scipione..  e poi, di seguito: Bersani e Franceschini. Non va. Non funziona. Fa ridere. –

- E comunque – ho proseguito – tutti i duelli tra grandi personaggi che hai citato (e sai quanti ce ne sono ancora) a mio parere non si attagliano ai Nostri. Quelli erano tutti uomini che avevano compiuto qualcosa di importante nel rispettivo campo di competenza e converrai che, proprio per questo, non sono paragonabili ai tuoi candidati. Però, ora che ci penso..  c'è stato almeno un altro grande duello tra due uomini, due sportivi, che dettero origine ad una rivalità che appassionò per diversi anni tutta l'Italia sportiva in una sfida che potrebbe esemplificare quella tra Bersani e Franceschini. –

L'avevo incuriosito.

- Di chi si tratta? - ha chiesto Dario, incuriosito.

Non aspettavo altro che soddisfare la sua curiosità:

- Carollo e Malabrocca - ho risposto immediatamente. Poi ho spiegato:

- Ai miei tempi (e ai tuoi) tutti seguivamo il Giro d'Italia. Si faceva per Coppi o per Bartali che si disputavano ferocemente la Maglia Rosa, il simbolo del primato in classifica. Ma c'era anche chi, non avendo le capacità di correre per il primato ma desideroso comunque di uscire dalla mediocrità sia pure in negativo, si dedicava anima e corpo al suo unico scopo raggiungibile: la Maglia Nera, simbolo del corridore ultimo in classifica. I due campioni riconosciuti, in questa corsa per arrivare dietro gli altri, furono indubbiamente Carollo e Malabrocca. -

Dario, non sapendo dove andare a parare, ascoltava in silenzio.

- Durante ogni tappa i due, in coda al gruppo, si controllavano a vista studiando ogni mossa dell'avversario, pronti a rallentare fino a rasentare l'immobilità se l'altro dava segno di andare troppo piano.

Un giorno Carollo approfittando di una curva e di un attimo di disattenzione di Malabrocca si nascose con la bicicletta dentro un campo di girasoli. Per non essere scorto dalla strada si appiattì per terra nell'immobilità assoluta, quasi senza respirare, poi, dopo due orette, sicuro che l'altro avesse ormai proseguito, anche se lentamente, la corsa, si rialzò, fece colazione con il rifornimento che aveva con sé, e inforcata la bicicletta, proseguì allegramente, ovviamente piano, verso il traguardo, sicuro questa volta di essere veramente l'ultimo ed di aver conquistato l'ambita Maglia Nera. Non aveva fatto i conti però con quel demonio di Malabrocca il quale, accortosi dopo un po' di tempo che il suo avversario mancava nel gruppo dei ritardatari dove, come sempre, si trovava, aveva proseguito verso l'arrivo, scendendo di bici prima della dirittura finale e rifugiandosi in un bar. Qui, tra un panino e un bicchier di vino, aveva atteso alla finestra che dava sulla strada che l'altro arrivasse. Appena Carollo passa la linea del traguardo (era ormai quasi notte) ecco la sorpresa: Malabrocca esce dal bar, monta in bici e tutto pimpante arriva a conquistare l'ultimo posto dell'ordine d'arrivo e la fatidica Maglia Nera! -

Feci una pausa, doverosa perché mi ero accalorato nel racconto.

- Ecco a chi si potrebbero paragonare Bersani e Franceschini: a Carollo e a Malabrocca – ho concluso.

Ci siamo salutati frettolosamente.

 

 

 

 

Calzini solidali

lunedì 19 ottobre 2009

Stamani ho incontrato Dario ai giardini pubblici. Ero uscito di casa presto, decisissimo a fare una bella passeggiata corroborante ma, fermatomi al solito bar per fare colazione, davanti ad un cappuccino caldo e con ancora in mano il cornetto alla marmellata di albicocche, non ero riuscito ad impedirmi (nonostante tutti i miei buoni propositi) a scorrere velocemente il giornale posato sul tavolino accanto al mio: il quotidiano che, a detta di chi se ne intende, meglio di ogni altro interpreta la cultura e lo spirito nazionale della minoranza più qualificata di questo Paese.

Poche occhiate ai titoli, qualche frase estrapolata dall'editoriale ed ecco che mi sono sentito tutto allegro e contento senza saper dire se quell'improvviso buonumore fosse dipeso da ciò che avevo letto o fosse l'effetto della corroborante colazione appena consumata.

Con Dario, sono andato subito al sodo:

"E così" gli ho fatto "per dimostrarti solidale col giudice Mesiano, anche tu avrai messo i calzini turchesi. Fai vedere" e gli ho toccato la gamba perché sollevasse un po' il pantalone e mi facesse vedere.

Lui si è schernito ed ha fatto un passo indietro, legegrmente incavolato:

"Scherza scherza" ha ribattuto "se non si fa sentire la nostra voce in difesa della Magistratura, lo sai dove si va a finire in Italia?" e ha fatto un gesto che voleva dire: autoritarismo, dittatura, fascismo e chi più ne ha più ne metta.

"Io penso che la più grande solidarietà al Mesiano dovrebbe fargliela pervenire l'Ingegnere che dai giudizi del giudice in questione ci guadagna netti 750 milioni di euri. Conoscendolo come persona generosa e disinteressata sono sicuro che non limitandosi ai calzini indosserà cravatta, camicia, maglione e mutande rigorosamente turchesi farà dipingere di quel bel colore anche le sue ville, farà vestire la livrea turchese al maggiordomo e al personale di servizio. Probabilmente farà stampare in turchese anche il titolo del suo giornale di proprietà. O forse tutto il giornale. Io lo farei" gli ho detto sorridendo. Ero sincero.

"Biri, una sentenza è una sentenza. E va presa sul serio da qualunque parte si stia" mi ha risposto duro il Dario.

"Sul serio?" ho ribattuto "per me è impossibile. Come faccio, pur con tutta la mia buona volontà, a prendere sul serio tutte vostre iniziative? Prima i girotondi con tutti quegli adolescenti invecchiati a far casino tenendosi per mano, poi i concerti rivoluzionari, quelli eco-solidali, quelli a favore di questa cosa, quelli contro quell'altra, poi la gran bischerata delle cosidette primarie per dar l'impressione alla gente di contare qualcosa e ora.. ora i calzini turchesi. I calzini solidali! I calzini antifascisti! I calzini progressisti! Ammazza che gesto rivoluzionario."

Dario doveva andare da una parte a fare una commissione, io dovevo ancora iniziare la mia passeggiata. Ci siamo salutati cordialmente e poi (io tutto contento), ognuno per la sua strada.

Bella & Intelligente

mercoledì 14 ottobre 2009

Grande scalpore e unanime sdegno ha suscitato, presso i suoi antagonisti, la frase che il Cavaliere ha rivolto alla Sig.ra Rosy Bindi: "Lei è più bella che intelligente".

A dir la verità la signora in questione ha replicato immediatamente e, occorre dire, con una notevole dose di spirito, ma, insoddisfatti del verdetto di parità, ecco che si preannunciano, "du coté de la gauche-caviar", interrogazioni parlamentari, querele e denuncie (i più moderati si accontenterebbero di pubbliche scuse) per lavare l'onore della parlamentare, considerata (a torto come vedremo), villanamente sbertucciata.

Esaminando bene la frase incriminata occorre rilevare che il Cavaliere non ha fatto altro che disporre, in un suo personalissimo ordine (qualitativo in questo caso), certi valori estetici e intellettuali della Rosy in questione. Ciò mi sembra legittimo, anzi; penso che la signora dovrebbe, pensandoci bene, esserne lusingata.

Pensiamo infatti cosa sarebbe successo se il Nostro, onde eliminare sul nascere indispettite reazioni della controparte, avesse salomonicamente affermato: " Lei è tanto intelligente quanto bella".

Le polemiche sarebbero abortite sul nascere, anzi, non sarebbero mai nate ma… siamo certi che, in questo caso, la signora sarebbe stata soddisfatta e lusingata?

Non c'è dubbio che, nella stragrande quantità dei casi, le signore alle quali fosse rivolta una simile perentoria affermazione ne sarebbero arcicontente e accoglierebbero il giudizio con malcelata soddisfazione ma bisogna considerare che la Bindi è la Bindi e il fatto di mettere sullo stesso piano l'appeal del suo aspetto con quello delle sue idee sminuirebbe a dismisura l'uno e l'altro. Quindi, cavaliere fino in fondo, il Cav non si è fermato lì; con coraggio, e non smentendo il suo notorio penchant per le belle donne ha voluto privilegiare, inopinatamente a detta di chi la conosce bene, la venustà femminile rispetto alla quantità (e qualità) della materia grigia della sua gentile interlocutrice.

La quale dovrebbe invece prendersela di più con tutti i suoi (falsi) amici che la hanno difesa da quella che considerano una sanguinosa offesa; difesa che implica una cosa sola: che la considerano "un cesso". E per una donna, sia pure la Bindi, non è il massimo.

Persecuzione

domenica 11 ottobre 2009

Ho incontrato Dario in su per il Corso. Era solo, come me, e ne ho approfittato per accompagnarmi un po' con lui. Abbiamo camminato avanti e indietro, su e giù per la larga strada, a tirar mezzogiorno fermandoci ogni poco davanti alle vetrine delle librerie, salutando gli amici e parlando del più e del meno.

Questa volta, in politica, c'è entrato lui. Lo spunto? La locandina di un giornale che strillava: "Respinto il Lodo Alfano" e sotto: "Possono ripartire i processi al premier".

- I nodi vengono al pettine – ha fatto Dario tutto allegro – Voglio proprio vedere se il Cavaliere riesce a cavarsela anche questa volta –

Non ho aperto bocca. Ad essere sinceri stavo pensando che se fosse piovuto (il cielo stava oscurandosi rapidamente) sarei stato in difficoltà a tornare a casa dato che, prevedendo al contrario come spesso mi succede per le faccende meteorologiche, non avevo preso l'ombrello.

- Stavolta deve andarsene. Non lo salva nessuno. E' finito – ha proseguito Dario.

- E questa volta al governo ci andiamo noi. E le cose cambieranno – ha insistito per vedere come reagivo.

Forse non sarebbe piovuto; il cielo si stava rischiarando. Ho voluto approfondire: - Pensi che alle prossime elezioni vincano le sinistre? – ho chiesto.

- E' sicuro! Chi pensi che voterà per uno che è indagato per corruzione, uno che se la fa con le prostitute, uno che è stato condannato a risarcire il suo avversario con una cifra enorme, uno che è colluso con la mafia? Lui e il suo partito sono finiti; e per sempre'.

Titubavo.

- E allora chi pensi che andrà al governo? – ho chiesto retoricamente.

- Le sinistre! Il popolo! I lavoratori! E questa volta nessuno potrà mettersi di traverso. Anche tu dovresti essere contento - ha concluso amichevolmente.

Non sarebbe piovuto più, almeno per quel giorno. Stava addirittura uscendo un pallido sole e io potevo finalmente dedicarmi al mio amico.

- E tu, posto che tu abbia ragione, anche se ne dubito profondamente, saresti disposto ad accettare quello che sarebbe, a quanto dicono, il programma di governo dei tuoi amici? – gli ho fatto.

Certo che sarebbe stato disposto, lo vedevo dal suo atteggiamento. Ho voluto ricordarglielo velocemente, prima ancora che rispondesse alla mia domanda, con un piccolo elenco di intenzioni:

- Sai a cosa mi riferisco: ripristino della tassa dell'ICI sulla prima casa; tassazione dei BOT e dei titoli pubblici; fine dei rimpatri per i clandestini; cittadinanza agli extracomunitari dopo 5 anni; abolizione delle norme anti-fannulloni; cancellazione della meritocrazia a scuola e nei servizi pubblici e via cantando. Saresti d'accordo? – gli ho domandato guardandolo negli occhi.

Ho proseguito senza aspettare la sua risposta:

- E mettici anche la fine della satira anti-Cav con tutti quei comici, intrattenitori, disegnatori, imitatori e giornalisti che si ritroverebbero disoccupati dall'oggi al domani. – ho fatto una pausa -  Non ci pensi a Santoro? Non ci pensi a Travaglio? E a Fazio? Alla Dandini, non ci pensi? –

- Accetto tutto e tu lo sai. Tutto pur di non essere più governato da quel fascista. Io sono per l'uguaglianza tra tutte le persone, per la non violenza fisica e morale, per l'abolizione di ogni discriminazione religiosa, politica, razziale o sessuale, per la tolleranza delle idee altrui, per il dibattito e la democrazia. Io quello là non lo posso vedere. Pensa di essere simpatico ma non è che un ometto basso; un nano puttaniere e pedofilo, che va in giro col parrucchino e coi tacchi rialzati. Malato, per giunta. E grave. – ha concluso trionfalmente.

Finalmente avevo avvertito nelle sue parole il fremito orgoglioso della vera Tolleranza di sinistra, l'alito della Democrazia che nasce dalla Resistenza e contro la quale è da folli volersi opporre.

La nostra conversazione è finita lì, ma prima di salutarlo gli ho chiesto notizie di sua figlia. Sapevo che stava per sposarsi e volevo sapere chi fosse il suo futuro sposo per congratularmi con lui, fosse stato uno che magari conoscevo.

- E' un suo ex compagno di studi alla Università. E' straniero, forse lo conosci; si chiama Pierre-André – m'è parso avesse risposto.

Mi sembrava di conoscere quella persona. Era uno studente gentile e affabile, laureatosi da poco a pieni voti.

- Ho capito! – ho esclamato; – Pierre-André; certo che lo conosco. E' del Gabon, non è vero? – gli ho chiesto.

Il suo umore è cambiato improvvisamente. Si è voltato per guardarmi bene in faccia poi mi ha quasi gridato:

- Ma cosa conosci, ma cosa conosci! Quel Pierre-André che dici te è un negro. Il fidanzato di mia figlia è francese di Parigi e si chiama Perendé, ma di cognome; il suo nome è Ambroise. –

Mi sono scusato per la gaffe e l'ho salutato allontanandomi velocemente mentre quello continuava a dire:

- Ma guarda un po': Pierre-André e mia figlia. Pierre-André è un negro! Roba da matti! -

Democrazia qualificata

mercoledì 7 ottobre 2009

L’altra mattina, verso l’ora di pranzo, ho trovato Dario.
Era incavolato nero perché si era accorto di essere uscito di casa senza moneta spicciola e l’edicolante al quale aveva chiesto il suo immancabile quotidiano, l’onnipresente compagno delle sue pause pranzo, non aveva potuto (o voluto) spicciargli la banconota da 100 euro che lui, piuttosto temerariamente, gli aveva presentato.

- Non ti preoccupare - gli ho detto, - te lo compro io il giornale; non andrò fallito.

Si è quasi commosso. Me ne sono accorto dal sorriso che gli ha illuminato il viso e da come, tutto contento, non la finiva di ringraziarmi. Del resto dopo una consuetudine che durava da anni una pausa pranzo senza poter sfogliare l’amata “Repubblica” non rientrava nell’ordine delle cose, non era nemmeno concepibile.. sarebbe voluto dire pasto immangiabile, cattiva digestione, serata storta, giornata rovinata.

- Sai - gli ho detto per stuzzicarlo - che dopo la campagna erotica anti-Cavaliere di Repubblica tirata avanti per mesi con intercettazioni, foto e interviste in prima pagina ad escorts e press-agents (che poi vorrebbe dire prostitute e ruffiani) parecchi, quando si riferiscono a quel giornale lo chiamano la Re-pùbica?

Non era vero e non era nemmeno tanto divertente; era una cosa che mi ero inventato lì per lì, per stuzzicarlo, per invogliarlo a parlare, per voglia di polemizzare un po’ con lui e per passare il tempo, visto che era ancora presto per andare a pranzo.

-Se lo fanno, vuol dire che si tratta di persone che non capiscono niente. E sono sicuro che i giornalai, se intendono bene quello che gli chiedono, il giornale non glielo danno, almeno finché quelli non dicono il nome giusto. Non c’è niente da scherzare su queste cose - ha risposto, rabbuiandosi un poco.

- No - gli ho fatto - c’è da star seri.

- E poi- ho ripreso dopo un minuto, per non mollare l’osso - cos’è questa persecuzione contro il povero Cavaliere: richieste di giudizio, maldicenze, critiche ad ogni piè sospinto qualunque cosa quel disgraziato faccia o dica. Dopotutto - (qui ho calato l’asso) - è stato eletto democraticamente visto che la maggioranza degli elettori lo ha scelto. Pare addirittura che le critiche lo rafforzino, visto che il suo gradimento cresce. Non mi capacito perché a sinistra si comportano come se lui e il suo governo non fossero legittimati a governare. E la democrazia?

Dario non si è scomposto. Si è fermato; ci siamo seduti su una panchina piazzata opportunamente sul bordo di una aiuola.

- Vedi - ha cominciato - la democrazia non vuol dire che la maggioranza è legittimata all’uso del potere sempre e in ogni caso. O meglio, la maggioranza è legittimata all’uso del potere solo se è, come dire? Qualificata.

Lo guardavo fisso.

- Gli elettori del Cavaliere possono anche essere la maggioranza ma non essendo qualificati non sono legittimati a detenere il potere e a governare il Paese - ha proseguito.

- Cioè, tu mi dici che la maggioranza degli elettori di questo Paese, sarebbe delegittimata? E in base a cosa?

- In base alla mancanza di certi indispensabili requisiti culturali, morali e storici.

Non lo seguivo;– Spiegami - gli ho chiesto.

- Requisiti storici gli elettori del Cavaliere certo non ce ne hanno. Da dove vengono? Chi sono i loro precursori? Quali sono le loro radici, i loro antenati, le loro fonti? Quanto ai requisiti morali, poi, converrai che noi li abbiamo tutti: tutti sanno che siamo solidali, multietnici, tolleranti, progressisti, antiimperialisti, antifascisti, pacifisti e amiamo la natura e poiché gli altri sono contro di noi ne consegue che quelli sono egoisti, guerrafondai, intolleranti, reazionari, fascisti nemici dei cibi biologici e dei termoconvettori. Ergo, non hanno nemmeno i requisiti morali.

- Ma non può essercene nemmeno uno tra gli elettori del Cavaliere e della sua coalizione che abbia questi requisiti? - ho insistito.

-Ovviamente no dato che, se li avesse, avrebbe votato per noi - ha risposto sicuro.

Sono restato zitto ma lui ora non si fermava più:

- Quanto ai requisiti culturali poi, lo sanno anche i gatti che la cultura è di sinistra. Chi li gestisce i cinema d’essai, le tavole rotonde, i premi letterari? Chi organizza, partecipa e commenta i dibattiti culturali? E poi un Premio Nobel come Fo o un Premio Oscar come Benigni, quelli del Cavaliere, ce l’hanno? Ce l’hanno un anchor man come Santoro? Eh?- ha chiesto trionfante.

- No - ho risposto subito senza pensarci nemmeno un attimo - Non ce l’hanno davvero.

Eravamo arrivati davanti all’edicola. Prima di lasciarlo per andare a pranzo volevo mantenere la mia promessa; ho tirato fuori le monete e mi sono avvicinato al giornalaio.
- La Settimana Enigmistica e la re-pùbica! - ho chiesto a voce altissima.
Quello mi ha passato in un battibaleno la rivista e il giornale di Scalfari che ho girato in un attimo a Dario. L’ho salutato e l’ho lasciato. Io sono andato a fare "Gli incroci obbligati".

PRESENTAZIONE

lunedì 5 ottobre 2009

Il Biri, noto a ragione per la sua totale ignoranza di qualunque cosa che ricordi l'informatica, voleva rendere pubblico il suo Gazzettino, edito finora nel più stretto anonimato e riservato ad una ristrettissima cerchia di amici ed estimatori.
Ho così deciso di dargli una mano con questo blog che, benché mantenuto, edito, commentato e gestito da me, che sono il suo miglior amico, nasce esclusivamente con lo scopo dichiarato di manifestare le opinioni, le curiosità e i pensieri del celebre polemista popolare e autodidatta.
Ovviamente non mi prendo alcuna responsabilità per le idee che il Biri si sentirà di esporre, essendo limitato, il mio apporto, ad una mera collaborazione tecnica e nulla più.
Il Biri, che presto pubblicherà qui sopra un post con alcune informazioni autobiografiche, è attualmente libero da impegni di lavoro e può dedicarsi quindi alla cosa che più lo appassiona: il trekking e altri hobbies tra i quali primeggia il Cinema.

Non più giovanissimo è divenuto, con l'età, presuntuoso, e non esita a definirsi, a chi gli chiede quale è la sua professione: "critico cinematografico".

Roberto Mulinacci

Ouverture

Salve amici!


Probabilmente se siete qui a leggere il mio blog ci conosciamo già personalmente; comunque, nel caso (poco probabile ma auspicabile) di nuovi visitatoori, sarà meglio che mi presenti:

sono il Biri.

"Beh?" dirà qualcuno; "E allora?" commenterà già un pò stizzito qualcun altro, e poi aggiungerà: "Tutto qui?".
No, amici, non è tutto qui. Una presentazione deve essere una cosa fatta bene anche perché chi intende visitare un blog, in questo caso leggere un taccuino redatto da un'altra persona, vuol sapere bene chi è il tipo che sta al sicuro in qualche altra parte della Rete e un nome non basta, un nome vuol dire poco più di niente, non è che un'etichetta (e non riporta nemmeno gli ingredienti) su una scatola chiusa o poco più (o poco meno).

Cercherò comunque, lo prometto, di non cadere nel tranello della vox populi, del political correct o della citazione, più o meno dissimulata, di idee che altri hanno già pensato e diffuso; e prometto di impegnarmi a non sprofondare nel conformismo radical-chic, quello che pretende di essere depositario della Verità assoluta e (professandosi tollerante) liquida le opinioni altrui con quel certo sorrisino ammiccante e derisorio che si vede spesso aleggiare sui volti di celebri anchor-men e che è nello stesso tempo gadget della propria (presunta) superiorità e malcelata derisione per chi non la pensa come lui. Prometto anche di non cercar mai, in alcun modo, di imporre la mia visione dei fatti e di prender per buone le mie conclusioni personali perché uno deglki scopi non secondari di questo blog è proprio quello di conoscere e far conoscere le idee degli altri (e proprio al fine di conoscere meglio me stesso).

E ora, al sodo: cosa annoterò nel mio taccuino?
E' presto detto: tutto ciò che catturerà la mia attenzione o che comunque valuterò meritevole di un approfondimento. Potrà essere un argomento dei più disparati, anche di quelli che non hanno avuto alcuna risonanza. I temi su cui mi propongo di spaziare? Cultura, politica, sport, musica, gossip e chi più ne ha più ne metta; da qui il titolo assolutamente banale ma non fuorviante: IL TACCUINO DEL BIRI (me).
Ci saranno altre rubriche fisse: una sarà L'AFORISMA DEL BIRI; un'altra: PREVISIONI DEL TEMPO IN VAL D'ORLO e il lunedì ci sarà perfino l'immancabile rubrica sportiva: IL RINGUATTAPALLE.

Spero di avervi incuriosito e di avervi ospiti sul mio blog con i vostri commenti e suggerimenti. Aspettate a criticare: sto facendo pratica e il taccuino virtuale è in fase di costruzione e affinamento.

Un enorme ringraziamento all'amico Roberto Mulinacci, senza il quale questo blog non sarebbe mai venuto alla luce.

Salute a tutti!
il Biri.