Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

La macchina della verità

venerdì 20 aprile 2012

Ho avuto modo di rivedere (o  vedere per la prima volta, non ricordo) un vecchio programma televisivo. L'hanno (ri)trasmesso nel corso di uno di quei programmi nostalgici e a costo zero con i quali la RAI celebra sé stessa riproponendo ai telespettatori alcune sequenze celebri di trasmissioni risalenti ai primi anni della televisione italiana.
In questo c'era uno che spiegava come in America la polizia potesse fare affidamento su un mezzo tecnico veramente rivoluzionario per valutare se, durante l'interrogatorio, il sospettato rispondeva alle domande degli inquirenti con sincerità o se cercava di mascherare le proprie responsabilità dicendo il falso. La meravigliosa invenzione (chiamata semplicemente: la 'Macchina della Verità') era composta (per quanto si potesse vedere) di una scatoletta di metallo dalla quale uscivano un rotolo di carta e alcuni fili (elettrodi?) che venivano collegati con delle ventose a varie parti del corpo del sospettato, come se lo si sottoponesse ad un elettrocardiogramma. Poi si cominciava ad porre domande all'indagato e, di fronte ad ogni sua risposta, bastava dare un'occhiata al rotolo di carta che usciva dalla "Macchina della Verità" per sapere se il tizio aveva detto il vero o il falso. Si affermava che la prodigiosa Macchina era affidabile al cento per cento, che si trattava di una invenzione destinata a rivoluzionare i metodi di indagine, che presto si sarebbe diffusa presso tutte le Polizie del mondo, ecc. ecc.
Alla fine della trasmissione mi sono messo a pensare: ma perché le Macchine della Verità non sono così diffuse come meriterebbero? Impossibile che al giorno d'oggi non si possano costruire in serie e anche più maneggevoli e più affidabili di quella vista in TV. E pensare che potrebbero svelare, una volta per tutte e al di là di ogni ragionevole dubbio se, di fronte ad una dichiarazione (o ad un'affermazione, ad una giustificazione, ad una risposta in genere) ci si trovi di fronte ad una bugìa. Basterebbe, ho pensato, che ognuno di noi si dotasse di una dispositivo portatile similare, per riconoscere se quello che viene affermato è vero o falso. In quest'ultimo caso la macchinetta dovrebbe emettere un piccolo ma acuto suono (basterebbe un 'biiiip!' di due secondi) per indicare al bugiardo che la sua bugia è stata riconosciuta e indicarlo così al pubblico ludibrio.
Poi, a mente ferma, ripensandoci bene, ho pensato che una cosa del genere anche se fosse possibile non sarebbe accettabile: vi immaginate il frastuono infernale di milioni di 'biip!' che risuonerebbero in ogni posto, ad ogni ora, in ogni occasione? E questo perché ogni nostra interazione sociale è basata sulla menzogna. Insomma si mente sempre, in ogni occasione, al punto che non ci si fa più caso. Non ci credete? Ecco qui un piccolo elenco (ognuno potrà sbizzarrirsi a completarlo come vuole) delle frasi e delle parole più usate che farebbero risuonare infallibilmente l'allarme della Macchina della Verità:


Frasi:


"io dico sempre pane al pane e vino al vino";
"ti ho telefonato per tutto il giorno ma era sempre occupato";
"ti trovo bene";
"non ho spiccioli";
"non per impicciarmi negli affari tuoi, ma...";
"che cosa vuoi che me ne importi";
"lo dico solo per il tuo bene";
"non ho fatto altro che pensare a te";
"avevo il cellulare scarico";
"come sono contento di rivederti!";
"che vuoi che me ne importi";
"io sto bene anche da solo";
"non lo sapevo";
"lo dico contro il mio interesse";
"figuriamoci se ho paura di lui";
"io son buono e caro ma...";
"sei in forma smagliante";
"fidati di me";
"non c'è di che preoccuparsi";
"scusami ma non ti avevo visto";
"sono molto occupato";
"non ci penso affatto!";
"se vieni a trovarmi mi fai piacere";
"quando dico no è no";
"ci penso io, stai tranquillo..";
"mi dispiace";
"te lo giuro";
"lo sai che puoi contare su di me";
"sono spiacente";
"sono imparziale";
"vado un momento a lavarmi le mani";
"ci metterei la mano sul fuoco";
"non me ne importa";
"sia detto senza offesa";
"esclusi i presenti";
"vado a vedere se c'è";
"ho un impegno";
"sia come non detto";
"non perché la cosa mi riguardi";
"non per essere curioso";
"non è per mancanza di riguardo ma...";
"non l'avrei mai creduto";
"io però l'avevo detto";
"ci penserò su";
"con me c'è poco da scherzare";
"non per vantarmi, ma...";
"non gli ho risposto per educazione";
"lo faccio solo perché sei te";
"ti credo sulla parola";
"il più bel regalo che tu potessi farmi";
"posso fare ciò che voglio";
"mi farebbe un piacere enorme";
"ricordo perfettamente";
"io non russo";
"un giudizio spassionato";
"non scorderò mai questo momento";
"una persona molto per bene"
"sono convinto che eri in buona fede";
"oh, che bella sorpresa!";
"quando vuoi";
"vado a vedere se c'è";
ecc. ecc......


Parole e definizioni:


"olio d'oliva";
"burro";
"prezzi modici";
"sotto costo";
"no-profit";
"senza spese";
"zero interessi";
"una critica serena";
"per sempre";
"originale televisivo";
"best seller";
"Partito Democratico";
"una cronaca imparziale";
"fedele";
"una posizione incantevole";
"qualità superiore";
"infrangibile";
"genuino";
"a miglior vita";
"autentico";
"una ragazza ingenua";
"indelebile";
"rammendo invisibile";
"garanzia illimitata";
"senza limiti";
"giudizio equanime";
"pasta fatta in casa";
"arte contemporanea";
"cantante rap" (Perché? Perché se uno fa il rap non è un cantante);
"uova di giornata";
"pescato oggi";
"libertà".
ecc. ecc.....

L'ora di Natuzza

mercoledì 11 aprile 2012

Ieri, tornando a casa, sono passato per i giardini pubblici. A dire perché l'ho fatto, onestamente non saprei dare una risposta attendibile; ho sempre diffidato da simili luoghi dove, tra traballanti piccioni curiosi che ti intralciano il cammino e i soliti marmocchi vocianti si possono incontrare solo badanti in libera uscita, patetiche peripatetiche (notare il bel gioco di parole), tristi pensionati e giovinastri dal ghigno feroce o disperato. 
Fatto sta che, mentre traversavo il largo spiazzo ghiaioso a passo piuttosto svelto, ho notato, seduto in disparte su una panchina, un uomo con viso che non mi era ignoto, qualcuno che avevo già visto e che sul momento non riuscivo a inquadrare nella memoria per dargli un nome. Mezza età... capelli grigi... dove lo avevo visto? Era un vecchio conoscente che non riuscivo a ricordare? Era una persona famosa che avevo conosciuto in televisione? Boh.. L'uomo stava seduto nella panchina a testa bassa, gli occhi socchiusi e una espressione abbacchiata che stonava con la sua figura sobriamente elegante. Ho provato a guardarlo meglio, senza dare nell'occhio però, per non sembrare importuno, o invadente. Aveva la barba non fatta, larghe occhiaie e ogni tanto scuoteva la testa senza alzare lo sguardo, come fosse immerso in gravi, tristi pensieri.
Poi, improvvisamente un lampo nella mia mente: "Zac!".  L'avevo riconosciuto. "Ecco chi è!" ho gridato (dentro di me).
Si trattava nientepopodimeno che del Professor Antonio Ereditato, uno dei responsabili del CERN, quello passato agli onori (prima) e agli oneri (poi) della cronaca mondiale per il famoso esperimento del superneutrino, quello che andava (almeno a sentir lui, l'Ereditato) più veloce della luce.
Per qualche giorno il professore era salito agli onori della cronaca scientifica per il suo storico contributo all'immagine della ricerca scientifica italiana; quando poi il suo esperimento si era rivelato una bufala, il professore, sbeffeggiato dalla stampa mondiale, aveva dovuto chiedere (essendone subito accontentato) di essere messo a riposo.
Eccolo lì, ora. Ai giardinetti, solo, intristito, pensando alle sue disgrazie, evidentemente.
Beh, l'occasione era ghiotta. Con una scusa mi sono avvicinato al tipo e, dopo esser riuscito ad attaccar discorso basandomi sulla mia famosa faccia tosta, sono riuscito a porgli alcune domande che mi stavano particolarmente a cuore; domande alle quali, devo dire, il professor Ereditato ha risposto di buon grado. Forse aveva bisogno di qualcuno con il quale sfogarsi, qualcuno al quale raccontare cos'era veramente successo in quel maledetto esperimento, per liberarsi il cuore da un dolore insopportabile.
"Mi dica tutto, Professore" gli ho detto "si confidi con me che, anche se sono per ora un illustre sconosciuto, aspiro ad esser considerato suo amico. Cominciamo dal giorno di quel famoso esperimento".
"Quel giorno... giorno maledetto" ha sospirato Ereditato. Poi ha proseguito:
"Quel pomeriggio era tutto pronto, al CERN. L'esperimento che avrebbe dovuto certificare la più grande scoperta del millennio era stato preparato da mesi. Si trattava di lanciare un neutrino (le risparmio il nome scientifico; noi del CERN lo avevamo soprannominato: Triny) dal laboratorio del Gran Sasso e misurare dopo quanto tempo sarebbe giunto a Ginevra dove, fior di fisici famosissimi e muniti dei sistemi di misurazione più precisi e complessi lo stavano ansiosamente aspettando. D'altra parte la verifica della sua velocità era relativamente semplice da appurare: se il neutrino fosse giunto a Ginevra in un tempo minore di quello che la luce avrebbe impiegato a compiere lo stesso percorso, la mia teoria sarebbe stata convalidata e certificata senza ombra di dubbio. Poiché infatti è la velocità della luce che determina il passaggio del tempo si può dire che se Triny fosse arrivato a Ginevra prima di partire dal Gran Sasso la mia teoria sarebbe stata confermata. Ci pensa! La teoria di Einstein messa in soffitta! Tutte le ipotesi sullo spazio-tempo, sulla creazione dell'Universo e del Big Bang avrebbero dovuto essere riviste, ed il mio nome, quello di Antonio Ereditato, sarebbe risuonato in tutte le assemblee scientifiche, sarei entrato di diritto tra i più grandi scopritori dell'Umanità, citato in tutti i libri di testo, invitato ai consessi più prestigiosi, ricercato dai Grandi della Terra. Insomma sarei diventato l'Uomo più famoso del mondo! Accidenti alla Natuzza!".
Quest'ultima imprecazione mi giunse inaspettata. Ero stupito: chi era questa Natuzza? cosa mai aveva suscitato tanta ira nei ricordi del professore? Ma Ereditato, che aveva visto il mio sconcerto, ha fatto un gesto con la mano come a dire: "Dopo... dopo..." e ha proseguito:
"Quella mattina (l'esperimento doveva essere effettuato alle prime ore del mattino per certe ragioni elettrofisiche che non starò a spegarle), l'intero staff del CERN era in attesa davanti all'enorme macchinario che avrebbe permesso di dare il via all'esperimento del millennio. Io era seduto al posto di controllo, pronto a premere il bottone rosso con su scritto: "RUN!", e pronto a rispondere al telefono che collegava il nostro laboratorio con quello di Ginevra. Guardo nervosamente, ansiosamente il mio grande orologio elettronico... Inizia il conto alla rovescia che, giunto alle ore 5 avrebbe dato inizio all'operazione. Il cronometro scandisce i secondi... ne mancano solo 10 alle ore 5; poi... -meno 4- meno 3- meno 2- meno 1-: VIA! Le cinque! Premo il bottone, Triny scatta come un fulmine, l'esperimento è iniziato!.  Sento urla di gioia al telefono. La suspense è alle stelle; chiedo con voce roca se Triny è giunto a destinazione e in che tempo. Da Ginevra mi rispondono: "Il vostro neutrino è giunto qui da noi alle ore 4 e 10 secondi! Garantito al limone!". E' un tripudio! Triny è giunto prima di partire! La luce, Einstein, il Big Bang vadano a farsi benedire! Tutta la fisica deve essere rivista! Sono io, il professor Antonio Ereditato, il nuovo padrone dell'Universo!".
Il professore a questo punto si fermò. Si asciugò una lacrima che aveva cominciato a scendergli giù per il viso, poi si erse su tutta la sua statura e, i pugni stretti alzati contro il cielo tempestoso, la bianca chioma ondeggiante al vento di tramontana, gridò: "E invece... Maledetta sii tu, ovunque tu ti trovi, o Natuzza Pecorelli!".
Era un mistero; volevo vederci chiaro: "Professore si spieghi. Perché l'esperimento fallì? E chi è questa Natuzza Pecorelli?".
Solo dopo un tempo che mi parve lunghissimo l'Ereditato riuscì a ritrovare la calma necessaria per proseguire il suo racconto.
"La signorina Pecorelli Natuzza era una delle donne delle pulizie impiegate al CERN; una di quelle indispensabili, operose femmine che ogni sera, quando il personale tecnico esce dal laboratorio, passano di stanza in stanza a lavare i pavimenti, svuotare  i cestini, lucidare gli scaffali e pulire i bagni in modo che i locali, all'indomani, risultino lindi e decorosi. Bene, detto questo bisogna dire che la signorina Pecorelli era la lavoratrice più servizievole del mondo. Quello che quella benedetta donna più desiderava era farsi benvolere da tutti e per questo era sempre la prima ad entrare e l'ultima a uscire, sempre pronta se c'era da fare un'ora di straordinario e disponibile per qualunque lavoretto gli fosse richiesto, anche se esulava dalle sue mansioni, anche fuori dall'orario di servizio."
Lo guardavo, in silenzio. Sì, va bene, ma allora?
"Due furono i responsabili del mio fallimento: una notizia e la signorina Natuzza Pecorelli. Ecco gli strumenti diabolici di cui si è servito il destino per rovinarmi" proseguì lentamente il professore.
Non capivo. Una notizia? La signorina Natuzza?
"Ma si spieghi, professore. A quale notizia si riferisce? E in che modo si rivelò così ferale?" chiesi  con impazienza.
"L'introduzione dell'ora legale. Forse ricorderà che il giorno del famoso esperimento coincideva con quello in cui l'Europa (salvo pochi Stati) adotta l'ora legale. Si chiama anche ora estiva, serve per recuperare un'ora di luce e richiede che gli orologi dei Paesi che la adottano vengano rimessi avanti di un'ora. Una operazione banale che viene compiuta in pochi secondi ma che può nascondere terribili insidie. La sera della vigilia avevamo ovviamente tenuto conto del fatto e avevo appositamente incaricato un mio collega affinché, il giorno successivo, non appena fossimo giunti al laboratorio, si preoccupasse di mettere le lancette avanti di un'ora. Naturalmente la stessa manovra sarebbe stata fatta nel laboratorio di Ginevra poiché anche la Svizzera, come noi, adotta nello stesso giorno l'ora legale. Bene, date queste disposizioni ce ne andiamo tutti a dormire, eccitatissimi per la grande giornata che ci attendeva....ma..."
"Ma?" chiesi con voce alterata
"Ma non avevamo fatto i conti con la maniacale precisione della signorina Natuzza. La ragazza si era trattenuta fino a tardi per compiere le sue mansioni e, quando, terminato il suo lavoro, si apprestava ad andarsene finalmente a casa a gustarsi il suo meritato riposo, si accorse di essere rimasta completamente sola nell'enorme laboratorio del CERN. Prima di spengere le luci ed uscire notò sulla lavagna che usiamo per gli appunti e i promemoria la scritta "Mettere gli orologi un'ora avanti!" che avevo scritto affinchè il collega Perruccelli, incaricato di provvedere al passaggio all'ora legale il mattino successivo, non se ne dimenticasse. Ma Natuzza, giovane ingenua e servizievole (che Dio la strafùlmini), pensando che quella nota scritta sulla lavagna fosse un ordine per lei, non ci pensò due volte e rimise avanti di un'ora il grande orologio della sala degli esperimenti. Poi la disgraziata se ne andò tranquillamente a dormire" fece Ereditato, sempre più alterato a ricordare tali terribili eventi.
"Avanti, professore. Vada avanti. E poi?" domandai avidamente. Sentivo che stava per essermi rivelata la chiave del mistero.
"Bene. Giungono le prime ore del mattino, e tutti i tecnici, e me medesimo, entriamo, eccitati per il grande evento che stava per compiersi, nel laboratorio. Il Perrucelli, il tecnico incaricato dell'ora legale, letto quanto stava scritto sulla lavagna, subito rimette avanti di un'ora l'orologio del laboratorio e si accerta, telefonando ai colleghi svizzeri, che anche loro abbiano provveduto alla stessa operazione. -Ok. Procedete- è la loro risposta. E così ci prepariamo all'esperimento, inizia il conto alla rovescia, poi dò il via a Triny e.... il resto lo immagina. Triny arriva sì a Ginevra quasi un'ora prima di quando è partito, ma... ma... (e qui il Professor Ereditato scoppiò in un pianto dirotto).. ma solo perché noi avevamo rimesso il nostro orologio avanti di due ore invece di una! Il nostro orologio segnava un'ora in più: l'ora di Natuzza! Ah, la gran tròia!"
Antonio Ereditato non potè proseguire; i singhiozzi lo soffocavano. Cercai di calmarlo anche per evitare che intorno a noi si facesse gente. Finalmente il povero Professore si quietò.
"Signor Biri, lei è il primo a cui ho raccontato queste cose che restano un segreto noto solo a noi del CERN. Il seguito può immaginarselo: quando la storia della velocità di Triny si è rivelata fasulla, ho dovuto dimettermi e, dall'oggi al domani, eccomi qui: solo, abbandonato da tutti e oggetto del più feroce sarcasmo da parte di tutti i miei ex-colleghi. Come ricordo di ciò che è avvenuto ecco cosa mi resta."
ed Ereditato estrasse dalla tasca della giacca un oggetto che lì per lì non riconobbi. 
"Prenda, prenda pure" fece il professore porgendomelo "Ma faccia attenzione".
Era una piccola scatola, una scatolina di metallo del tipo di quelle che una volta contenevano le celebri pasticche Valda. La soppesai: sembrava vuota. Guardai il professore con un'aria come a dire: "Embè?".
"La apra, la apra pure" fece lui. 
Aprii la scatola, guardai bene dentro per vedere cosa contenesse. Niente. Vuota.
"Ah, mi scusi" disse l'Ereditato vedendo la mia espressione sconcertata "Dimenticavo che non può vederlo senza il nanoscopio monucleare" e mi passò una specie di monocolo che mi affrettai a piazzare davanti al mio occhio destro.
"E adesso guardi; guardi bene. Lo vede? E' lui. E' Triny".
Con l'aiuto del futuristico aggeggio (il nanoscopio monucleare) potei esaminare la scatolina da cima a fondo (sembrava immensa). In un angolino c'era lui, Triny, il neutrino che per un giorno aveva fatto parlare di sé il mondo intero; anche se così piccolo da risultare invisibile ad occhio nudo con l'aiuto del nanoscopio potei vederlo abbastanza bene. Stava seduto, con il capo nascosto tra le ginocchia (almeno così mi parve). Quando si accorse di essere osservato, sollevò di scatto la testa e mi fece una linguaccia. Poi si rimise nella posizione primitiva.
Ho richiuso la scatola e l'ho resa al Professore senza dire niente.
"Lo scusi. Non è musone ma questa vicenda ha scosso profondamente anche lui" ha detto il Professor Ereditato; poi ha proseguito:
"Quando sono stato allontanato dal CERN, Triny ha voluto condividere il suo destino con me. Beh, non sarà così veloce come presumevo, ma mi ha dimostrato di avere un cuore d'oro".
Essersi confidato con me aveva un poco alleviato le pene del celebre fisico. Ci siamo abbracciati prima di salutarci. Chissà se ci rivedremo ancora.

Le elezioni!

giovedì 5 aprile 2012

Pare proprio che le elezioni ci saranno. Non si sa quando, se sarà fra poco, in Autunno, o nella Primavera del prossimo anno, ma si può esser certi che ci saranno. La possibilità di essere chiamati alle urne (come si dice) è una certezza e Nedo ieri è venuto a trovarmi proprio per chiedermi un consiglio in proposito.
Dovete sapere che Nedo è uno dei miei più cari amici anche se da qualche tempo abbiamo poche occasioni di stare insieme. Lui però mi stima e condivide gran parte delle mie idee (anche se le due cose sembrerebbero incompatibili) e poiché non sa raccapezzarsi tra le cose che riguardano il variegato mondo della politica, ecco che è venuto a chiedermi come dovrà comportarsi se e quando sarà chiamato ad esercitare il sacro diritto (e dovere) del voto.
Era abbastanza sconcertato, Nedo, quasi incredulo. Mi ha confessato che il semplice fatto che la cosidetta "classe politica" (o, come dicono gli ignoranti: "Casta") senta il bisogno, non solo senza vergogna ma nemmeno senza il più piccolo imbarazzo (dice Nedo) di riproporsi alla guida dell'Italia dopo lo spettacolo tra l'inverecondo e il pietoso che ha dato di sé, è un fatto (per lui) talmente sfacciato da divenire addirittura una provocazione culturale, come una performance surrealista, un "happening", una pièce di Ionesco o una di quelle notizie che si rinvengono a volte su Internet e non si sa quale attendibilità dar loro, non essendo in grado di capire se siano burle, "tarocchi" o solamente provocazioni.
Insomma se siamo nelle condizioni in cui siamo (dice Nedo) è perché i nostri governanti e il Parlamento che li ha prodotti, non sono stati in grado di fare alcunché, prigionieri delle loro ideologie, ricattati dalle loro clientele elettorali e comunque impediti ad agire anche e sopratutto dalla loro congenita, atavica, ineluttabile incapacità.
"E ora va a finire che ci chiedono ancora di votare per loro! Che facce toste! Votare per loro e i loro partiti per continuare a farsi mantenere dal popolo, per continuare a non fare un c... (qui Nedo ha proferito una parola che, benché usatissima a destra e a manca, non mi sento di riportare), godersi la bella vita, pavoneggiarsi in televisione, tagliare nastri, rilasciare interviste, viaggiare in auto blu,  e tutto a nostre spese..."
"Basta, Nedo. Ora basta" l'ho interrotto, e anche piuttosto bruscamente.
Lui mi ha guardato con aria interrogativa. Cosa c'era? Aveva detto qualcosa di sbagliato? Non condividevo i suoi pensieri?
Dopo un minuto buono, ho parlato.
"Caro Nedo, devi calmarti. Mi sembra che tu ce l'abbia troppo con i nostri politici. Non bisogna cadere nel qualunquismo, nel disimpegno, nel disfattismo. Anche se i politici non fanno niente di buono, anche se ci hanno portato nel baratro, anche se non producono niente di utile dalla mattina alla sera, anche se prendono stipendi e compensi assolutamente spropositati rispetto a quello che fanno, anche se vanno in pensione presto, e con pensioni ricchissime e con buonuscite faraoniche, anche se spesso sono corrotti, o corruttori, o corruttibili, anche se spesso sono ignoranti o cafoni o presuntuosi o imbelli o semplicemente inutili, non bisogna prendersela con loro. E questo per non dare altro impulso alla disoccupazione improduttiva. Ti sei mai chiesto cosa mai potrebbero fare quelle migliaia di deputati, senatori, ex ministri, segretari di partito, portaborse, galoppini, attivisti et similia se improvvisamente perdessero il loro posto e si trovassero dall'oggi al domani senza lavoro? (lavoro... si fa per dire). La maggior parte di loro non sarebbe nemmeno in grado di rispondere nei call center; moltissimi non saprebbero fare lavori banalissimi come, che so? mettere i depliant pubblicitari nelle cassette postali, o attaccare i francobolli alle lettere senza sbagliarsi, o dividere a modo la spazzatura per la raccolta differenziata (che, a pensarci bene, vista la loro specifica esperienza professionale sarebbe il tipo di lavoro al quale dovrebbero essere più portati). E non pensi alle loro famiglie abituate ormai ad un tenore di vita che non potrebbero più permettersi? Alle loro mogli, costrette a rinunciare all'auto blu con autista per andare, tre volte a settimana, dal parrucchiere? Alle loro giovani amanti, che potrebbero lasciarli se dovessero restare senza il solito regalino da 20000 euro per il loro compleanno? Ai collaboratori, donne di servizio, cuochi filippini, giardinieri indiani, che rimasti senza lavoro non potrebbero far altro che finire sulla strada ad ingrossare le fila della piccola delinquenza (gli uomini) o la prostituzione più squallida (le donne e non solo)?
No, Nedo. Non possiamo permettercelo. In questi giorni di crisi, dove le aziende falliscono e la disoccupazione sale a livelli inauditi non dobbiamo lasciare senza lavoro un numero così grande di persone. E questo per il bene dell'Italia. E poi c'è un'altra cosa da considerare. Tutti questi... come chiamarli? Parassiti? Vada per parassiti: è forte, ma rende l'idea dato che vivono alle nostre spalle senza lavorare; dicevo tutti questi parassiti ora, tutto sommato vivono gran parte delle loro giornate chiusi nelle sezioni di partito, o imboscati nelle sedi sindacali, o celati nelle stanze di Montecitorio, insomma, fuori dalla vista diretta della gente. Ora Nedo, pensa un attimo a quale pericoli li esporresti se improvvisamente questi della Casta, scacciati dalle sacre stanze del Parlamento dove si barcamenano tra pennichelle in Transatlantico e barzellette alla buvette di Montecitorio, dovessero uscire per le strade come la gente comune. Rischierebbero grosso. Mi immagino già gruppi di esagitati con le mani al muso (il loro), giovinastri che li bersagliano con bucce di cocomero, operai che li salutano con cori offensivi, popolane che cercano di schiaffeggiarli e, non è da escludere, qualche coltivatore diretto che cerca di infilzarli con il forcone. No, no. Sarebbe troppo pericoloso; sarebbe istigazione alla violenza. Non possiamo permettercelo"
"Ma allora" ha ribattuto Nedo "come dobbiamo comportarci? Astenerci in massa? Votare scheda bianca? Scrivere frasi oscene sulla scheda elettorale?".
Non ci ho pensato un attimo:
"No Nedo. A mio avviso la cosa migliore da farsi è invece quella di andare a votare in massa. Io ad esempio ho deciso. Benché la mia proposta di riforma della legge elettorale con adozione del metodo del "vaffarellum" non sia stata accolta (ed era sensata, buona, democratica, popolare), sono deciso non solo di non astenermi ma di approfittare dell'occasione del voto per dare un segnale alla nostra classe politica. Un segnale di stima, di fiducia, un segnale di maturità democratica, quella che tanto piace al nostro Presidente della Repubblica, un segnale di apprezzamento per i partiti e i parlamentari, e senza discriminazioni ideologiche".
"?" ha fatto Nedo (una espressione più che una domanda), che non sapeva dove sarei andato a finire.
"Semplice, amico mio. Entrerò decisamente nella cabina elettorale, aprirò la scheda e, senza bisogno di pensarci su e abbandonando ogni favoritismo, metterò responsabilmente il mio segno di preferenza sui simboli dei partiti". 
Nedo non parlava, non aveva capito, ci ragionava su.
Gli ho chiarito il mio pensiero:
"Su tutti i simboli, Nedo, tutti. Partendo dal primo fino all'ultimo, dall'alto in basso, da destra a sinistra. Per dimostrare quanto li apprezzi".