Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

La sàgoma

giovedì 29 dicembre 2011

A frequentare le persone che hanno la possibilità di conoscere in privato i potenti della politica ne escono fuori di sorprese!
Sentite cosa mi ha detto di Monti (come Monti chi? Ma il Professore, diamine!) il mio amico Artimino che abita a Roma e lavora come cameriere nella trattoria tipica "Da Giggetto er ciociaro", il locale preferito dal nostro premier e dalla sua equipe per la pausa pranzo durante le cruciali sedute innalza-tasse:
"Non devi credere alle apparenze, Biri; nella vita privata il Presidente del Consiglio è un tipo tutto diverso da quel che appare. E' un uomo simpatico, brillante, estroverso; quello che si dice un compagnone. Niente a che vedere con il personaggio pubblico che, sarà perché non ho studiato, ma non capisco mai bene ciò che dice. Ma dimmi, non sei d'accordo che ad ascoltarlo e vederlo in TV il Mario può sembrare monotono, severo, grigio, pedante, noioso e riservato al limite della scontrosità?" Senza nemmeno aspettare la mia risposta (affermativa, ovviamente) Artimino continuò: "Ebbene Biri, ti giuro che il nostro premier a tavola è davvero una di quelle persone speciali che tutti vorrebbero avere come compagno di merende. Innanzitutto non si tira mai indietro di fronte a nessun piatto, nemmeno il più estroso. Niente a che vedere con il professore serio serio che appare ogni tanto in TV e che fa così paura ai giornalisti che non si azzardano nemmeno a intervistarlo. Il Monti a tavola è un altro uomo. Innanzitutto è d'un appetito che fa meraviglia. Biri, dì la verità, tu te lo immagini come uno che mangia poco, e magari solo piatti leggeri e poco saporiti.. Errore! Che forchetta! Per principiare parte sempre dagli antipasti, e non c'è una volta che se li dimentichi; due o tre crostini di beccaccia, qualche fetta di culatello, arselle all'agro e tre o quattro olive all'ascolana. Per primo, poi, la prima cosa che chiede è se c'è la zuppa di fagioli con le cotiche, la sua preferita, ma non c'è da preoccuparsi: Giggetto lo sa che ne è ghiotto e non gliela fa mai mancare. Il Professor Mario allora, contento come una pasqua, mi guarda di sottecchi con uno sguardo come a dirmi: "Artimino, lo sai no che ci vorrebbe?" ed io, se è la stagione giusta, gli porto subito due o tre cipollotti che ho presi freschi freschi dal mio orticello perché possa sgranocchiarseli con la zuppa, che sono la morte sua! In queste occasioni Monti è proprio al settimo cielo; dovresti vedere come s'ingozza di quella zuppa con il cucchiaione nella mano destra e il cipollotto nella sinistra che è un piacere starlo a guardare. Per i secondi non c'è che l'imbarazzo della scelta; quello che si porta in tavola lui lo spolvera! Ah, non c'è da preoccuparsi, il professore è proprio uno di quei clienti che ogni trattore vorrebbe avere. E poi, non è per niente esigente, non fa lo schizzinoso e non vuole ordinare in prima persona perché preferisce godere la sorpresa che gli fa Giggetto quando gli presenta una pietanza che lui non s'aspetta. Ogni cosa viene accolta con entusiasmo e meraviglia; si tratti di maiale arrosto con le patate al forno o in umido con le olive, o di lombatine di vitello tartufate, o scaloppine al madera, o carciofi alla giudìa alla moda antica, o una tegamata di vongole veraci con scampi grigliati, fagioli cannellini all'uccelletto, gobbi rifatti con il sugo di carne, polenta di grano saraceno con tordelli, lepre in agrodolce con olive...insomma, credi a me, quel che c'è c'è, basta portarglielo e lui s'ingegna a pulire in piatto in quattro e quattr'otto. Pensa che specialmente nei giorni in cui doveva tornare presto in ufficio per discutere della manovra economica salva-Italia, gli bastavano dieci minuti per spolverare tutto quel che gli si portava in tavola così prima di uscire gli restava sempre un pò di tempo per chiudere con il vinsanto e i cantuccini di Prato. Negli altri giorni, invece, quando non c'è lo spread da far calare o urgenze troppo gravi da dover risolvere per salvare l'Italia, si trattiene in trattoria qualche minuto di più di modo che, se vede qualche posteggiatore che gira tra i tavoli con la chitarra o l'organino non manca mai di chiedergli di accompagnarlo mentre intona a voce spiegata: "La compagnia dei magnaccioni", la sua canzone preferita. E anche dopo, prima di mettersi il loden ed uscire tutto corrucciato, severo e intirizzìto come il suo solito passa ancora qualche minuto in allegrìa a scherzare con i suoi ministri e noi camerieri. Credimi, Biri, è come un fiume in piena! Ti assicuro che non fa rimpiangere il Berlusca! Sempre trovate spiritose, battute che non si sa da dove le tira fuori! E poi, sai, barzellette a ritrécine! Dopo due o tre gòttini di vinsanto, alé!, si scatena! E giù con quelle sui carabinieri, e poi quelle sui matti, e tutte quelle sui cacciatori, e quelle su Berlusconi (che sono le sue preferite), e quelle sui preti come ad esempio quella della novizia muta e del sacrestano nano che ieri ha fatto sbellicar dalle risate tutti quelli che si trovavano nella trattoria! Che lènza! Lo sai come lo chiamano in privato i suoi ministri? Lo chiamano "Marione la sàgoma": è tutto dire. E se c'è da allungar le mani... beh, .. insomma...  non c'è ragazza che si trovi a passare accanto alla sua sedia che non salti su come un grillo. Un demonietto, credete a me! Ma pur sempre un signore."
Io ero rimasto per tutto il tempo zitto come un perfetto idiota. Non mi ci capacitavo. Ma com'era possibile? L'uomo dalla conversazione più soporifera del Valium, quello dai pistolotti saccenti, quello tutto patria, famiglia e fisco, il prediletto di Napolitano, quello intoccabile dai partiti, inattaccato ed inattaccabile persino dall'onnipotente satira di sinistra poteva trasformarsi tutto d'un tratto in una persona tutta diversa, un estroverso simpaticone amante delle barzellette e della buona tavola? Non ci riuscivo a credere anche se Artimino era famoso per non aver mai detto una bugia in vita sua (tanto che gli amici lo avevano soprannominato "Artimino il verace"). 
Sono tornato a casa che ancora pensavo a quello che mi aveva raccontato il mio amico. Sarà stato vero o no? Non potevo saperlo ma di una cosa ero certo: la gente non si finisce mai di conoscerla.

Monterotikon

venerdì 16 dicembre 2011

Si dice che, con l'insediamento del nuovo Governo Monti, il premier abbia imposto il suo stile, fatto di sobrietà e austerità, anche ai suoi ministri e sottosegretari con aspetti che non hanno risparmiato la loro vita nemmeno nell'intimità. Nella fretta di poter dimostrare agli italiani che gli eccessi pruriginosi e pecorecci dell'ex-premier  e del suo governo erano cosa appartenente ad un passato dove la trasgressione erotica pare non avesse risparmiato nemmeno le più alte cariche del vecchio esecutivo, pare che il Superprof abbia diramato ai suoi ministri su suggerimento dell'Inquilino del Colle (suggerimento, si badi bene, non: intromissione)  una circolare assai precisa sui comportamenti da tenere nei rapporti con le persone dell'altro sesso.
Onde evitare chiacchiericci, gossip giornalistici, talk show ammiccanti e l'intromissione di magistrati d'assalto che potrebbero compromettere l'attività del governo (che, come tutti ormai sanno, è rivolta solamente al bene dell'Italia, perché l'Italia non scivoli nel baratro, per allontanare il rischio di default, ecc. ecc.) è stato fatto espresso divieto ai ministri di intrattenersi per più di 30 secondi con colleghi di sesso femminile e comunque di comunicare con essi (i colleghi e collaboratori femmine) solo per via epistolare o per e-mail. 
Onde facilitare tale comportamento improntato alla sobrietà ed all'austerità, sono state scelti ministri di sesso femminile assai diversi esteticamente da quelli che ricordiamo eletti nell'infausto governo del Cavaliere. La regola montiana prescrive infatti che, in una scala di avvenenza che va da 1 a 10, possano esser candidate a cariche governative solo le donne che abbiano un coefficiente di sex-appeal tra 1 e 4 o, in subordine, che vantino un'età superiore ai 50 anni o, se inferiore, siano portatrici di gravi ed inguaribili handicap fisici tali da risultare invalidanti e deterrenti sul piano erotico.
E comunque i ministri-femmine (e assimilati) non dovranno in alcun modo vestire in modo men che austero evitando quindi scollature, minigonne, tacchi a spillo, gioielli, borsette alla moda, collant, cipria e rossetto e dovranno evitare di rivolgersi o rispondere a qualunque tipo di domanda se non in presenza di altre persone.
Quanto ai ministri (uomini), Monti in persona si è premunito di far loro un corso accelerato di come comportarsi con l'altro sesso, rimarcando puntigliosamente che si dovrà sempre rivolgersi alla donna dandole del "lei", che dovrà evitarsi qualsiasi forma di familiarità o confidenza comprese pacche sulle spalle, sorrisini ammiccanti o comportamenti allusivi come, a titolo di esempio offrire una sigaretta (tentativo di entrare in intimità), chiudere ad intermittenza un occhio fosse pure per un tic nervoso (mezzuccio per indicare la propria disponibilità alla copula) o, al momento di salutare, trattenere nella propria mano quella della collega  per più di 2 secondi (muta proposta lussuriosa).
Le donne, da par loro, non dovranno dar adito al minimo sospetto sulla loro condotta. Dovranno pertanto parlare con colleghi o giornalisti tenendo gli occhi bassi e le mani  dietro la schiena e, nel caso trovandosi da sole dovessero incrociare per le scale o nei corridoi di Montecitorio qualche ministro o deputato, devono evitare nel modo più assoluto di guardarlo diritto negli occhi (indice di sfrontatezza e sfrenatezza sessuale), sorridere (richiesta di entrare in confidenza anomala), lasciar cadere il fazzoletto (stesso motivo) o tirar fuori la lingua roteandola tre o quattro volte tenendo la bocca larga (disponibilità alla troiaggine più sguaiata).
Si dice che il premier sia stato così persuasivo (anche se qualcuno parla di terrorismo psicologico) che i suoi massimi collaboratori (in primis i suoi ministri) abbiano preferito, onde evitare la possibilità sempre presente di rimaner preda di intercettazioni audiovisive e finire su Youtube (Sezione: Governanti Sporcaccioni) in atteggiamenti e condizioni fortemente lesivi del ruolo e del prestigio del Governo del quale fanno parte, di astenersi del tutto da rapporti intimi persino con le loro consorti, sperando che le stesse, consapevoli del pericolo al quale esporrebbero i loro legittimi partners, comprendano ed accettino tale sacrificio. 
Pare che il più convinto a seguire tale comportamento sia proprio, inopinatamente, il Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture, Corrado Passera il quale, secondo quello che la moglie ha confidato alle amiche dal parrucchiere,  da quella sera stessa evita di assolvere anche ai normali doveri coniugali già diradatisi vistosamente nella frequenza e peggiorati nella qualità da quando il marito fu chiamato da Monti a salvare l'Italia. Il che, essendo la Signora non una donna qualunque, ma notoriamente ed effettivamente una signora passera (pardon: una Signora Passera), può far veramente comprendere quanto reali e pervadenti siano i rischi di default, e non solo per la nostra Borsa.




Fiducia muta

mercoledì 14 dicembre 2011

Musi lunghi, stamani, alla buvette di Montecitorio. I deputati, in attesa dell'indigeribile, ma indifferibile votazione della fiducia a sostegno de "L'Austero" (così i politici chiamano fra di loro, ma sottovoce, il SuperProf), cercano di dimenticare, davanti al solito cappuccino, i mille problemi che affliggono la categoria degli onorevoli. Ci sono tutti quanti; tra la piccola folla che si accalca davanti al bancone dove i baristi del Palazzo si affannano a rifornirli di espressi lunghi o macchiati, cornetti e tramezzini, si vedono democratici e piddiellini, gli italiani dei Valori e i futuristi di Fini per non dire degli uniondicentristi, e tutti quanti, quelli che una volta erano maggioranza ed opposizione, adesso non sanno neppure come definirsi, in preda, come sono, ad una feroce crisi d'identità, alla consapevolezza della loro acclarata inutilità e, di conseguenza, ad una drammatico riflessione sul proprio tasso di autostima.
"Pensa un pò in che situazione ci ritroviamo noi" dice (a mezza voce) la Finocchiaro alla Gelmini; "questo in due giorni e senza sentire nessuno t'abolisce le pensioni di anzianità, aumenta l'età pensionabile e annuncia che presto rivedrà le norme sul lavoro per poter licenziare meglio e senza obiezioni. Nel frattempo che ti fa? T'aumenta la benzina! Ma ti rendi conto? Ti va a colpire proprio quei disgraziati che fanno per noi; li impoverisce, li tartassa e non vuole obiezioni. E pensa che noi dobbiamo votare questa manovra! E' la fine del mondo" conclude amaramente l'esponente piddiìna. E giù, un altro caffè.
Chiama e rispondi: "A chi lo dici" fa la Gelmini imburrandosi un toast; "Ma non lo vedi a noi cosa ci ha fatto? Senza nemmeno scomodarsi a chiederci che ne pensavamo, tié! Ripristino dell'ICI sulla prima casa, aumento delle tasse sugli immobili, sui bolli bancari, blocco delle pensioni medio-alte... e dulcis in fundo, raccatta questo: aumento della benzina! E noi che volevamo diminuire le tasse! Che avevamo tolto l'ICI sulla prima casa! Che siamo votati dal ceto medio! E' proprio la fine del mondo" concorda abbacchiata la fu-ministra di una scuola mai riformata.
"E pensa che comunque voi siete messi meglio di noi" (la Gelmini ormai continua, scatenata); "Voi, si sa, avete sempre avuto una base che è di bocca buona. Voglio dire che se le cose gliele presentate in un certo modo, digerisce tutto, come ha sempre fatto. Ha digerito il Comitato Centrale del PCUS quando vennero fuori tutti i crimini di Stalin, ha digerito il revisionismo sulla Resistenza, ha digerito la caduta del Muro e ora sta digerendo gli scandali di Penati e compagnia. Vi basta dire ai lavoratori e ai pensionati che, male come vada, è sempre meglio di quando c'era il Cavaliere e che se non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese possono consolarsi sapendo che ora al Governo c'è uno che il bunga bunga non lo fa nemmeno con la propria moglie, e se lo fa, lo fa senza nemmeno togliersi non dico i calzini, ma nemmeno il loden. Potete sempre ai vostri elettori che votate a favore dell'Austero perché ha messo le tasse sull'ormeggio degli yacht e delle macchine superveloci ma noi che gli diciamo ai nostri? Quelli non si accontentano degli slogan; quelli la prossima volta votano per la Lega e ci vanno nel..." Mariastella si arresta di colpo, si tura la bocca con una mano, poi riprende: "e ci abbandonano per sempre" conclude poi, quasi in lagrime.
Gli altri, cercano di non dare nell'occhio per non farsi notare e, se qualcuno li interpella, parlano del tempo e delle stagioni che non ci sono più. La Bindi, dov'è? Ah, eccola laggiù che fa finta di parlare al cellulare per non essere avvicinata da nessuno mentre si avvia verso gli scranni dell'Aula come se andasse al patibolo. Alfano poi, dopo aver pensato seriamente di darsi malato, ora si affanna a dire a destra e a manca, suscitando sorrisini di compatimento, che la manovra fa schifo ma la voterà per senso di responsabilità. Manca poco all'ora fatidica, quella che consegnerà alla storia la cronaca di un voto di fiducia quasi unanime dato ad un Governo che tutti, fuori dai denti, considerano incapace, velleitario e pericoloso.
Suona la campanella. Una, due, tre volte. Nessuno nella sala della buvette ha voglia di essere il primo ad alzarsi per andare a votare. Ma ecco un rumore improvviso, alto, intermittente, forte come una sirena di una ambulanza aliena, risuona nella sala catturando l'attenzione preoccupata di tutti i deputati. E' la suoneria di un cellulare che emette un suono straziante, grottesco, lugubre: "Gruuuuùk! Gruuuùk!". Casini (è lui il destinatario di quella chiamata) si alza si soprassalto, legge il messaggio che gli è arrivato. Poi rivolge lo sguardo sulla piccola folla di deputati di ogni parte politica che, richiamati da quel suono, lo circondano silenziosi, in attesa di notizie.
La Bindi, Alfano, Buttiglione, D'Alema, Capezzone, Bersani.. sono tutti lì, intorno a lui, e lo guardano muti come a chiedere: "Allora? Chi era? Che voleva?". Il leader dell'UDC alza gli occhi al soffitto, poi muove appena il dito pollice della mano destra, due o tre volte, indicando verso l'alto. Tutti ora hanno capito di cosa si tratta: è un Alto Mònito, un Perentorio Invìto a por fine alle ciance ed a far presto e, a capo basso, e si avviano come andassero al macello verso l'Aula dove si dovrà dare la fiducia al governo del Superprof e alla sua manovra che qualcuno ha già ribattezzato il "decreto Affossa-Italia". Ma c'è uno che non ha capito:  è Fassino, in preda alla sua solita crisi glicemica dovuta a ipotensione estesa ed invasiva di origine anoressica. Guarda ancora Casini e, sempre senza parlare unisce le punte delle dita della mano destra che poi agita due o tre volte sotto il proprio mento a chiedere: "Embè? Chi era? Chi è che ci chiede di andare a votare?". L'altro, anche lui senza proferir parola (ci fossero in giro microfoni nascosti!) gli risponde con due gesti eloquenti. Prima dispone la palma della mano destra sul petto e dà due o tre colpetti con il dorso della mano verso l'esterno come a dire: "A Fassì, nun te sta a preoccupà. Vai, vai e fai presto.." poi alza le due mani verso l'alto e, giunto all'altezza delle spalle con le dita aperte fa il gesto di uno che avviti contemporaneamente due lampadine, una con una mano, e una con l'altra, mentre piega il ginocchio della gamba destra che alza a metà ad imitare (ma tristemente, senza allegria), la maschera di Pulcinella (come almeno lo si raffigura nell'iconografia partenopea).
"Ho capito, ho capito..." dice annuendo con la testa il sindaco di Torino che, sarà sì duro, ma fin qui ci arriva anche lui, e affrettandosi sulle magre gambe segaligne, si avvia anch'egli a capo chino, dietro tutti gli altri, a votare la fiducia a uno che considera, come tutti gli altri, un incapace, uno di cui non ci si può (ma ci si deve) fidare.

Il salvatore della Patria

martedì 6 dicembre 2011

"Allora che ne pensi del Professor Monti? Credi che riuscirà a salvare l'Italia dal baratro?" era ansioso come non mai, Dario, di conoscere il mio pensiero riguardo il decreto "salva-Italia" (così era stato chiamato) del celebre economista chiamato al governo del nostro bel Paese.
La mia risposta è stata di quanto di più collaborativo e responsabile ci si potesse attendere; anche da parte di un vecchio ex-comunista come il mio amico. (Ho notato che comunisti-comunisti non ce ne sono più. Io credo che li abbia fatti abiurare Berlusconi con la sua nota antipatia per tutto quello che sapeva di rosso. Non si spiega altrimenti come vecchi arnesi del bolscevismo più crudo adesso si dichiarino semplicemente "di sinistra" o "vecchi socialisti" e saltino su tutti arrabbiati se li si definisce solamente "ex-comunisti". La parola "comunista" nuda e cruda è diventata offensiva, un aggettivo infamante di cui vergognarsi. Toh! Così all'improvviso. Tutto insieme. Misteri della vita).
"Amico Dario" gli ho fatto offrendogli una castagna (poco prima mi ero fermato a comprare dieci caldarroste da un venditore ambulante che le arrostiva su un padellone forato posto sopra un largo braciere sfavillante. "Cinque euro" aveva fatto l'uomo porgendomi il cartoccio. Quando mi sono provato a protestare quello mi ha zittito subito: "Lo sa no che c'è la crisi?" mi ha fatto tutto compunto), "Amico Dario, che devo dirti? Questa volta sono perfettamente d'accordo con il premier dato che penso, come lui, che le sue misure sono le uniche che ci possono far uscire dalla crisi e andare a testa alta dalla Merkel dicendole che la Germania non deve temere niente dato che in quattro e quattr'otto risaneremo il bilancio, abbasseremo i tassi del debito pubblico, recupereremo il rispetto internazionale per il nostro Paese e, dulcis in fundo, salveremo l'Europa. Nessuno potrà permettersi di dire che noi italiani siamo egoisti; se ne accorgeranno con quale aplomb digeriremo il blocco delle pensioni "alte" (quelle oltre i 1000 euro al mese), l'aumento della benzina, dell'IVA, dell'IRPEF regionale, la stangata sulle case di proprietà e sui conti bancari; glielo faremo vedere con che dignità ce ne andremo in pensione a 66 anni senza fare una piega; li faremo stupire nel constatare con quale determinazione accetteremo di prendere pensioni più magre (e più lontane nel tempo) senza lamentarci!
Del resto se persino il Cavaliere (anche se disarcionato) e Gargamella (anche se contestato) dicono che non si può fare a meno di questi sacrifici, non vedo chi può permettersi di non essere d'accordo con questi esimi luminari della politica. Anzi, devo dire che la parola "sacrifici", è abbastanza fuorviante per definire queste misure così indipensabili e sacrosante: non sacrifici ma "benedizioni" sono e devono essere considerate! Quale sacrificio potrà mai essere per un vero patriota quello di essere chiamato a salvare la sua Patria! (e, come auspica Napolitano, oggi dobbiamo essere tutti piccoli fratelli Bandiera, tutti stretti intorno alla nostra grande Nazione in quest'anno in cui si celebra il Centocinquantesimo Anniversario dell'Unità d'Italia (che Dio ce la conservi!).
Semmai, c'è una piccola cosa (ma piccola piccola, insignificante, una quisquilia..) che gradirei sapere.
Vorrei sapere com'è che ci si sta per aprire questo abisso sotto i piedi proprio adesso, dopo che tre o quattro mesi fa tutti dicevano che le cose andavano a gonfie vele. Qualcuno ha sbagliato i calcoli? Qualcuno ha sottovalutato qualche segnale? E poi, sempre umilmente, sempre con la massima deferenza, vorrei sapere com'è che una decina di anni fa si fecero carte false (letteralmente) per entrare in Europa, si misero tasse, si consumarono espropri notturni ai danni dei cittadini (che comunque non furono mai interpellati per sapere cosa ne pensassero) per far parte della Grande Comunità dicendo che solo in questo modo il futuro sarebbe stato un futuro di sviluppo e di benessere e poi (ora) si dà la colpa di tutto quello che accade a quella stessa Europa per entrare a far parte della quale ci siamo impoveriti drammaticamente (per dire: tutti i redditi, le pensioni e i patrimoni in lire svalutati del 50 per cento).
Ora qualcuno si accorge che in nessuno degli ultimi 11 anni (dal Duemila, anno dell'ingresso nell'area euro) c'è stata crescita, che la Banca Europea non garantisce il debito pubblico italiano e che i due capataz dell'Unione cercano in tutti i modi di accollare a noi i loro problemi.
Ora, sia chiaro; lo so bene che indietro non si torna. Ma qualcuno che viene in televisione a chiedermi scusa per aver sbagliato così tanto le sue previsioni, lo vorrei vedere.
Li vorrei vedere Prodi, Amato e i loro consulenti economici venire a dirci, il cappello in mano (se non portano il cappello glielo presterei io): "Siamo dei fessi, scusateci. Non ci abbiamo capito niente, siamo stati consigliati male, abbiamo preso un abbaglio. Vi abbiamo stangato per poter entrare in Europa e, ora che ci accorgiamo che l'Europa fa schifo e l'euro è una fetecchia, altri vi stangano ancora di più pur di restarci!". 
Se questo avvenisse giuro che resisterei alla tentazione di scaraventare uno scràcchio(1) grosso, grasso, denso e cremoso nell'occhio destro del Mortadella. Mi conosco: cercherei di resistere e ci riuscirei. E poi come si fa a non cercar di salvare il culo alla Merkel, poveretta, che rischia, cadendo l'euro, di dover rinunciare ai dodici wurstel dodici che ogni mattino ingurgita nel suo capacissimo ventre germanico.
Noi italiani siamo buoni: ci commuoviamo per i cani abbandonati, accogliamo i profughi di mezzo (terzo) mondo, mandiamo i nostri soldati in terre lontane pronti a farsi saltare in aria pur di salvare qualche indigeno sconosciuto... come potremmo non rispondere al grido di dolore dell'Europa? Della nostra cara, amata, vecchia, stronza Europa" conclusi melodrammaticamente.
Dario era giunto alla fine del mio sproloquio affranto nel fisico e nel morale. Il mio vecchio amico non aveva capito dove diavolo fossi andato a parare (e sì che mi conosce) e come se non avesse udito la mia accorata entusiastica professione di solidarietà alla manovra montiana, dopo un minuto buono di silenzio, commentò (è un pensionato anche lui):
"Sì, sì, va bene. Ma a questo Monti lo so io che manovra gli farei" e, uniti i pugni davanti a sé fece il gesto di strizzare un asciugamano bagnato...
Caro, vecchio Dario, amico mio. Come avevo potuto pensare che non mi avesse capito.


(1) Scràcchio: grosso sputo che si ottiene raschiando più e più volte la gola a ricavarne un bòlo nauseabondo, untuoso, grasso e pieno di effluvi endocatarrali.

Lo scenario peggiore

lunedì 5 dicembre 2011

Allora, dopo settimane di silenzi, reticenze e smentite ecco che finalmente i professoroni che sono stati chiamati (non dal popolo: da Napolitano) a governare il nostro Paese hanno deciso di palesare al mondo intero le misure necessarie affinché l'Italia "non sprofondi nel baratro" (testuale: Monti dixit). 
Ora, scusatemi tanto, ma io non ho capito bene di quale baratro si tratti. Quale è l'Apocalisse che ci minaccia? Cosa ci aspetta di così tremendo? L'Italia sprofonderà nel Mediterraneo? Le città crolleranno? Saremo invasi da orde di locuste giganti? Non ci è dato saperlo anche se sappiamo che si tratterebbe di un evento incredibilmente disastroso, una rovina inaudita che, oltre al nostro Paese, "distruggerebbe l'Unione Europea e segnerebbe la fine dell'euro".
A parte il fatto che dei destini di quella fetecchia che si è dimostrata l'Unione Europea e di quel popò di troiaio costosissimo e pieno di problemi che è l'euro, non me ne potrebbe importare di meno, devo ammettere che sono terrorizzato dai disastri immani che (dicono) si scatenerebbero sull'Italia se non approvassimo (magari ringraziandoli) le misure previste dagli illuminati cattedratici. Provo ad immaginarmi gli scenari peggiori. 
Penso ad un futuro con una nazione dove i soldi a disposizione dei cittadini sono sempre di meno, dove le botteghe chiudono, le aziende licenziano, le fabbriche delocalizzano; penso ad una nazione invasa da delinquenti provenienti dal Terzo, Quarto e Quinto Mondo, con una polizia corrotta o inefficiente, una magistratura politicizzata e leggi che nessuno sa far rispettare; mi immagino una nazione dove una Casta dominante pensa solo a corrompere e a farsi corrompere pur di mantenere i propri privilegi, una nazione dove i pensionati sono costretti a fare la fame, dove ogni sfera privata viene impunemente violata, dove la lottizzazione selvaggia è pratica comune, dove la sanità non funziona, la scuola non funziona, la sicurezza non funziona; penso ad una nazione dove la famiglia è ostacolata, la religione dei padri derisa; penso ad una nazione dove la sovranità è delegata altrove, dove nessuno è padrone in casa sua, dove la disonestà è pratica comune e l'onestà è derisa e punita; ad una nazione popolata da cittadini onesti poveri e bistrattati e da prepotenti che fanno il loro comodo nell'acquiescenza delle istituzioni....
Penso a questi scenari e rabbrividisco: non voglio un'Italia così! Allora le misure di Monti sono veramente necessarie, allora è giusto mettere mano al portafoglio..... 
Poi mi arresto. Un idea fulminante; una visione. Diavolo!
Ma quello scenario disastroso che potrebbe capitarci se le cose andassero male è già la realtà in questo Paese! Cosa mai di peggio potrebbe ancora capitarci si ci opponiamo al blocco dell'adeguamento del costo della vita sulle pensioni? Quale peggior catastrofe si abbatterebbe su di noi se le rendite catastali non aumentassero o se un lavoratore potesse andare in pensione dopo "soli" 40 anni? Basta, ho deciso: correrò il rischio platonico di proclamarmi decisamente contrario alla manovra. Dopo tutto l'Italia peggio di così non potrà mai essere e quanto al futuro dell'Europa, come disse Rett Butler: "francamente, me ne infischio".

Sciàlla!

mercoledì 30 novembre 2011

Bersani (Gargamella per gli amici) era preoccupato; "E ora chi ci va dalla Camussa a dirgli che il Governissimo ha deciso di far cassa risparmiando sulle pensioni? SuperMario vuole alzare l'età minima per poter andare in pensione, togliere quelle di anzianità ed eliminare l'adeguamento all'inflazione per le pensioni in essere. Chi la sente quella? Come minimo indìce uno scioperone come non si è mai visto e io, che ho appoggiato Monti senza se e senza ma, ci faccio la solita figura di m...da. No no; bisogna trovare una soluzione".
Così il Segretario andò a consultarsi con Maria Rosaria.
"Sangue freddo, Garga, e niente isterismi" fu la prima cosa che gli disse Rosy quando fu messa al corrente delle sue preoccupazioni; "con la Scioperaia ci parlo io. Tu stai sciallo" gli disse per rassicurarlo usando un termine di moda che, gli avevano assicurato gli esperti massmediatici del Partitone, giovava all'immagine (e Dio sa, se Maria Rosaria ne aveva bisogno!) di una Presidentessa attenta alle istanze e ai problemi dei giovani.
Bersani respirò: finalmente questa volta sarebbe toccato a qualcun altro togliere queste castagne dal fuoco! Inspirò profondamente e uscì a passo lesto dalla stanza dirigendosi di gran carriera verso il Circolo ARCI di Pietralata dove, al termine della solita abbuffata a base di spaghetti all'amatriciana e  di carciofi alla giudìa, doveva presenziare, in qualità di ospite, al dibattito sul tema di grande attualità democratica: "Se Berlusconi è il padre di questa crisi, chi è la madre?".
Quando Maria Rosaria si trovò davanti alla Camussa e le spiegò perché sarebbe stato poco opportuno indire uno sciopero contro Professormonti sul tema delle pensioni, tutto si sarebbe aspettata meno che quella scoppiasse a ridere senza ritegno con quella gran vociona proletaria che rimbombava sulle pareti della stanza con il frastuono di dieci presse della catena di montaggio della Panda.
Dovettero passare tre minuti buoni prima che la capa dei soviet ciggiellìni, una volta ricompostasi, potesse dare alla Bindi le necessarie spiegazioni del suo comportamento così inaspettato e bizzarro.
"Tranquillo, soldato Bindi" le fece con quel tono spedito e cameratesco che la contraddistingueva fra i mosci appartenenti alla confraternita dei dirigenti sindacali, "la guerra già l'abbiamo vinta: non perderemo un'altra battaglia".
Poi fece accomodare Maria Rosaria su una larga poltrona e, ritta davanti alla Presidentessa, non perse un secondo in più per palesare il suo pensiero.
"Compagna mia" le disse suscitando nella Bindi qualche apprensione, "Posso comprendere le tue preoccupazioni. Certamente non possiamo tacere sull'attacco che Professormonti e company si apprestano a portare alle pensioni e del resto tu sai benissimo che i pensionati costituiscono il 95 per cento degli iscritti alla ciggielle ed il 100 per cento tra coloro che partecipano a quegli scioperi che spesso, a malincuore (e qui fece un sorrisetto che la diceva lunga...), sono costretta a indire. Ovvio pensare che se tutti i pensionati ritirassero la loro iscrizione al nostro sindacato, probabilmente resteremmo con la tessera solo in due: io e... (guardò la Bindi come per avere da lei un cenno di conferma ma vedendola scuotere energicamente la testa, cambiò bersaglio e proseguì, come se niente fosse) ... e il Garga.
Prese fiato, tracannò un bicchiere di barbera che si trovava come per caso sul tavolo, e proseguì: 
"Ma, pur appoggiando Monti ed il suo governo, non possiamo nemmeno permetterci di fare finta di niente o peggio di ignorare queste misure che ricadranno comunque sulla pelle dei pensionati presenti e futuri. Per questo ho deciso la linea che intendo seguire. Darò a tutti i dirigenti sindacali una direttiva che in sintesi è questa: si dirà che, pur se Berlusconi aveva già deciso di intervenire pesantemente sulle pensioni, il Governo, accogliendo la richiesta della ciggièlle ha convenuto di lasciare le pensioni come stanno. 
L'unica, piccola modifica che verrà fatta all'attuale sistema servirà per realizzare quella parità tra uomini e donne (per la quale ci siamo sempre battuti), che la cricca del governo precedente si era sempre rifiutata di fare."
Maria Rosaria non capiva. Ma la Camussa non sapeva che si profilava l'aumento dell'età pensionabile, il diritto alla pensione di anzianità portato da 68 a 73 anni, il calcolo della pensione effettuato col metodo contributivo per tutti, il blocco dell'adeguamento al costo della vita per le pensioni in essere? Non diceva niente insomma sul fatto inconfutabile che si sarebbe dovuto lavorare più anni per andare in pensione più vecchi e con meno soldi?
"Sciàlla, soldato" le disse la Camussa non appena fu messa al corrente dei suoi dubbi. (A proposito, anche la Camussa, come del resto quasi tutti i dirigenti del piddì, usava il gergo giovanilista così di moda in questi giorni. Era trendy, era cool e come ho detto era usatissimo da quasi tutti i dirigenti e affiliati al Partitone. Non ho detto: tutti; ho detto: quasi tutti. Tutti quelli di settant'anni e passa).
"La verità non è quella che è nella realtà dei fatti; la verità è quella che si dice e se noi diciamo che le pensioni non vengono toccate, questa è la verità. Del resto, amica mia, a chi ci rivolgiamo noi? A due tipi di persone: a persone che sono già disposte ad accettare la nostra versione dei fatti anche se sembra cozzare con la realtà delle cose e a persone che non sono interessate al problema. Ai milioni di pensionati iscritti al nostro sindacato cosa vuoi che importi se i lavoratori di oggi andranno in pensione più tardi e con meno soldi? Loro in pensione ci sono già e sono tutti protesi a restarci il più a lungo possibile. Quello che vogliono è continuare a partecipare ai nostri scioperi, alle nostre bellissime gite, ai nostri comizi. Col loro bel fazzolettone rosso intorno al collo quando applaudono quello che parla al microfono si sentono giovani e quando vengono inquadrati fugacemente dalle camere di RAI3 si sentono importanti. A loro basta così poco; perché mai dovrei rendere la loro vita più amara di quanto è già?"
Maria Rosaria taceva. Pensava. Ma perché mai era venuta a parlare con la Camussa proprio lei? Da ora in poi ci avrebbe mandato Bersani, almeno fino a che quello restava Segretario.
"Anzi" proseguì la Camussa che per qualche secondo era rimasta preda dei suoi pensieri, "Sai che ti dico? Domani indico un bello sciopero per il prossimo venerdì. Uno Sciopero Generale. Vedrai, sarà un successo mai visto".
Rosy non capiva:
"Uno sciopero? Ma contro chi? Per che cosa? Il Berlusca non c'è più e Professormonti ha l'immunità globale. Per cosa allora uno sciopero?".
La Camussa guardò Maria Grazia sorridendo.
"Sciopero Generale contro i Cambiamenti Climatici ed il Riscaldamento Globale!. E voglio proprio vedere chi non partecipa." annunciò con la sua voce stentorea.
Maria Grazia pensava e lì per lì restò senza rispondere.
La scosse la Camussa con quel vocione che sembrava Mangiafoco:
"Su con la vita, soldato! Ci vediamo al corteo! E sciàlla!".

Qualche cosa di buono

giovedì 17 novembre 2011

Il giorno del varo del Governo Monti, Berlusconi era inc..ato nero. "Ma come si fa a dare in mano le sorti dell'Italia a un drappello di antipatici precisini, a dei banchieri, professori, consulenti finanziari e altri illustri sconosciuti senza nessuna esperienza internazionale? In che mani siamo! E Napolitano che pur di sbarazzarsi del sottoscritto ha dato carta bianca a quel... quel...  Economista! Come se bastasse sapere di economia per salvare l'Italia!".
Il Cavaliere non solo non era voluto andare all'incontro in cui il nuovo premier aveva presentato la lista dei suoi ministri, anzi, aveva ostentatamente lasciato spento il televisore per non rischiar di prendersi un'altra arrabbiatura a veder il trionfo del suo successore e a sentir la litania di lodi e apprezzamenti che avrebbero accompagnato la lettura di ogni nome della sua lista.
La sera stessa però, convocò nel suo ufficio personale il fido Fede per saperne di più sulla composizione del nuovo Governo o de "L'illegittimo direttorio", come lo chiamava lui.
Fede cominciò a leggergli la lista dei ministri fermandosi dopo ogni nome per dar tempo all'ex-premier di fare i propri commenti.
"Alla Giustizia c'è una certa Paola Severino" cominciò Fede.
"Bella roba!" commentò il Cav; "Una magistrata comunista! E per di più ricca sfondata! Roba da chiodi!";
"Agli Interni c'è una Prefetto. Anna Maria Cancellieri".
"Fai vedere" disse Berlusconi strappando dalle mani del fido anchor-man la foto che ritraeva la nuova ministra;
"E questa sarebbe una donna! Ma guardala un pò. E' anche grassa, cosa vuoi che faccia. Non se la filerà nessuno. Se penso che hanno mandato a casa la Carfagna!"
"Elsa Fornero al Welfare", proseguì Fede;
"La conosco. Niente di buono neanche lì. Una banchiera, una secchiona. Sconosciuta ai più."
E mentre Fede continuava con la lettura della squadra di Governo, ad ogni nome si sentiva il Berlusca commentare:
"Ma questo chi è! Questo ce lo ha messo Prodi! Questo è antipatico anche quando dorme! Questo è amico di Vendola!" fino a quando Fede gli lesse l'ultimo nome: 
"E poi c'è Corrado Passera allo Sviluppo" fece come en passant, e si mise ad aspettare la reazione del Capo.
Berlusconi lì per lì non rispose. Con il capo abbassato sulla sedia e la mano sulla fronte si vedeva che pensava profondamente.
"Passera, Passera... questo nome non mi è nuovo" faceva grattandosi la testa. Poi, improvvisamente, un largo sorriso gli affiorò sulle labbra, gli occhi, da spenti che erano, tornarono a scintillare come ai suoi giorni migliori, ed il Berlusca scattò in piedi con una agilità insospettabile in un uomo che molti, ormai, davano sul viale del tramonto.
"Quanti ricordi Emilio! Quanti bei ricordi!" fece tutto contento.
Fede si mise in attesa di saperne di più, stupito e felice nel vedere che il suo idolo si era rasserenato.
"Devi sapere, caro Emilio" cominciò il Cavaliere "che quando decisi di scendere in campo mi accorsi con sgomento che di politica non ne sapevo niente. D'accordo che ero un imprenditore di successo, sapevo parlare due o tre lingue, avevo una discreta cultura e una dialettica accattivante, ma di cose adatte per stare al Governo ero assolutamente ignaro. Con la volontà ferrea che mi ha sempre contraddistinto volli pertanto studiare da premier anzi, da statista. Lessi e studiai le biografie dei Padri della Patria, mi iscrissi a superai a pieni voti decine di corsi di aggiornamento sulle Partecipazioni Statali, sui Cambi Internazionali, sulle regole europee di intermediazione. E più di ogni altra cosa, partecipai a corsi su corsi di economia politica, di politica economica, di tecnica bancaria cercando di divenire esperto di fluttuazioni di cambi, esperto nel prevedere le tendenze monetarie e i flussi monetari; tutto questo per diventare un vero leader. E tra gli autori i cui testi più mi aiutarono a divenire quello che sono, devo dire che quelli di Corrado Passera furono i miei preferiti e fra i miei punti di riferimento i più indispensabili.
Lessi e studiai ogni pubblicazione del celebre banchiere cercando di impadronirmi di tutte le tecniche che avevano portato quell'oscuro travet nell'Olimpo degli economisti europei.
I suoi libri erano sempre con me, come compagni fedeli ai quali ricorrere quando ci fosse stato bisogno di prendere qualche importante decisione. Non a Abramo Smith, nemmeno a Weber o a Einaudi; solo il grande economista della Bocconi divenne il mio faro, il mio punto di riferimento, il mio Mentore; quasi una ossessione al punto che dimenticavo perfino di mangiare pur di nutrirmi alle sue teorie. Qualcuno diceva che mi nutrivo di pane e Passera (Corrado). Le sue disquisizioni economiche quasi mi inebriavano. "Ti sei fissato di Passera" diceva mia moglie, preoccupata per questa passione che lei non riusciva a capire. Anche i miei amici se ne accorsero poiché quando uscivamo insieme, non potevo fare a meno di parlare dei lavori di Corrado. "Non fai che parlare di Passera" mi dicevano preoccupati, "Non pensi ad altro".
Ad un certo punto il mio entusiasmo verso questo grande luminare mi portò a dire, senza paura di esagerare, che campavo solo per lui, per i suoi scritti. Vivevo solo di Passera insomma." concluse Berlusconi con una luce malinconica negli occhi.
"Non ne ho mai dubitato, mio Presidente" disse Fede prima di accomiatarsi: lui, il Berlusca, lo conosceva da tempo immemorabile. "Cosa devo dire ai giornalisti che vogliono una sua opinione sulla composizione del nuovo Governo?" domandò poi prima di uscire dalla stanza.
"Di loro che non lo condividiamo ma... non è tutto da buttare. Qualcosa di buono nel Governo Monti c'è. O almeno ci sarebbe." rispose il Cavaliere con un sospiro. Poi si riaccomodò sulla sua poltrona preferita, immerso nei ricordi.



La crisi dei satiri

mercoledì 16 novembre 2011

Bersani era preoccupato. Il Segretario democratico non era abituato a vedersi circondato in casa sua da un numero così imponente di persone; era tutta gente dello Spettacolo quella che occupava l'anticamera della Segreteria piddiina, una piccola folla ma determinatissima a far valere le proprie ragioni e ad ottenere qualche certezza in un periodo dove si addensavano ombre minacciose.
"C'è crisi... Lo sapete che c'è crisi...; Ragionate...; Abbiate pazienza...; cercheremo di venirvi incontro... Non lasciatevi prendere dal panico" diceva Gargamella (per gli amici) a chiunque riusciva ad avvicinarlo ma pochi erano disposti a rassegnarsi o ad ascoltare le parole di generica solidarietà offerte dal preoccupatissimo Segretario.
D'accordo che la crisi c'era, e si faceva sentire per tutti, ma per i lavoratori, anzi: "gli Artisti" dello Spettacolo rischiava di trasformarsi in una vera e propria catastrofe.
"Bisognava pensarci prima!" bofonchiava a mezza voce, ma in modo che tutti la sentissero, Maria Rosaria da Sinalunga; "Abbiamo fatto di tutto per farlo fuori e ora che ci siamo riusciti ci si ritrova a questo? E mi si viene a dire, ora, che nessuno aveva pensato alle conseguenze. Il fatto è che in questo partito non ce n'è uno solo che abbia la stoffa del leader. Non ce n'è uno che ci abbia le palle!" sibilò quando si trovò a passare accanto a Bersani il quale, cercando di farsi piccino piccino, si ingegnava per trovare un modo per trarsi di impaccio.
Alla fine riuscì a sfuggire alla folla di dimostranti tramite un opportuno passaggio segreto che era stato approntato al tempo in cui il Cav aveva vinto le elezioni nell'eventualità che ci fosse bisogno di doversela svignare alla chetichella. Il passaggio portava direttamente in una stanzina laterale con le pareti imbottite dove le urla, le minacce e gli improperi dei facinorosi non potevano arrivare.
Gargamella, ormai abbastanza sicuro di non poter più essere disturbato dai manifestanti fece chiamare anche D'Alema, Franceschini e Fassino in modo da poter mettere insieme un piccolo consiglio (ovviamente democratico) per trovare una soluzione alla situazione incresciosa che si era venuta a creare.
"Ma insomma chi sono? Cosa vogliono?", tutti chiedevano delucidazioni al Segretario.
"Chi sono? Ma li avete visti. Comici tipo Zelig, vignettisti,  conduttori di talk show, giullari televisivi, buffoncelli vari. Insomma, sono i satiri. I satiri antiberlusconiani. Non venitemi a dire che non li conoscete" rispose piccato Garga, poi aggiunse: "Ora sta' a vedere che questi si chiamano fuori! Va a finire che me li sono inventati io! Maledetti!" ringhiava in cuor suo Bersani. 
Però una spiegazione urgeva; era impellente. Il Segretario in due parole mise gli altri al corrente della situazione.
"Il problema è serio, spero l'avrete capito. Con la caduta del Cavaliere tutta questa truppa di comici, battutisti, doppiosensisti, monologhisti e simili, i Cornacchioni, i Vauri, i due Guzzanti, Crozza, Benigni, la Dandini e tutti quelli che hanno vissuto e prosperato finora prendendo per i fondelli il Berlusca, adesso che la vittima designata non c'è più, rischiano di trovarsi disoccupati da un giorno all'altro. Pensate a Santoro. Dopo anni di denunce di complotti di ogni tipo, alla fine riesce ad uscire dalla RAI e a metter su un programma personale e adesso rischia di non avere argomenti da trattare. Nessun deputato da mettere in difficoltà, nessuno da diffamare, nessuna intercettazione da far leggere in diretta.... Mettetevi nei suoi panni. Tra un pò  sarà costretto a fare un programma "normale" e imparziale e non se lo filerà più nessuno."
"Ma tutta questa gente non rischia niente" disse Franceschini che, giovane e inesperto, non aveva capito come girano le cose, in Italia; "Vuol dire che da oggi metteranno nel mirino della loro satira Monti, e oltre a lui frugheranno nella sua famiglia, fra le sue amicizie, le sue frequentazioni, il suo passato. Si concentreranno sui Ministri del suo Governo per trovare spunti alle loro facezie a luci rosse, alle diffamazioni varie, ai doppi sensi, agli anagrammi, alle poesiole divertenti.. Insomma, pensa solo ai nomi: c'è Profumo, c'è Passera... hai voglia a trovar spunti per prendere in giro anche questi! hai voglia a far satira!". 
Gli altri lo guardarono con commiserazione scuotendo la testa; era giovane Franceschini e non aveva capito niente.
"Amico mio" gli fece D'Alema, "non so se lo hai capito ma le cose sono cambiate. Al Governo non c'è più nessuno da poter prendere in giro e se contro i potenti non si può satireggiare la satira muore. Che satira sarebbe quella che mette alla berlina non chi comanda, ma chi è all'opposizione? Insomma l'aria è cambiata. Irreversibilmente. E se i nostri amici "artisti" non se ne sono accorti, peggio per loro; non prevedo giorni facili per quelli che pensano di proseguire come prima. Adesso Monti e tutti quelli del Governo, si chiamassero pure Grullone, Porcellino, Gnocchetta o Discarica, sono intoccabili, inavvicinabili, intangibili. Escludiamo pure il Papa e Napolitano (specie quest'ultimo) e, di quelli che contano non si può più satireggiare nessuno. Ovvio che chi campava sul mettere alla berlina il Cav, ha ragione ad esser preoccupato."
Era il momento delle decisioni coraggiose; era il momento di prendere il toro per le corna. Maria Rosaria convocò tutti i manifestanti nella sala delle riunioni (democratica):
"Signori" disse con il tono delle grandi occasioni guardando negli occhi tutti i giullari della satira schierati davanti a lei (buffoni, imitatori, monologhisti, registi burloni, conduttori, vignettisti, attorini, cabarettisti, santorini, littizzetine, guzzantisti, benignetti, cornacchioni, vernacolieri e chi più ne ha più ne metta) ora che il Cav è stato defenestrato e non conta più una pippa non vi rimane che una cosa da fare."
Nella grande sala si fece un silenzio assordante; non si sentiva volare una mosca. Tutti quegli artisti erano in attesa di sapere quale sarebbe stato il loro futuro. Potevano forse rivolgere i loro strali satirici contro Monti? O su Passera? Potevano mettere alla berlina Fini forse? O fare battute al vetriolo su Napolitano?
La Bindi finalmente parlò:
"Sentite amici. L'unica cosa che potete fare, se non volete dover smettere di far satira, è quella di far finta che non sia successo niente! Cioè, anche se il Berlusca non c'è più ed il suo partito non è più al Governo: sotto! Fate finta che ci sia ancora, che comandi ancora, che opprima il popolo, le classi lavoratrici e gli estracomunitari più di prima! Mettete in ridicolo l'esenzione dell'ICI sulla prima casa e l'espulsione dei clandestini; preparate barzellette sulla Gelmini, sulla Santanché e su tutti i difetti fisici che notoriamente affliggono chi è nel PDL! Se il Cavaliere non c'è più, fregatevene!"
Un applauso scrosciante salutò queste parole. I timori di disoccupazione precoce per quei valenti satiri erano fugati; la Satira Antiberlusconiana Perpetua era ancora viva e lottava con noi.

Sic transit gloria mundi

sabato 12 novembre 2011

Non appena ebbe varcata la soglia di quella villa così lussuosa, il Dottor Anselmi non tardò ad accorgersi che qualcosa non andava. La casa, come sempre, risplendeva di stucchi, marmi e lampadari di Murano; i fiori dell'enorme giardino all'italiana facevano ancora sfoggio di tutti i loro colori ed i loro profumi e, al di là del grande atrio, la piscina a tre vasche luccicava, azzurra, invitante come tante altre volte a piacevolissime e refrigeranti trasgressioni... solo che questa volta c'era per l'aria un'atmosfera strana, triste, come quella che si presagisce in una casa dove, sconosciuto ma drammaticamente presente, giace dietro una porta nascosta, circondato da quattro ceri e poche facce devote, il cadavere di un uomo la cui morte si vuole ad ogni costo tenere segreta.
Anselmi era stato svegliato nel bel mezzo della notte da una telefonata angosciata dove una voce femminile, pronunciando a malapena poche frasi inframezzate da singhiozzi, lo pregava, in nome di una vecchia amicizia, di venire subito ad Arcore. Le parole della donna lo allarmarono: "... non ragiona più. Temo per la sua salute... La prego corra qua; non c'è un minuto da perdere".
Il Dottor Anselmi saltò fuori dal letto, si vestì in un lampo, corse in garage a prendere la sua auto e dopo nemmeno mezz'ora era già davanti ai cancelli della villa dell'amico dove l'attendeva una donna in lacrime che gli fece strada nel grande atrio e poi lungo il corridoio che traversava tutto l'enorme edificio. Il Dottor Anselmi, prima di vedere il suo amico volle sapere esattamente la patologia che lo aveva assalito.
"Venga, venga", disse la donna invitandola a seguirla e lo introdusse in un salottino dove, seduto su una larga poltrona, lo aspettava, preoccupatissimo, Poldino.
(Nota del Biri: Si trattava di Bondi che gli amici, fin da quando era piccolo, avevano soprannominato affettuosamente Poldino. Niente di strano che il Dottor Anselmi, amico sia di lui che del Cavaliere, si riferisse all'ex ministro con quel simpatico nomignolo).
"Caro dottore" fece Poldino come iniziò ad illustrare i sintomi che aveva cominciato a manifestare l'illustre infermo, "io penso che sia tutto cominciato col Ponte di Messina".
"Come? Cosa c'entra il Ponte? Si spieghi, Poldino, la prego" chiese Anselmi che, educatissimo, seppur riferendosi ad un caro amico, mai avrebbe rinunciato a dargli del "lei".
"Beh, il Cav aveva pensato di aver avuto un'idea geniale: in un colpo solo dotare l'Italia di una grande infrastruttura, unire la Sicilia all'Europa e creare migliaia di posti di lavoro. Chi avrebbe potuto fare di meglio? Invece si accorse con raccapriccio che l'idea non piaceva a nessuno. Tutti gli si misero di traverso: gli ecologisti, i Verdi, i Padani e la grande stampa italiana. Passarono mesi, poi anni. Il Ponte non decollava. Alla fine dovette rinunciare all'idea".
"Da allora fu tutto un susseguirsi di sventure. Prima Fini che lasciò la maggioranza, poi i magistrati che si misero ad indagare sulle sue innocentissime abitudini sessuali, poi la sentenza che lo obbligò a pagare una cifra spropositata nelle tasche del suo acerrimo nemico, e poi  di seguito l'affare Mills, e quello dei diritti Mediaset, e Ruby, le Papi-girls, la D'Addario e il Milan che perdeva e perfino un Duomo di Milano tutto per lui, in piena faccia!
La sicurezza di un uomo che aveva avuto tutto il mondo ai suoi piedi cominciò ad incrinarsi, a vacillare, a ripiegare. "Come?" si diceva tra sé e sé: "Io amo tutti e gli altri mi detestano? Perché? Perché?" e dimagriva a vista d'occhio.
Provò a superare la crisi, ad andare avanti, a tornare quello che era sempre stato; nonostante Santoro, e Fazio, e la Littizzetto, e Floris; nonostante Crozza e la pubblicazione delle intercettazioni personali, nonostante i problemi del divorzio da sua moglie, Dio sa se cercò di dimenticare tutto, pur di proseguire nella sua missione!". Poldino si asciugò una lacrima; il Dottor Anselmi prendeva appunti. 
"Non ci fu niente da fare. Le sue condizioni peggioravano a vista d'occhio. La sua credibilità si erodeva giorno dopo giorno e lui non poteva farci niente. Cambiò anche fisicamente; i capelli sintetici che portava da neri che erano gli diventarono rossicci, il collo quasi scomparve, il torace gli si ingrossò: ormai le sue giacche erano più larghe che lunghe. Tutto cominciò ad andargli storto; si accorse con terrore di perdere autorevolezza, di non avere autorità, di non essere più in grado di onorare le promesse che aveva fatto a destra e a manca.
"Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani" aveva detto solo pochi giorni prima di aumentare i ticket sanitari, le accise sulla benzina e l'IVA sui prodotti alimentari. Aveva anche promesso di ridurre le tasse spiegando agli ignoranti che la gente paga volentieri le tasse se la pressione fiscale non supera il 33 per cento mentre è giustificata l'evasione se quella pressione supera il 45 per cento; Dottor Anselmi, lo sa come è andata: la pressione fiscale è salita al 47 per cento e l'evasione si è diffusa a velocità vertiginosa: "Ce l'ha detto il Berlusca che siamo scusati se non si pagano le tasse", si giustificano quegli impuniti degli evasori. Certamente erano provvedimenti che Lui non voleva prendere; però li ha presi. Sa Dottor Anselmi, bisogna scusarlo: le pressioni internazionali, la Nato, i mercati, Napolitano e quella tr..ia della Merkel, come la chiama lui. Non riusciva a tener dietro ad una promessa che è una. Ultimamente aveva annunciato: "Ho fatto un accordo col colonnello Gheddafi, che è  qualcosa di favoloso. Noi gli si dà un tot di miliardi per risarcirlo dei danni dell'occupazione coloniale, e lui non ci manda i clandestini ad invaderci. Siamo diventati amici carissimi; non lo tradirò mai." Poi, si sa come va: Sarkozy, Obama, la NATO che premeva.. insomma è stato costretto (ma non voleva! non voleva!) a mandare i nostri aerei a bombardare la Libia in modo che, grazie al nostro appoggio, il raìs è stato linciato in diretta e in Libia si è insediata Al Qaeda.
E poi ci si sono messi i mercati. Dietro le pressioni europee il Cavaliere varava una manovra al giorno salvo disconoscerla il giorno successivo. "Taglierò i parlamentari!" e quelli facevano quadrato e, impauriti, cambiavano schieramento; "Abolirò le Province!": niente da fare; tutti contrari e lui doveva rimangiarsi la promessa; "Accorperò i comuni!": peggio che dire "brutto" ai loci; i Sindaci facevano quadrato e dell'accorpamento non si parlava più.
Ora aveva cominciato a dubitare di sé stesso. Faceva lunghi monologhi davanti allo specchio, dava di fuori. Non riusciva più a portare a termine le cose che per lui erano sempre state le più semplici. Una sera Apicella, mentre lo accompagnava alla chitarra, dovette interromperlo mentre il Cav cantava la sua hit "O' sordato 'nnammurato"; "Mi scusi la franchezza, ma stasera Lei stona". Lui se ne era reso conto e, zittitosi, non aveva più aperto bocca per tutta la serata. Un'altra sera, mentre si apprestava alla solita opera di volontariato serale che consiste, come tutti sanno, a testare le qualità artistiche di alcune giovani ragazze disagiate in modo che possano emergere professionalmente nei reality televisivi, una di queste è stata vista uscire, visibilmente incavolata dalla camera dove lui tiene abitualmente lezioni di lap dance dicendo, in modo che tutti la sentissero bene: "E' meglio che me ne vada; che ci sto a fare qui? Stasera, non è aria". Converrà con me, Dottor Anselmi, che le premesse per quello che è avvenuto, c'erano tutte". 
Poldino si zittì in attesa ma Anselmi continuò per un pò a scrivere nel suo taccuino senza rispondere, poi, rivolto a Bondi, disse:
"E ora, Poldino, mi dica cosa è successo negli ultimi giorni".
Poldino riprese fiato, bevve un bicchiere d'acqua e dopo una lunga pausa dolorosa, continuò a nararre la cronaca di quei tristissimi giorni.
"Beh, è successo tutto a velocità vertiginosa. Un attimo, un lampo e tutto è cambiato. Prima ci si è messa la... la...", 
"La tr..ia della Merkel" (proseguì Anselmi che aveva capito come il Cavaliere appellasse la leader allemanna); 
Poldino annuì. 
"Quella pretendeva sempre altre misure, altre manovre come se Lui non ne avesse fatte già abbastanza. Si udivano mugugni da ogni parte. L'atmosfera in casa PDL si faceva sempre più irrespirabile. Sono cominciate le defezioni. Il cavaliere è subito volato a Bruxelles a spiegare le sue misure ai partners europei. Macché! Il debito pubblico italiano volava più alto di un jet; lo spread raggiungeva altezze inimmaginabili. Lui che poteva fare? "L'Europa concorda con il mio programma" aveva annunciato, e dopo un'ora eccoti la tr..a della Merkel (come la chiama lui) a dire che occorreva una correzione. "Il nostro debito è sotto controllo" diceva allora il Cavaliere e il giorno successivo  eravamo prossimi alla bancarotta
A quel punto il povero Berlusca ha cominciato a dare i numeri. Non ne azzeccava più una. E' stato terribile. "La maggioranza durerà fino al 2013" dice in TV e il mattino successivo ecco che la laggioranza non c'è più. 
"Sia chiaro che dopo di me non c'è altro che le Elezioni anticipate" proclama e subito Napolitano chiama Monti, lo nomina senatore a vita e gli dà l'incarico di formare un governo. 
"Non sono disponibile ad appoggiare un governo non eletto da una maggioranza" grida il Berlusca e subito Napolitano lo convoca e gli ordina di appoggiare seduta stante il governo Monti, anche a costo di rompere l'alleanza con la Lega. 
"Va bene" accetta il Cavaliere, "ma sia chiaro che Letta deve essere vicepresidente del Consiglio", "Non se ne parla nemmeno" lo gela Monti; "E Nitto Palma alla Giustizia?" implora il Berlusca; "Scordatelo" sibila Monti "E niente scherzi. Ho bisogno del tuo appoggio per fare le tue riforme che tu non hai saputo fare". 
Il povero Cav che deve fare? Ubbidisce.
Come ordinatogli dà le dimissioni, garantisce l'appoggio del suo partito al nuovo Governo e torna a casa sotto un diluvio di offese, di fischi e di lanci di monetine.
Poi si mette a letto. E non dice più niente. Ecco perché temo per la sua salute e la ho chiamata, Dottor Anselmi. Ma ecco che vedo la dottoressa Chantal; lei potrà darci le ultime notizie sullo stato di salute del nostro caro paziente. Dottoressa! Dottoressa!
La donna che entrò nella stanza era poco più di una ragazza. Indossava  un camice assai ridotto che le arrivava poco sotto l'inguine e, in alto, faceva risaltare una spettacolare scollatura. Per il resto c'è solo da dire che era assai abbronzata, aveva lunghi capelli ricci e, sopra le scarpe col tacco a spillo indossava un paio di autoreggenti a rete che non finivano mai. 
"Si dev'esser laureata molto giovane. Forse in scienze motorie" pensò Anselmi. "Le presento la Dottoressa Margot Chantal" disse Poldino introducendola al dottor Anselmi.
La dottoressa Chantal disse che il Cavaliere, lungi dalle sue abitudini, non l'aveva fatta chiamare in tutto il giorno, restando chiuso nella sua camera senza nemmeno scendere per il pranzo. "Temo per lui" disse Margot aggiungendo: "E' sempre tanto carino con tutti noi che fa male vederlo in questo stato".
Poldino, la dottoressa Chantal e l'Anselmi si avviarono verso la porta che introduceva alla camera dell'illustre paziente ma questi, appena si accorse che qualcuno si accingeva ad entrare si fece vivo da dietro la porta per urlare che non voleva vedere nessuno "Nemmeno la dottoressa Chantal!" precisò facendo scoppiare in un pianto disperato la giovane laureata. 
Anselmi potè solo dare una sbirciata dentro la camera dove si trovava il fu-premier, dal buco della serratura. 
Quello che vide lo sconvolse.
Con i radi capelli sconvolti, il volto deformato da una smorfia, l'espressione del viso dove si mescolavano stupore e rabbia, colui che era stato fino a pochi giorni prima uno dei leader più influenti del panorama politico mondiale era adesso trasformato in un uomo pressoché irriconoscibile. Anche l'aspetto della sua persona era cambiato. Incassato in una larga vestaglia di seta a pois e con due larghe pantofole  che gli coprivano i piedi nudi, il Cav  misurava a larghi passi la stanza bofonchiando tra sé e sé frasi irripetibili inframezzate da lunghi sospiri.
Poldino e la Chantal avevano le lacrime agli occhi: "Guardi, dottore, come è ridotto! Un uomo che voleva far del bene a tutti coloro che avevano bisogno di lui!" piagnucolò la dottoressa. Lo spettacolo era straziante; Anselmi convenne che, per il momento la cosa migliore da fare era quella di non intervenire sperando che la notte, inducendo il paziente al riposo, potesse alleviare le sue pene. I tre si allontanarono in punta di piedi. Sul portone incontrarono quattro ragazze appena arrivate. Erano vestite da majorettes, con lunghi stivaletti bianchi, i puff ai polsi e corte sottanine colorate. Ridevano, scherzavano e correndo si precipitavano già verso il corridoio quando Poldino riuscì a fermarle appena in tempo.
"Signorine, signorine, le prego! Il cavaliere stasera non può riceverle. Le prego, andate via!" e si affannava a farle tornare da dove erano arrivate.
Quelle non capivano: "Ma... e il casting? Avevamo il casting per la partecipazione a Miss Maglietta Bagnata 2011 e proprio il Cavaliere doveva fare il giudice! E ora come si fa?". A stento, poco convinte, furono finalmente respinte dietro le insistenze di Poldino e della dottoressa Chantal.
Ora nella grande villa non c'è più nessuno. Anselmi, la Chantal e Poldino si sono ritirati, in attesa del nuovo giorno. Tutti dormono: il giardiniere, il cuoco, lo sguattero e un centinaio di giovani orfanelle che da tempo hanno trovato in quella grande dimora il loro protettore ed il loro rifugio.
Solo uno non dorme.
Davanti allo specchio, ansimante, come febbricitante, scosso dall'ira, il Berlusca dà corpo ai propri incubi, alle proprie ossessioni e le sue frasi inconsulte rimbombano nei meandri più riposti del palazzo:
"Perché non sono riuscito a fare quello che volevo fare? Non ho sempre voluto il bene del popolo? Perché mi hanno cacciato? Traditori! Infami! Io che amavo tutti, io che aiutavo tutti!" poi prosegue, in preda all'ira: "Ma non finirà così! Cribbio! Tornerò più forte di prima e allora... ah ah ah ah! Te la farò pagare maledetto Fini! Ti strapperò il cuore! Maledetti tutti! Mandarmi via così! A me!...".
La voce si affievolisce mano a mano che ci si allontana da quel triste luogo di pena e di espiazione.. Si fa solo in tempo ad udire ancora qualche parola smozzicata che gela il sangue nelle vene e suscita pietà nei cuori più incalliti
"Io solo sono il Premier! Viva il Premier! Il cavaliere canta bene, è simpatico e piace alle donne... Fini! Fini! Rendimi la mia maggioranza! Napolitano! Carlucci! per piacere: la mia maggioranza!!".


E' notte fonda e non c'è un'anima in giro. Il silenzio che copre ogni cosa è rotto solo dal frinire dei grilli che salutano l'estate di San Martino, ma chi si trovasse a passare per la stradina che costeggia il muro di cinta della grande villa di Arcore non potrebbe evitare di tendere l'orecchio ad una voce rotta dai singhiozzi che canta una canzone che si insinua in tutti i più riposti meandri della villa.
E' una canzone antica, melanconica, straziante, grottesca qui, a quest'ora: "O' surdato 'nnammurato".



Democrazia

venerdì 11 novembre 2011

Quando l'Italia decise di entrare a far parte dell'Unione Europea ve l'hanno chiesto se eravate d'accordo? 
A ME NO.
Quando decisero che il cambio sarebbe stato di quasi 2000 lire per un euro, a Voi ve l'hanno chiesto se eravate d'accordo? 
A ME NO.
Quando da un giorno all'altro ci si svegliò più poveri del 50 per cento (dimezzato il potere d'acquisto degli stipendi, delle pensioni e dei patrimoni monetari), Ve lo chiesero se eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando ci prelevarono forzatamente i soldi per la cosidetta "Tassa per l'Europa" promisero che ce li avrebbero restituiti a breve giro di posta; Voi li avete visti?
IO NO.
Quando l'Italia decise di mandare una missione militare in Afghanistan, e poi decise di bombardare la Libia, e poi decise di accogliere tutti i clandestini che arrivavano, ve lo hanno chiesto se per Voi erano cose sulle quali eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando hanno deciso di passare al Digitale Terrestre e che per farlo bisognava provvedere "a spese nostre" a comprare un decoder o un nuovo televisore per continuare a vedere la TV per la quale già avevamo pagato l'abbonamento, Vi è parsa una cosa normale?
A ME NO.
Quando, in mezz'ora hanno deciso di mandare a casa il Governo in carica e di sostituirlo con un altro "nominato" dall'alto senza sentire nemmeno cosa ne pensavate, Voi eravate d'accordo?
IO NO.
Ma loro dicono che la cosa è del tutto normale, che tutto è fatto nel rispetto delle regole e per il bene dei cittadini e che quelli come me non sono altro che Antidemocratici. 
Devo dire che se questa è la Democrazia, sono d'accordo.

THREE IMAGINARY KILLERS (3) - L'attentato

martedì 8 novembre 2011

"Ditemi cosa ne pensate e ascoltate quanto ho da dirvi" continuò dunque Maria Rosaria portando al massimo l'attenzione dei suoi due interlocutori. 
"I nostri servizi segreti hanno appurato senza ombra di dubbio che lo sconosciuto che mise alla berlina il nostro compagno Franceschini, (il quale, ricordiamolo, da allora non si è più ripreso e si è ridotto a far volantinaggio davanti alle fabbriche della Brianza), era il Berlusca. Quell'uomo è un demonio. Pensate che era riuscito a trasformare completamente il suo aspetto, la sua andatura, la sua voce al punto che nessuno avrebbe potuto riconoscerlo. Così era riuscito a passare indenne dal nostro servizio d'ordine e ad aspettare, in disparte, il modo di poter intervenire al momento opportuno per ridicolizzare il nostro povero Franceschini." La Bindi fece una pausa carica d'effetto.
"Ma ora basta. Lo ripagheremo con ugual moneta e chi lo condannerà sarà proprio quella che fu la sua vittima. Chiamatemi Franceschini."

Quello che fu ad un passo dal divenire il massimo dirigente del Partitone fu trovato solo dopo una buona mezz'ora; vergognandosi come un cane bastonato si era nascosto nella mensa aziendale dove stava preparando il foglio con i menù da attaccare nella grande bacheca posta all'ingresso della sala.
Chiamarlo, metterlo al corrente del progetto bindiano ed ottenere la sua entusiastica adesione fu un attimo.
"Ma.. te la senti?" gli chiese Maria Rosaria al termine della sua illustrazione del piano ideato per distruggere definitivamente la reputazione dell'odiato premier.
Franceschini tentennava: "Non so. E se... non mi riesce?". Da giovane qual'era, quel valoroso dubitava del proprio sangue freddo.
"Mi offro volontario io!" gridò con un moto d'orgoglio Gargamella, pronto al martirio pur di riconquistare la fiducia dei suoi compagni di partito (scesa al minimo storico) ma la Camussa lo gelò con lo sguardo: "Zitto tu. A cuccia!" gli intimò, e il segretario, chetato così bruscamente da allora non osò più aprire bocca. Alla fine Franceschini accettò la proposta: due urla della Bindi e la minaccia di passare a vie di fatto della Scioperaia lo convinsero meglio di quattro mesi di indottrinamento politico alle Botteghe Oscure. 
C'è da dire che il piano era ben studiato. Si trattava di un attentato in piena regola. A giorni era programmato un grande evento mediatico: un dibattito politico fra i leaders dei più importanti partiti. Il dibattito si sarebbe tenuto a Roma, in Piazza del Popolo, davanti ad un pubblico di centinaia di migliaia di persone, alla presenza delle telecamere delle maggiori televisioni pubbliche e private e dei giornalisti dei quotidiani più autorevoli. I Grandi della politica italiana si sarebbero sfidati su un palco enorme posto proprio al centro della grande Piazza. Ecco cosa t'aveva inventato la diabolica chianina (Maria Rosaria, da Sinalunga): verso la fine del dibattito, quando i leaders invitano i presenti a fare domande su questioni di interesse nazionale, Franceschini si sarebbe prenotato per porre la sua domanda al Cavaliere.
"" disse il sicario democratico, "Ma che domanda gli devo fare?". "Ascoltami bene" gli fece la diabolica femmina: "Non devi far altro che chiedergli se conosce un certo Oreste."
"E poi?" domandò Franceschini.
"Poi, quando lui ti chiederà: - Chi Oreste? - tu, in piedi, a voce alta  e scandendo bene le parole, gli risponderai: -Quello che te lo mette nel c..o nei giorni delle feste! -. Immaginati la scena! L'immensa platea che sghignazza alla faccia del premier, e il pubblico di casa e i giornalisti delle televisioni e i commentatori politici e i satiri professionisti: tutti in tutto il mondo che ridono del Berlusca. E pensa ai satiri professionisti. Pensa agli spunti per Santoro, per i due Guzzanti, per Benigni, per Travaglio, per Cozza, per Cornacchione, per...."
"Basta, basta!" gridò entusiasticamente Franceschini: "Ho capito!".
E ora spostiamoci in Piazza del Popolo, alle 22 di sera. La piazza è piena come un uovo. Sul palco si sono dati dialetticamente battaglia il Berlusca, Maria Rosaria, Casini, Di Pietro e Marco Pannella. Siamo al momento clou; quello delle domande del pubblico. Non vola una mosca, tutti i commentatori sono pronti a prendere appunti, i cameramen inquadrano il Cavaliere che si appresta a dare la parola al pubblico.
Ma seguiamo in diretta gli avvenimenti:

B. - E adesso, se qualcuno del pubblico presente vuole pormi qualche domanda, sarò ben lieto di rispondere -

(l'enorme platea si cheta, in attesa degli eventi. In fondo alla piazza un uomo alto, col viso reso irriconoscibile dal bavero alzato e dalla larga sciarpa che gli copre metà del viso, si alza, inquadrato da decine di televisioni).

B. - Bene, vedo che lei ha una domanda da pormi. Prego."
F. - Senta, lei che dice di sapere tutto, lo conosce Oreste?"

(L'Italia intera è in attesa della risposta, Maria Rosaria, Bersani e tutti i democratici sono pronti a scattare in piedi, pregustando la messa alla berlina del dittatore nero.)

B. - Mi consenta: si riferisce forse ad Oreste il cognato di Pino? -
F. - Chi Pino? -
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(pietoso sipario)