Il Dottor Anselmi saltò fuori dal letto, si vestì in un lampo, corse in garage a prendere la sua auto e dopo nemmeno mezz'ora era già davanti ai cancelli della villa dell'amico dove l'attendeva una donna in lacrime che gli fece strada nel grande atrio e poi lungo il corridoio che traversava tutto l'enorme edificio. Il Dottor Anselmi, prima di vedere il suo amico volle sapere esattamente la patologia che lo aveva assalito.
"Venga, venga", disse la donna invitandola a seguirla e lo introdusse in un salottino dove, seduto su una larga poltrona, lo aspettava, preoccupatissimo, Poldino.
(Nota del Biri: Si trattava di Bondi che gli amici, fin da quando era piccolo, avevano soprannominato affettuosamente Poldino. Niente di strano che il Dottor Anselmi, amico sia di lui che del Cavaliere, si riferisse all'ex ministro con quel simpatico nomignolo).
"Caro dottore" fece Poldino come iniziò ad illustrare i sintomi che aveva cominciato a manifestare l'illustre infermo, "io penso che sia tutto cominciato col Ponte di Messina".
"Come? Cosa c'entra il Ponte? Si spieghi, Poldino, la prego" chiese Anselmi che, educatissimo, seppur riferendosi ad un caro amico, mai avrebbe rinunciato a dargli del "lei".
"Beh, il Cav aveva pensato di aver avuto un'idea geniale: in un colpo solo dotare l'Italia di una grande infrastruttura, unire la Sicilia all'Europa e creare migliaia di posti di lavoro. Chi avrebbe potuto fare di meglio? Invece si accorse con raccapriccio che l'idea non piaceva a nessuno. Tutti gli si misero di traverso: gli ecologisti, i Verdi, i Padani e la grande stampa italiana. Passarono mesi, poi anni. Il Ponte non decollava. Alla fine dovette rinunciare all'idea".
"Da allora fu tutto un susseguirsi di sventure. Prima Fini che lasciò la maggioranza, poi i magistrati che si misero ad indagare sulle sue innocentissime abitudini sessuali, poi la sentenza che lo obbligò a pagare una cifra spropositata nelle tasche del suo acerrimo nemico, e poi di seguito l'affare Mills, e quello dei diritti Mediaset, e Ruby, le Papi-girls, la D'Addario e il Milan che perdeva e perfino un Duomo di Milano tutto per lui, in piena faccia!
La sicurezza di un uomo che aveva avuto tutto il mondo ai suoi piedi cominciò ad incrinarsi, a vacillare, a ripiegare. "Come?" si diceva tra sé e sé: "Io amo tutti e gli altri mi detestano? Perché? Perché?" e dimagriva a vista d'occhio.
Provò a superare la crisi, ad andare avanti, a tornare quello che era sempre stato; nonostante Santoro, e Fazio, e la Littizzetto, e Floris; nonostante Crozza e la pubblicazione delle intercettazioni personali, nonostante i problemi del divorzio da sua moglie, Dio sa se cercò di dimenticare tutto, pur di proseguire nella sua missione!". Poldino si asciugò una lacrima; il Dottor Anselmi prendeva appunti.
"Non ci fu niente da fare. Le sue condizioni peggioravano a vista d'occhio. La sua credibilità si erodeva giorno dopo giorno e lui non poteva farci niente. Cambiò anche fisicamente; i capelli sintetici che portava da neri che erano gli diventarono rossicci, il collo quasi scomparve, il torace gli si ingrossò: ormai le sue giacche erano più larghe che lunghe. Tutto cominciò ad andargli storto; si accorse con terrore di perdere autorevolezza, di non avere autorità, di non essere più in grado di onorare le promesse che aveva fatto a destra e a manca.
"Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani" aveva detto solo pochi giorni prima di aumentare i ticket sanitari, le accise sulla benzina e l'IVA sui prodotti alimentari. Aveva anche promesso di ridurre le tasse spiegando agli ignoranti che la gente paga volentieri le tasse se la pressione fiscale non supera il 33 per cento mentre è giustificata l'evasione se quella pressione supera il 45 per cento; Dottor Anselmi, lo sa come è andata: la pressione fiscale è salita al 47 per cento e l'evasione si è diffusa a velocità vertiginosa: "Ce l'ha detto il Berlusca che siamo scusati se non si pagano le tasse", si giustificano quegli impuniti degli evasori. Certamente erano provvedimenti che Lui non voleva prendere; però li ha presi. Sa Dottor Anselmi, bisogna scusarlo: le pressioni internazionali, la Nato, i mercati, Napolitano e quella tr..ia della Merkel, come la chiama lui. Non riusciva a tener dietro ad una promessa che è una. Ultimamente aveva annunciato: "Ho fatto un accordo col colonnello Gheddafi, che è qualcosa di favoloso. Noi gli si dà un tot di miliardi per risarcirlo dei danni dell'occupazione coloniale, e lui non ci manda i clandestini ad invaderci. Siamo diventati amici carissimi; non lo tradirò mai." Poi, si sa come va: Sarkozy, Obama, la NATO che premeva.. insomma è stato costretto (ma non voleva! non voleva!) a mandare i nostri aerei a bombardare la Libia in modo che, grazie al nostro appoggio, il raìs è stato linciato in diretta e in Libia si è insediata Al Qaeda.
E poi ci si sono messi i mercati. Dietro le pressioni europee il Cavaliere varava una manovra al giorno salvo disconoscerla il giorno successivo. "Taglierò i parlamentari!" e quelli facevano quadrato e, impauriti, cambiavano schieramento; "Abolirò le Province!": niente da fare; tutti contrari e lui doveva rimangiarsi la promessa; "Accorperò i comuni!": peggio che dire "brutto" ai loci; i Sindaci facevano quadrato e dell'accorpamento non si parlava più.
Ora aveva cominciato a dubitare di sé stesso. Faceva lunghi monologhi davanti allo specchio, dava di fuori. Non riusciva più a portare a termine le cose che per lui erano sempre state le più semplici. Una sera Apicella, mentre lo accompagnava alla chitarra, dovette interromperlo mentre il Cav cantava la sua hit "O' sordato 'nnammurato"; "Mi scusi la franchezza, ma stasera Lei stona". Lui se ne era reso conto e, zittitosi, non aveva più aperto bocca per tutta la serata. Un'altra sera, mentre si apprestava alla solita opera di volontariato serale che consiste, come tutti sanno, a testare le qualità artistiche di alcune giovani ragazze disagiate in modo che possano emergere professionalmente nei reality televisivi, una di queste è stata vista uscire, visibilmente incavolata dalla camera dove lui tiene abitualmente lezioni di lap dance dicendo, in modo che tutti la sentissero bene: "E' meglio che me ne vada; che ci sto a fare qui? Stasera, non è aria". Converrà con me, Dottor Anselmi, che le premesse per quello che è avvenuto, c'erano tutte".
Poldino si zittì in attesa ma Anselmi continuò per un pò a scrivere nel suo taccuino senza rispondere, poi, rivolto a Bondi, disse:
"E ora, Poldino, mi dica cosa è successo negli ultimi giorni".
Poldino riprese fiato, bevve un bicchiere d'acqua e dopo una lunga pausa dolorosa, continuò a nararre la cronaca di quei tristissimi giorni.
"Beh, è successo tutto a velocità vertiginosa. Un attimo, un lampo e tutto è cambiato. Prima ci si è messa la... la...",
"La tr..ia della Merkel" (proseguì Anselmi che aveva capito come il Cavaliere appellasse la leader allemanna);
Poldino annuì.
"Quella pretendeva sempre altre misure, altre manovre come se Lui non ne avesse fatte già abbastanza. Si udivano mugugni da ogni parte. L'atmosfera in casa PDL si faceva sempre più irrespirabile. Sono cominciate le defezioni. Il cavaliere è subito volato a Bruxelles a spiegare le sue misure ai partners europei. Macché! Il debito pubblico italiano volava più alto di un jet; lo spread raggiungeva altezze inimmaginabili. Lui che poteva fare? "L'Europa concorda con il mio programma" aveva annunciato, e dopo un'ora eccoti la tr..a della Merkel (come la chiama lui) a dire che occorreva una correzione. "Il nostro debito è sotto controllo" diceva allora il Cavaliere e il giorno successivo eravamo prossimi alla bancarotta.
A quel punto il povero Berlusca ha cominciato a dare i numeri. Non ne azzeccava più una. E' stato terribile. "La maggioranza durerà fino al 2013" dice in TV e il mattino successivo ecco che la laggioranza non c'è più.
"Sia chiaro che dopo di me non c'è altro che le Elezioni anticipate" proclama e subito Napolitano chiama Monti, lo nomina senatore a vita e gli dà l'incarico di formare un governo.
"Non sono disponibile ad appoggiare un governo non eletto da una maggioranza" grida il Berlusca e subito Napolitano lo convoca e gli ordina di appoggiare seduta stante il governo Monti, anche a costo di rompere l'alleanza con la Lega.
"Va bene" accetta il Cavaliere, "ma sia chiaro che Letta deve essere vicepresidente del Consiglio", "Non se ne parla nemmeno" lo gela Monti; "E Nitto Palma alla Giustizia?" implora il Berlusca; "Scordatelo" sibila Monti "E niente scherzi. Ho bisogno del tuo appoggio per fare le tue riforme che tu non hai saputo fare".
Il povero Cav che deve fare? Ubbidisce.
Come ordinatogli dà le dimissioni, garantisce l'appoggio del suo partito al nuovo Governo e torna a casa sotto un diluvio di offese, di fischi e di lanci di monetine.
Poi si mette a letto. E non dice più niente. Ecco perché temo per la sua salute e la ho chiamata, Dottor Anselmi. Ma ecco che vedo la dottoressa Chantal; lei potrà darci le ultime notizie sullo stato di salute del nostro caro paziente. Dottoressa! Dottoressa!"
La donna che entrò nella stanza era poco più di una ragazza. Indossava un camice assai ridotto che le arrivava poco sotto l'inguine e, in alto, faceva risaltare una spettacolare scollatura. Per il resto c'è solo da dire che era assai abbronzata, aveva lunghi capelli ricci e, sopra le scarpe col tacco a spillo indossava un paio di autoreggenti a rete che non finivano mai.
"Si dev'esser laureata molto giovane. Forse in scienze motorie" pensò Anselmi. "Le presento la Dottoressa Margot Chantal" disse Poldino introducendola al dottor Anselmi.
La dottoressa Chantal disse che il Cavaliere, lungi dalle sue abitudini, non l'aveva fatta chiamare in tutto il giorno, restando chiuso nella sua camera senza nemmeno scendere per il pranzo. "Temo per lui" disse Margot aggiungendo: "E' sempre tanto carino con tutti noi che fa male vederlo in questo stato".
Poldino, la dottoressa Chantal e l'Anselmi si avviarono verso la porta che introduceva alla camera dell'illustre paziente ma questi, appena si accorse che qualcuno si accingeva ad entrare si fece vivo da dietro la porta per urlare che non voleva vedere nessuno "Nemmeno la dottoressa Chantal!" precisò facendo scoppiare in un pianto disperato la giovane laureata.
Anselmi potè solo dare una sbirciata dentro la camera dove si trovava il fu-premier, dal buco della serratura.
Quello che vide lo sconvolse.
Con i radi capelli sconvolti, il volto deformato da una smorfia, l'espressione del viso dove si mescolavano stupore e rabbia, colui che era stato fino a pochi giorni prima uno dei leader più influenti del panorama politico mondiale era adesso trasformato in un uomo pressoché irriconoscibile. Anche l'aspetto della sua persona era cambiato. Incassato in una larga vestaglia di seta a pois e con due larghe pantofole che gli coprivano i piedi nudi, il Cav misurava a larghi passi la stanza bofonchiando tra sé e sé frasi irripetibili inframezzate da lunghi sospiri.
Poldino e la Chantal avevano le lacrime agli occhi: "Guardi, dottore, come è ridotto! Un uomo che voleva far del bene a tutti coloro che avevano bisogno di lui!" piagnucolò la dottoressa. Lo spettacolo era straziante; Anselmi convenne che, per il momento la cosa migliore da fare era quella di non intervenire sperando che la notte, inducendo il paziente al riposo, potesse alleviare le sue pene. I tre si allontanarono in punta di piedi. Sul portone incontrarono quattro ragazze appena arrivate. Erano vestite da majorettes, con lunghi stivaletti bianchi, i puff ai polsi e corte sottanine colorate. Ridevano, scherzavano e correndo si precipitavano già verso il corridoio quando Poldino riuscì a fermarle appena in tempo.
"Signorine, signorine, le prego! Il cavaliere stasera non può riceverle. Le prego, andate via!" e si affannava a farle tornare da dove erano arrivate.
Quelle non capivano: "Ma... e il casting? Avevamo il casting per la partecipazione a Miss Maglietta Bagnata 2011 e proprio il Cavaliere doveva fare il giudice! E ora come si fa?". A stento, poco convinte, furono finalmente respinte dietro le insistenze di Poldino e della dottoressa Chantal.
Ora nella grande villa non c'è più nessuno. Anselmi, la Chantal e Poldino si sono ritirati, in attesa del nuovo giorno. Tutti dormono: il giardiniere, il cuoco, lo sguattero e un centinaio di giovani orfanelle che da tempo hanno trovato in quella grande dimora il loro protettore ed il loro rifugio.
Solo uno non dorme.
Davanti allo specchio, ansimante, come febbricitante, scosso dall'ira, il Berlusca dà corpo ai propri incubi, alle proprie ossessioni e le sue frasi inconsulte rimbombano nei meandri più riposti del palazzo:
"Perché non sono riuscito a fare quello che volevo fare? Non ho sempre voluto il bene del popolo? Perché mi hanno cacciato? Traditori! Infami! Io che amavo tutti, io che aiutavo tutti!" poi prosegue, in preda all'ira: "Ma non finirà così! Cribbio! Tornerò più forte di prima e allora... ah ah ah ah! Te la farò pagare maledetto Fini! Ti strapperò il cuore! Maledetti tutti! Mandarmi via così! A me!...".
La voce si affievolisce mano a mano che ci si allontana da quel triste luogo di pena e di espiazione.. Si fa solo in tempo ad udire ancora qualche parola smozzicata che gela il sangue nelle vene e suscita pietà nei cuori più incalliti
"Io solo sono il Premier! Viva il Premier! Il cavaliere canta bene, è simpatico e piace alle donne... Fini! Fini! Rendimi la mia maggioranza! Napolitano! Carlucci! per piacere: la mia maggioranza!!".
E' notte fonda e non c'è un'anima in giro. Il silenzio che copre ogni cosa è rotto solo dal frinire dei grilli che salutano l'estate di San Martino, ma chi si trovasse a passare per la stradina che costeggia il muro di cinta della grande villa di Arcore non potrebbe evitare di tendere l'orecchio ad una voce rotta dai singhiozzi che canta una canzone che si insinua in tutti i più riposti meandri della villa.
E' una canzone antica, melanconica, straziante, grottesca qui, a quest'ora: "O' surdato 'nnammurato".
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