Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

C'è Cretino e cretino

mercoledì 26 gennaio 2011

Che mi giravano le balle, a Dario, che è un po’ grezzo, gli ci volle un po’ a capirlo, ma alla fine ci arrivò.
Questa volta fu lui quindi a trovarsi nella insolita situazione di chiedermene il motivo per cercare di consolarmi, se del caso, in nome della nostra mitica amicizia.
“Amico mio” gli feci, sconsolato, dopo aver nicchiato alquanto a rispondere; “che devo dirti? Proprio oggi ho avuto una rivelazione che nella sua veridica crudezza (e che sia vera non ho diritto di dubitarne visto e considerato il prestigio di chi l’ha enunciata) mi ha aperto gli occhi e mi ha svelato che, tutto quello che credevo di essere e quel poco che pensavo di valere, era in realtà solo un paravento di parole con il  quale cercavo di nascondere la pochezza della mia esistenza. Ebbene sì, Dario: non sono quello che penso di essere e nemmeno quello che tu pensi che io sia. In realtà, nonostante mi atteggi a persona abbastanza colta, abbastanza equilibrata, abbastanza normale e molto, molto disincantata, devo prendere atto che non sono che un cretino, un Cretino con la maiuscola, anzi “Il” Cretino per antonomasia. E non posso farci niente. Mi metterei a piangere…”.
Dario era impietosito per il mio caso, ma non capiva. Voleva saperne di più.
“Ma Biri, come puoi pensare una cosa simile… Ma da dove viene questa panzana, chi te l’ha detta, per quale motivo, su quali basi… Sono sicuro che si tratta di un malinteso, forse hai capito male le frasi che ti hanno offeso, forse non si riferivano a te.. Insomma una ragione ci deve essere. Un ragione razionale, voglio dire. E smettila di prendertela. Su” ha fatto poi “raccontami come è andata”.
Ho aspettato a rispondere al mio amico, anche per fargli vedere che mi sentivo ferito veramente. Poi gli ho raccontato quello che mi era successo.
Beh, come l’ho detto a lui, posso dirlo anche a voi. Dovete sapere che da anni non solo non compro; non solo non leggo; ma nemmeno sfioro le pagine di alcuni giornali che, stranamente, sono considerati da parecchi (e non tutti stupidi), come i più autorevoli quotidiani che vengono stampati nel nostro martoriato (moralmente) Paese. Non lo so il perché di quel ribrezzo; sarà colpa della consistenza della carta, o forse è il formato delle pagine che mi disgusta.. chi lo sa? Un mio amico psicoanalista, interrogato al riguardo, ha ipotizzato che forse una volta, quando ero piccolo, mi macchiai le dita con l’inchiostro di uno di quei giornali fresco di stampa e da allora il mio Io (o il mio Ego?) mi protegge con una repulsione incontrollata che mi impedisce, di fatto, non solo di sfogliare, ma anche solo di avvicinarmi a quei prestigiosi quotidiani che, giustamente, sono assurti a campioni della completezza, della libertà e dell’imparzialità dell’italica informazione. Non do molto credito alla psicoanalisi ma forse la diagnosi, nel mio caso è giusta; forse il motivo per cui il mio subconscio mi impedisce di leggere, o di sfogliare, o anche solo di toccare, giornali come “La Repubblica”, o “Il Fatto”, o “La Stampa” è che ho paura, a farlo, di sporcarmi le mani. Come allora.
Beh, fatte queste premesse è stato veramente inspiegabile che ieri, al bar, vedendo una copia del “Fatto” spaparazzata su un tavolino, mi sia preso il tic di andare a sfogliare quel giornale. Sapete, non avrei dovuto farlo. Su una delle prime pagine non ho potuto fare a meno di leggere l’incip di un’articolessa dove il giornalista chiedeva preoccupato a Camilleri (quello del commissario Montalbano, proprio lui) come si spiegasse che gli elettori del PDL, stante un recentissimo sondaggio effettuato proprio dai giornali anti-Berlusca,  restassero tetragoni nel continuare il loro errore nonostante le disavventure pecorecce che si sono scatenate sul premier e continuassero a mantenergli inalterata la loro fiducia. “Al punto che” puntualizzava scandalizzato il Fatto “in caso di nuove elezioni non sarebbe esclusa un’altra vittoria del Cavaliere”.
Beh, visto da chi è all’opposizione, il sondaggio si prestava ad una analisi stimolante. Ho continuato a leggere l’articolo: dopotutto io, pur non essendo come è noto, simpatizzante di nessun partito, l’ultima volta guardatomi intorno (ma specialmente a sinistra) e registrato il vuoto assoluto, rifuggendo l’”horror vacui” non potei che dare il mio voto al Cavaliere. Feci male? Feci bene? Non lo so. Me lo ha spiegato Camilleri, il perché di quella scelta. Il fatto è, scrive il famoso giallista, che ogni elettore del PDL è fondamentalmente un cretino. Frastornato dalle lunghe ore passate davanti alla TV a vedere il Grande Fratello e la Corrida o a sbavare davanti alle gambe delle veline di Striscia la Notizia, ormai ha rinunciato a qualunque riflessione critica e, impermeabile alle circostanziate denuncie di Santoro, Floris e Lerner, invece di ravvedersi e rifiutare il berlusconismo in blocco (come qualunque persona “intelligente” farebbe) gettandosi anima e corpo con entusiasmo sotto la colta leadership di Vendola, o di Bersani, o di Di Pietro, ecco che lui continua, come niente fosse, a votare per il Duce d’Arcore. Oltre che cretino, proseguiva poi Camilleri, chi vota per il PDL (e quindi per il Berlusca), è anche un criminale perché perdona, o sottovaluta, o scusa tutti i millanta reati che il Cav commette quotidianamente e questo si può spiegare solo con l’Ignoranza che obnubila le menti degli elettori del Cav. Ignoranza e Cretinismo sono il patrimonio intellettuale che sta alla base del successo del PDL, proseguiva lo scrittore, ed il disimpegno è il collante della sua maggioranza mentre la la sinistra che è più colta, più intelligente, più “sociale”, e più degna di governare il Paese, deve subire la prepotenza dell’incultura della maggioranza e restare all’opposizione. L’interlocutore proseguiva dicendo che non è giusto (proprio così ha detto: “giusto”) che una maggioranza così fatta governi il Paese e che sarebbe invece giusto (proprio così ha detto: “giusto”) che la sinistra, che è una minoranza sì, ma non Cretina!, ma non Incolta! ebbene, la sinistra “dovrebbe”, governare il Paese.
Il ragionamento, sotto l’aspetto “democratico” non fa una grinza. Il potere alla Cultura e non a chi ha più voti! Non so quanti “diversamente democratici” approvano quella tesi. A me non interessa; quello che mi ha colpito è l’essere stato definito brutalmente e senza appello: Cretino.
“Vedi Dario” ho concluso “lì per lì ci ho sformato. Poi però ci ho ripensato. E lo sai che ti dico adesso? Che essere definito Cretino da un colto di tal fatta come è Camilleri non mi fa poi tanto male. Diciamo che me ne farò una ragione anche per rispetto al Commissario Montalbano le cui avventure, devo dirlo sinceramente, pur essendo io un cretino, mi piacciono. Anzi; ammiro assai più Montalbano di Camilleri stesso. E poi mi chiedo: è possibile che la creatura superi il suo creatore? Non lo so e non so nemmeno, in questo caso specifico, chi sia la creatura e chi il creatore. Siamo sicuri che è Camilleri ad aver creato Montalbano o non il contrario? Chiediamocelo. Chi sarebbe Camilleri senza il celebre Commissario siciliano? Considerando i libri senza Montalbano pubblicati dallo scrittore posso affermare: poca qualità, prosa logorroica, nessuna inventiva, roba che va bene per un pirla di scrittore, un quaquaraquà, un cretino qualsiasi che si sputtana a concedere interviste demenziali al “Fatto”. E siccome non Montalbano, ma Camilleri mi ha definito “un Cretino”; beh, ora posso dirtelo: sono quasi contento di esserlo”.


La rivincita della Narda

lunedì 24 gennaio 2011

Dario era preoccupato; io che lo conosco fin da quando s’era bambini me ne sono accorto al volo.
“Che c’è, Dario?” gli ho fatto premuroso.
“Non mi sento tranquillo” ha sbottato lui dopo qualche secondo di silenzio.
“Riguardo a che cosa?” ho indagato “Problemi di soldi? Di salute? Problemi di lavoro?”; volevo sapere cosa era accaduto per metterlo in quello stato quasi catatonico.
“Biri, dai. Non mi far parlare. L’hai capito anche te qual è la cosa che mi preoccupa.” Ha alzato gli occhi su di me; l’ho guardato: ho capito.
“Ti riferisci al cosidetto “Scandalo Ruby”?  Se è così, te che sei di sinistra dovresti essere contento. Il cavaliere, con tutto il bailamme che è stato sollevato, con tutti gli sputtanamenti veri o presunti che vengono alla ribalta in questi giorni e dovendo fronteggiare l’artiglieria pesante della Grosse Coalition sinistrorsa messa in campo da tutta la stampa democratica, dalla magistratura notoriamente più garantista e da tutti i campioni dell’imparzialità televisiva che si chiamano Santoro, Annunziata, Fazio, Saviano, e chi più ne ha più ne metta, insomma, questa volta è un miracolo se se la cava. Tu ed i tuoi amici oppositori dovreste essere tranquilli. Non se la caverebbe nessuno contro così tanti nemici così preparati e dotati di argomenti tanto solidi e provatissimi. O no?” ho chiesto alla fine del mio discorso.
“Biri Biri.. Lo conosco il Berlusca, io…” ha fatto Dario con l’aria di uno che conosce i suoi polli e non presagisce niente di buono. “Quello è alleato del diavolo. O stai a vedere se non se la cava anche questa volta.” Poi, come parlando fra sé e sé: “No. Questa volta no. Se non si riesce a mandarlo a casa questa volta, è finita”. Ha alzato gli occhi al cielo: “Governerà a vita; anzi: governerà anche dall’aldilà!”.
“Dario, non scoraggiarti. Dai che questa volta ce la farete te e i tuoi amici a mandare in soffitta il Cav e le sue idee eversive, con quella pretesa che lui possa fare in casa sua, con i suoi soldi e con le persone che volontariamente vanno a trovarlo, quello che gli pare. Dove non poterono le elezioni, dove non arrivò l’esercizio democratico del voto, il Berlusca sarà seppellito dalle chiacchiere (vere o presunte non importa) di una ventina di sgallettate in cerca di notorietà  e quattrini. Non è una bella fine, ad esser sinceri. Non è bella per lui ma nemmeno per me che a breve dovrò risorbirmi l’ICI sulla prima casa, l’aumento dell’imposta sui BOT e decine di leggi (tenute in caldo dalla sinistra per il Grande Evento del dopo-Berlusca) che prevedono l’accoglienza incondizionata di tutti i profughi del Terzo, Quarto e Quinto Mondo, l’abolizione del matrimonio religioso, la rimozione del Crocifisso, l’esaltazione di ogni forma di omosessualità, la costruzione di moschee dovunque ci sia un ettaro di terreno libero e il sindacato unico nelle fabbriche (la CGIL). Meno male che almeno gli impiegati dell’Alitalia e i metalmeccanici della FIAT sono già sistemati: se non ci fosse stato il Cav con il cavolo che avrebbero ancora il loro posto di lavoro; e meno male che le case ai terremotati dell’Aquila sono già state costruite: senza il Berlusca sarebbero ancora nei container.. Ma tant’è.  Dove non arrivò la magistratura, Santoro, Fini e Tartaglia è bastata un po’ di Narda. E la Narda, (la sinistra questo lo sa, anche se la usa con parsimonia) se usata a proposito, ti fa vincere sempre”.
“La Narda?” ha fatto Dario. Lì per lì non aveva capito. Poi però ci è arrivato anche lui e ha scosso il capo. Ma era contento.

Al bar

venerdì 21 gennaio 2011

Quella sera, quando entrai nel solito bar, non mi ci volle più di un minuto per avvertire che c’era qualcosa di strano nell’aria.
Dovete sapere che ogni sera, non appena scoccano le sei, ognuno di noi, colleghi e colleghe tutti impiegati nella medesima ditta, usciamo dai nostri uffici, timbriamo il cartellino, e ci salutiamo velocemente sapendo già che, come facciamo da anni ormai, ci rincontreremo dopo 10 minuti davanti al banco del bar “da Beppino”.
E’ divenuta una tradizione, un rito, un modo per dimenticare la giornata di lavoro appena trascorsa e passare una mezz’oretta in compagnia scherzando, chi sorseggiando una bibita, chi davanti ad un caffè, tutti parlando del più e del meno, modo di dire che, nel caso di noi uomini ha il significato di: infervorarci per il Campionato di calcio, fare apprezzamenti sul genere femminile, malignare sul capufficio o sui colleghi assenti, raccontare qualche avventura (vera o tarocca) di viaggio, commentare le ultime notizie apprese dai giornali o dal telegiornale delle una, mentre per le donne significa essenzialmente: spettegolare sulla collega assente, fare apprezzamenti su di noi, criticare mentalmente l’acconciatura, gli abiti e il comportamento delle altre colleghe cercando di memorizzarli come spunti di conversazione da sfruttare alla prossima occasione.
C’è poi sempre una barzelletta da raccontare, un piccolo scherzo da fare, una battuta improvvisa che sorge spontanea nel gaio brusìo di quella pausa fuori orario e così, con il sorriso compiaciuto e ammiccante di Beppino (il gestore del bar, nostro amico), la mezz’ora vola via piacevolmente e contribuisce a rasserenare (e spesso dio sa se ce n’è bisogno) gli animi dopo una giornata di lavoro spesso difficile da sopportare.
Quella volta, no. Non era così, lo sentii subito, non appena, tutto sorridente e accaldato (ero un po’ in ritardo), spalancai la porta e mi fiondai nel bar.
Innanzitutto fui colpito dal silenzio. Strano, pensai. Il bar, almeno quando c’eravamo noi, era tutto un casino di gridolini, risate, seggiole smosse, e tutta l’atmosfera che si crea quando una ventina di amici si ritrovano tutti insieme davanti a qualcosa da bere. Quella volta invece, nisba. I miei colleghi stavano impalati, davanti al banco del bar, senza dire una parola. Beppino, davanti a loro, faceva finta di asciugare un bicchiere: tutti stavano in un silenzio innaturale. Quando entrai io nessuno si smosse se non due uomini, a me sconosciuti, che, seduti davanti ad un tavolino in un angolo della stanza, cominciarono a fissarmi dal momento in cui feci la mia entrata e da allora non mi tolsero più gli occhi di dosso.
“Che succede, ragazzi? Vi hanno ridotto lo stipendio, finalmente?”, dissi ad alta voce, cercando di ravvivare quel mortorio.
“Ciao, Biri.” Rispose a bassa voce Nello. E stop. Eh no. Non andava. Dovevo cercar di riportare un po’ d’allegria in quel locale. “Allora ‘sto Milan?” mi rivolsi a Nanni, sfegatato milanista, “va a finire che quest’anno non vince nemmeno la coppa del nonno” lo provocai cercando una reazione che smuovesse quella calma piatta. “Di che parli?” rispose invece Nanni piano piano, continuando a guardare davanti a sé e senza smuoversi di una virgola.
“Ragazzi” feci allora per sollecitare qualche commento “ma quante ne farà in un mese il Berlusca? Io dico quante il Bozzini ne fa in tutta la vita!!”.
Il Bozzini era il nostro collega più rozzo, triviale e battagliero; mi aspettavo una reazione esagerata.. Non rispose.
La cosa non era solo strana; diventava preoccupante. Mi voltai girando lo sguardo su tutta la saletta che costituiva il nostro bar. Beh, salvo i due sconosciuti, c’eravamo solo noi e Beppino. Vidi però che uno dei due scriveva qualcosa velocemente in un libriccino.
Provai l’ultima risorsa per far tornare il sorriso sulle labbra dei miei amici.
“Lo sapete come si è piazzato il Ragionier Caldini, che come si sa è il più cretino dell’intera Azienda, ai Campionati Mondiali dei Cretini?... Secondo!!”. Mi aspettavo il doveroso: “Perché?” ma nessuno commentò. Dovetti proseguire da solo: “Perché secondo? Ma perché è troppo cretino!!!” e scoppiai a ridere cercando di sollevare al riso anche quella banda di morti in piedi. Niente. Silenzio più silenzio.
Feci un cenno a Beppino; un gesto veloce con il pollice e l’indice della destra come a chiedere: “Ma che succede?”. Per tutta risposta il barista, senza muovere la testa, girò per un attimo gli occhi verso il tavolo dei due e poi li riportò velocemente nella posizione di partenza. “Ho capito” realizzai “Sono quelli il problema” e mentre mi apprestavo ad approfondire il mistero vidi che uno dei due, quello più alto che indossava un paio di occhiali neri (era quello che aveva scritto nel taccuino) si era alzato dalla sedia e si stava avvicinando al banco.
Ordinò un tè al limone, poi, rivolto Beppino: “Bella serata, non è vero?” chiese improvvisamente. Beppino era diventato più giallo del limone che lo sconosciuto aveva spremuto nella tazza di tè: “Oh.. non lo so” farfugliò “forse.” E, con la scusa di un bisogno improvviso, scappò nella toilette e non si vide più.
“Per me, il Milan, vincerà il Campionato. Lei che ne pensa?” fece allora quello, rivolto a Nanni. Il mio caro collega, famoso per essere più tifoso del più esagitato ultrà rossonero, rispose in un soffio: “Io? Mah.. Non seguo tanto il calcio. E poi io tengo per la Pro.. (si corresse), la Carrar.. (cambiò versione) il Burgess…” proseguì la parola con qualcosa di incomprensibile poi voltatosi velocemente corse all’attaccapanni, prese il giubbotto e sparì.
L’uomo non si smosse; voleva attaccar discorso anche se non ne capivo il motivo. Si rivolse al Bozzini e gli sparò a bruciapelo: “Lei, che ne pensa del nostro Presidente del Consiglio? Secondo lei merita di essere premier?”. Il Bozzini voleva essere morto. Alzò gli occhi al cielo in cerca di un aiuto ultraterreno, poi, visto che quello lo indagava con lo sguardo, dopo aver provato disperatamente a fingere di essere stato colpito da mutismo improvviso non potette esimesi dal rispondere: “Quale Presidente? Ahh.. Il Presidente… Come si chiama? Non ricordo il nome” si rivolse agli altri in cerca di aiuto “Come si chiama il Presidente del Consiglio??” ma tutti, come istruiti in precedenza si misero a fare “Chi?”, “Boh?”, Presiché?” fino a che lo sconosciuto rivoltosi a me direttamente mi chiese a bruciapelo: “Lei che ne pensa della situazione politica italiana?”. Non ne pensavo niente, gli dissi. Era vero.
E comunque intuivo che dovevo restare reticente, cauto, senza espormi. Anche se non ne capivo il perché.
Dopo altri dieci minuti di sofferenza, come Dio volle, quelli se ne andarono dopo aver lanciato una lunga occhiata su tutti noi. Appena usciti un sospiro di sollievo uscì all’unisono dai petti di noi tutti. “Ma chi diavolo erano quelli?” chiesi subito a Nello. Nonostante se ne fossero andati, il mio collega mi rispose in un soffio, all’orecchio: “Toghe Rosse….”, e si pose l’indice sulle labbra.
Ora l’atmosfera stava tornando più meno quella abituale anche se qualcosa di raggelante continuava a persistere nel bar.
Beppino, uscito dalla toilette ci chiese un favore: “Ragazzi, forza. Datemi una mano.” Così tutti ci demmo da fare a guardar sotto i tavoli, dietro le bottiglie o sotto le sedie per veder di trovare qualche cimice o qualche microfono spia. “Inutile” sospirò Beppino “Loro sanno come fare. Non si trova niente.” Poi disse che il giorno successivo avrebbe cambiato disposizione dei mobili e avrebbe fatto ritingere le pareti.
Ci salutammo e ci allontanammo in fretta da quel luogo. L’indomani ci saremmo rivisti in ufficio ma da quella sera non tornammo mai più al bar e Beppino non ci saluta più.

LETTERE AL BIRI -1- La persecuzione

lunedì 17 gennaio 2011

 “Pregiatissimo Biri;
cosa ne pensa dell’ennesima puntata della sovrumana lotta tra il Cavaliere e la Procura di Milano (i cui magistrati sono anche conosciuti come: Toghe Rosse)? E’ proprio possibile che il Patriarca d’Arcore sia colpevole di tante e tali nefandezze? E’ proprio possibile che i giudici si siano inventato tutto? Mi aiuti a interpretare questa saga giudiziaria che ricorda tanto quella cinematografica di Highlander, l’Immortale, Colui che nessuno riusciva ad eliminare. Ringraziandola anticipatamente e comunicandole che, per scusarmi del disturbo non mancherò di invitarLa a cena una volta che passerà dalle mie parti, la saluto cordialmente e mi firmo: Artemidoro Cei, Bragate”
Caro Artemidoro,
che dire? Anch’io sono rimasto sconcertato dall’ennesimo colpo di scena di cui mi (ci) ha gratificato il Cavaliere. Ho pensato: ora basta. Stop; facciamola finita; non se ne può più.
Fino a quando i solerti magistrati milanesi dovranno essere oggetto degli attacchi volgari e calunniosi  che il Cav rivolge loro nelle forme più diverse; fino a quando saranno costretti a distogliere le proprie risorse (fatte di professionalità giuridica certo ma anche riservatezza assoluta e rispetto della sfera privata dei cittadini) e dagli alti compiti istituzionali che loro competono per occuparsi invece dei reati che si consumano quotidianamente nella Villa D’Arcore; fino a quando la loro discrezione e oculatezza nell’amministrare la giustizia permetterà loro di continuare a guardare alle faccende private del Berlusca con la stessa imparzialità e onestà, e con lo stesso disdegno di qualunque protagonismo che li ha sempre contraddistinti ogni volta che hanno dovuto, loro malgrado, proprio perché non potevano farne a meno, dedicarsi ai reati che il Premier, forte della sua carica, compiva in continuazione?  
E invece, il Duce d’Arcore non desiste dai suoi comportamenti immorali costringendo i giudici ad occuparsi delle sue faccende private. E poi si lamenta anche, l’impunito! Dice che lui vuole essere padrone in casa sua (bella pretesa!), strilla che da anni i suoi telefoni e quelli dei suoi amici vengano controllati, proclama indignandosi che è stato indagato più volte lui che qualunque altro uomo della storia del genere umano pur non essendo mai stato condannato e denuncia il fatto (come fosse un segreto!) che tutto questo (lui la chiama Persecuzione, la vittima!) avviene perché i magistrati sono di sinistra.
Innanzitutto a casa tua, te, bellino (dico al Cavaliere), il tuo porco comodo non lo fai. Quello che fai te, sia a casa tua che in ogni altra casa, riguarda tutti, non solo i magistrati. Noi (intendo l’uomo qualunque, quello come te e me, l’uomo moderatamente colto e progressista, quello che fa il tifo per Battisti (non il cantante), per il “NO” a Mirafiori (tanto lui un lavoro o una pansione ce l’ha già) e per l’installazione massiccia di minareti e pale fotovoltaiche, quello che non si perde una puntata di Santoro e compra “Repubblica” con il DVD di “Benigni legge Dante” incorporato –operazione altamente culturale-) lo vogliamo sapere quello che fai, anzi; lo vogliamo vedere e lo vogliamo sentire, quello che fai tra le mura domestiche, in cucina, in salotto e specialmente in camera da letto. E se non ce lo riferisci per filo e per segno non venirti a lamentare poi se ce lo immaginiamo. E se viene fuori il solo sospetto di qualche irregolarità, qualche atto che potrebbe anche solo far pensare ad un possibile reato, è giusto, anzi, giustissimo che il fatto venga segnalato subito alla stampa sia italiana che estera (per completezza d’informazione, naturalmente) e subito dopo all’interessato tramite avviso a comparire davanti al giudice senza comunicazioni preventive ed entro un termine perentorio; diciamo una settimana ed è anche troppo.
E quanto al fatto che i giudici e i magistrati siano di sinistra non è certo colpa né dei magistrati né della sinistra; se quelli di destra ne erano capaci, potevano farseli loro i magistrati, se ci riuscivano.
E i reati del Nostro non sono mica di poco conto; a parte il fatto di andar per ragazze (pare), di evadere il fisco (si dice), di essere colluso con la mafia (si sussurra), chi è, tra i sinceramente democratici, che può sopportare ancora di essere governato da un premier che si dichiari esplicitamente “anticomunista”? O che ci sono i comunisti? O che ci sono mai stati, in Italia, i comunisti? O non lo vede, il Berlusca, che ogni volta che (per caso) qualcuno entra nell’argomento, sia Napolitano, sia D’Alema, sia Bertinotti, persino Mario Capanna e Caruso stesso si inalberano: “I comunisti?” dicono “O che sono? Mai conosciuti; mai visti. Nemmeno uno” precisano perentoriamente. Ergo, il Cav ha le visioni. O è in malafede e allora è giusto che debba inchinarsi di fronte alla Sacra Maestà della Legge.   
Permettimi, caro Artemidoro, di concludere dicendo che mi auguro ciò che qualunque cittadino veramente democratico di questo paese dovrebbe augurarsi e cioè che il Cav venga condannato a una pena detentiva abbastanza lunga che gli faccia passare la voglia di occuparsi ancora di politica. Magari grazie ad un reato infamante; più infamante è, meglio è. Sono sicuro che i nostri eroici giudici un’idea in tal senso già ce l’hanno (da anni ce l’hanno); dopotutto se sono lì (a fare i giudici intendo) è proprio perché chi ce li ha messi si aspetta che all’occorrenza (questa) ripaghino gli sforzi fatti per dar loro una carica prestigiosa, uno stipendio da nababbo e l’immunità penale perpetua contribuendo, con sprezzo del pericolo e tetragona determinazione, a neutralizzare il più acerrimo nemico delle gloriose fortune di quella che è la minoranza più illuminata del nostro Paese: il Popolo Sinceramente Democratico.
Saluti e, a presto!
Biri

UN TIFOSO

martedì 4 gennaio 2011

“Sai, Biri” esordì ad un certo punto Dario mentre stavo pensando a com’è strano il mondo; “proprio non ti capisco. Non capisco come tu possa essere dalla parte di Berlusconi, che, vorrai convenirne con me, è culturalmente, moralmente e persino esteticamente indifendibile. Cosa ci trovi in un ultrasettantenne che se la fa con le mignotte, che si tinge i capelli, porta i tacchi per sembrare più alto e ha nominato Bondi come Ministro della Cultura! Lo vedi anche te che vuol fare il piacione, tocca il culo alle ragazze che gli capitano a tiro, è sempre a raccontare barzellette che non fanno ridere nessuno e si è messo persino in testa di cantare! Ho letto che starebbe pensando di  fare un CD con le sue interpretazioni e, non ci crederesti, ma la cosa conoscendo il tipo, mi sembra persino plausibile. Ma come puoi sentirti vicino te che sei una persona intelligente, ad un pesce come quello?”
“Cavolo!” ho pensato: “Oggi Dario sta dando il meglio di sé. Senti un po’ che sparata! Ed anche divertente oltre che, verosimilmente, vera”.
Mi sono preso un po’ di tempo (due secondi) per riorganizzarmi mentalmente: urgeva una risposta pronta, esauriente e deterrente quanto bastasse perché l’amico non ci riprovasse in futuro.
“Lo sai Dario che mi hai stupito? Bravo! Devo farti i miei complimenti meritati e sinceri. In effetti tutto quello che hai detto sulle magagne del Cav è vero. Tristemente, squallidamente ma assolutamente vero. Il Tizio non vuole invecchiare, questo è certo. Deve avere una paura matta della vecchiaia e, non riuscendo a stipulare un patto col diavolo (anche se molti dei tuoi amici ne dubitano) deve arrangiarsi come può con i palliativi che un benestante come lui, può permettersi. E quindi gli piace circondarsi di belle ragazze, meglio se giovani e disinibite in modo che all’occasione giusta possano farlo sentire il gallo del pollaio, e gli piace che la gente rida alle sue barzellette che, a dire il vero, non sono nemmeno troppo divertenti ma comunque in grado di far fare grasse risate ai suoi devoti e a suscitare qualche sorrisetto imprevisto anche ai grandi della Terra con i quali il nostro ama incontrarsi. Per far vedere quanto è bravo si picca di saper cantare e alla prima occasione salta su, chiede silenzio, fa apparire dal nulla una chitarra ed obbliga (si fa per dire…) gli esterefatti presenti a sorbirsi le sue canzoni; canzoni napoletane! Cantate in napoletano! Roba de matt…”
Dario sorrideva; lo vedi? pensava, anche te mi dai ragione.. il Cav è indifendibile.
Alt! L’ho subito bloccato e ho ripreso:
“Ma allora, mi chiedi, ma allora perché sei uno di loro? Perché te (cioè io) che sei così intelligente (non è vero: nella media) sei uno di quelli affascinati dal Berlusca e te la prendi in ogni occasione con noi dell’opposizione che, poveracci, dopotutto facciamo il nostro dovere a combattere uno grezzo come quello che sta al Governo. Vedi Dario, la questione non è semplice; per spiegartela devo partire da lontano. Da quando ero un ragazzo.
Quand’ero ragazzo l’unico divertimento era quello di andare al cinema. Bastava avere il tempo (e io ce n’avevo: eccome!) e i soldi (quelli meno, ma a volte in qualche modo riuscivo a raccattare le poche lire che ci volevano per entrare in una delle sale cinematografiche della città) e il pomeriggio era salvo: fatti in un battibaleno i còmpiti, eccomi al cinema. Noi ragazzi sapevamo scegliere i film giusti; avevamo un debole per quelli che potessero farci sentire protagonisti della storia, eroi partecipi dell’avventura e non semplici spettatori. Dai sei ai dodici anni vidi decine di film d’avventura; avventure di ogni genere, ambientate in epoche diverse ed in paesi diversi: potevo essere il mitico Ringo, o Tarzan, o D’Artagnan, oppure Lagardère, il Corsaro Nero o il caporale della Legione Straniera o il detective privato sulle orme del gangster di turno…
Cos’era che ci affascinava in quei film, in quei personaggi, in quegli eroi?
Erano le situazioni di pericolo che affrontavano e superavano; era il coraggio che dimostravano di fronte ad ogni minaccia, era la spavalderia con la quale confondevano e sconfiggevano i loro nemici anche se questi erano armati delle armi più micidiali, anche se questi tessevano inganni e tradimenti, anche se questi erano disposti alle più inaudite vigliaccherie, alle più turpi menzogne, ai più biechi ricatti per sconfiggere l’eroe di turno.”
Feci una pausa: Dario non era certo uno stupido e indovinava dove mi apprestavo a colpire. Ripresi:
“Vedi Dario, noi amavamo quei personaggi perché noi tifavamo per Ringo quando balzava sul primo cavallo dei quattro che portavano la diligenza verso la salvezza mentre era inseguita da centinaia di indiani urlanti; e tifavamo per D’Artagnan quando con due piroette metteva alla berlina un drappello intero di Guardie del Cardinale, e tifavamo per Tarzan quando i cattivi bianchi civilizzati lo rinchiudevano in una gabbia per portarselo in America come trofeo; e similmente tifavamo per il Corsaro Nero quando, con pochi compagni assaltava la galea del Governatore di Spagna… Dario, in quei momenti io ero Ringo, Tarzan, D’Artagnan e il Corsaro Nero: per un miracolo prodigioso il cinema non mi raccontava più una storia fantastica di personaggi lontani e sconosciuti ma metteva in scena la mia stessa vita! (o almeno quella che avrei voluto fosse la mia vita).
Torniamo al Cav. Ha mille difetti, diecimila pècche, un carattere impossibile ma.. ma scusami se faccio il tifo per lui. Ormai non è più questione di chi ha torto e chi ha ragione: la contesa si è spostata su un altro piano: un piano sentimentale ed anche etico. Si tratta di fare il tifo per una di queste due parti: per chi da 16 anni è inseguito, braccato, minacciato, tradito, ingiuriato, ribaltatato, preso in giro, diffamato da un universo-mondo fatto di giornalisti, redattori, politici, politicanti, sindacati, comici, registi, produttori, satiri, presentatori televisivi, sindacalisti, politici, magistrati, masse d’urto di facinorosi di ogni grado ed estrazione o per colui che (a prescindere dai suoi difetti e dalle sue qualità) da16 anni manda regolarmente al tappeto tutti i suoi avversari, qualunque inganno gli tendano, qualunque violenza gli facciano, in qualunque campo “del fare” lo affrontino, e con qualunque arma, anche la più micidiale, anche la più scorretta.
Quindi vedi Dario di cosa si tratta e del perché se ne tratta, nel mio caso: faccio il tifo per il Cavaliere senza assolverlo dai tanti suoi peccati, senza dire o affermare o pensare che sia un Santo o un uomo senza difetti.. solo, forse mi potrai capire, ma tra Tarzan e i cacciatori bianchi io faccio “sempre” per Tarzan, e fra Ringo e i pellerossa che lo vogliono scotennare tengo “sempre” per il cowboy, e fra D’Artagnan e le Guardie di Richelieu, scusami sai, ma faccio un tifo sfegatato per il cadetto di Guascogna e godo un sacco quando tutte quelle guardie che avevano pensato di infilzarlo come un pollo, alla fine se lo prendono nel..”
“Ho capito, ho capito” s’è affrettato a interrompermi Dario e in effetti mai interruzione è risultata più opportuna.

LA BEFANA...

domenica 2 gennaio 2011

Si sa, oggi la Befana non dice mai di no. A nessuno. Una volta si pensava che i regali li portasse solo ai bambini buoni, intendendo così quelli che durante l’anno avevano dato rètta ai genitori, quelli che il pomeriggio si mettevano tranquillamente a fare i compiti senza bisogno delle solite implorazioni inascoltate, dei soliti ordini disattesi o delle solite minacce velleitarie, quelli che dopo cena, andavano da sé a dormire senza nemmeno bisogno di ricordargli che, dopo “Carosello”, bisognava mettersi a nanna. Poi, col passare degli anni e sulla rotta del buonismo dilagante anche la cara Befana, che per buona parte dell’anno in attesa dell’Epifania non ha letteralmente niente da fare, dopo averci pensato su per un bel po’, ha cambiato leggermente quelle regole che lei stessa si era imposta e che prevedevano per i piccoli che erano stati discoli nient’altro che una calza piena zeppa di carbone. Beh, come darle torto? Dopo anni ed anni spesi a leggere “Repubblica” e altri quotidiani consimili votati al perdonismo e al giustificazionismo ad oltranza (con le dovute eccezioni s’intende), considerate bene le sentenze dei tribunali e le loro scarcerazioni facili, e dopo aver visto che anche un terrorista pluriomicida basti che emigri all’estero e, se quando ammazzava militava dalla parte “giusta”, qualcuno che lo perdona, o che lo protegge, o che persino lo venera, lo trova sempre, beh allora, si è detta la vecchietta con la scopa, devo cambiare anch’io.
Da allora la regola alla quale si attiene la Befana è strapolitically correct: purché si appenda la calza, regali a tutti, nessuno escluso. Unica condizione: che si tratti di regali utili affinché non si vada in giro a dire che anche la vecchietta propaganda il consumismo.
Ecco quindi che da qualche decennio, i bambini ricevono i regali della Befana a prescindere dalla loro “bontà” pregressa; anzi. Siccome la ragione (ha pensato la vecchia volante) è di chi grida più forte degli altri (è entrata in questa convinzione da quando è diventata spettatrice assidua dei talk show così pacatamente e signorilmente animati, sotto l’imparziale giurisdizione di Santoro, da quel grande giornalista televisivo che è Travaglio, il mite Campione del Bon Ton), ecco che sono invariabilmente i più beceri ad aggiudicarsi i doni migliori. Non va bene, ha pensato la Befana, ed ha esteso la gamma dei beneficiati dai suoi regali anche agli adulti. Perché no? si è chiesta retoricamente; sono forse i grandi da meno dei piccoli? E per evitare di fare una discriminazione in tal senso ha messo l’Abarth alla scopa, ha aumentato la capacità del suo sacco ed ha anticipato di qualche giorno il periodo delle consegne per poter portare i regali della notte dell’Epifania anche ai grandi.
Ovviamente la lista dei doni è assolutamente top secret essendo la privacy una cosa importantissima (un’altra cosa che la vecchina ha imparato vedendo con quale integerrima scrupolosità si tutelino da noi gli affari privati dei cittadini) ma, utilizzando una tecnica sofisticata approntata e perfezionata da quel burlone di Assange (sì, il volpone di Wikileaks)  io (sì, proprio io)sono riuscito a conoscere il contenuto dei pacchi che, via scopa-bus, la Befana porterà ad alcuni politici italiani. (Ovviamente non posso mettere la mano sul fuoco sull’autenticità di queste notizie di per sé riservatissime ma, appellandomi alla famosa libertà di stampa e di opinione non dubito di poter stroncare sul nascere qualsiasi velleità censoria nei miei confronti. Quanto alla possibilità che le notizie siano inesatte che devo dire? Non posso escluderlo; non più però di quelle che la velina rossa più amata dagli italiani propina giornalmente a schiere di fedeli lettori; del resto che cos’è la verità se non una bugìa non ancora scoperta? Quello che mi interessa di una notizia, più che sia vera è che essa sia verosimile: è la verosimiglianza il massimo che possiamo aspettarci da una notizia, la qualità più prossima all’inafferrabile verità).
Allora ecco la lista (parziale) dei VIP politici con i regali che la Befana metterà nelle loro calze:
a Fini:                                  Un piffero di abete, tutto fatto a mano da un vecchio boscaiolo di Cortina (SPIEGAZIONE: come è noto, il Presidente super super partes appartiene honoris causa alla Congrega dei Pifferai di Montagna, quelli che partirono per suonare e tornarono suonati…)
a Bocchino:                    Un megafono da 2000 decibel (SPIEGAZIONE: dal fatidico 14 Settembre, il Carneade che in poco più di tre mesi era diventato uno dei politici più autorevoli e considerati da “Repubblica”, Santoro, Fazio e affini; colui che era ambitissimo dagli anchor men, quello sempre presente in ogni dibattito, convegno, intervista o talk show televisivo, si è improvvisamente eclissato dalle telecamere e dagli editoriali. Non lo si vede più, non lo si sente più: è completamente sparito. Si è parlato di una rara malattia simile alla vertigine. Essa colpisce chi si trova improvvisamente ed immeritatamente spinto in alto: se uno non ci è abituato ecco che l’altezza gli dà alla testa la quale comincia a girargli, a girargli e gli impedisce, per quanti sforzi faccia, di parlare. Il megafono di Babbo Natale riuscirà a fare in modo che lo sventurato riesca, come una volta, a far sentire la sua voce?).
a Scalfari:                         Un contratto decennale di collaborazione esclusiva con “Repubblica” di Barbara Alberti, Signorini e Solange (SPIEGAZIONE: affinché il suo giornale, scaduto in pochi anni da quotidiano più autorevole d’Italia a bollettino specializzato in propaganda politica, cronaca pruriginosa e chiacchiericci scandalistici, se deve proprio dedicarsi agli oroscopi, al gossip o alle puttan-news lo faccia almeno in modo professionale e divertente)
a Bersani:                         Un maglione di lana merinos a coste larghe e un passamontagna di pile. (SPIEGAZIONE: dopo essersi scagliato in ogni occasione contro il Cav, ora il Bersa si accorge che i pericoli per lui vengono dai suoi, tutti intenzionati a farlo fuori a cominciare da D’Alema, Fassino e il pugliese con l’orecchino. Tutti, nel PD, cospirano contro di lui alle sue spalle e così tanti spifferi provenienti da tutti i lati tengono il povero Bersani in costante apprensione; un bel maglione di lana caldo e pesante potrà almeno aiutarlo a sopportare meglio, se non il defenestramento che sembra imminente, almeno il torcicollo).
A Di Pietro:                                            Un vocabolario Burino-Italiano e Italiano-Burino completo di indicazioni per la corretta pronuncia dei vocaboli. (La simpatica vecchietta ha però molte perplessità sul fatto che il Campione di Tutti i Giustizialisti riesca a consultarlo da quando ha saputo che il leader dell’iddivù stette per due anni senza riuscire a telefonare a nessuno fino a che Donadi, impietosito, gli disse che i nomi nell’elenco telefonico, quello che Di Pietro consultava per ore senza mai riuscire a trovare il numero della persona che cercava, erano ordinati in ordine alfabetico).