Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

Sciàlla!

mercoledì 30 novembre 2011

Bersani (Gargamella per gli amici) era preoccupato; "E ora chi ci va dalla Camussa a dirgli che il Governissimo ha deciso di far cassa risparmiando sulle pensioni? SuperMario vuole alzare l'età minima per poter andare in pensione, togliere quelle di anzianità ed eliminare l'adeguamento all'inflazione per le pensioni in essere. Chi la sente quella? Come minimo indìce uno scioperone come non si è mai visto e io, che ho appoggiato Monti senza se e senza ma, ci faccio la solita figura di m...da. No no; bisogna trovare una soluzione".
Così il Segretario andò a consultarsi con Maria Rosaria.
"Sangue freddo, Garga, e niente isterismi" fu la prima cosa che gli disse Rosy quando fu messa al corrente delle sue preoccupazioni; "con la Scioperaia ci parlo io. Tu stai sciallo" gli disse per rassicurarlo usando un termine di moda che, gli avevano assicurato gli esperti massmediatici del Partitone, giovava all'immagine (e Dio sa, se Maria Rosaria ne aveva bisogno!) di una Presidentessa attenta alle istanze e ai problemi dei giovani.
Bersani respirò: finalmente questa volta sarebbe toccato a qualcun altro togliere queste castagne dal fuoco! Inspirò profondamente e uscì a passo lesto dalla stanza dirigendosi di gran carriera verso il Circolo ARCI di Pietralata dove, al termine della solita abbuffata a base di spaghetti all'amatriciana e  di carciofi alla giudìa, doveva presenziare, in qualità di ospite, al dibattito sul tema di grande attualità democratica: "Se Berlusconi è il padre di questa crisi, chi è la madre?".
Quando Maria Rosaria si trovò davanti alla Camussa e le spiegò perché sarebbe stato poco opportuno indire uno sciopero contro Professormonti sul tema delle pensioni, tutto si sarebbe aspettata meno che quella scoppiasse a ridere senza ritegno con quella gran vociona proletaria che rimbombava sulle pareti della stanza con il frastuono di dieci presse della catena di montaggio della Panda.
Dovettero passare tre minuti buoni prima che la capa dei soviet ciggiellìni, una volta ricompostasi, potesse dare alla Bindi le necessarie spiegazioni del suo comportamento così inaspettato e bizzarro.
"Tranquillo, soldato Bindi" le fece con quel tono spedito e cameratesco che la contraddistingueva fra i mosci appartenenti alla confraternita dei dirigenti sindacali, "la guerra già l'abbiamo vinta: non perderemo un'altra battaglia".
Poi fece accomodare Maria Rosaria su una larga poltrona e, ritta davanti alla Presidentessa, non perse un secondo in più per palesare il suo pensiero.
"Compagna mia" le disse suscitando nella Bindi qualche apprensione, "Posso comprendere le tue preoccupazioni. Certamente non possiamo tacere sull'attacco che Professormonti e company si apprestano a portare alle pensioni e del resto tu sai benissimo che i pensionati costituiscono il 95 per cento degli iscritti alla ciggielle ed il 100 per cento tra coloro che partecipano a quegli scioperi che spesso, a malincuore (e qui fece un sorrisetto che la diceva lunga...), sono costretta a indire. Ovvio pensare che se tutti i pensionati ritirassero la loro iscrizione al nostro sindacato, probabilmente resteremmo con la tessera solo in due: io e... (guardò la Bindi come per avere da lei un cenno di conferma ma vedendola scuotere energicamente la testa, cambiò bersaglio e proseguì, come se niente fosse) ... e il Garga.
Prese fiato, tracannò un bicchiere di barbera che si trovava come per caso sul tavolo, e proseguì: 
"Ma, pur appoggiando Monti ed il suo governo, non possiamo nemmeno permetterci di fare finta di niente o peggio di ignorare queste misure che ricadranno comunque sulla pelle dei pensionati presenti e futuri. Per questo ho deciso la linea che intendo seguire. Darò a tutti i dirigenti sindacali una direttiva che in sintesi è questa: si dirà che, pur se Berlusconi aveva già deciso di intervenire pesantemente sulle pensioni, il Governo, accogliendo la richiesta della ciggièlle ha convenuto di lasciare le pensioni come stanno. 
L'unica, piccola modifica che verrà fatta all'attuale sistema servirà per realizzare quella parità tra uomini e donne (per la quale ci siamo sempre battuti), che la cricca del governo precedente si era sempre rifiutata di fare."
Maria Rosaria non capiva. Ma la Camussa non sapeva che si profilava l'aumento dell'età pensionabile, il diritto alla pensione di anzianità portato da 68 a 73 anni, il calcolo della pensione effettuato col metodo contributivo per tutti, il blocco dell'adeguamento al costo della vita per le pensioni in essere? Non diceva niente insomma sul fatto inconfutabile che si sarebbe dovuto lavorare più anni per andare in pensione più vecchi e con meno soldi?
"Sciàlla, soldato" le disse la Camussa non appena fu messa al corrente dei suoi dubbi. (A proposito, anche la Camussa, come del resto quasi tutti i dirigenti del piddì, usava il gergo giovanilista così di moda in questi giorni. Era trendy, era cool e come ho detto era usatissimo da quasi tutti i dirigenti e affiliati al Partitone. Non ho detto: tutti; ho detto: quasi tutti. Tutti quelli di settant'anni e passa).
"La verità non è quella che è nella realtà dei fatti; la verità è quella che si dice e se noi diciamo che le pensioni non vengono toccate, questa è la verità. Del resto, amica mia, a chi ci rivolgiamo noi? A due tipi di persone: a persone che sono già disposte ad accettare la nostra versione dei fatti anche se sembra cozzare con la realtà delle cose e a persone che non sono interessate al problema. Ai milioni di pensionati iscritti al nostro sindacato cosa vuoi che importi se i lavoratori di oggi andranno in pensione più tardi e con meno soldi? Loro in pensione ci sono già e sono tutti protesi a restarci il più a lungo possibile. Quello che vogliono è continuare a partecipare ai nostri scioperi, alle nostre bellissime gite, ai nostri comizi. Col loro bel fazzolettone rosso intorno al collo quando applaudono quello che parla al microfono si sentono giovani e quando vengono inquadrati fugacemente dalle camere di RAI3 si sentono importanti. A loro basta così poco; perché mai dovrei rendere la loro vita più amara di quanto è già?"
Maria Rosaria taceva. Pensava. Ma perché mai era venuta a parlare con la Camussa proprio lei? Da ora in poi ci avrebbe mandato Bersani, almeno fino a che quello restava Segretario.
"Anzi" proseguì la Camussa che per qualche secondo era rimasta preda dei suoi pensieri, "Sai che ti dico? Domani indico un bello sciopero per il prossimo venerdì. Uno Sciopero Generale. Vedrai, sarà un successo mai visto".
Rosy non capiva:
"Uno sciopero? Ma contro chi? Per che cosa? Il Berlusca non c'è più e Professormonti ha l'immunità globale. Per cosa allora uno sciopero?".
La Camussa guardò Maria Grazia sorridendo.
"Sciopero Generale contro i Cambiamenti Climatici ed il Riscaldamento Globale!. E voglio proprio vedere chi non partecipa." annunciò con la sua voce stentorea.
Maria Grazia pensava e lì per lì restò senza rispondere.
La scosse la Camussa con quel vocione che sembrava Mangiafoco:
"Su con la vita, soldato! Ci vediamo al corteo! E sciàlla!".

Qualche cosa di buono

giovedì 17 novembre 2011

Il giorno del varo del Governo Monti, Berlusconi era inc..ato nero. "Ma come si fa a dare in mano le sorti dell'Italia a un drappello di antipatici precisini, a dei banchieri, professori, consulenti finanziari e altri illustri sconosciuti senza nessuna esperienza internazionale? In che mani siamo! E Napolitano che pur di sbarazzarsi del sottoscritto ha dato carta bianca a quel... quel...  Economista! Come se bastasse sapere di economia per salvare l'Italia!".
Il Cavaliere non solo non era voluto andare all'incontro in cui il nuovo premier aveva presentato la lista dei suoi ministri, anzi, aveva ostentatamente lasciato spento il televisore per non rischiar di prendersi un'altra arrabbiatura a veder il trionfo del suo successore e a sentir la litania di lodi e apprezzamenti che avrebbero accompagnato la lettura di ogni nome della sua lista.
La sera stessa però, convocò nel suo ufficio personale il fido Fede per saperne di più sulla composizione del nuovo Governo o de "L'illegittimo direttorio", come lo chiamava lui.
Fede cominciò a leggergli la lista dei ministri fermandosi dopo ogni nome per dar tempo all'ex-premier di fare i propri commenti.
"Alla Giustizia c'è una certa Paola Severino" cominciò Fede.
"Bella roba!" commentò il Cav; "Una magistrata comunista! E per di più ricca sfondata! Roba da chiodi!";
"Agli Interni c'è una Prefetto. Anna Maria Cancellieri".
"Fai vedere" disse Berlusconi strappando dalle mani del fido anchor-man la foto che ritraeva la nuova ministra;
"E questa sarebbe una donna! Ma guardala un pò. E' anche grassa, cosa vuoi che faccia. Non se la filerà nessuno. Se penso che hanno mandato a casa la Carfagna!"
"Elsa Fornero al Welfare", proseguì Fede;
"La conosco. Niente di buono neanche lì. Una banchiera, una secchiona. Sconosciuta ai più."
E mentre Fede continuava con la lettura della squadra di Governo, ad ogni nome si sentiva il Berlusca commentare:
"Ma questo chi è! Questo ce lo ha messo Prodi! Questo è antipatico anche quando dorme! Questo è amico di Vendola!" fino a quando Fede gli lesse l'ultimo nome: 
"E poi c'è Corrado Passera allo Sviluppo" fece come en passant, e si mise ad aspettare la reazione del Capo.
Berlusconi lì per lì non rispose. Con il capo abbassato sulla sedia e la mano sulla fronte si vedeva che pensava profondamente.
"Passera, Passera... questo nome non mi è nuovo" faceva grattandosi la testa. Poi, improvvisamente, un largo sorriso gli affiorò sulle labbra, gli occhi, da spenti che erano, tornarono a scintillare come ai suoi giorni migliori, ed il Berlusca scattò in piedi con una agilità insospettabile in un uomo che molti, ormai, davano sul viale del tramonto.
"Quanti ricordi Emilio! Quanti bei ricordi!" fece tutto contento.
Fede si mise in attesa di saperne di più, stupito e felice nel vedere che il suo idolo si era rasserenato.
"Devi sapere, caro Emilio" cominciò il Cavaliere "che quando decisi di scendere in campo mi accorsi con sgomento che di politica non ne sapevo niente. D'accordo che ero un imprenditore di successo, sapevo parlare due o tre lingue, avevo una discreta cultura e una dialettica accattivante, ma di cose adatte per stare al Governo ero assolutamente ignaro. Con la volontà ferrea che mi ha sempre contraddistinto volli pertanto studiare da premier anzi, da statista. Lessi e studiai le biografie dei Padri della Patria, mi iscrissi a superai a pieni voti decine di corsi di aggiornamento sulle Partecipazioni Statali, sui Cambi Internazionali, sulle regole europee di intermediazione. E più di ogni altra cosa, partecipai a corsi su corsi di economia politica, di politica economica, di tecnica bancaria cercando di divenire esperto di fluttuazioni di cambi, esperto nel prevedere le tendenze monetarie e i flussi monetari; tutto questo per diventare un vero leader. E tra gli autori i cui testi più mi aiutarono a divenire quello che sono, devo dire che quelli di Corrado Passera furono i miei preferiti e fra i miei punti di riferimento i più indispensabili.
Lessi e studiai ogni pubblicazione del celebre banchiere cercando di impadronirmi di tutte le tecniche che avevano portato quell'oscuro travet nell'Olimpo degli economisti europei.
I suoi libri erano sempre con me, come compagni fedeli ai quali ricorrere quando ci fosse stato bisogno di prendere qualche importante decisione. Non a Abramo Smith, nemmeno a Weber o a Einaudi; solo il grande economista della Bocconi divenne il mio faro, il mio punto di riferimento, il mio Mentore; quasi una ossessione al punto che dimenticavo perfino di mangiare pur di nutrirmi alle sue teorie. Qualcuno diceva che mi nutrivo di pane e Passera (Corrado). Le sue disquisizioni economiche quasi mi inebriavano. "Ti sei fissato di Passera" diceva mia moglie, preoccupata per questa passione che lei non riusciva a capire. Anche i miei amici se ne accorsero poiché quando uscivamo insieme, non potevo fare a meno di parlare dei lavori di Corrado. "Non fai che parlare di Passera" mi dicevano preoccupati, "Non pensi ad altro".
Ad un certo punto il mio entusiasmo verso questo grande luminare mi portò a dire, senza paura di esagerare, che campavo solo per lui, per i suoi scritti. Vivevo solo di Passera insomma." concluse Berlusconi con una luce malinconica negli occhi.
"Non ne ho mai dubitato, mio Presidente" disse Fede prima di accomiatarsi: lui, il Berlusca, lo conosceva da tempo immemorabile. "Cosa devo dire ai giornalisti che vogliono una sua opinione sulla composizione del nuovo Governo?" domandò poi prima di uscire dalla stanza.
"Di loro che non lo condividiamo ma... non è tutto da buttare. Qualcosa di buono nel Governo Monti c'è. O almeno ci sarebbe." rispose il Cavaliere con un sospiro. Poi si riaccomodò sulla sua poltrona preferita, immerso nei ricordi.



La crisi dei satiri

mercoledì 16 novembre 2011

Bersani era preoccupato. Il Segretario democratico non era abituato a vedersi circondato in casa sua da un numero così imponente di persone; era tutta gente dello Spettacolo quella che occupava l'anticamera della Segreteria piddiina, una piccola folla ma determinatissima a far valere le proprie ragioni e ad ottenere qualche certezza in un periodo dove si addensavano ombre minacciose.
"C'è crisi... Lo sapete che c'è crisi...; Ragionate...; Abbiate pazienza...; cercheremo di venirvi incontro... Non lasciatevi prendere dal panico" diceva Gargamella (per gli amici) a chiunque riusciva ad avvicinarlo ma pochi erano disposti a rassegnarsi o ad ascoltare le parole di generica solidarietà offerte dal preoccupatissimo Segretario.
D'accordo che la crisi c'era, e si faceva sentire per tutti, ma per i lavoratori, anzi: "gli Artisti" dello Spettacolo rischiava di trasformarsi in una vera e propria catastrofe.
"Bisognava pensarci prima!" bofonchiava a mezza voce, ma in modo che tutti la sentissero, Maria Rosaria da Sinalunga; "Abbiamo fatto di tutto per farlo fuori e ora che ci siamo riusciti ci si ritrova a questo? E mi si viene a dire, ora, che nessuno aveva pensato alle conseguenze. Il fatto è che in questo partito non ce n'è uno solo che abbia la stoffa del leader. Non ce n'è uno che ci abbia le palle!" sibilò quando si trovò a passare accanto a Bersani il quale, cercando di farsi piccino piccino, si ingegnava per trovare un modo per trarsi di impaccio.
Alla fine riuscì a sfuggire alla folla di dimostranti tramite un opportuno passaggio segreto che era stato approntato al tempo in cui il Cav aveva vinto le elezioni nell'eventualità che ci fosse bisogno di doversela svignare alla chetichella. Il passaggio portava direttamente in una stanzina laterale con le pareti imbottite dove le urla, le minacce e gli improperi dei facinorosi non potevano arrivare.
Gargamella, ormai abbastanza sicuro di non poter più essere disturbato dai manifestanti fece chiamare anche D'Alema, Franceschini e Fassino in modo da poter mettere insieme un piccolo consiglio (ovviamente democratico) per trovare una soluzione alla situazione incresciosa che si era venuta a creare.
"Ma insomma chi sono? Cosa vogliono?", tutti chiedevano delucidazioni al Segretario.
"Chi sono? Ma li avete visti. Comici tipo Zelig, vignettisti,  conduttori di talk show, giullari televisivi, buffoncelli vari. Insomma, sono i satiri. I satiri antiberlusconiani. Non venitemi a dire che non li conoscete" rispose piccato Garga, poi aggiunse: "Ora sta' a vedere che questi si chiamano fuori! Va a finire che me li sono inventati io! Maledetti!" ringhiava in cuor suo Bersani. 
Però una spiegazione urgeva; era impellente. Il Segretario in due parole mise gli altri al corrente della situazione.
"Il problema è serio, spero l'avrete capito. Con la caduta del Cavaliere tutta questa truppa di comici, battutisti, doppiosensisti, monologhisti e simili, i Cornacchioni, i Vauri, i due Guzzanti, Crozza, Benigni, la Dandini e tutti quelli che hanno vissuto e prosperato finora prendendo per i fondelli il Berlusca, adesso che la vittima designata non c'è più, rischiano di trovarsi disoccupati da un giorno all'altro. Pensate a Santoro. Dopo anni di denunce di complotti di ogni tipo, alla fine riesce ad uscire dalla RAI e a metter su un programma personale e adesso rischia di non avere argomenti da trattare. Nessun deputato da mettere in difficoltà, nessuno da diffamare, nessuna intercettazione da far leggere in diretta.... Mettetevi nei suoi panni. Tra un pò  sarà costretto a fare un programma "normale" e imparziale e non se lo filerà più nessuno."
"Ma tutta questa gente non rischia niente" disse Franceschini che, giovane e inesperto, non aveva capito come girano le cose, in Italia; "Vuol dire che da oggi metteranno nel mirino della loro satira Monti, e oltre a lui frugheranno nella sua famiglia, fra le sue amicizie, le sue frequentazioni, il suo passato. Si concentreranno sui Ministri del suo Governo per trovare spunti alle loro facezie a luci rosse, alle diffamazioni varie, ai doppi sensi, agli anagrammi, alle poesiole divertenti.. Insomma, pensa solo ai nomi: c'è Profumo, c'è Passera... hai voglia a trovar spunti per prendere in giro anche questi! hai voglia a far satira!". 
Gli altri lo guardarono con commiserazione scuotendo la testa; era giovane Franceschini e non aveva capito niente.
"Amico mio" gli fece D'Alema, "non so se lo hai capito ma le cose sono cambiate. Al Governo non c'è più nessuno da poter prendere in giro e se contro i potenti non si può satireggiare la satira muore. Che satira sarebbe quella che mette alla berlina non chi comanda, ma chi è all'opposizione? Insomma l'aria è cambiata. Irreversibilmente. E se i nostri amici "artisti" non se ne sono accorti, peggio per loro; non prevedo giorni facili per quelli che pensano di proseguire come prima. Adesso Monti e tutti quelli del Governo, si chiamassero pure Grullone, Porcellino, Gnocchetta o Discarica, sono intoccabili, inavvicinabili, intangibili. Escludiamo pure il Papa e Napolitano (specie quest'ultimo) e, di quelli che contano non si può più satireggiare nessuno. Ovvio che chi campava sul mettere alla berlina il Cav, ha ragione ad esser preoccupato."
Era il momento delle decisioni coraggiose; era il momento di prendere il toro per le corna. Maria Rosaria convocò tutti i manifestanti nella sala delle riunioni (democratica):
"Signori" disse con il tono delle grandi occasioni guardando negli occhi tutti i giullari della satira schierati davanti a lei (buffoni, imitatori, monologhisti, registi burloni, conduttori, vignettisti, attorini, cabarettisti, santorini, littizzetine, guzzantisti, benignetti, cornacchioni, vernacolieri e chi più ne ha più ne metta) ora che il Cav è stato defenestrato e non conta più una pippa non vi rimane che una cosa da fare."
Nella grande sala si fece un silenzio assordante; non si sentiva volare una mosca. Tutti quegli artisti erano in attesa di sapere quale sarebbe stato il loro futuro. Potevano forse rivolgere i loro strali satirici contro Monti? O su Passera? Potevano mettere alla berlina Fini forse? O fare battute al vetriolo su Napolitano?
La Bindi finalmente parlò:
"Sentite amici. L'unica cosa che potete fare, se non volete dover smettere di far satira, è quella di far finta che non sia successo niente! Cioè, anche se il Berlusca non c'è più ed il suo partito non è più al Governo: sotto! Fate finta che ci sia ancora, che comandi ancora, che opprima il popolo, le classi lavoratrici e gli estracomunitari più di prima! Mettete in ridicolo l'esenzione dell'ICI sulla prima casa e l'espulsione dei clandestini; preparate barzellette sulla Gelmini, sulla Santanché e su tutti i difetti fisici che notoriamente affliggono chi è nel PDL! Se il Cavaliere non c'è più, fregatevene!"
Un applauso scrosciante salutò queste parole. I timori di disoccupazione precoce per quei valenti satiri erano fugati; la Satira Antiberlusconiana Perpetua era ancora viva e lottava con noi.

Sic transit gloria mundi

sabato 12 novembre 2011

Non appena ebbe varcata la soglia di quella villa così lussuosa, il Dottor Anselmi non tardò ad accorgersi che qualcosa non andava. La casa, come sempre, risplendeva di stucchi, marmi e lampadari di Murano; i fiori dell'enorme giardino all'italiana facevano ancora sfoggio di tutti i loro colori ed i loro profumi e, al di là del grande atrio, la piscina a tre vasche luccicava, azzurra, invitante come tante altre volte a piacevolissime e refrigeranti trasgressioni... solo che questa volta c'era per l'aria un'atmosfera strana, triste, come quella che si presagisce in una casa dove, sconosciuto ma drammaticamente presente, giace dietro una porta nascosta, circondato da quattro ceri e poche facce devote, il cadavere di un uomo la cui morte si vuole ad ogni costo tenere segreta.
Anselmi era stato svegliato nel bel mezzo della notte da una telefonata angosciata dove una voce femminile, pronunciando a malapena poche frasi inframezzate da singhiozzi, lo pregava, in nome di una vecchia amicizia, di venire subito ad Arcore. Le parole della donna lo allarmarono: "... non ragiona più. Temo per la sua salute... La prego corra qua; non c'è un minuto da perdere".
Il Dottor Anselmi saltò fuori dal letto, si vestì in un lampo, corse in garage a prendere la sua auto e dopo nemmeno mezz'ora era già davanti ai cancelli della villa dell'amico dove l'attendeva una donna in lacrime che gli fece strada nel grande atrio e poi lungo il corridoio che traversava tutto l'enorme edificio. Il Dottor Anselmi, prima di vedere il suo amico volle sapere esattamente la patologia che lo aveva assalito.
"Venga, venga", disse la donna invitandola a seguirla e lo introdusse in un salottino dove, seduto su una larga poltrona, lo aspettava, preoccupatissimo, Poldino.
(Nota del Biri: Si trattava di Bondi che gli amici, fin da quando era piccolo, avevano soprannominato affettuosamente Poldino. Niente di strano che il Dottor Anselmi, amico sia di lui che del Cavaliere, si riferisse all'ex ministro con quel simpatico nomignolo).
"Caro dottore" fece Poldino come iniziò ad illustrare i sintomi che aveva cominciato a manifestare l'illustre infermo, "io penso che sia tutto cominciato col Ponte di Messina".
"Come? Cosa c'entra il Ponte? Si spieghi, Poldino, la prego" chiese Anselmi che, educatissimo, seppur riferendosi ad un caro amico, mai avrebbe rinunciato a dargli del "lei".
"Beh, il Cav aveva pensato di aver avuto un'idea geniale: in un colpo solo dotare l'Italia di una grande infrastruttura, unire la Sicilia all'Europa e creare migliaia di posti di lavoro. Chi avrebbe potuto fare di meglio? Invece si accorse con raccapriccio che l'idea non piaceva a nessuno. Tutti gli si misero di traverso: gli ecologisti, i Verdi, i Padani e la grande stampa italiana. Passarono mesi, poi anni. Il Ponte non decollava. Alla fine dovette rinunciare all'idea".
"Da allora fu tutto un susseguirsi di sventure. Prima Fini che lasciò la maggioranza, poi i magistrati che si misero ad indagare sulle sue innocentissime abitudini sessuali, poi la sentenza che lo obbligò a pagare una cifra spropositata nelle tasche del suo acerrimo nemico, e poi  di seguito l'affare Mills, e quello dei diritti Mediaset, e Ruby, le Papi-girls, la D'Addario e il Milan che perdeva e perfino un Duomo di Milano tutto per lui, in piena faccia!
La sicurezza di un uomo che aveva avuto tutto il mondo ai suoi piedi cominciò ad incrinarsi, a vacillare, a ripiegare. "Come?" si diceva tra sé e sé: "Io amo tutti e gli altri mi detestano? Perché? Perché?" e dimagriva a vista d'occhio.
Provò a superare la crisi, ad andare avanti, a tornare quello che era sempre stato; nonostante Santoro, e Fazio, e la Littizzetto, e Floris; nonostante Crozza e la pubblicazione delle intercettazioni personali, nonostante i problemi del divorzio da sua moglie, Dio sa se cercò di dimenticare tutto, pur di proseguire nella sua missione!". Poldino si asciugò una lacrima; il Dottor Anselmi prendeva appunti. 
"Non ci fu niente da fare. Le sue condizioni peggioravano a vista d'occhio. La sua credibilità si erodeva giorno dopo giorno e lui non poteva farci niente. Cambiò anche fisicamente; i capelli sintetici che portava da neri che erano gli diventarono rossicci, il collo quasi scomparve, il torace gli si ingrossò: ormai le sue giacche erano più larghe che lunghe. Tutto cominciò ad andargli storto; si accorse con terrore di perdere autorevolezza, di non avere autorità, di non essere più in grado di onorare le promesse che aveva fatto a destra e a manca.
"Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani" aveva detto solo pochi giorni prima di aumentare i ticket sanitari, le accise sulla benzina e l'IVA sui prodotti alimentari. Aveva anche promesso di ridurre le tasse spiegando agli ignoranti che la gente paga volentieri le tasse se la pressione fiscale non supera il 33 per cento mentre è giustificata l'evasione se quella pressione supera il 45 per cento; Dottor Anselmi, lo sa come è andata: la pressione fiscale è salita al 47 per cento e l'evasione si è diffusa a velocità vertiginosa: "Ce l'ha detto il Berlusca che siamo scusati se non si pagano le tasse", si giustificano quegli impuniti degli evasori. Certamente erano provvedimenti che Lui non voleva prendere; però li ha presi. Sa Dottor Anselmi, bisogna scusarlo: le pressioni internazionali, la Nato, i mercati, Napolitano e quella tr..ia della Merkel, come la chiama lui. Non riusciva a tener dietro ad una promessa che è una. Ultimamente aveva annunciato: "Ho fatto un accordo col colonnello Gheddafi, che è  qualcosa di favoloso. Noi gli si dà un tot di miliardi per risarcirlo dei danni dell'occupazione coloniale, e lui non ci manda i clandestini ad invaderci. Siamo diventati amici carissimi; non lo tradirò mai." Poi, si sa come va: Sarkozy, Obama, la NATO che premeva.. insomma è stato costretto (ma non voleva! non voleva!) a mandare i nostri aerei a bombardare la Libia in modo che, grazie al nostro appoggio, il raìs è stato linciato in diretta e in Libia si è insediata Al Qaeda.
E poi ci si sono messi i mercati. Dietro le pressioni europee il Cavaliere varava una manovra al giorno salvo disconoscerla il giorno successivo. "Taglierò i parlamentari!" e quelli facevano quadrato e, impauriti, cambiavano schieramento; "Abolirò le Province!": niente da fare; tutti contrari e lui doveva rimangiarsi la promessa; "Accorperò i comuni!": peggio che dire "brutto" ai loci; i Sindaci facevano quadrato e dell'accorpamento non si parlava più.
Ora aveva cominciato a dubitare di sé stesso. Faceva lunghi monologhi davanti allo specchio, dava di fuori. Non riusciva più a portare a termine le cose che per lui erano sempre state le più semplici. Una sera Apicella, mentre lo accompagnava alla chitarra, dovette interromperlo mentre il Cav cantava la sua hit "O' sordato 'nnammurato"; "Mi scusi la franchezza, ma stasera Lei stona". Lui se ne era reso conto e, zittitosi, non aveva più aperto bocca per tutta la serata. Un'altra sera, mentre si apprestava alla solita opera di volontariato serale che consiste, come tutti sanno, a testare le qualità artistiche di alcune giovani ragazze disagiate in modo che possano emergere professionalmente nei reality televisivi, una di queste è stata vista uscire, visibilmente incavolata dalla camera dove lui tiene abitualmente lezioni di lap dance dicendo, in modo che tutti la sentissero bene: "E' meglio che me ne vada; che ci sto a fare qui? Stasera, non è aria". Converrà con me, Dottor Anselmi, che le premesse per quello che è avvenuto, c'erano tutte". 
Poldino si zittì in attesa ma Anselmi continuò per un pò a scrivere nel suo taccuino senza rispondere, poi, rivolto a Bondi, disse:
"E ora, Poldino, mi dica cosa è successo negli ultimi giorni".
Poldino riprese fiato, bevve un bicchiere d'acqua e dopo una lunga pausa dolorosa, continuò a nararre la cronaca di quei tristissimi giorni.
"Beh, è successo tutto a velocità vertiginosa. Un attimo, un lampo e tutto è cambiato. Prima ci si è messa la... la...", 
"La tr..ia della Merkel" (proseguì Anselmi che aveva capito come il Cavaliere appellasse la leader allemanna); 
Poldino annuì. 
"Quella pretendeva sempre altre misure, altre manovre come se Lui non ne avesse fatte già abbastanza. Si udivano mugugni da ogni parte. L'atmosfera in casa PDL si faceva sempre più irrespirabile. Sono cominciate le defezioni. Il cavaliere è subito volato a Bruxelles a spiegare le sue misure ai partners europei. Macché! Il debito pubblico italiano volava più alto di un jet; lo spread raggiungeva altezze inimmaginabili. Lui che poteva fare? "L'Europa concorda con il mio programma" aveva annunciato, e dopo un'ora eccoti la tr..a della Merkel (come la chiama lui) a dire che occorreva una correzione. "Il nostro debito è sotto controllo" diceva allora il Cavaliere e il giorno successivo  eravamo prossimi alla bancarotta
A quel punto il povero Berlusca ha cominciato a dare i numeri. Non ne azzeccava più una. E' stato terribile. "La maggioranza durerà fino al 2013" dice in TV e il mattino successivo ecco che la laggioranza non c'è più. 
"Sia chiaro che dopo di me non c'è altro che le Elezioni anticipate" proclama e subito Napolitano chiama Monti, lo nomina senatore a vita e gli dà l'incarico di formare un governo. 
"Non sono disponibile ad appoggiare un governo non eletto da una maggioranza" grida il Berlusca e subito Napolitano lo convoca e gli ordina di appoggiare seduta stante il governo Monti, anche a costo di rompere l'alleanza con la Lega. 
"Va bene" accetta il Cavaliere, "ma sia chiaro che Letta deve essere vicepresidente del Consiglio", "Non se ne parla nemmeno" lo gela Monti; "E Nitto Palma alla Giustizia?" implora il Berlusca; "Scordatelo" sibila Monti "E niente scherzi. Ho bisogno del tuo appoggio per fare le tue riforme che tu non hai saputo fare". 
Il povero Cav che deve fare? Ubbidisce.
Come ordinatogli dà le dimissioni, garantisce l'appoggio del suo partito al nuovo Governo e torna a casa sotto un diluvio di offese, di fischi e di lanci di monetine.
Poi si mette a letto. E non dice più niente. Ecco perché temo per la sua salute e la ho chiamata, Dottor Anselmi. Ma ecco che vedo la dottoressa Chantal; lei potrà darci le ultime notizie sullo stato di salute del nostro caro paziente. Dottoressa! Dottoressa!
La donna che entrò nella stanza era poco più di una ragazza. Indossava  un camice assai ridotto che le arrivava poco sotto l'inguine e, in alto, faceva risaltare una spettacolare scollatura. Per il resto c'è solo da dire che era assai abbronzata, aveva lunghi capelli ricci e, sopra le scarpe col tacco a spillo indossava un paio di autoreggenti a rete che non finivano mai. 
"Si dev'esser laureata molto giovane. Forse in scienze motorie" pensò Anselmi. "Le presento la Dottoressa Margot Chantal" disse Poldino introducendola al dottor Anselmi.
La dottoressa Chantal disse che il Cavaliere, lungi dalle sue abitudini, non l'aveva fatta chiamare in tutto il giorno, restando chiuso nella sua camera senza nemmeno scendere per il pranzo. "Temo per lui" disse Margot aggiungendo: "E' sempre tanto carino con tutti noi che fa male vederlo in questo stato".
Poldino, la dottoressa Chantal e l'Anselmi si avviarono verso la porta che introduceva alla camera dell'illustre paziente ma questi, appena si accorse che qualcuno si accingeva ad entrare si fece vivo da dietro la porta per urlare che non voleva vedere nessuno "Nemmeno la dottoressa Chantal!" precisò facendo scoppiare in un pianto disperato la giovane laureata. 
Anselmi potè solo dare una sbirciata dentro la camera dove si trovava il fu-premier, dal buco della serratura. 
Quello che vide lo sconvolse.
Con i radi capelli sconvolti, il volto deformato da una smorfia, l'espressione del viso dove si mescolavano stupore e rabbia, colui che era stato fino a pochi giorni prima uno dei leader più influenti del panorama politico mondiale era adesso trasformato in un uomo pressoché irriconoscibile. Anche l'aspetto della sua persona era cambiato. Incassato in una larga vestaglia di seta a pois e con due larghe pantofole  che gli coprivano i piedi nudi, il Cav  misurava a larghi passi la stanza bofonchiando tra sé e sé frasi irripetibili inframezzate da lunghi sospiri.
Poldino e la Chantal avevano le lacrime agli occhi: "Guardi, dottore, come è ridotto! Un uomo che voleva far del bene a tutti coloro che avevano bisogno di lui!" piagnucolò la dottoressa. Lo spettacolo era straziante; Anselmi convenne che, per il momento la cosa migliore da fare era quella di non intervenire sperando che la notte, inducendo il paziente al riposo, potesse alleviare le sue pene. I tre si allontanarono in punta di piedi. Sul portone incontrarono quattro ragazze appena arrivate. Erano vestite da majorettes, con lunghi stivaletti bianchi, i puff ai polsi e corte sottanine colorate. Ridevano, scherzavano e correndo si precipitavano già verso il corridoio quando Poldino riuscì a fermarle appena in tempo.
"Signorine, signorine, le prego! Il cavaliere stasera non può riceverle. Le prego, andate via!" e si affannava a farle tornare da dove erano arrivate.
Quelle non capivano: "Ma... e il casting? Avevamo il casting per la partecipazione a Miss Maglietta Bagnata 2011 e proprio il Cavaliere doveva fare il giudice! E ora come si fa?". A stento, poco convinte, furono finalmente respinte dietro le insistenze di Poldino e della dottoressa Chantal.
Ora nella grande villa non c'è più nessuno. Anselmi, la Chantal e Poldino si sono ritirati, in attesa del nuovo giorno. Tutti dormono: il giardiniere, il cuoco, lo sguattero e un centinaio di giovani orfanelle che da tempo hanno trovato in quella grande dimora il loro protettore ed il loro rifugio.
Solo uno non dorme.
Davanti allo specchio, ansimante, come febbricitante, scosso dall'ira, il Berlusca dà corpo ai propri incubi, alle proprie ossessioni e le sue frasi inconsulte rimbombano nei meandri più riposti del palazzo:
"Perché non sono riuscito a fare quello che volevo fare? Non ho sempre voluto il bene del popolo? Perché mi hanno cacciato? Traditori! Infami! Io che amavo tutti, io che aiutavo tutti!" poi prosegue, in preda all'ira: "Ma non finirà così! Cribbio! Tornerò più forte di prima e allora... ah ah ah ah! Te la farò pagare maledetto Fini! Ti strapperò il cuore! Maledetti tutti! Mandarmi via così! A me!...".
La voce si affievolisce mano a mano che ci si allontana da quel triste luogo di pena e di espiazione.. Si fa solo in tempo ad udire ancora qualche parola smozzicata che gela il sangue nelle vene e suscita pietà nei cuori più incalliti
"Io solo sono il Premier! Viva il Premier! Il cavaliere canta bene, è simpatico e piace alle donne... Fini! Fini! Rendimi la mia maggioranza! Napolitano! Carlucci! per piacere: la mia maggioranza!!".


E' notte fonda e non c'è un'anima in giro. Il silenzio che copre ogni cosa è rotto solo dal frinire dei grilli che salutano l'estate di San Martino, ma chi si trovasse a passare per la stradina che costeggia il muro di cinta della grande villa di Arcore non potrebbe evitare di tendere l'orecchio ad una voce rotta dai singhiozzi che canta una canzone che si insinua in tutti i più riposti meandri della villa.
E' una canzone antica, melanconica, straziante, grottesca qui, a quest'ora: "O' surdato 'nnammurato".



Democrazia

venerdì 11 novembre 2011

Quando l'Italia decise di entrare a far parte dell'Unione Europea ve l'hanno chiesto se eravate d'accordo? 
A ME NO.
Quando decisero che il cambio sarebbe stato di quasi 2000 lire per un euro, a Voi ve l'hanno chiesto se eravate d'accordo? 
A ME NO.
Quando da un giorno all'altro ci si svegliò più poveri del 50 per cento (dimezzato il potere d'acquisto degli stipendi, delle pensioni e dei patrimoni monetari), Ve lo chiesero se eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando ci prelevarono forzatamente i soldi per la cosidetta "Tassa per l'Europa" promisero che ce li avrebbero restituiti a breve giro di posta; Voi li avete visti?
IO NO.
Quando l'Italia decise di mandare una missione militare in Afghanistan, e poi decise di bombardare la Libia, e poi decise di accogliere tutti i clandestini che arrivavano, ve lo hanno chiesto se per Voi erano cose sulle quali eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando hanno deciso di passare al Digitale Terrestre e che per farlo bisognava provvedere "a spese nostre" a comprare un decoder o un nuovo televisore per continuare a vedere la TV per la quale già avevamo pagato l'abbonamento, Vi è parsa una cosa normale?
A ME NO.
Quando, in mezz'ora hanno deciso di mandare a casa il Governo in carica e di sostituirlo con un altro "nominato" dall'alto senza sentire nemmeno cosa ne pensavate, Voi eravate d'accordo?
IO NO.
Ma loro dicono che la cosa è del tutto normale, che tutto è fatto nel rispetto delle regole e per il bene dei cittadini e che quelli come me non sono altro che Antidemocratici. 
Devo dire che se questa è la Democrazia, sono d'accordo.

THREE IMAGINARY KILLERS (3) - L'attentato

martedì 8 novembre 2011

"Ditemi cosa ne pensate e ascoltate quanto ho da dirvi" continuò dunque Maria Rosaria portando al massimo l'attenzione dei suoi due interlocutori. 
"I nostri servizi segreti hanno appurato senza ombra di dubbio che lo sconosciuto che mise alla berlina il nostro compagno Franceschini, (il quale, ricordiamolo, da allora non si è più ripreso e si è ridotto a far volantinaggio davanti alle fabbriche della Brianza), era il Berlusca. Quell'uomo è un demonio. Pensate che era riuscito a trasformare completamente il suo aspetto, la sua andatura, la sua voce al punto che nessuno avrebbe potuto riconoscerlo. Così era riuscito a passare indenne dal nostro servizio d'ordine e ad aspettare, in disparte, il modo di poter intervenire al momento opportuno per ridicolizzare il nostro povero Franceschini." La Bindi fece una pausa carica d'effetto.
"Ma ora basta. Lo ripagheremo con ugual moneta e chi lo condannerà sarà proprio quella che fu la sua vittima. Chiamatemi Franceschini."

Quello che fu ad un passo dal divenire il massimo dirigente del Partitone fu trovato solo dopo una buona mezz'ora; vergognandosi come un cane bastonato si era nascosto nella mensa aziendale dove stava preparando il foglio con i menù da attaccare nella grande bacheca posta all'ingresso della sala.
Chiamarlo, metterlo al corrente del progetto bindiano ed ottenere la sua entusiastica adesione fu un attimo.
"Ma.. te la senti?" gli chiese Maria Rosaria al termine della sua illustrazione del piano ideato per distruggere definitivamente la reputazione dell'odiato premier.
Franceschini tentennava: "Non so. E se... non mi riesce?". Da giovane qual'era, quel valoroso dubitava del proprio sangue freddo.
"Mi offro volontario io!" gridò con un moto d'orgoglio Gargamella, pronto al martirio pur di riconquistare la fiducia dei suoi compagni di partito (scesa al minimo storico) ma la Camussa lo gelò con lo sguardo: "Zitto tu. A cuccia!" gli intimò, e il segretario, chetato così bruscamente da allora non osò più aprire bocca. Alla fine Franceschini accettò la proposta: due urla della Bindi e la minaccia di passare a vie di fatto della Scioperaia lo convinsero meglio di quattro mesi di indottrinamento politico alle Botteghe Oscure. 
C'è da dire che il piano era ben studiato. Si trattava di un attentato in piena regola. A giorni era programmato un grande evento mediatico: un dibattito politico fra i leaders dei più importanti partiti. Il dibattito si sarebbe tenuto a Roma, in Piazza del Popolo, davanti ad un pubblico di centinaia di migliaia di persone, alla presenza delle telecamere delle maggiori televisioni pubbliche e private e dei giornalisti dei quotidiani più autorevoli. I Grandi della politica italiana si sarebbero sfidati su un palco enorme posto proprio al centro della grande Piazza. Ecco cosa t'aveva inventato la diabolica chianina (Maria Rosaria, da Sinalunga): verso la fine del dibattito, quando i leaders invitano i presenti a fare domande su questioni di interesse nazionale, Franceschini si sarebbe prenotato per porre la sua domanda al Cavaliere.
"" disse il sicario democratico, "Ma che domanda gli devo fare?". "Ascoltami bene" gli fece la diabolica femmina: "Non devi far altro che chiedergli se conosce un certo Oreste."
"E poi?" domandò Franceschini.
"Poi, quando lui ti chiederà: - Chi Oreste? - tu, in piedi, a voce alta  e scandendo bene le parole, gli risponderai: -Quello che te lo mette nel c..o nei giorni delle feste! -. Immaginati la scena! L'immensa platea che sghignazza alla faccia del premier, e il pubblico di casa e i giornalisti delle televisioni e i commentatori politici e i satiri professionisti: tutti in tutto il mondo che ridono del Berlusca. E pensa ai satiri professionisti. Pensa agli spunti per Santoro, per i due Guzzanti, per Benigni, per Travaglio, per Cozza, per Cornacchione, per...."
"Basta, basta!" gridò entusiasticamente Franceschini: "Ho capito!".
E ora spostiamoci in Piazza del Popolo, alle 22 di sera. La piazza è piena come un uovo. Sul palco si sono dati dialetticamente battaglia il Berlusca, Maria Rosaria, Casini, Di Pietro e Marco Pannella. Siamo al momento clou; quello delle domande del pubblico. Non vola una mosca, tutti i commentatori sono pronti a prendere appunti, i cameramen inquadrano il Cavaliere che si appresta a dare la parola al pubblico.
Ma seguiamo in diretta gli avvenimenti:

B. - E adesso, se qualcuno del pubblico presente vuole pormi qualche domanda, sarò ben lieto di rispondere -

(l'enorme platea si cheta, in attesa degli eventi. In fondo alla piazza un uomo alto, col viso reso irriconoscibile dal bavero alzato e dalla larga sciarpa che gli copre metà del viso, si alza, inquadrato da decine di televisioni).

B. - Bene, vedo che lei ha una domanda da pormi. Prego."
F. - Senta, lei che dice di sapere tutto, lo conosce Oreste?"

(L'Italia intera è in attesa della risposta, Maria Rosaria, Bersani e tutti i democratici sono pronti a scattare in piedi, pregustando la messa alla berlina del dittatore nero.)

B. - Mi consenta: si riferisce forse ad Oreste il cognato di Pino? -
F. - Chi Pino? -
.............................................
(pietoso sipario)





THREE IMAGINARY KILLERS - (2) - Il piano

domenica 6 novembre 2011

Le parole di colei che non a caso i suoi conterranei, memori delle tremende ritorsioni che aveva attuato su tutti coloro che avevano osato mettersi tra i suoi piedi, chiamavano "la RancoRosa" (con uno squallido gioco di parole), sortirono un duplice effetto negli altri congiurati.
Mentre Gargamella, a dispetto di tutte le minacce espresse a destra e a manca ed in ogni occasione nei confronti del suo grande nemico, rabbrividì al pensiero che forse proprio davanti a lui, con lui presente, si stava a programmarne la dipartita terrena, la Capa di tutti i metalmeccanici (e non solo) annuì entusiasticamente e si mise a sbattere con vigore sul tavolo la grossa chiave inglese che portava con sé (e dalla quale non si separava mai) esclamando: "Era ora! Ha da schiattà il porcone! No pasaràn! Esiliamolo ai cipressini!" Maria Rosaria dovette alzare la voce fino a tonalità inaudite per riuscire ad ottenere un poco di silenzio.
"Forse non mi sono spiegata bene" disse non appena si fu ricostituita una parvenza di calma; "Non dico che il Maiale brianzolo (lo chiamava così, tra amici) debba essere accoppato "fisicamente"; ("Accidenti!" mormorò con malcelato disappunto, ma senza evitare che gli altri la sentissero, la Camussa) voglio solo fare in modo, col vostro aiuto, di distruggerlo moralmente, politicamente, mediaticamente; dobbiamo fare in modo che non possa più essere accettato in qualunque consesso, non dico politico, ma nemmeno condominiale, che non possa più farsi vedere in pubblico senza essere oggetto di scherno, che non abbia più il coraggio nemmeno di parlare al telefono. o di rilasciare una dichiarazione o, meno che mai, di cantare una canzonetta napoletana con Apicella. Deve insomma morire socialmente"
"Ma come si può fare, per ottenere ciò?" domando, con un filo di voce, Pierluigi, sperando in cuor suo di non irritare le due erinni.
"Ricordate Franceschini?" chiese retoricamente Maria Rosaria ai suoi compagni d'avventura.
E come no. Chi poteva scordare quei giorni di qualche anno prima, quando alla Convention Democratica, oratore proprio Franceschini, era avvenuto il fattaccio che aveva sprofondato nel ridicolo il giovane democratico rampante determinandone la fine politica.
Era successo che, quasi al termine del comizio del Franceschini, quando, in ossequio all'anima democratica del Partitone l'oratore aveva dato la parola al pubblico in modo da permettere ai presenti di porre qualche domanda, dopo alcune domande politically correct dell'inviato della Velina Rossa, di quello del TG3 e di Travaglio, si era alzato dalla sedia, ed aveva chiesto la parola un tale dal volto celato sotto un largo cappello che, per tutto il tempo, era rimasto in disparte a prendere appunti. Nella grande sala era sceso improvvisamente il silenzio. Chi era costui? Un inviato di una Grande Potenza? Un intellettuale in incognito desideroso di conoscere meglio i meccanismi della politica italiana? Nessuno poteva dirlo. Fra la folla di giornalisti, inviati stranieri e parlamentari europei che affollavano la sala, nessuno l'aveva mai visto prima (o almeno così sembrava).
Quando Franceschini gli aveva dato licenza di formulare la sua domanda, lo sconosciuto aveva appena cominciato:
"Senta..." che era stato subito interrotto dal giovane dirigente piddiino che lo aveva invitato a dargli del "tu", in ossequio al noto cameratismo che contraddistingue da sempre i progressisti.
"Senti" aveva chiesto allora lo sconosciuto, "Tu hai detto di sapere tutto sulla situazione italiana e di conoscere per filo e per segno i mali e quali sarebbero i rimedi per il nostro Paese. Ma tu... (e qui fece una pausa carica di effetto. Tutto l'auditorio tese gli orecchi; la tensione era palpabile); tu dunque, dimmi: lo conosci Pino?".
Lo sventurato Franceschini, ignaro delle conseguenze, non riuscì a fare a meno di chiedere: "Chi Pino?".
"Quello che te lo buttava nel c..o da piccino!" replicò prontamente e a voce altissima lo sconosciuto prima di eclissarsi in un lampo da un pertugio.
Inutile dire che la battuta fece il giro del mondo. Fu riportata su tutti i giornali, fu raccontata su Facebook ed il video che la riportava su YouTube fu il più clikkato dell'anno.
La carriera di Franceschini ne fu sconvolta; il giovane piddiìno invece di proseguire la sua fulminea carriera destinata (come sembrava) a portarlo in breve tempo ai vertici del Partitone, fu accantonato, e, divenuto bersaglio dei commenti più salaci e sanguinosi e delle più perfide prese in giro da parte di coloro che fino ad un'ora prima si professavano suoi amici, si ridusse a qualche comparsata negli scioperi organizzati dalla ciggielle o a fare la spalla a Gargamella nelle sue quotidiane sparate contro il Duce d'Arcore.
"E' giunta l'ora della vendetta!" disse la Presidentessa,  e, conoscendo il pulpito dal quale proveniva la minaccia, nessuno osò dubitare che quella sarebbe stata la volta buona per farla finita con il Flagello dei Comunisti.
I due si misero in attesa delle prossime parole di Maria Rosaria.
"Ecco di che si tratta", disse la Bindi, "Fate bene attenzione e ditemi cosa ne pensate..."


(segue)