Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

THREE IMAGINARY KILLERS - (1) - La congiura

lunedì 31 ottobre 2011

Al riparo da sguardi indiscreti, in una saletta segreta nota solo a loro tre, le porte d'ingresso sorvegliate da quattro No-TAV armati fino ai denti di estintori e sampietrini, la Camussa, Maria Rosaria e Gargamella, schiumavano rabbia da tutti i pori.
Davanti ai loro occhi ancora increduli, una pila di quotidiani freschi di giornata, ammucchiati disordinatamente sul tavolo di  rovere della Sede piddiìna, metteva implacabilmente in mostra i titoli con cui si annunciava al mondo intero la ferale notizia: l'odiato Cav l'aveva sfangata ancora una volta; l'Europa, lungi dal rigettarla, aveva dato fiducia alla manovra varata dal Governo. Il Berlusca, rinfrancato, dichiara di andare avanti. 
Nella piccola stanza tutto tace. Non si ode volare una mosca. L'atmosfera è tipicamente piddiista, carica di sconforto e delusione.
Poi, dopo alcuni minuti di silenzio carico di tensioni pronte ad esplodere fu Rosaria, abbandonando il suo proverbiale parlar forbito, a sbottare:
"La colpa è di quella str...za della Mèrkele e di quel cornuto di Sarkò! Allora, dico io, che le fate a fà le risatine sul nano d'Arcore se poi, quando sarebbe bastato un niente per farlo cadere, vi scusate, dite di esser stati fraintesi e per giunta elogiate le sue misure economiche! Vatti a fidà dei francesi!"
"E pensare che sarebbe bastato poco!" aggiunse di rincalzo la Scioperaia, più incavolata che mai; "bastava fare un comunicato di biasimo, una nota in cui si dichiaravano le misure insufficienti e tutto sarebbe finito.... e invece guarda qui! E ora Quello (la Camussa orgogliosamente non nominava mai l'odiato nemico dei lavoratori) vuole aumentare l'età pensionabile delle donne! Vuole poter trasferire gli statali! Parla di poter licenziare i fannulloni!"
Era troppo. La Guida Suprema dei Proletari d'Italia, la campionessa degli Sfruttati e dei Derelitti, si erse in tutta la sua statura e con gli occhi fiammeggianti, le bionde chiome al vento (tirava un forte vento nella stanza), promise, rivolgendo i pugni al cielo "Ma non passerà! Lo giuro per il Che! Lo prometto per Mao! Maledetto Cavaliere Nero (quando era particolarmente arrabbiata lo chiamava così) tu non prevarrai!".
Ora anche Gargamella (Bersani all'anagrafe) voleva manifestare tutta la sua rabbia e già si era scostato dal tavolo, già si era alzato in piedi, già aveva atteggiato la faccia ad uno di quei suoi ghigni satanici per cui era giustamente temuto dai suoi nemici, già era partito col suo celebre tormentone: "Deve andarsene. Bisogna che Berlusconi dia le dimissioni. Non può restare lì. Deve andar via. Non può più rimanere. Deve fare un passo in..." quando fu interrotto dalle due donne che, trattenendosi per una sorta di rispetto tutto femminile dal mettergli le mani nel muso, gli urlarono all'unisono un vaff...ulo di potenza inaudita, un vaff...ulo tale che spettinò i radi capelli del Segretario, un vaff...ulo la cui eco rimbombò nelle tetre volte della Casa dei Democratici e fu udita persino nella pizzeria "Alla calce ed al mantello", distante oltre duecento metri, piena a quell'ora di attivisti, delegati, portaborse e galoppini democraticissimi richiamati colà dalla pizza alla partigiana, famosa specialità della casa. 
Bersani, compresa l'antifona, si chetò immediatamente, abbassò la testa e da allora e per tutto il resto della riunione, nessuno udì più una sua parola; né del resto il Segretario si adombrò della piccola contestazione ricevuta riservandosi di riproporre quella sera stessa, come del resto faceva da mesi, la sua celebre invettiva antiberlusconiana davanti alle telecamere del TG3 (e questa volta senza pericolo di interruzioni).
"Cosa possiamo fare?" chiese poi, una volta riacquistato il proprio sangue freddo, la Camussa. E proseguì, senza attendere risposta: "Io, detto tra noi, mi sò un pò stufata della solita manfrina dello Sciopero Generale. Lo sapete anche voi, no, cosa succede? Io indico lo Sciopero un mese prima e naturalmente di venerdì per invogliare gli indecisi, organizzo un volantinaggio capillare in tutte le piazze d'Italia, lo promuovo al massimo su RAI3, l'Unità e la Repubblica, e poi?... Ci si ritrova a migliaia a sfilare verso Piazza del Popolo con il collaudato armamentario di tamburi, putipù, trombette e bandiere rosse ma nonostante i cori, gli sfottò, gli slogan progressisti e gli striscioni incazzatissimi alla fine aritònfa! Sempre le stesse facce, sempre gli stessi discorsi davanti allo stesso pubblico: studenti in cerca di una giornata di vacanza, pensionati invogliati da una gita gratis a Roma, i soliti estracomunitari curiosi e poi i Disoccupati Organizzati, i Precari Perenni, i Clandestini Irregolarizzati, i Girotondini, gli Indignatos, i Transessuali Ecologici e le sfigate del "Se non ora quando". Alla fine tutto resta come prima, la giornata è passata e nonostante i titoli entusiasti dei giornali amici il Cav se ne frega, quelli del Governo se ne fregano, la maggioranza delle persone se ne frega e tutto resta come prima. Con il Berlusca a Capo del Governo!!" concluse in un grido disperato.
I tre disgraziati non sapevano dove sbattere la testa. Ma non era dunque possibile defenestrare il Tiranno? "Eterno Marx, non esiste dunque un modo per riprendersi il potere?" pensavano i tre, assai demoralizzati.
Alla fine fu Rosa ad avere un'idea risolutiva. La Presidentessa del Partitone, dopo aver chiesto ed ottenuto silenzio, si rivolse agli altri suoi compagni e disse, come parlando tra sé: "Amici, compagni. Io un'idea ce l'avrei. E' una ipotesi estrema ma, come si dice, a mali estremi estreme misure. E' un'idea che a molti può non piacere, lo dico subito. A me piace" concluse prima di fare silenzio.
"Forza. Spara" la incitò la Camussa che, probabilmente, aveva già capito le intenzioni dell'altra.
"Compagni" fece Rosa "C'è una sola possibilità di liberarci del Dittatore. Bisogna distruggerlo. Annientarlo. Toglierlo di mezzo". Gli altri due, sentendo queste parole e vedendola così determinata non poterono evitare di sentire un brivido scorrer loro nella schiena.
"Parla, dunque" incitò la Camussa, resa arrapatissima da questa situazione dove presentiva odor di sangue, "Dicci ordunque i tuoi proponimenti e noi tutti, noi tutti (e fissò con uno sguardo raggelante Bersani che non osava fiatare) ti seguiremo come un sol uomo".
Appagata dalla risposta dei suoi compari Maria Rosaria rifiatò, bevve un lungo sorso da un bicchiere d'acqua che si trovava per caso sul tavolo e, salita su una sedia, si accinse finalmente a parlare....


(segue)

Sic transit gloria mundi

mercoledì 26 ottobre 2011

Finalmente! Può esultare il mondo libero; possono tirare un sospiro di sollievo le superpotenze; i Capi di Governo Occidentali possono festeggiare pavoneggiandosi come i soli debellatori del Male Assoluto, i distruttori della dittatura libica, i giustizieri implacabili del Duce Tripolitano. In soli quattro (o cinque?... o sei?..) mesi, i Paladini del Bene e del Diritto (USA e UE), appoggiando, supportando e finanziando (senza neppure saper bene di che si trattasse) una  prezzolata (da loro) "ribellione popolare" subito rivenduta dai mass-media ai fedeli lettori come "democratica" (la parolina magica che sbianca le coscienze che più bianco non si può) sono riusciti nell'epica impresa; ecco: la Libia è "liberata", l'oppressore è stato "giustiziato" (se così si può definire il linciaggio di uno che chiede pietà e viene letteralmente scannato da un gruppo di bestie sanguinarie in cerca di visibilità mediatica e dei dollari della taglia così opportunamente messa sulla testa del raìs da quel simpaticone pacifista di Obama) e i ribelli, possono, abbandonati i kalashnikov e indossati i doppiopetti, esser ricevuti nei salotti buoni di Washington, Parigi e Berlino (forse anche a Roma) dove avranno la possibilità fare buoni affari  vendendo il loro petrolio agli alleati "democratici".
Il mondo esulta, l'Occidente esulta, esulta persino la Repubblica (intendo la ponderosa velina rossa di Scalfari) che, essendo nota per prendere sempre e a prescindere la parte sbagliata, qualche interrogativo un pò più ragionato sull'accaduto, a me lo suscita.
Lasciando perdere per carità di Patria il tristissimo spettacolo di tutti quei governanti e Capi di Stato che in un amen, dimenticando le dichiarazioni pubbliche di fraterna amicizia col raìs, dopo aver fatto di tutto per ingraziarselo gli hanno voltato la schiena arrivando ad organizzare spietati e sanguinosissimi bombardamenti aerei per aiutare i ribelli a prevalere e ad abbatterlo (e ad ucciderlo come si è visto) vorrei saperne qualcosa di più su coloro che abbiamo così decisamente aiutato a prendere il potere.
Innanzitutto, per far chiarezza almeno sui termini della questione, lasciamo perdere la sempre citata (a sproposito) "democrazia"; i cosiddetti "ribelli" hanno già fatto capire a cosa si ispireranno nel loro modo di governare: alla legge islamica. E così stanno facendo in Egitto, e così in Tunisia, a dimostrazione che  i nostri miopi e sprovveduti governanti ci hanno fatto cadere dalla padella nella brace;  tutte le rivoluzioni benedette dai mass media occidentali in quanto rivolte a far prevalere la democrazia, si rivelano per quello che sono: tappe, tappe fondamentali per la riconquista islamica dell'Europa (Fallaci dixit).
Dunque, ricapitoliamo: l'Italia (lasciamo stare per ora l'Europa e l'America) spende milioni di euro per mandare i suoi aerei a bombardare la Libia dicendo di farlo per cacciare Gheddafi e per favorire la democrazia in quel Paese; così facendo, oltre a perpetrare un tradimento mica da ridere ad un Capo di Stato (anche se dittatore) considerato "amico" fino ad un giorno prima, favorisce lo sbarco incontrollato di decine di migliaia di "profughi" sulle nostre coste e perde comunque il diritto di prelazione sul petrolio libico e sui profitti della ricostruzione. Inoltre, favorisce l'insediamento di Al Qaeda (ma sì, diciamolo!) ad un tiro di schioppo dai nostri confini. Bene! Bravi! Bis!
Ora, io dico, va bene non capir niente di politica estera ma da noi c'è chi se ne approfitta e rischia di far più danni del passaggio di Attila; perché, se proprio siamo destinati ad esser terra di conquista altrui, dobbiamo essere così smaccatamente e improvvidamente masochisti?
Per quanto mi riguarda, via via che vengono alla luce i particolari più torbidi e raccapriccianti sulla sanguinosa mattanza del raìs, mi vergogno sempre di più, di essere italiano ed europeo. Mi vergogno e mi indigno anche se vergogna e indignazione, ai giorni nostri, lasciano amaramente il tempo che trovano. Ed è un tempo di tempesta.

IL GIURAMENTO DI GARGAMELLA

domenica 16 ottobre 2011

Aritònfa! Per l'ennesima volta, proprio quando ormai sembrava fatta, quando ormai pareva che al Cav non restasse che filarsela in tutta furia lasciando le leve del comando alla pattuglia sparsa degli oppositori... tràkkete! Ci risiamo; ancora fiducia al Cavaliere Nero, ancora la conta dei voti dei deputati che lo premia (e in TV! e in diretta!), ancora il ghigno satanico del Satiro d'Arcore a sbeffeggiare il Partito degli Onesti, dei Diversi, di Quelli-che-Hanno-una-Storia-alle-Spalle.
La moltitudine iperdemocratica e solidale ("milioni-e-milioni.." come dice il TG3), l'eterogenea folla amante del Progresso (ovviamente nel rispetto dell'Ambiente, delle Culture Alternative e della Biodiversità) composta da rifondatori comunisti, teo-dem, girotondini, popolo viola, anarco-insurrezionalisti, indignati antifinanziari, vegetariani rivoluzionari, clandestini extraeuropei, disoccupati organizzati, ospiti dei centri sociali, No-TAV, No-DalMolin, dissidenti storici, gay rivoluzionari, femministe clitorgasmiche, animatrici del "Se-non-ora-quando", studenti veterofuoricorsisti, black-bloc, portatori di calzini turchese e Amici di Franceschini, ci sono rimasti parecchio, ma parecchio male.
Prima hanno cercato di minimizzare la sconfitta ("Hanno vinto, sì, ma di poco..." o anche "Hanno vinto, però meno di quanto speravano...) ma si sono resi subito conto che persino il nòcciolo più duro di quello che restava del proprio elettorato questa non l'avrebbe bevuta.
Allora hanno cercato di trovare un capro espiatorio da incolpare per l'inaspettata, dolorosissima, debacle.
"E' tutta colpa di Pannella!" ha bofonnchiato la Maria Rosaria da Sinalunga aggiungendo poi "Quello str...zo!" che, in bocca ad una signorina dabbene come lei, ha fatto scuotere la testa in segno di biasimo, anche ad un uomo aduso al linguaggio da béttola come Di Pietro.
Poi, a mente fredda, si sono ritrovati tutti intorno ad un tavolo per cercar di realizzare chi potesse essere il vero colpevole della sconfitta. Sono passati alcuni minuti di silenzio; Maria Rosaria Bindi, D'Alema, Vendola, Franceschini e Fassino, ognuno con lo sguardo abbassato in cerca di una motivazione, ragionavano intensamente alla ricerca di chi fra loro poteva aver contribuito a tenere in sella ancora chissà per quanto tempo l'odiatissimo Cavaliere.
Ma chi? Chi poteva esser stato colui ("quello str..zo" secondo la definizione di Maria Rosaria) che poteva aver propiziato con il suo comportamento la disfatta della coalizione anti-premier?
Doveva trattarsi di una persona molto in vista per aver potuto influenzare così negativamente i membri del Parlamento e nello stesso tempo doveva essere un menagramo tale da riuscire a convogliare su di sé e sopra il capo dei suoi compagni di Partito le più avverse forze iettatorie e malefiche del cosmo intero. 
Riflettiamo (dicevano); dunque: una persona scontrosa... costituzionalmente antipatica... un perdente nato.... uno sfigato... deve essere uno che può originare in chi lo guarda una reazione oscillante tra il rigetto silenzioso e l'istintivo impulso a reagire con il violento sarcasmo o con il passaggio alle vie di fatto; uno che può indurre chi lo veda e lo ascolti ad appoggiare persino il suo avversario, così, per spregio.
I cinque, avevano alzato gli occhi guardandosi in viso. Ognuno di loro aveva trovato in cuor suo la risposta: il colpevole delle sanguinose sconfitte del Partitone non poteva che essere lui... "Gargamella!" è il grido liberatorio che sale dal petto dei cinque Democratici. "Non può essere che lui. Ancora lui. Pierluigi! Ah, maledetto!" proruppe finalmente Maria Rosaria mostrando i pugni al cielo mentre Di Pietro, celato dietro ad una tenda, digrignando i denti, faceva il gesto come di uno che torce un panno appena lavato per strizzarlo.
E Bersani? Dov'è Bersani? Perché il Segretario Unico, il Fustigatore dell'Immoralità, il Difensore dei Deboli, il Rifugio degli Emarginati non era intervenuto alla cruciale  riunione?
Gielle (Gianluigi) dopo l'ennesimo scorno parlamentare si era velocemente eclissato; lamentando una improvvisa incontinenza urinaria era sortito dalla riunione uscendo da una porta secondaria riuscendo, col favore delle tenebre, a far perdere le proprie tracce. L'uomo era in preda ad un subbuglio interiore che gli martoriava la mente; ma com'era possibile? Ancora sconfitto dal cavaliere Nero? Ancora battuto da colui che non aveva mancato di attaccare ogni giorno, per mesi, chiedendone le doverose, sacrosante dimissioni; da quello che aveva definito essere un'Ombra che Cammina, uno finito, uno buono tutt'al più per la pensione? Bersani non si capacitava.
Ma eccolo il Segretario piddiista; seguiamolo attentamente nel suo confuso peregrinare.
Come detto, solo, strisciando lungo i muri per non farsi riconoscere, Bersani è sgattaiolato via da Montecitorio subito dopo la fine della votazione. Chi avesse incontrato lo sguardo di quell'uomo, a stento avrebbe potuto riconoscerlo ma avrebbe avvertito un brivido gelido scorrergli giù per la schiena.
La schiena curva, stretto nella sua giacchetta troppo lunga per la sua figura emaciata, i rari capelli scompigliati, lo sguardo fisso a terra e l'andatura traballante come di colui che è colpito da una calamità troppo grande e improvvisa per poterla sopportare, Gargamella (permettete anche a noi, di chiamarlo familiarmente così) più che camminare arranca come un ubriaco, diretto verso le sicure mura domestiche. Sa che per lui non c'è domani, che i suoi giorni a capo del Piddì sono ormai contati, che i suoi non gli perdoneranno la sconfitta; sa che già si prepara per lui l'epurazione, l'oblìo, l'ignominia dell'allontanamento da quel partito che è stato per lui, negli ultimi anni, casa, lavoro, rifugio.
Entra finalmente in casa, si chiude la porta dietro le spalle, si appoggia la muro. Ora può respirare anche se il suo respiro rassomiglia piuttosto al rantolo ansimante di un febbricitante. E' notte; è solo. A stento riesce a raggiungere la cucina, ad aprire la dispensa, a versarsi un bicchiere di lambrusco (il lambrusco non manca mai in casa di Bersani). Beve a larghi sorsi la rossa bevanda che gli permette, poco a poco, di riacquistare il suo naturale colore livido ed una calma apparente.
Ma poi, improvvisamente, ecco un rigurgito di ribellione in quell'uomo così provato dalle ultime vicissitudini. Apre la finestra ed incurante della pioggia che gli sferza il viso (a proposito: si è messo anche a piovere, nel frattempo) e del bagliore dei fulmini che guizzano da ogni parte, ecco che vuol lanciare ancora la sua sfida, tutto proteso verso il cielo nero, ferito ma non domato, le braccia alzate quasi ad invocare le forze più oscure dell'universo; ancora una volta la sua voce roca sfida il rombo del tuono e fa rabbrividire nelle loro tane i piccoli abitatori dei boschi; il suo grido è un'anatèma minaccioso, mortale, rabbioso: "Maledetto Berlusca! Hai vinto ancora una volta! Ma, ricorda, non finisce qui!" poi, per meglio cementare davanti alle forze del cosmo la sua determinazione, unisce a X gli indici delle sue mani e bacia il punto dove le due dita si incrociano: "Lo giuro!". E il boato del tuono che rimbomba nelle valli par suggellare il tremendo giuramento.

Libertà

venerdì 14 ottobre 2011

Ogni volta che mando un SMS o faccio una telefonata col mio telefonino sono spiato. Non voglio dire che effettivamente qualcuno in carne ed ossa stia lì a leggere i messaggi che mando o ad ascoltare le cose che dico; voglio solo dire che lo potrebbe fare, e potrebbe farlo anche successivamente, dato che in ogni caso l'ora e la provenienza dei miei messaggi e delle mie telefonate vengono registrate (e i dati sono tenuti per un periodo imprecisato) e, volendolo, e a mia insaputa, anche il contenuto. Se mi muovo con il cellulare in tasca lascio una traccia dei miei movimenti; senza che lo sappia, si potrebbe disegnare (anche in un tempo successivo) su una mappa tutto l'itinerario che ho fatto, evidenziando i luoghi per i quali sono passato e a che ora. Questo vale anche se tengo il cellulare spento; dovrei toglierne la batteria per evitare di lasciar traccia di me. Ciononostante nessuno (letteralmente: nessuno) fa a meno del cellulare; nessuno omette di fare telefonate o inviare messaggi e nessuno ne toglie la batteria per non essere tracciato.
Ogni volta che, come altri milioni di italiani, mi siedo davanti al PC segnalo la mia presenza nel posto in cui mi trovo (a prescindere dal fatto che il PC sia un portatile o meno). La mia attività sul computer genera informazioni; ne genera in continuazione, viene registrato anche un semplice clik, anche l'introduzione o l'estrazione di un dispositivo periferico. Dal mio PC (e non parlo per ora di Internet) si può sapere in che giorno, ora e minuto l'ho acceso, l'ho utilizzato (e per quali attività e con quali programmi) e l'ho spento. Si può risalire alle foto che ho visto, ai documenti che ho creato o letto, ai filmati che ho masterizzato o visualizzato e tutto questo ora per ora, minuto per minuto, giorno dopo giorno. Ed è impossibile cancellare queste tracce. 
Se vado su internet, la situazione è ancora più esasperata; sintetizzando si può dire che ogni mia attività sulla Rete è pubblica. Si può sapere con quale dispositivo ho effettuato l'accesso (da PC, da palmare, da iPad o da telefonino) e dove mi trovavo quando l'ho effettuato; si possono conoscere i siti che ho visitato e in che ora e minuto l'ho fatto, si può risalire alla posta che ho inviato e ricevuto (e se ne può leggere il contenuto), e si possono vedere, sentire e leggere le immagini, i filmati, la musica e i documenti che ho scaricato o caricato dalla rete, a da dove, e a che ora e minuto. Si può sapere a che ora ho visitato un sito di prenotazioni alberghiere o di viaggi, quando ho effettuato una operazione bancaria, e inoltre i blog che ho postato, i commenti che ho lasciato nei forum o su Facebook e tutta la cronologia delle mie attività sul web risalente a giorni e mesi fa. Tutto quello che faccio sulla Rete, resta, è controllabile a distanza e non si cancella mai.
Ogni volta che uso il Bancomat per effettuare un acquisto, l'operazione viene registrata con l'ora, il nome, l'importo speso, il nome del negozio interessato, il bene acquistato e (ovviamente) il conto corrente addebitato. Ad esempio, se entro in un Supermercato, faccio la spesa e pago col Bancomat, sarà sempre possibile (anche in futuro) risalire non solo a: quale Supermercato era, che ore erano e quale è stato l'importo, ma anche all'elenco dei prodotti acquistati, uno per uno. Sarà possibile (e molti lo fanno) fare un profilo (a mia insaputa) dei miei gusti alimentari; basterà esaminare i miei scontrini per rilevare, ad esempio, la mia propensione per un certo tipo di formaggio, o per un certo vino e si potrà (sempre ad esempio) inviarmi a casa un volantino promozionale proprio per gli articoli di mio gradimento.
Ogni volta che viaggio in autostrada l'ingresso e l'uscita della mia auto viene registrata (con telecamera ai caselli) e se pago il pedaggio con Telepass o con Bancomat si può risalire al mio conto corrente...
Ogni volta che effettuo un pagamento con assegno o con carta di credito dichiaro (a chi abbia interesse a conoscerlo) l'ora, il beneficiario e il luogo del pagamento (nonché il mio conto corrente)...
Ogni volta che entro in un Banca e chiedo di cambiare un pezzo da 500 euro in 10 pezzi da 50 euro, mi viene chiesto un documento e (posto che l'impiegato soddisfi la mia richiesta) viene registrata anche questo tipo di attività...
Ogni volta che chiedo di far parte di una Associazione o di usufruire di una agevolazione o faccio una qualsiasi domanda o richiesta ad un Ente pubblico devo riempire un questionario con i miei dati anagrafici, sempre gli stessi.... anche quando devo rispondere al questionario del Censimento, come se Essi non mi conoscessero bene dato che quando hanno qualcosa da chiedermi Essi mi trovano al volo.
E quando sono alla stazione, o ad una riunione, o semplicemente cammino per strada c'è (c'è, c'è sempre) una telecamera che, nascosta e inaccessibile, mi inquadra, mi segue, mi controlla....
E registra ogni mio movimento, ogni mio passo.


Tutto questo lo chiamano Libertà.



Neutrino sì, ma con due p.... grosse così!

mercoledì 12 ottobre 2011

Emergono verità imbarazzanti sulla celebre corsa dei neutrini. Nonostante la stretta censura imposta dallo Stato alla divulgazione di notizie inerenti il famoso esperimento del Gran Sasso, alcune indiscrezioni cominciano ad emergere intaccando il poderoso muro di omertà innalzato dai mass media italiani sull'intera vicenda (mass media comprensibilmente preoccupati della ricaduta negativa sul nostro Paese che deriverebbe dalla divulgazione sconsiderata di tali notizie).
Ricordiamo i fatti. 
Si è detto alcune settimane fa che "alcuni neutrini, lanciati dal Laboratorio di Fisica Nucleare del Gran Sasso, sono giunti a Ginevra (dove evidentemente alcuni scienziati li stavano aspettando), in un tempo incredibilmente basso, inferiore addirittura di ben 60 nanosecondi alla velocità della luce!!".
La notizia ha fatto il giro del mondo facendo risplendere di inaspettata gloria il team di scienziati che, coordinati da alcuni prestigiosi ricercatori (tra i quali giova ricordare il Prof. Zichichi, titolare del Progetto) hanno creduto, organizzato, realizzato e controllato il Progetto stesso (denominato: "Più veloce della luce!").
Per alcuni giorni, TV e giornali non hanno parlato d'altro; l'esperimento è stato raccontato (piuttosto confusamente, in verità) con inusitata enfasi e qualcuno è arrivato a dichiarare, davanti alle telecamere della RAI che: "La nostra vita non sarà più quella di prima" (dichiarazione ripresa e sparata in prima pagina anche da "La Repubblica" sempre pronta a diffondere una notizia che abbia impatto, a prescindere dalla sua attendibilità).
Poi, passati alcuni giorni, della gloriosa performance dei neutrini molisani nessuno ne ha parlato più. Spariti, ignorati, cancellati dalle notizie. Anche le nostre vite se ne sono fatte una ragione;  a scorno delle prime roboanti dichiarazioni, continuano a fluire come se niente fosse. Insomma, della corsa record dei neutrini nostrani, alla gente non può fregar di meno e la luce continua a mantenere tutta la sua autorità sia che si tratti di vederci quando è buio, sia che si tratti di andar veloce.
Alcune indiscrezioni, sussurrate a mezza voce, possono comunque contribuire a spiegare l'estremo riserbo degli scienziati anche se qualche cosa è riuscita a trapelare dalla cortina di silenzio che pare sia scesa sul CNEN del Gran Sasso. Insomma, a dirla tutta, questi famosi neutrini sembra che non siano così veloci come si è voluto far credere. Si dice che siano dotati di un notevole sprint tanto che nei primi metri di corsa potrebbero battersela alla pari anche con Brufolo, la mascotte del laboratorio, un volpino nero che quando sente odor di femmina (sotto il Gran Sasso i cani, specie di genere femminile, sono più rari delle foche monache nel Lago di Garda) parte via come uno schioppo, ma il fatto è che non hanno fondo. Che è, che non è, dopo i primi metri il neutrino perde il suo slancio, rallenta, barcolla, sbanda e anche se prova a stringere i denti: chiò! dopo venti metri è fermo, piantato in terra come un paracarro (molto piccolo). O allora com'è che è venuta fuori la notizia della sua "enorme", "incredibile", "eccezionale" velocità? Beh, il problema è sorto con la misurazione. Sapete, misurare certe velocità non è semplice; nemmeno con il fotofinish. Uno scienziato svizzero telefona al Gran Sasso: "Noi siamo pronti. Quando volete...." e guarda il grosso cronometro che tiene in mano. "OK" risponde Zichichi dal Gran Sasso "Ora ve lo mando. Pronti? Via!" e lancia il neutrino. Quello di Ginevra ci resta male: non fa a tempo a premere stop sul suo cronometro per misurare il tempo che il neutrino è già lì, davanti a lui, sul tavolo. "Cavolo!" (pensa) "questo va più forte della luce" e telefona a Zichichi raccontandogli per filo e per segno l'esperimento e la grande scoperta che (i due ne sono certi), cambierà l'intera la vita dell'intera Umanità. 
Il fatto è che i neutrini si assomigliano tutti. Uguali spiccicati. Tutti dello stesso peso (0 grammi), tutti della stessa massa, tutti lenti uguali (a parte lo spunto iniziale). Ma sono tanti. Ci sono un sacco di neutrini a giro. A guardar bene in questo momento sul tavolo accanto a me ci saranno qualche miliardo di neutrini (non so se mi spiego) e sono tutti della stessa indole: simpatici ma un pò casinari e tutti con la fissazione per gli scherzi. Basta abbassare la guardia e ti fregano. E così il neutrino in partenza dal Gran Sasso (chiamiamolo Pippo per comodità) si mette d'accordo con il suo amico neutrino di Ginevra (che chiameremo Pierre) per una burla epocale. Al momento dello storico "via!" ecco che Pippo schizza via alla grande ma, dopo esser uscito dalla stanza, subito si ferma (è già stanco, poverino) e si nasconde sotto un tavolo; e nello stesso momento Pierre, a Ginevra, esce da dietro la porta dove si era nascosto e arriva trafelato davanti agli scienziati svizzeri: "Eccomi!".
Gli scienziati non credono ai loro occhi; guardano e riguardan o i loro cronometri: incredibile, l'esperimento è riuscito! Dopo un attimo di sbigottimento, scatta l'apoteosi: grida di "Urrà!", caschi gialli che volano in segno di giubilo, scambi di congratulazioni, pacche sulle spalle, si stappano bottiglie di prosecco (che, pare sia assai meglio dello sciampagne); e poi telefonate frenetiche ai giornali con l'annuncio della scoperta, foto di gruppo, canti di gioia fino a che, sotto il Gran Sasso, gli scienziati danno vita ad un corteo per portare in trionfo Zichichi, il quale, gli occhi sfavillanti d'orgoglio, spiega davanti al petto un cartello dove si legge: "Neutrino batte Luce: io l'avevo detto".
In tutto questo trambusto Pippo e Pierre, zitti per non dare nell'occhio, uno in Molise, l'altro in Svizzera, se la ridono sotto i baffi: lo scherzo è riuscito. 
Dopo una settimana dell'esperimento e del neutrino non si parla più e quanto alla vita dell'Umanità, va avanti come prima.

Lettera 1 - Indignados

giovedì 6 ottobre 2011

Riceviamo e pubblichiamo:

"Caro Biri, mi scusi in anticipo per lo sfogo che le propongo e che spero vorrà giudicare come la giusta reazione di un uomo indignato alle ingiustizie e alle sopraffazioni. Ma, mi chiedo, esiste ancora il senso del ridicolo? Esiste ancora la capacità di vergognarsi? La domanda sorge spontanea dopo aver letto sui giornali l'ultima trovata dei Signori della Krikka (NdE: forse voleva dire "Casta") per evitare o comunque ritardare la prossima, ineluttabile, resa dei conti. Sapete cosa ci vengono a chiedere? Ci chiedono di andare a votare (il referendum) per cambiare il modo di votare! No no, non è un errore: avete letto bene. E tutto questo mentre l'Italia, l'Europa, l'intero Mondo Occidentale affonda. O non c'era la crisi? O non c'era da salvare i mercati? O non c'era da proteggere i cittadini dal rischio di bancarotta? Niente: pare che la cosa più importante di cui preoccuparsi sia il modo in cui saremo chiamati a votare la prossima volta che si terranno le elezioni. Si parla di scegliere tra (udite udite!) Mattarellum e Porcellum!! No, non sono nomi demenziali di un latinorum alla Totò, e lorsignori non sono (almeno non ufficialmente) dei pazzi irresponsabili o degli allegri giocherelloni; pensano proprio che tutti noi (con questi chiari di luna! con le fabbriche che chiudono! con i soldi che mancano!) si stia lì a pensare se sia meglio votare un Partito e lasciare a questo la scelta dei nomi da eleggere, o votare direttamente gli stessi nomi che ci verranno indicati da quel Partito. Fanno finta di non sapere dove si trovano, si comportano come lo struzzo che mette la testa sotto terra per non vedere che le preoccupazioni dei cittadini sono ben altre: se domani avremo ancora il posto di lavoro, se ci pagheranno ancora le pensioni, se le banche ci renderanno indietro il (nostro) denaro... Ma loro, con le loro pensioni d'oro al sicuro nei Paradisi fiscali, con i loro intoccabili privilegi, con le loro auto, le loro amanti, le loro ville a che pensano? A garantirsi ancora la poltrona indicandoci come votare! Votare in un modo o nell'altro purché la loro vita, i loro privilegi, il loro potere non venga toccato! Ma per chi ci prendono? Pensano forse di poter tornare di nuovo a trent'anni fa, a poter far finta di niente, speranzosi del loro ricco status quo e nella certezza che il popolo-bue si dimenticherà ancora una volta delle loro malefatte? Sono proprio sicuri che anche questa volta riusciranno a nascondersi dietro tutti quei paroloni senza senso che ogni giorno ci riversano addosso dalle pagine dei giornali e dalle televisioni? Sicuri che anche questa volta ci dimenticheremo di tutto il male che ci hanno fatto (chi è che ci ha ridotti così se non loro?) e non voteremo all'unanimità per il Randellum? (sulle loro teste).
Grazie per l'ospitalità."
Lettera firmata

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Risponde il Biri:
Caro xxxxxxxxxxxxxxxx (nominativo omesso in ossequio alla privacy); 
ti ringrazio per aver voluto farmi partecipe delle tue perplessità in merito ai sistemi elettorali proposti ma devo dirti, forse deludendoti, che non condivido la tua lettera. 
Come potremo infatti garantire la Democrazia in questo Paese, senza un Classe Dirigente illuminata e devota alla sensibilità, alla Storia e alla Cultura popolare che, applicando la lettera e lo spirito della Costituzione, possa interpretare le legittime aspirazioni dei suoi cittadini, ricercando, proponendo e, ove necessario, modificando costruttivamente le direttive emerse nel sempre necessario dibattito civile e democratico le quali, benché portatrici di istanze culturalmente diverse, possano alfine convergere in una sintesi perseguibile (anche se non sempre aprioristicamente e acriticamente accettabile) da proporre, se necessario, anche nei più alti consessi internazionali nell'intento prioritario di non disperdere la carica vitale ed innovativa in vuoti esercizi retorici e accademicamente irrilevanti ma bensì di portar ad emergere gli irrinunciabili bisogni che, derivanti dalle molteplicità individuali costituenti l'unica nostra particolare (benché non egoisticamente autonoma) identità nazionale, possano al contempo incontrare e convergere in talune affinità identificative esplicantisi, più favorevolmente, laddove i singoli inalienabili interessi comuni riescano a trovare più favorevoli possibilità decisionali nell'ambito di un civile confronto anche aspro ma costruttivo nella misura in cui interpreti ed interagisca con lo spirito vitale che animò i nostri Padri, (allorquando, perseguendo e ritrovando al di là delle consuetudinarie prassi, l'energico ed illuminante desiderio di sinergie creative che sole poterono, libere da misere salvaguardie di ormai logori interessi costituiti, dare legittimo vigore alle nascenti e mai sopite aspirazioni che culminarono nell'Alba radiosa del Risorgimento) che mai, ricordiamolo, immaginarono o agirono per sminuire, delegittimare o stigmatizzare l'importanza cruciale di una rappresentatività sempre più universale formata e insediata mediante l'ineludibile esercizio della delega responsabilmente data e da altrui accettata con il suffragio che, solo, può rappresentare l'Investitura Suprema di coloro che sono chiamati così a dare voce alla Volontà Popolare (nella misura in cui un Popolo sovrano è quell'insieme di anime che, unite dal cemento formante di una Identità Nazionale, può sinteticamente, ma non meno esaustivamente estrinsecarsi nell'esercizio illimitato del Potere) di modo che dall'ampliarsi del consenso (che non può pertanto essere messo in discussione da particolari, periferiche e tutte da dimostrarsi attività poco attinenti all'Etica sempre dovuta da chi assume su di sé l'onere di un'attività dedicata al perseguimento del maggior bene comune) possa far discendere nella realtà di ognuno la percezione del.... (omissis...)... Insegnamento della Resistenza.......(omissis)......... ansia Risorgimentale di Unità Nazionale...... (omissis)..... ....Alto Monito che..... (omissis).... Imprescindibile Coesione Europea...... (omissis)..... doverosa Unità d'Intenti.... (omissis)... Carta Costituzionale.....      (omissis) ......... Massima Autorità dello Stato...... democrazia..... condivisione.... Coacervo.... Costituzione..... rappresentatività....
(continua ad libitum).

La mutantanga

lunedì 3 ottobre 2011

Come è noto, la Marcegaglia, dopo aver dato alle stampe il suo "manifesto" con l'elenco dei provvedimenti che il Governo deve prendere se non vuole essere sfiduciato anche dalla Confindustria, è stata subito arruolata nell'esercito degli oppositori al Cav. La candidatura dell'industrialessa tra i partidemocratici antiberlusca, è stata caldeggiata nientepopodimeno che dalla "Velina Rossa" scalfariana, sempre pronta a schierare tra gli oppositori del Cav (e quindi alleati della sinistra) preti, vescovi, deputati europei, banchieri e miliardari purché diano segni di insofferenza rispetto alla riprovevole condotta del Duce d'Arcore.
Dicono però alcune fonti, normalmente assai bene informate, che la novità abbia prodotto reazioni discordanti proprio là dove meno ci si poteva attendersele, e cioè, nell'animo della Presidentessa piddiina, la Maria Rosaria da Sinalunga (per gli amici Rosibindi) che tutti conoscono, stimano ed apprezzano come persona normalmente assai pacata, misurata e composta.
A Rosa non era andata giù la discesa in campo democratico di Emma (la Marcegaglia), e non tanto perché la reputasse poco adatta a ricoprire un ruolo di spicco nel partito che fu dei lavoratori (e non degli industriali) ma semplicemente (e comprensibilmente) per un legittimo motivo di gelosia femminile.
Rosibindi si era da sempre considerata come l'unica portabandiera femminile del Partitone, un ruolo che tutti i compagni progressisti le avevano riconosciuto dopo che la sua orgogliosa risposta alle viscide avances del Berlusca: "Non sono una donna a sua disposizione" fu riportata con grande enfasi nei giornali di tutto il mondo elevandola, agli occhi degli oppressi dal regime arcoriano, allo status di autentica icona del femminismo proletario militante.
E ora? Stai a vedere, pensava Rosa, che questa Emma si era messa in testa di aspirare alla leadership piddiìna. "Ma che vòle 'sta sciacquetta? Ma chi la conosce? Ma chi se la fila?", confidava ai più fedeli seguaci la pasionaria di Sinalunga ostentando sicurezza; ma la notte, quando avrebbe potuto rilassare il corpo e la mente in un meritatissimo sonno ristoratore, non poteva evitare di dar libero sfogo ai suoi pensieri girandosi e rigirandosi come un'ossessa da una parte e dall'altra del suo lettone in preda alle più fosche previsioni.
Il giorno dopo (me lo  sentivo, disse poi Rosa): tonfa! Tutti i quotidiani uscirono (Repubblica in testa) con la prima pagina in cui campeggiava la foto a colori della presidentessa industriale. E che foto! Rosibindi non credeva ai propri occhi mentre mirava e rimirava la Marcegaglia, ripresa nel momento in cui, terminato un suo illuminato intervento in Confindustria, si accingeva a sedersi mostrando così al fotografo, pronto ad inquadrarla da dietro, una generosa parte del proprio notevole sedere, lasciato scoperto dal pantalone troppo corto in vita. La foto immortalava la biancheria intima indossata da Emma sotto il castigato completo grigio: un perizoma ridottissimo tipo tanga, di pizzo nero, per essere precisi.
"Che m...ala! Che t..ia!" non potè far a meno di esclamare Rosa, abbandonando per un attimo il suo celebre aplomb, di fronte a cotanta ostentazione di erotico vestiario; un abbigliamento che sottintendeva notti roventi, disponibilità agli amplessi più sfrenati e ricerca della trasgressione più estrema.
Poi, a mente fredda pensò che qualcosa bisognava pur fare. Non si poteva lasciare che l'ultima sciacquetta entrata a far parte della grande famiglia piddiina, scalzando lei, Rosa, dal podio, conquistasse immantinente i favori del popolo democratico entrando a forza nei sogni erotici di milioni e milioni di militanti progressisti, del popolo viola, degli ospiti dei centri sociali, degli antagonisti e di Fassino.
Il giorno successivo Rosa, nascosta sotto un paio di occhialoni neri e indossando un lunghissimo impermeabile beige, entrò nel più importante negozio di intimo della Capitale e, cercando di alterare la voce per non essere riconosciuta, domandò alla commessa di mostrarle qualche articolo un pò... un pò... particolare. "Quello" specificò poi alla ragazza indicandole col dito proprio l'articolo indossato da Emma e riprodotto a colori nell'enorme manifesto pubblicitario che illustrava la collezione di lingerie della ditta "Passion Flowers".
"Beh" fece la ragazza aprendo una scatola e mostrandole il contenuto, "Questo è un articolo che da stamani sta andando veramente a ruba. Pare che improvvisamente e inspiegabilmente tutte le donne si interessino a questo prodotto". La commessa prese una scatolina rosa, l'aprì e ne tolse l'oggetto incriminato che alzò davanti a sé per mostrarlo a Rosa che, sempre più impacciata e vergognosa, non osava nemmeno alzare lo sguardo. 
"Guardi, signora. Si tratta di un articolo della "Passion Flowers", una ditta della quale il nostro negozio ha l'esclusiva. Bella, vero? E molto, molto sexy. E' una mutandina di pizzo nero traforato, trasparente come fosse di chiffon e piccola come un tanga. Va molto di moda in... certi ambienti. La chiamano: mutantànga" concluse quasi in un soffio.
Rosibindi salutò la commessa e uscì dal negozio senza aver comprato niente. Era furiosa, col cuore in subbuglio.
Ma come aveva potuto pensare, sia pure per un attimo.... proprio lei, Rosa, icona carismatica del partito che si era da sempre distinto per le sue battaglie contro il decadimento dei valori e per la difesa delle tradizioni popolari e contadine; come poteva aver avuto un momento di debolezza che l'aveva fatta persino pensare di potersi mettere sul piano della nuova arrivata, di quella svergognata smorfiosa...
Mentre discorreva così tra sé e sé, congratulandosi in cuor suo di esser riuscita a far prevalere la sua morigeratezza di costumi, quasi fu travolta da una piccola folla di giovani che, intonando slogan ed inalberando una selva di cartelli e di bandiere rosse, marciava a passo svelto occupando quasi l'intera sede stradale. "Ma insomma, c...o! State attenti!" non potè fare ameno di gridare Rosa che, in occasioni come quelle o come quando si riferiva al Cavaliere Nero, non poteva evitare di cadere in qualche piccola volgarità.
"Dai! Che fai costì impalata! Vieni con noi!"; nell'essere scapigliato che, indossando una tuta da metalmeccanico e con sottobraccio una pila di giornali progressisti, le si rivolgeva così direttamente, Rosa riconobbe (ma solo dopo alcuni secondi) Susanna la Camussa che stava guidando i suoi a protestare davanti all'Università. Rosa si accingeva a declinare l'invito quando le due furono quasi gettate a terra da alcuni energumeni ciggiellini che poi, quasi a forza, prendendo sottobraccio la loro capa (la Camussa) la spinsero a riprendere la testa dell'improvvisato corteo senza neppur attendere la risposta. La Camussa e la sua truppa sparirono in un baleno dietro all'angolo, tanta era la foga e la voglia di protestare contro il regime piddiellino e a favore della Cultura equa e solidale. Nella piccola ressa che si era prodotta, Rosa si accorse che il pacco di giornali che portava la Camussa era caduto a terra.
"Guarda" pensò tra sé e sé, scuotendo la testa per l'altrui sbadataggine. "E' così tanta la voglia di sacrificarsi per i lavoratori e gli studenti che non si è nemmeno accorta di aver perso i giornali. Vuol dire che glieli porterò io" e si chinò a raccoglierli.
Le ci vollero solo pochi secondi per realizzare quello che stava davanti ai suoi occhi. Tra copie de "L'Unità", "Potere Operaio", "la Repubblica" e "il Manifesto", quasi nascosto sotto alcuni volantini inneggianti al prossimo Sciopero Generale, faceva capolino una scatola rosa dalla quale fuoriusciva un lembo di qualcosa di nero, forse pizzo; sul coperchio Rosa potè leggere solo parte della scritta: "...sion Flowers". "La mutantànga!" gridò Rosa attirando l'attenzione degli scarsi passanti. Sferrò un calcione ai giornali, ai volantini e alla scatola pensando "A voi due, razza di... escort!" (era la peggior offesa che conoscesse), poi, riacquistata la calma, se ne tornò a casa, dove restò per due giorni senza parlare con alcuno riflettendo agli strani casi della vita.