Rosibindi si era da sempre considerata come l'unica portabandiera femminile del Partitone, un ruolo che tutti i compagni progressisti le avevano riconosciuto dopo che la sua orgogliosa risposta alle viscide avances del Berlusca: "Non sono una donna a sua disposizione" fu riportata con grande enfasi nei giornali di tutto il mondo elevandola, agli occhi degli oppressi dal regime arcoriano, allo status di autentica icona del femminismo proletario militante.
E ora? Stai a vedere, pensava Rosa, che questa Emma si era messa in testa di aspirare alla leadership piddiìna. "Ma che vòle 'sta sciacquetta? Ma chi la conosce? Ma chi se la fila?", confidava ai più fedeli seguaci la pasionaria di Sinalunga ostentando sicurezza; ma la notte, quando avrebbe potuto rilassare il corpo e la mente in un meritatissimo sonno ristoratore, non poteva evitare di dar libero sfogo ai suoi pensieri girandosi e rigirandosi come un'ossessa da una parte e dall'altra del suo lettone in preda alle più fosche previsioni.
Il giorno dopo (me lo sentivo, disse poi Rosa): tonfa! Tutti i quotidiani uscirono (Repubblica in testa) con la prima pagina in cui campeggiava la foto a colori della presidentessa industriale. E che foto! Rosibindi non credeva ai propri occhi mentre mirava e rimirava la Marcegaglia, ripresa nel momento in cui, terminato un suo illuminato intervento in Confindustria, si accingeva a sedersi mostrando così al fotografo, pronto ad inquadrarla da dietro, una generosa parte del proprio notevole sedere, lasciato scoperto dal pantalone troppo corto in vita. La foto immortalava la biancheria intima indossata da Emma sotto il castigato completo grigio: un perizoma ridottissimo tipo tanga, di pizzo nero, per essere precisi.
"Che m...ala! Che t..ia!" non potè far a meno di esclamare Rosa, abbandonando per un attimo il suo celebre aplomb, di fronte a cotanta ostentazione di erotico vestiario; un abbigliamento che sottintendeva notti roventi, disponibilità agli amplessi più sfrenati e ricerca della trasgressione più estrema.
Poi, a mente fredda pensò che qualcosa bisognava pur fare. Non si poteva lasciare che l'ultima sciacquetta entrata a far parte della grande famiglia piddiina, scalzando lei, Rosa, dal podio, conquistasse immantinente i favori del popolo democratico entrando a forza nei sogni erotici di milioni e milioni di militanti progressisti, del popolo viola, degli ospiti dei centri sociali, degli antagonisti e di Fassino.
Il giorno successivo Rosa, nascosta sotto un paio di occhialoni neri e indossando un lunghissimo impermeabile beige, entrò nel più importante negozio di intimo della Capitale e, cercando di alterare la voce per non essere riconosciuta, domandò alla commessa di mostrarle qualche articolo un pò... un pò... particolare. "Quello" specificò poi alla ragazza indicandole col dito proprio l'articolo indossato da Emma e riprodotto a colori nell'enorme manifesto pubblicitario che illustrava la collezione di lingerie della ditta "Passion Flowers".
"Beh" fece la ragazza aprendo una scatola e mostrandole il contenuto, "Questo è un articolo che da stamani sta andando veramente a ruba. Pare che improvvisamente e inspiegabilmente tutte le donne si interessino a questo prodotto". La commessa prese una scatolina rosa, l'aprì e ne tolse l'oggetto incriminato che alzò davanti a sé per mostrarlo a Rosa che, sempre più impacciata e vergognosa, non osava nemmeno alzare lo sguardo.
"Guardi, signora. Si tratta di un articolo della "Passion Flowers", una ditta della quale il nostro negozio ha l'esclusiva. Bella, vero? E molto, molto sexy. E' una mutandina di pizzo nero traforato, trasparente come fosse di chiffon e piccola come un tanga. Va molto di moda in... certi ambienti. La chiamano: mutantànga" concluse quasi in un soffio.
Rosibindi salutò la commessa e uscì dal negozio senza aver comprato niente. Era furiosa, col cuore in subbuglio.
Ma come aveva potuto pensare, sia pure per un attimo.... proprio lei, Rosa, icona carismatica del partito che si era da sempre distinto per le sue battaglie contro il decadimento dei valori e per la difesa delle tradizioni popolari e contadine; come poteva aver avuto un momento di debolezza che l'aveva fatta persino pensare di potersi mettere sul piano della nuova arrivata, di quella svergognata smorfiosa...
Mentre discorreva così tra sé e sé, congratulandosi in cuor suo di esser riuscita a far prevalere la sua morigeratezza di costumi, quasi fu travolta da una piccola folla di giovani che, intonando slogan ed inalberando una selva di cartelli e di bandiere rosse, marciava a passo svelto occupando quasi l'intera sede stradale. "Ma insomma, c...o! State attenti!" non potè fare ameno di gridare Rosa che, in occasioni come quelle o come quando si riferiva al Cavaliere Nero, non poteva evitare di cadere in qualche piccola volgarità.
"Dai! Che fai costì impalata! Vieni con noi!"; nell'essere scapigliato che, indossando una tuta da metalmeccanico e con sottobraccio una pila di giornali progressisti, le si rivolgeva così direttamente, Rosa riconobbe (ma solo dopo alcuni secondi) Susanna la Camussa che stava guidando i suoi a protestare davanti all'Università. Rosa si accingeva a declinare l'invito quando le due furono quasi gettate a terra da alcuni energumeni ciggiellini che poi, quasi a forza, prendendo sottobraccio la loro capa (la Camussa) la spinsero a riprendere la testa dell'improvvisato corteo senza neppur attendere la risposta. La Camussa e la sua truppa sparirono in un baleno dietro all'angolo, tanta era la foga e la voglia di protestare contro il regime piddiellino e a favore della Cultura equa e solidale. Nella piccola ressa che si era prodotta, Rosa si accorse che il pacco di giornali che portava la Camussa era caduto a terra.
"Guarda" pensò tra sé e sé, scuotendo la testa per l'altrui sbadataggine. "E' così tanta la voglia di sacrificarsi per i lavoratori e gli studenti che non si è nemmeno accorta di aver perso i giornali. Vuol dire che glieli porterò io" e si chinò a raccoglierli.
Le ci vollero solo pochi secondi per realizzare quello che stava davanti ai suoi occhi. Tra copie de "L'Unità", "Potere Operaio", "la Repubblica" e "il Manifesto", quasi nascosto sotto alcuni volantini inneggianti al prossimo Sciopero Generale, faceva capolino una scatola rosa dalla quale fuoriusciva un lembo di qualcosa di nero, forse pizzo; sul coperchio Rosa potè leggere solo parte della scritta: "...sion Flowers". "La mutantànga!" gridò Rosa attirando l'attenzione degli scarsi passanti. Sferrò un calcione ai giornali, ai volantini e alla scatola pensando "A voi due, razza di... escort!" (era la peggior offesa che conoscesse), poi, riacquistata la calma, se ne tornò a casa, dove restò per due giorni senza parlare con alcuno riflettendo agli strani casi della vita.
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