Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

L'INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI ELETTORALI

mercoledì 31 marzo 2010

Stamani Dario era più scontroso del solito. C’era qualcosa che gli era andato storto, si vedeva. Per tirarlo su mi sono offerto di pagargli un caffè. “Grazie” ha bofonchiato.

Seduti uno di fronte all’altro al tavolo del bar, ho visto che, poco a poco, cominciava a sciogliersi.

Dopo qualche minuto al mio: “Sarai contento, no?” ha sorriso amaro. Sapevo che ci saremmo arrivati, al punto cruciale; ho fatto il nesci:

“Contento di che?” ho chiesto, candido e innocente.

“Dai, non far finta di niente. Lo sai benissimo. Le elezioni. La sconfitta della sinistra; il trionfo del Cavaliere: sarai contento. O no?”

“Beh, a dir la verità “ero” contento; ma solo all’inizio, subito dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali. Oddìo, contento si fa per dire. Come sai io non tifo per nessuno e della politica adopero in maniera utilitaristica e strumentale solo gli spunti polemici, o grotteschi, o comici, che, a iosa, mi propone continuamente. Però come sai avevo una certa simpatia per il Cavaliere; mi sarebbe dispiaciuto che pagasse dazio dopo tutte le carognate che da un anno e più gli stanno propinando i tuoi amici.”

Dario aveva aggrottato le sopracciglia ma era rimasto silenzioso; aveva capito benissimo a cosa mi riferivo. Ho proseguito: “Così devo confessarti che ero rimasto piacevolmente sorpreso dal responso elettorale. All’inizio.”

Dario non capiva. “Che vuol dire: all’inizio? Perché: ora?”

“Amico mio” ho risposto “devi perdonarmi, ma cosa vuoi: io, e come me quasi tutti coloro che hanno votato per la coalizione del Cav, siamo gente semplice, ingenua e ignorante al punto giusto (dato che altrimenti, come dice La Repubblica, voteremmo per Bersani-Di Pietro e Company). Mi perdonerai quindi se pensavo che per la sinistra cedere al centrodestra 4 Regioni e passare così da 11 Regioni amministrate a 7 fosse una sconfitta e mi scuserai se, analogamente, pensavo ad una vittoria del centrodestra avendo visto che aveva strappato 4 regioni alla sinistra passando da 2 a 6 Regioni amministrate. Il risultato delle Provinciali poi lo avevo completamente travisato: pensavo che fosse una grande vittoria dei berluscones strappare alla sinistra tutte le Amministrazioni Provinciali per le quali si votava. Chiedo la tua comprensione: è ovvio che in politica non ci capisco niente.”

Dario, anche se non la pensa come me, sa stare al gioco. Mi ha fatto da sponda:

“E poi?” ha chiesto, cautamente.

“Poi mi sono informato. Ho cominciato a leggere i giornali, quello di Scalfari in primis, ho visto l’approfondimento a Porta a Porta e ho capito tutto. Diavolo di una Sinistra! Altro che perdere le elezioni: un trionfo, è stato per voi! Un trionfo!”. Dario restando muto, l’ho rincalzato di brutto:

“Il primo dubbio alle mie certezze me l’ha messo Bersani quando, come prima dichiarazione ufficiale, ha sentenziato : -Non posso affermare che abbiamo vinto ma certamente posso dichiarare che non abbiamo perso.-, poi, di fronte ad una certa perplessità di fronte a tale criptica enunciazione, ha tirato fuori l’asso dalla manica: -Abbiamo conquistato la maggioranza delle Amministrazioni Regionali!-. Non ci avevo pensato, o meglio, mi era sfuggito. Diavolo d’un uomo! Era vero! La sinistra aveva vinto in 7 Regioni su 13! E quelli del Cav, cretini che non avevano capito niente, ad esultare! Che figura da barboni! Eppure la cosa è indubbia. Pensiamo ad esempio ad una guerra. Ipotizziamo una guerra contro l’Austria. Comincia la guerra e le ostilità vanno avanti per alcuni anni. Al momento dell’armistizio (facciamo l’ipotesi) ecco che l’Austria si ritrova ad aver conquistato tutta l’Italia settentrionale che quindi, da quel momento, diventa una provincia austriaca. -Abbiamo perso la guerra-, direbbero gli ignoranti come me. -Niente affatto- spiegherebbe a quegli sprovveduti Bersani, che se ne intende, -Dato che il Centro ed il Sud dell’Italia non sono state conquistate dagli austriaci è chiaro che la maggioranza dell’Italia è ancora italiana ed è quindi evidente che la guerra l’abbiamo vinta noi e gli austriaci hanno subito una cocente sconfitta” e giù, ad esultare con le bandiere al vento, bande e majorettes mentre volontari in divisa viola distribuiscono La Repubblica al popolo festante (frastornato, ma festante).”

“Scherza, scherza” ha fatto Dario, amaro “Non c’è niente da fare. Il tuo Cavaliere resterà a vita al governo. Cos’altro potrebbe fare la sinistra per scalzarlo?”

“Cosa potrebbe fare? Due cose. Una: si trova un leader credibile, si leva diversi scheletri dagli armadi, fa una bella autocritica e si prepara bene bene per cercare di vincere, fra tre anni, le prossime elezioni governative. Oppure: continua come adesso con la sua ossessione berlusconesca con gli Spatuzza, le D’Addario, le spiate, le carognate, i cavilli, le prese in giro, le intercettazioni, i processi inventati, le Procure amiche, i girotondi, le calunnie, gli attentati, le offese, le santorate e tutto il solito teatrino di nani e ballerine che l’ha ridotta quello che è, la sinistra, in modo che si ridurrà ad una sparuta minoranza da proteggere come una specie in estinzione. Ma non vincerà più.”

Dopo un attimo di silenzio Dario si è alzato: “Si è fatto tardi” ha detto, significando che era arrivata l’ora di salutarsi. Prima di lasciarlo ho cercato di tirarlo su di morale: “A proposito” gli ho fatto “le sai le ultime sui grandi protagonisti della scena politica italiana degli ultimi mesi?

Marrazzo, pare abbia rinunciato a chiedere la libertà su cauzione. Vuole restare in prigione. Pare che uno come lui, abituato a pagare per andare a trans non se la passi poi male a passare le giornate (e le notti) in una stanza 4 metri per 4 con tre marocchini come compagni di cella (e, presumo, ferocemente allupati).

La D’Addario si accinge a scrivere un altro libro dove racconterà per filo e per segno tutti i dettagli delle sue avventure erotiche con il Cavaliere. C’è da immaginare che sarà un best seller; dopotutto la cortigiana più famosa d’Italia, oltre che belloccia, è sveglia e senza peli sulla lingua (o, se li ha, non sono suoi).

Franceschini, c’è da giurarsi, vorrà vendicarsi su Bersani. La spiegazione della vittoria della sinistra non l’ha convinto per niente e dice che, senza bisogno di fare tante ca…te inutili come le famigerate Primarie Democratiche, a perdere con il Berlusca, riusciva anche a lui.

Ne vedremo delle belle”.

Con Dario ci siamo salutati con simpatia. Ho proseguito la mia passeggiata a cuor leggero; mi sentivo allegro e rilassato. Anche se, come dice Bersani, aveva vinto la sinistra.

L'INCUBO

lunedì 29 marzo 2010

Stanotte ho avuto un incubo. Un incubo strano però; più grottesco che pauroso, più demenziale che terrificante mi si è presentato in sogno come una storia nitida e piuttosto coerente.

Non so che cosa lo abbia prodotto; o forse sì. Ora che mi ricordo ieri sera, a cena, non avevo saputo resistere ad un bel piatto di bollito condito con la salsa verde, quella bene agliata come piace a me. Mia moglie mi aveva avvertito: “Il bollito, la sera, non si digerisce”, ma io, duro, avevo fatto orecchi da mercante. Poi, a letto, ci credo che non riuscivo a prendere sonno: il bollito a cena! con la salsa verde!

Quando, dopo essermi rigirato cento volte nel letto, mi sono addormentato e ho cominciato a sognare, ho subito avvertito una sensazione strana: era come se qualcuno mi trasportasse via, in un altro luogo, un altro mondo forse, e contro la mia volontà. Mi sono svegliato (nel sogno) e ricordo che mi sentivo diverso: ma non male, anzi. Mi sentivo ganzo, allegro, contento per quello che ero, o per qualcosa che mi era accaduta ma che non ricordavo.

Fischiettando mi sono alzato da un letto che non era il mio, ho aperto la finestra di una camera che non riconoscevo e sono andato in bagno, dove, esauditi i bisogni fisiologici, mi sono avvicinato allo specchio per radermi. Beh, seguitemi, ora. Mi sciacquo il viso, preparo il rasoio, verso un pò di schiuma da barba sul palmo della mano, fo per stenderla sul viso… A questo punto, beh, non ci crederete, ma non sono riuscito a proseguire.

Non so come spiegarlo, ma guardando la mia faccia riflesso sullo specchio (una faccia che non mi apparteneva ma che sentivo nel sogno essere la mia) ho capito cosa mi era successo; non so perché, non so come fosse capitato (non sapevo ancora di stare sognando) ma io non ero più io, ero un altro, una persona diversa da me ma non a me sconosciuta, ero un uomo diversissimo da ciò che ero stato, un personaggio famoso ed influente. Ero Marco Travaglio. Dite: “Ma ne sei sicuro?”, “Certo” vi rispondo; “Ma sicuro sicuro?”: ed io, paziente: “Sicurissimo”.

Ho voluto un riscontro certo. Sono corso alla porta della casa dove mi trovavo (la mia casa, nel sogno), l’ho aperta e sono uscito sul pianerottolo per vedere quello che c’era scritto accanto al campanello. “Marco Travaglio” c’era scritto, e sotto, più piccolo: “giornalista”. Non c’erano più dubbi: ero lui.

Non sapevo se esserne contento o meno, ma, prima di ogni altra cosa, ho pensato che dovevo ancora farmi la barba (non chiedete ai sogni di essere coerenti), così, prima di prendere qualsiasi decisione al riguardo di che ero o chi non ero, sono tornato in bagno per cominciare finalmente a radermi. Mi sono piazzato di nuovo davanti allo specchio, ho steso di nuovo la schiuma da barba sul palmo della mano e stavo per cominciare ad insaponarmi finalmente il viso, quando, guardando di nuovo la mia faccia riflessa sullo specchio, ho sentito una sensazione strana che mi saliva dallo stomaco, mi prendeva l’esofago, eccitava le mie ghiandole salivari, diventava irresistibile… Non potevo resistere, sentivo che dovevo, dovevo, DOVEVO, sputare su quella faccia. Avevo già raccolto la saliva nella bocca e, mio malgrado, stavo per procedere allo schifoso gesto quando, facendomi forza, sono riuscito a togliere lo sguardo dallo specchio e a scapparmene in salotto. Non sapevo come fare. Ho cercato nell’agenda che era accanto al telefono per vedere di trovare qualcuno a cui potessi chiedere consiglio: c’erano un sacco di nomi. Ho telefonato a Santoro; “Lui potrà aiutarmi” ho pensato (dopotutto ero Marco Travaglio). Il celebre conduttore però non ha saputo consigliarmi niente che potesse risolvere il mio problema: diamine! Dopotutto in qualche modo dovrò pur radermi, gli ho detto preoccupato, e come faccio a radermi se davanti allo specchio non posso fare a meno di sputarmi in faccia! (l’immagine riflessa della mia faccia, voglio dire).

Santoro ha detto che un problema analogo l’aveva avuto pure lui, anni fa, ma che l’aveva poi risolto alla radice evitando di farsi la barba da solo ma facendosi invece radere da un barbiere cieco.

Gli ho domandato perché un barbiere cieco: “Oh bella” mi ha risposto “Se non fosse cieco mi sputerebbe in faccia, chiaro!”. Deluso ho avuto appena il tempo di domandargli come diavolo facesse un cieco a raderlo senza fargli dei tagli. “L’ho addestrato bene” ha confessato: “ora mi rade con una mano che è un guanto. Mi ci è voluto un po’di tempo, però. E nei primi giorni devo ammettere che dei tagli me ne faceva. Oh, se me ne faceva!” ha concluso con un sospiro.

Beh, a me (Travaglio, voglio dire) la soluzione di farmi radere da un estraneo non mi entusiasmava. Io la barba me l’ero fatta sempre da me. E poi dover trovare un barbiere cieco… addestrarlo… No, no. Ci voleva un’altra soluzione. Daniele Luttazzi (la mia successiva telefonata) è sembrato divertito. “Anche io, ho avuto lo stesso problema” ha ammesso (e ti pareva..) “ma credimi, non è un ostacolo insormontabile. Basta imparare a farsi la barba senza guardarsi in faccia. Non è difficile, sai. Ci vuole allenamento, nemmeno tanto. E un po’ di pratica. Intendo con il rasoio elettrico, ovviamente”. Gli ho ribattuto che io il rasoio elettrico non lo sopporto. “Allora i casi sono due” ha concluso Luttazzi “O fai come ha fatto Scalfari e ti fai crescere la barba, oppure impari a fartela da te ad occhi chiusi. Oppure bendato, per non correre il rischio di aprire gli occhi per sbaglio e, vedendo la tua faccia nello specchio, far partire lo sputo immediato. Ora che ci penso questa soluzione è ottimale” ha concluso quel famoso eroe della satira “Essa ti permetterà, una volta che ti ci sarai impratichito, di raderti, oltreché in bagno, anche in cucina, o nel tinello o dovunque tu ne abbia voglia. Pensaci.” E ha riattaccato.

“Beh, sono o non sono Travaglio” ho pensato (e nel sogno lo ero). “E allora, diamine, imparerò a superare anche questo impulso schifoso! Sì, lo supererò!” ho quasi gridato. E così mi sono concentrato in una sorta di training autogeno. “Non sputerò sulla mia faccia; non sputerò sulla mia faccia “ ripetevo attento, teso sull’obiettivo. Dopo circa due ore mi sono sentito pronto. Sono andato in bagno ed evitando di guardare nello specchio ho preparato il rasoio e la schiuma da barba. Poi, dopo aver inspirato ed espirato profondamente per almeno tre volte ho aperto gli occhi e ho piantato decisamente lo sguardo sulla mia faccia riflessa nello specchio. Subito ho sentito salire dal profondo quel sudicio impulso ma sapevo di poter riuscire a controllarlo. Pensavo con tutte le mie forze, mentre le tempie mi battevano e la mano mi tremava: “Mi farò la barba… mi farò la barba… non sputerò sullo specchio… non sputerò… non sputerò!”. Ho sentito che ce l’avrei fatta: non avrei sputato, ero riuscito a resistere. Avevo vinto!

E a quel punto è successo qualcosa di incredibile (ma era un sogno..). Con mia enorme sorpresa ho visto il mio viso riflesso sullo specchio che ha cominciato lentamente ma progressivamente a cambiare espressione; poi con sorpresa mista a terrore ho visto la mia immagine che, dopo aver strabuzzato gli occhi, ha gonfiato le gote e, abbassando il mento come per prendere la rincorsa… squash! mi ha scaraventato uno scaracchio in faccia che ci sarebbe annegato un gattino!

A quel punto (fortunatamente) mi sono svegliato. Dopo essermi accertato di essere proprio io e nessun altro mi sono alzato come il mio solito. Poi, dopo aver fatto colazione, mi sono raso e sono uscito a fare una passeggiata. Era una splendida giornata di sole.

Ma il bollito a cena (specie con la salsa verde) non lo mangerò più. Garantito.

Il Biri

Lettera a Dario

lunedì 22 marzo 2010

Caro Dario,

scusa innanzitutto se pubblico questa lettera sul blog ma il fatto è che stamani non c’eri all’ora solita, al solito posto del nostro solito appuntamento e, siccome qualcosa da dirti ce l’avevo, invece di tenerla in serbo per la prossima volta, preferisco dirtela subito pubblicandola qua sopra. A proposito: come mai non c’eri? Avevi altro (e di più importante) da fare e non ti sei ricordato di avvertirmi? Scusato, scusatissimo e senza nemmeno bisogno di chiederlo; ovvio che le nostre passeggiate farcite di tanti bei discorsi inutili si piazzano all’ultimo posto in una ipotetica gerarchia di cose importanti. Eri indisposto? In questo caso spero che non si tratti di niente di serio e ti auguro, nel caso, una pronta guarigione. Eri forse adirato con me? Beh, in questo caso posso assicurarti che non devi assolutamente pensare che ci possa essere al mondo una sola ragione, almeno da parte mia, per cui la nostra amicizia di una vita possa rompersi e nemmeno che possa risultare incrinata, o affievolita, o appannata. E poi, scusa, per quale ragione dovrebbe mai compiersi il misfatto? Gli amici litigano per interesse, per una donna, per una passione sportiva, per un equivoco verificatosi o per una falsa voce riportata da altri e sono tutti motivi che, per i molti interessi comuni e (purtroppo) per la nostra età non ricorrono (credo e spero) nel nostro caso.

Alcuni litigano e rompono la loro amicizia per diversità politiche. Poveretti! Dimostrano in quale conto la tenevano quell’amicizia, per sacrificarla così, in quattro e quattr’otto, alle idee di politicanti che non sanno nemmeno che quelli esistono e si avvalgono di alcune logore parole d’ordine per circuirli e ottenere il loro consenso (che per i politicanti – tutti - è assolutamente indispensabile e significa continuare ad arricchirsi, continuare ad elevarsi, continuare a far parlare di sé; insomma continuare a comandare e cioè continuare ad esistere).

Spero ardentemente, anzi, sono sicuro, che non è il nostro caso. Le nostre idee sulla politica sono abbastanza distanti in questo momento, lo so, ma ciò non significa niente. Del resto tu preferisci il mare ed io la montagna, tu detesti l’origano ed io lo metterei su qualunque pietanza, tu ami il vino bianco ed io quello rosso e non disdegno neppure la birra, all’occasione. Si litiga forse per questo? Si cessa di essere amici per questo? E allora! Posso assicurarti che considero le differenze di schieramento ideologico assai meno importanti di queste che ti ho appena elencato; effimere al punto che, se me lo chiedessi, cesserei immediatamente, e senza alcun rimpianto di parlarne, di politica.

Solo, mi domando (vista la tua assenza): è davvero questo che vuoi? La situazione politica italiana è talmente grottesca che puoi considerarla solo in due modi: come una ridicola tragedia o come una squallida farsa (come faccio io, per intendersi) ma, se vogliamo essere seri, non puoi prenderla sul serio.

Quindi, tu che mi conosci, sai che non posso non sentirmi incuriosito o addirittura coinvolto da certi comportamenti strani al limite della follia, assurdi al limite della demenzialità e reiterati al limite dell’ossessione; trovo in essi motivo di riflettere su certe debolezze umane e, cercando di spiegarmeli (quei comportamenti) cerco di riuscire a comprendere meglio gli uomini e me stesso.

Attualmente sono tristemente affascinato (si potrebbe dire) dall’inaudita campagna d’odio che la (cosiddetta) sinistra, che l’ha progettata, organizzata e pianificata, sta perseguendo contro una singola persona, allo scopo dichiarato di distruggerla politicamente, economicamente, socialmente e fisicamente. Si tratta di una campagna d’odio così viscerale, irrazionale, totalizzante e paralizzante che ha condizionato e condiziona ogni attività dei suoi esecutori; una campagna d’odio che si manifesta ormai in modi talmente ridicoli e parossistici da poter essere considerata rivelatrice di una vera e propria patologia sociale. E vuoi che questi comportamenti non mi interessino? Che resti indifferente anche ai mille motivi, chiamiamoli così “estetici”, di questa incredibile situazione che registra la lotta che una intera parte politica, avvalendosi di tutti i suoi agganci periferici mediatici, istituzionali, sociali e legislativi conduce contro un solo uomo al fine di distruggerlo? Quale è il pericolo che questa persona rappresenta? E perché, dopo anni di attacchi, lotte, ricatti, intercettazioni anche illegali, intimidazioni giudiziali ed economiche, calunnie ed aggressioni anche fisiche, è questo “nemico” che si rafforza sempre di più e sono i suoi persecutori che lentamente ma inesorabilmente perdono contatto con la gente che fino a pochi anni fa potevano, abbastanza ragionevolmente, dichiarare di rappresentare?

Come vedi i motivi per un mio interessamento, se non altro “culturale”, su questa eccezionale ed inspiegabile situazione ci sono tutti e vanno ben al di là di una semplice “simpatia” per il personaggio vittima di tanto accanimento; il Tizio in questione infatti, se vuoi che te la dica tutta, non mi è particolarmente simpatico. Anzi. Me lo immagino quello (tu sai bene a chi mi riferisco), ad averlo come compagno di scuola. Uno che arriva a scuola con l’auto guidata dall’autista, che vuole fare il piacione con tutte le ragazze più carine; uno che dà il tormento a tutta la classe con i suoi stupidi scherzi e le sue barzellette da oratorio, uno comunque che pretende di essere amico di tutti e che, inoltre, è un secchione mai visto che ci fa sfigurare con i voti che riesce a prendere in tutte le materie. Uno così non avrebbe mai potuto restarmi simpatico… a meno che. A meno che tutto questo furore, questo accanimento verso di lui, questa ossessione totalizzante ed infinita rivolta alla sua distruzione me lo abbia reso (e penso non solo a me) degno di una attenzione che altrimenti non gli avrei mai riservata. Lo sai, al cinema noi facevamo sempre per gli indiani, e comunque è naturale che il bersaglio unico di un attacco portatogli da forze enormemente più potenti, alla fine, attira, se non la simpatia, il rispetto e la solidarietà di tutti: si parteggia per Jerry e non per Tom, per Titti e non per Gatto Silvestro, per Bi-bip e non per Wild Coyote che ci fa godere quando la candela di dinamite piazzata per spappolare la sua timida preda gli esplode in piena faccia mentre l’altro con una risatina gli sfreccia via, velocissimo, imprendibile.

Ormai è come una telenovela, un serial tragicomico, un reality che potrebbe intitolarsi “La caccia alla volpe” dalla trama già scritta ma dal finale imprevedibile dove, a ben guardare, una parte, quella diciamo così “cacciatrice”, che sta dedicando al suo fine (la distruzione della preda) ogni mezzo lecito ed illecito è imprevedibilmente in affanno. Infatti ogni giorno che passa senza che il suo fine sia raggiunto la indebolisce; di più: apre al suo interno e nella sua stessa base scenari inimmaginabili dove persino alcune certezze assodate vengono viste sotto una luce diversa e più problematica; si cominciano a rivedere, non solo i fatti, ma anche le motivazioni dell’intoccabile mito della Resistenza; ci si interroga su alcuni privilegi considerati finora come “dovuti”, come lo status delle cooperative rosse, quello della dipendenza politica dei sindacati e dell’imparzialità delle organizzazioni che controlla, come l’ANM e la FNSI. Insomma si tratta di una lotta diseguale dove “lui” può perdere molto, moltissimo, ma la sua parte avversa di più: essa può perdere, e sta già velocemente perdendo, letteralmente “tutto”. Il bello, la cosa che mi affascina di più in questa lotta diseguale dove il (cosidetto) più debole si rafforza man mano che il (cosidetto) più forte vede sempre rimandare il giorno della sua vittoria è il fatto che, purtroppo, le cose sono andate troppo avanti; si sono spinte fino al punto di non ritorno. La strategia da seguire dalle parti in lotta mi sembra chiara: la “vittima” non potrà che continuare con le sue denuncie appassionate delle aggressioni che sta subendo, i “cacciatori” ormai non potranno che dar fondo ad ogni risorsa che possiedono, anche la più scorretta, la più bieca, la più becera, la più infame. Buttando la maschera che li faceva diversi, non possono fare a meno che mostrarsi per quello che dimostrano di essere: un manipolo di incapaci, invidiosi, inetti Wild Coyotes uniti dal solo scopo ossessivo di far fuori il tenero, sorridente, antipatico ma sveglissimo Bi-bip.

Ecco cosa mi interessa di questa storia che, lungi dall’essere solamente una cronaca di rivalità politica, è diventata, per colpa o merito di un solo uomo (la vera ossessione della sinistra), una lotta di sopravvivenza. E vuoi che non me ne occupi, vuoi che non utilizzi i mille spunti polemici, grotteschi e divertenti che contiene?

Concludo sperando di averti chiarito le motivazioni per cui considero questa specie di moderno safari così coinvolgente; più interessante del Grande Fratello, più pieno di colpi di scena dell’Isola dei Famosi, più divertente di Zelig e con lo stesso thrilling di un film di Hitchcock. Qui può succedere di tutto e stare alla finestra e scrutare il fiume per vedere chi passa non è mai stato così interessante.

Saluti, il tuo amico

Biri.

LA SOLUZIONE FINALE

venerdì 12 marzo 2010

"Questa volta non posso fare altro che congratularmi. Non ci avevo pensato e forse nemmeno te ed i tuoi amici (credo infatti che l'idea sia stata suggerita, pianificata, organizzata ed eseguita da qualcuno più cazzuto di voi della cosiddetta Opposizione) ma devo riconoscere che, una volta aver deciso di fregarsene del bon ton, delle regole e di tutte le remore etiche che possano insorgere... beh, insomma, questa volta il Cavaliere e il suo Governo, sono bell'e spacciati".

Dario faceva finta di non capire anche se sapeva benissimo dove mi ero ripromesso di andare (e di portarlo).
"Cosa vuoi dire, Biri? A che diavolo ti riferisci? I miei amici... le regole... E poi, quale idea? E riguardo a cosa?"
La mattinata era fredda, come tutte le altre mattinate che si alternavano grige, piovose e scostanti da quasi tre mesi, ormai, e uno spunto per ravvivarla, almeno in parte, ci voleva.
"Dario, non fare finta di non aver capito. E con me, poi. Riguardo a cosa, chiedi? Scegli tra questi spunti, o, anzi, meglio, prendili tutti. Il Cavaliere. La sinistra. La Magistratura. Le liste. I ricorsi. I Tribunali. Favoloso! Dopo anni in cui il Nostro l'aveva fatta franca nonostante le escort, i duomi stile Tartaglia, le veline, Mills, De Benedetti e chi più ne ha più ne metta.. ecco finalmente l'Arma Totale che riscatta la Sinistra; quella che in un colpo solo disarma il Cav e il suo partito e, facendo risorgere a novella verginità politica i Marrazzi, i Prodi e persino Caruso, Pecoraro Scanio, Diliberto e tutti i poverelli orfani della gloriosa Bandiera Rossa, (ri)porta al potere, tra squilli di trombe e fanfare, titoli cubitali della Velina Rossa scalfariana e balli sabbatici organizzati dai vari Santoro, Lerner e Travaglio, il non più attapirato Partito, partito... (qui feci una pausa); a proposito: come definirlo?"
"Fai te. Molti lo chiamano Partito Democratico" fece Dario pensando di essere caustico.
"Ah ecco. Partito Democratico... democratico? L'aggettivo non mi giunge nuovo. Demo-cratico. Hum.. sarebbe forse roba del tipo: "combatto le tue idee ma sono pronto a dare la mia vita perché tu abbia il diritto di esporle"? Roba del tipo: "ti avverso con tutte le mie forze ma se sarai eletto seguirò le tue direttive con lealtà ed impegno"? Roba del tipo: "L'esercizio democratico del voto è inalienabile e indisponibile. Il voto è un diritto/dovere e nessun cittadino ne può essere privato senza la propria volontà"? (A proposito quest'ultima enunciazione è parte della Costituzione Italiana). No, perché se democratico significa questo allora l'attributo di democratico appeso alla parola Partito, nel caso in questione (quello del tuo partito di riferimento), proprio non lo capisco né dal punto di vista etimologico né da quello escatologico. A meno che non sia un aggettivo ironico, uno sberleffo che nega ciò che afferma, una specie, per intendersi del famigerato Partito Nazionale Socialista dei Lavoratori Tedeschi che poi, stringi stringi era la definizione ufficiale del Partito Nazista."
Silnzio. Cominciava a fare meno freddo; potei quindi proseguire:
"Per riallacciarmi alle mie congratulazioni iniziali devo ribadirle. Non era facile trovare un mezzo così semplice e tremendamente efficace per rendere inoffensivo il Cavaliere ed il suo governo. Ci voleva una bella faccia tosta, questo sì, ma comunque ora che tutte le armi, sia quelle normali che quelle diciamo "speciali", come le diffamazioni, i processi, le puttane, le intercettazioni e persino i lanci in faccia dei duomi modello Tartaglia si sono rivelati inefficaci, ora che anche i tentati sputtanamenti dei familiari e degli amici del Nostro sono falliti, ora che i giornali di riferimento della sinistra, quelli che una volta apparivano così seri ed autorevoli, pur gettando la maschera e dedicandosi sempre più sguaiatamente al killeraggio mediatico sia voyeuristico che giustizialista non sono riusciti nel loro intento... ora dicevo, ecco che arriva, suggerita penso da quel popò di democratico di Di Pietro, salutata dal plauso e dai sospiri di sollievo di tutti i sinceri progressisti, la Soluzione Finale. Finalmente! Fine del berlusconismo, piazza pulita dei berluscones, riscatto di tutto il sinistrume accantonato ma fremente in attesa. La Soluzione Finale!"
Dario non voleva proseguire ma era troppo incuriosito:
"Forza, sentiamo: di che si tratta?" fu costretto quasi ad implorare.
"La Soluzione Finale. Non potendo far fuori il Cavaliere con i metodi tradizionalmente usati in questi ultimi anni (Calunnie, Magistratura Democratica, escort, Mills e lanci di oggetti contundenti) e prendendo atto che ogni attacco al Nostro, si traduce automaticamente in una sua schiacciante vittoria ogni volta che il popolo è chiamato a votare... " feci una pausa.
"Beh? Allora?" quasi esalò Dario.
"Allora è facile! Visto che gli italiani, ogni volta che quello si presenta alle elezioni gli danno il voto, allora basta che non si presenti più! Dalle prossime votazioni e per tutte le successive sarà in vigore un articolo, non scritto, ma applicato, applicatissimo, che recita: "Ogni partito che si rifà al Cavaliere e alle sue idee è escluso dalla contesa elettorale". Semplice. Facile. E decisivo. Repubblica dirà che la decisione è perfettamente legittima e i Tribunali, l'Appello, la Cassazione ed il TAR confermeranno l'esclusione in virtù di qualche cavillo rispolverato per l'occasione. Santoro ci farà sopra una puntata fiume piena di legittimo orgoglio e Travaglio, senza essere disturbato da nessun oppositore, potrà tirare un sospiro di sollievo. Il Berlusca non vincerà mai più e Di Pietro potrà finalmente entrare a Montecitorio con le sue truppe corazzate (sai, Donadi, De Magistris... tutta quella roba lì) e i PDini al seguito. Il Cavaliere sarà ricacciato nella sua residenza di Arcore e di lui, tra breve, non si sentirà parlare più. La Soluzione Finale! La vittoria della democrazia!" Quasi battevo le mani. Dario non gradì.
Della questione, per quel giorno, non si parlò più. Ma ora faceva freddo di nuovo; un vento gelido che entrava sotto le ossa. E c'era poco da stare allegri.

FARE E PARLARE

lunedì 1 marzo 2010

Quando ci siamo incontrati al solito appuntamento era scuro come la cenere, Dario, quella mattina; voglia di parlare, punta.

Per un po’ ho cercato di assecondare quello che ho interpretato come un suo muto desiderio (quello di non parlare, insomma), ma, non c’è niente da fare, è più forte di me, dopo appena due minuti (mi erano sembrati anche troppi) ho cominciato a indagare.

Alla fine, è sbottato:

“Ma l’hai letto, no! Mills è stato prosciolto e il Cavaliere se la caverà anche questa volta! Roba da chiodi! Incredibile! Povera Italia… (e via col liscio)”

Povero Dario. Un po’ mi faceva pena. Dopotutto siamo amici dalla nascita e mi dispiaceva vederlo così affranto. Ho avuto la brillante idea di provare a tirargli su il morale: dopotutto un amico è un amico.

“Dario, lascia che lo dica, questa volta non mi sento di darti torto. A volte siamo stati in dissenso ma veramente non posso vederti così giù. E’ vero; dal tuo punto di vista (ribadisco: dal tuo) è uno schifo. L’unico vantaggio di tutta questa vicenda di colpi e contraccolpi (andati tutti a vuoto) e di decine di tentativi falliti per disarcionare il Cavaliere è che ora, finalmente, possiamo azzardare una ulteriore ipotesi di interpretazione di tutta questa ultradecennale serie di clamorosi insuccessi della sinistra e dei suoi alleati.

Se vuoi quindi, ma solo se vuoi, posso illustrarti la mia personale, anche se assolutamente non autorizzata, spiegazione di quello che sta succedendo.”

Ho fatto una pausa. Dario ha fatto ancora qualche passo al mio fianco, poi, visto che non parlavo, ha sbottato:

“Allora dilla! Lo so che non aspetti altro. Sentiamo questa famosa interpretazione dei motivi dello scontro tra il Cav e i suoi avversari. Sono curioso.”

Potevo andare avanti. Ero contento; avevo corso un bel rischio. Se Dario avesse detto: “Dai, Biri! Finiscila con queste buffonate e parliamo d’altro, che è meglio” non avrei saputo che dire e la nostra conversazione sarebbe proseguita su argomenti poco stimolanti e meno divertenti della cosidetta “situazione politica” come ad esempio il gossip o lo sport.

Così, ho preso fiato e ho continuato:

“Senti cosa penso; ascoltami bene. Penso che sia tutto un grande bluff, anzi: “Il Grande Bluff”. In effetti, nonostante quello che appaia e che ci si sforzi di far apparire nessuno in Italia, tanto meno la cosidetta opposizione, vuole “veramente” scalzare il Cav dal governo. Consideriamo i fatti. Tutti gli esperti di cose politiche, che, come è noto, sono tutti di sinistra, affermano che il Cavaliere, nonostante le sue proteste e nonostante si ostini a “fare la vittima” (come magistralmente definì il suo comportamento l’intelligentissima Rosy Bindi, allorché quello montò tutte quelle storie per una normale manifestazione di dissenso quale può essere un lancio in faccia di una miniaturina di nemmeno un chilo) non può negarlo: dopo la Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta, dopo tutta la stampa nazionale ed estera, le reti televisive pubbliche e private, la Confindustria, la Borsa, i grandi petrolieri (oltre al Parlamento nazionale ed europeo), il Nostro controlla anche la Magistratura! Ecco spiegata l’impunità di cui ha goduto in tutti questi anni: Avvocati, Giudici, TAR, Cassazione, Corte Costituzionale e Corte dei Conti (nonostante cerchino di non farsene accorgere) sono tutti in combutta con lui. E, stanne certo, sotto sotto fanno per lui anche tutti i leaders dei partiti della cosiddetta opposizione. Compreso Di Pietro. E’ chiaro che, per non perdere i suffragi dei cret.., pardon, degli sprovveduti che li votano (qui ho visto comparire una smorfia sul viso di Dario) devono far finta di fargli la guerra, al Cav. Ma le intenzioni, specie quelle di lunga durata, si misurano dai risultati e in tutti questi anni quali risultati hanno ottenuto lorsignori? Nessuno, nulla, niente, zero spaccato. Decine di perquisizioni, un mare di intercettazioni, chiamate in giudizio per ogni tipo di reati dai più comuni ai più fantasiosi, e alla fine cosa resta? Niente; il Cav è sempre prosciolto o prescritto e si fa un baffo di tutti i suoi accusatori. Ma ti sembra possibile? Ti sembra credibile? O non è la prova provata che i giudici, i PM, e persino i magistrati di ANM sono tutti per lui e sanno che tutte queste richieste di giudizio che non vanno a buon fine non fanno altro che irrobustirlo, il Nostro, che intanto, e grazie a questo, vede aumentare la sua popolarità tra la gente (e i voti per sé e per il suo partito). E sai perché? Perché la gente comincia a ritenerlo invincibile. Pensa a Scalfari, e alla “Repubblica”; perché mai avrebbe permesso che il suo giornale, considerato fino a qualche anno fa come il leader dei quotidiani di tendenza (quelli che oltre ad esprimere, “fanno”, opinione), potesse ridursi al rango di fogliaccio fazioso, gossipparo e di parte, simile più ad un mix fra Novella 2000 e Lotta Continua che a un campione mediatico di autorevolezza e di imparzialità? Dai retta a me: per irrobustire il Cavaliere. E “mortadella” Prodi, “ciccio bello”Rutelli, “faccia vieta” Bersani e il ruggibondo Di Pietro, perché mai hanno ridotto e continuano a ridurre la cosiddetta opposizione ad un caravanserraglio di nani e ballerine, dove non c’è una sola personalità di rilievo, non una, ma semplicemente una lista di squallidi protagonisti che ottengono popolarità solo per certi pruriginosi scandali a base di sesso depravato e di droga-parties? Semplice anche questa risposta: per affossare la sinistra (o quello che ne resta) in modo irreversibile, per allontanare da ogni cosa che puzzi anche lontanamente di rosso anche quelli che per abitudine, per antica convinzione o per pigrizia, avevano sempre votato da quella parte”.

Mi zittai (solo per un poco). Dario ora sembrava divertito. La mia ipotesi fantapolitica sembrava avergli fatto tornare il buonumore. Poi disse:

“Beato te che hai voglia di scherzare! Ma poi, stando alla tua provocazione dimmi: perché mai gli oppositori, reali o virtuali, del Cavaliere, dovrebbero fare i suoi interessi? Cosa ci guadagnerebbero, alla fine?”

Qui t’aspettavo, amico.

“Come cosa ci guadagnerebbero! Ci guadagnerebbero il fatto di poter restare per sempre all’opposizione; ci guadagnerebbero il fatto di evitare per sempre di governare, e ci guadagnerebbero la possibilità di essere sempre considerati, a scelta: coraggiosi, intransigenti, progressisti, irriverenti e impertinenti. Potrebbero continuare all’infinito con i loro teatrini (la satira!, le Dandini, i Fabifazi, Benigni e così via. E poi il noiosissimo cinema “impegnato”, i talk show televisivi alla Travaglio, gli inutili premi letterari, le brutte mostre di arte contemporanea, i faticosi dibattiti “culturali”, gli editoriali a tema fisso alla D’Arcais, i ridicoli cortei viola, gialli o arcobaleno, le occupazioni delle più varie infrastrutture, eccetera eccetera) e potrebbero continuare fino alla fine dei tempi (o a quella, per cause naturali, del Cav) a godere del regime privilegiato delle loro cooperative e di tutto ciò che le contorna, dei contributi statali ai sindacati per le compilazioni dei 730, e del potere in alcune amministrazioni locali (sempre meno, però); insomma potrebbero perseguire vita natural durante (del Cav; dopo non so) tutto il solito tran tran che li rende felicemente “importanti” e deresponsabilizzati, togliendoli nello stesso tempo dall’imbarazzo di governare e dall’incubo di dover dimostrare capacità in un campo dove non l’hanno mai avuta: quello del “fare”. Loro infatti sono quelli del “parlare”, quindi niente di più comprensibile che il fare lo lascino al Cavaliere tanto loro al diritto sacrosanto di criticare e sminuire non ci rinunciano di certo.

Ecco spiegato tutto! Come vedi i motivi a supporto di questa ipotesi ce ne sono, eccome!”.

Dario scosse la testa. “Anche se è divertente è ovvio che codesta ipotesi è solo una provocazione, uno spunto dialettico, e nemmeno troppo divertente. I motivi sono altri” concluse, serio.

“Ascolta Dario. Un’altra ipotesi c’è, in effetti. E’ la prima che dovrebbe essere valutata in una democrazia, anche se, guarda caso, nessuno dei suoi avversari la vuol considerare accanendosi a voler rovesciare il Cavaliere non con il voto (non ci credono più nemmeno loro che sia possibile in questo modo), ma con altri mezzi, diciamo, extraparlamentari, come le escort, la stampa, i suoi problemi familiari, la sua salute, il fatto che è basso (!) e la macchina giudiziaria. Però la prima ipotesi c’è e deriva da una certezza: il Cav ha la maggioranza degli elettori a suo favore, ne ha una marea sempre crescente, e la sua popolarità è talmente alta che, anche per calmare le acque, egli stesso si è dovuto premunire di dichiarare che rinuncia fin da ora ad una sua futura candidatura al Quirinale se sarà fatta la riforma che vuole il Capo dello Stato eletto dal popolo, ben sapendo che, in questo caso, sarebbe eletto non da una maggioranza, ma con un imbarazzante plebiscito. E questo perché non c’è nessuno sulla piazza politica italiana, nessuno, letteralmente nessuno (e quelli di sinistra lo sanno benissimo) che possa competere con lui in quanto a gradimento popolare, prestigio internazionale, capacità comunicativa, carisma personale e capacità di fare le cose. Ma te lo immagini Bersani a discutere a Bruxelles con Putin, o Sarkozy, ci pensi a Di Pietro ricevuto da Obama alla Casa Bianca o invitato a parlare all’Assemblea delle Nazioni Unite? Da rabbrividire, o da ridere, ne convengo. E questo perché, ben al di là dei suoi difetti, che non sono pochi né di poco conto, il Berlusca ha una grande capacità, una qualità, o meglio una caratteristica che lo contraddistingue e che oggi è divenuta una prerogativa rarissima: quella di saper “fare”.”

Eravamo arrivati alla nostra panchina (fortunatamente era libera) dove ci siamo seduti, un pochino stanchi.

Dopo qualche secondo, restandosene Dario in silenzio, continuai, specificando meglio il concetto.

“Ricorda: - Chi sa, fa. Chi non sa, insegna a fare -. E’ una legge naturale verificabilissima. Ora, come è notorio, avendo dimostrato al colto e all’inclita che la sinistra non sa o (dati i suoi precedenti ideologici) non può “fare”, ecco che la stessa si è dedicata con indubbio successo a quello che più le si addice: “insegnare a fare”. Quelli di sinistra sono bravissimi, che dico?: imbattibili a insegnare a fare. Per questo organizzano dibattiti dove si esercitano nelle varie discipline del “non fare” come: criticare, biasimare, ammonire, sminuire, contrastare, dialogare, e così via. Ma sempre assolutamente senza: “fare”. E come potrebbe la Sinistra, posto che sapesse farlo, ridisegnare le Pensioni, abbassare le tasse, introdurre il nucleare o combattere l’immigrazione clandestina, solo per citare alcune delle priorità nazionali? Ecco quindi perché quelli dell’opposizione si tengono stretto, anzi, strettissimo, il loro Silvio. Dopo di lui si vedrà, pensano; intanto lasciamolo lavorare che lavorare stanca; facciamogli portare avanti tutte quelle cose che noi non sapremmo fare. A criticarlo, tanto, ci pensiamo noi. E, dopotutto, non sarà mica eterno. I problemi, per noi, verranno quando lui non ci sarà più.”

Eravamo giunti al termine della nostra corroborante passeggiata. Dario aveva un sorrisino sulle labbra che non gli conoscevo.

“Ma falla finita, pagliaccio!” ha sbottato, serio ma allegro (proprio così).

L’ho guardato fisso, poi, quando gli ho stretto la mano per salutarlo: “Pensaci” gli ho detto.

Prima di lasciarci ci siamo dati appuntamento per la prossima volta, stesso luogo, stessa ora.