Dario era raggiante, me ne sono accorto appena l’ho visto, fermo che mi aspettava al solito posto.
“Hai visto?” ha fatto tutto allegro e con gli occhietti ammiccanti “il lupo perde il pelo ma non il vizio. Dagli e ridagli le magagne vengono al pettine. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” ha concluso in bellezza. Si è messo poi in attesa della mia inevitabile domanda, scontatissima del resto, ma che, per onorare il gioco delle parti, mi sono prestato a fargli:
“Scusa, non ti capisco (ho mentito); mi spieghi che cosa vuoi dire? O meglio: a chi ti riferisci?” (come se non lo sapessi!).
“Dai, Biri! Non fare finta di niente! Il “tuo” Cav è bell’e spacciato. E non è inciampato nei trabocchetti dell’opposizione, dei sindacati, della magistratura o della stampa amica della sinistra. Ha sacrificato il potere, il voto di milioni di elettori e la sua reputazione (posto che ne avesse ancora una) per la più banale delle tentazioni: la f…! (qui Dario ha pronunciato una parola bisillaba che, puritano come sono, non mi sento di trascrivere).
Restando io pervicacemente in silenzio, l’amico, per consolidare il suo vantaggio, ha pensato bene di proseguire:
“E ora è inutile menarla con le solite giustificazioni tipo: ognuno in casa sua può fare quel che vuole o: si tratta di provocazioni mediatiche o: non è successo niente di irregolare o anche, più bella di tutte: tutte queste notizie diffamatorie, invece di indebolirlo, il Cav lo rafforzano. A questa non ci crede più nessuno. Nemmeno te.” Ha concluso guardandomi negli occhi per gustare il suo trionfo.
Ho deciso di rispondergli, non per niente, ma perché l’argomento aveva cominciato ad annoiarmi.
“Caro Dario” gli ho fatto “credi proprio che me la prenda tanto a cuore per le (dis)avventure pecorecce del (come dici tu) “mio” Cav?. Guarda che a me queste cose non fanno né caldo né freddo. E’ solo perché sono affetto anche io di quella sindrome che chiamano “berlusconite potenziale”, che il Cav un po’ lo capisco. E sai perché? Perché sono sicuro che tutti gli affetti da questa patologìa (la berlusconite, intendo) che sono tanti a anche di sinistra, sono pronti a perdonargli quasi tutto ciò che possa aver fatto (escludendo i reati, è ovvio) in nome della Narda”.
“Ma che diavolo ti inventi ora? La Narda… che diavolo è la Narda? E che significa che tu sei affetto da berlusconite potenziale?” ha chiesto Dario, che pensava di avermi messo al tappeto con un uppercut micidiale e mi ritrovava davanti a lui, in guardia e più tosto di prima.
“Dario, amico mio” ho ribattuto “ma come non sai cos’è la Narda? La Narda è quella cosa che fa muovere il mondo, che modifica la storia, che fa erigere monumenti e dichiarare guerre, che crea e distrugge carriere e fortune e con la quale, in un modo o nell’altro, a prescindere dall’uso che ne abbiamo fatto ne facciamo o ne faremo, io, tu, e tutti quanti abbiamo avuto a che fare fin dalla nascita. Tu prima l’hai chiamata in un altro modo che, devo dire la verità, mi è sembrato un po’ volgare così io ne ho usato un altro un po’ più soft anche se l’oggetto, anzi, la parte indicata, è la stessa. Quanto alla mia predisposizione a quella patologia che va sotto il nome di berlusconite (da colui che per primo l’ha presa, coltivata e implementata a livelli mai visti prima), devo dire che anche io, nel mio piccolo, l’ho presa in pieno, anzi, forse l’ho sempre avuta senza che me ne rendessi conto. Peccato che la specie di berlusconite che mi ha colpito è meno divertente di quella classica (quella del Cav per intenderci) dato che io sono stato colpito dalla forma più penosa (nelle manifestazioni e nel decorso), quella che va sotto la denominazione di “berlusconite ideologica o potenziale”. Per spiegarti di che se tratta ti dirò che i sintomi sono gli stessi della berlusconite classica cavalleresca: adoro essere circondato da giovanissime ragazze poco vestite che fanno a gara per coccolarmi, mi piace che ognuna di esse faccia la carina con me e come si ingegni in ogni modo affinchè possa essere lei quella prescelta, quella che dividerà il letto con me, almeno per una notte. Questi sono i sintomi della berlusconite e io, come vedi, ce li ho tutti. Purtroppo per me, la mia è la forma degenerata, o platonica (da qui l’aggettivo “ideologica” o “potenziale”) che consiste in questo: i sintomi ci sono tutti salvo il fatto che mancano drammaticamente i soldi, le ville e le piscine e, in quanto alle ragazze, non ho mai visto da vicino né una velina, né una escort e nemmeno un’hostess di terza mano. Ovvio che, con questi presupposti resto un berlusconistao solo ideale, o potenziale se preferisci. Ma se avessi tutto quello che mi manca, sono sicuro, potrei fare come e meglio del Cav.”
“Così tu lo scusi? Lo giustifichi?” ha ribattuto Dario facendo finta (si vedeva lontano un miglio) di scandalizzarsi “Fai pure ma lo sai che ti dico? IL Cav questa volta ha toppato: gli italiani non gliela lasceranno passar liscia. Aspetta solo qualche giorno: te lo ritroverai in galera accusato di pedofilia o forse in clinica a disintossicarsi di… come hai detto? Di Narda.”
“Dario Dario, cosa vuoi che ti dica. Forse che sì, forse che no. Stai attento che il Cav ha sette vite. Può darsi che alla maggioranza degli italiani, nonostante i presunti scoop pecorecci della velina rossa (sì, hai capito bene: il foglio scalfariano che ormai tutti chiamano la Re-pubica) il Cav vada ancora bene come premier, sia che guardino a come si è comportato al governo, sia se realizzano bene chi andrebbe al suo posto. Fai pensare: Veltroni? Bersani? Forse Franceschini? No, lui no. Ah, ecco: Vendola. Pensi a Fini? Può darsi. O Di Pietro, tanto per parlare di un moderato? Che fai: taci? Lo immaginavo: sarebbe dura da mandar giù doversi risorbire le trimurti alla Prodi, Visco e TPS di non lontana memoria. E te la immagini la cronaca italiana senza il Berlusca? Nessuno si interesserebbe più alla politica, dai retta a me. Al governo solo vecchi coi musi lunghi, giovani presupponenti e femmine racchione; quanto alle cose che rendono divertente la politica (che non è cosa da prendere sul serio, su questo sarai d’accordo con me) mai una battuta, mai niente da ridire, satira azzerata, articoli e commenti appiattiti disperatamente sulle banalità tipo Prima Repubblica. E pensa ai sindacati che non potendo più indire non dico uno sciopero generale, ma nemmeno una agitazioncina studentesca, in breve tempo si troverebbero a contare meno di quanto conta oggi la CGIL alla FIAT; pensa alle miriadi di comici, vignettisti, imitatori e tutti quelli che hanno costruito la loro effimera popolarità in chiave anti-Cav che si troverebbero disoccupati dall’oggi al domani. Quanto alle relazioni internazionali sarebbe una catastrofe. Ti immagini Sarkozy, la Merkel, Putin e quel simpaticone di Obama, tutta gente brillante, colta, piena di savoir faire e savoir vivre, persone che apprezzano oltre alle belle donne, le battute di spirito, i doppi sensi e le barzellette anche se all’occorrenza sono in grado benissimo di fare una conferenza stampa in inglese e sanno di economia politica e di rapporti internazionali; te li immagini, dicevo, alle prese con quel bietolone di Bersani, o con il ragazzaccio Franceschini o anche… no, no non posso nemmeno dirlo figuriamoci immaginarlo…. va bé, lo dico: Di Pietro? Immagina la scena. All’assemblea Generale delle Nazioni Unite, dopo le relazioni sullo Stato del Mondo esposte da Obama e Putin, sale a parlare Di Pietro. Si mette gli occhiali, tira fuori di tasca gli appunti che un suo fedele gli ha preparato in “anglo-irpinate maccheronico”e comincia a leggerli. Dà un’occhiata al foglio mentre le mani cominciano a sudargli. Si raschia la gola, poi comincia a leggere pari pari quello che gli ci hanno scritto: -Gùmmòning ser. Ai em gled tu bi hìar…- dopo qualche attimo di sorpresa e di imbarazzo, tutta l’Assemblea comincia a ululare contro l’oratore. Chi alza le mani facendo le corna, chi si accontenta di ostentare il dito medio levato, chi fa manifesti cenni di disprezzo, chi gli lancia bucce di popone introdotte di nascosto nel Palazzo di Vetro e venute utili per la bisogna… alcuni delegati delle isole della Micronesia tirano fuori la lingua e fanno il gesto di chi vorrebbe tagliargli la gola, altri, saliti sulle sedie, gli voltano le terga e si abbassano i pantaloni dimenando il deretano come dimostrazione di sovrano dissenso… il casino è generale. Quando alla fine Di Pietro viene fatto smettere le quotazioni internazionali dell’Italia sono al minimo storico. Nessun premier ci rivolgerà mai più la parola; in breve battiamo il record di scarsa influenza internazionale scalzando dall’ultima posizione la tribù di antropofagi dei Burangha-Wara.”
Dario, aveva ascoltato tutto e se ne stava in silenzio ora, con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta come se avessse dimenticato dove si trovasse.
“Per quanto mi riguarda” proseguì trionfante il Biri “il Cav poteva anche darsi una calmata. Ma che bisogno c’era, dico io, di spandere ai quattro venti le sue gesta erotiche, a base di fanciulle in cerca di visibilità e di anziane peripatetiche desiderose di aver qualcosa di importante da raccontare? Poi ho pensato che forse il Cav ostenta le sue imprese perché certi giornali, ormai declassati dagli antichi fasti di fari di obiettività e relegati al ruolo di fogliacci gossippari, abbiano qualcosa da scrivere. Ecco perché sotto sotto anche la Re-pubica si impegna perché il Cav resti al suo posto. E comunque in almeno una cosa, lascia che te ,lo dica, lo capisco e lo supporto in modo convinto e completo”.
“Sentiamo” sibilò Dario, esausto ma curioso.
“Dove ha affermato che, a parer suo (cito testualmente) “è preferibile guardare le belle ragazze che essere gay” il che, tradotto per il popolo minuto (che però l’ha capito al volo) significa che “T(bìp)mbà è meglio che p(bìììp)allo nel c(bìììp)”.
NOTA DELL’EDITORE Certi termini triviali usati del Biri sono stati censurati dal curatore del presente blog per non urtare la sensibilità degli animi sensibili.
“Ecco” riprese il Biri “in questa affermazione devo dire che il Cav mi trova completamente d’accordo. Posso capire che possa urtare tutti coloro, e ce ne sono tra quelli di sinistra, che avrebbero preferito una maggior par condicio (tipo: “T(bìp)mbà è uguale a p(bìp)allo nel c(bip)”) ma sono convintissimo che anche loro, al di là di certe polemiche di comodo della loro dirigenza e magari senza confessarlo per non urtare Vendola, Marrazzo e la Bindi, sono pronti a condividere questa affermazione piuttosto di quella fondamental-progressista che orgogliosamente recita: “è meglio p(bìp)allo nel c(bìp) che t(bìp)mbà”. In questo caso il Cav si sarebbe guadagnato, sì, gli applausi della sinistra, ma si sarebbe alienato le mie simpatie. E il Cav a me e a quelli che, su certe cose, la pensano come me, ci tiene”
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