Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

INTERCETTAZIONE SCONVENIENTE

mercoledì 28 aprile 2010

Dal rapporto (marcato: STRETTAMENTE CONFIDENZIALE) inviato dai Carabinieri a ...omissis... avente per oggetto la trascrizione di una intercettazione telefonica registrata su una utenza riservata e personale del Presidente del Consiglio. (Il Cavaliere è indicato come S e l'interlocutore come PL).


Un pomeriggio di fine Aprile; è quasi sera:

driiinn.. driinn (suona il telefono)

S:
Pronto?.. Pronto? Chi parla?.... (silenzio)

S:
Ma insomma, che scherzi da prete sono questi... chi parla! Sei tu Bersani?.. Dai, non fare il bischero. Vuota il sacco e fai presto per favore. Ci ho un party stasera e non voglio far tardi. Parla: che vuoi stavolta?

PL:
Scusami Silvio, lo so che è tardi, ma.. la faccenda è grave... se puoi darmi un consiglio.. una rassicurazione...

S:
Ci risiamo. Davanti ai giornalisti fai il duro, rivolteresti il mondo, e poi sei sempre a chiedermi dei favori. Di che si tratta, stavolta?

PL:
E'... Mortimer. Sono preoccupato per Mortimer. Non so se mi capisci.

S:
Francamente no, Gigi. E poi, caso mai dovrei essere io ad essere preoccupato, non ti pare? E invece sto tranquillo; la situazione per quanto mi riguarda è sotto controllo.

PL:
Silvio, Silvino, che cosa dici? Sotto controllo? Ma quello là ti vuol fare la fronda interna... ti vuole spaccare il partito. Ti vuole mandare a casa e dici che la situazione è sotto controllo? Cosa vuoi dire? Mi spaventi. Lo so cosa pensi. Lo so cosa vuoi fare per mettere in condizione Mortimer di non nuocerti. Vuoi andare alle elezioni anticipate. Ma a me non ci pensi? Silvino se vai alle elezioni non so se ci guadagnerai, pensaci bene.

S:
Ma che elezioni, Gigi! Io Mortimer l'ho già disinnescato. Anche se mi sei avversario voglio dirti che ho pensato di fare di... Mortimer. Dunque. Quello io lo conosco bene; vuole contare qualcosa. Quello che gli interessa è apparire. Sai cosa voglio dire. Rilasciare interviste, tagliare nastri, presenziare, andare ai dibattiti... roba così. Pensa di mettere fieno in cascina per quando io non mi occuperò più di politica. Insomma vuole visibilità. E io gliela do. Per tenermelo buono fino al tempo opportuno. Non te ne sei accorto? Ora è sempre in televisione e non solo nei TG. Va da Santoro, dall'Annunziata, va a parlare alle Università, va a disquisire con Costanzo, da Vespa. Va da Chiambretti, dalla Dandini, da Vaime. Viene ospitato come esperto, o come opinionista. A volte come persona offesa, a volte come accusatore ma il nostro amico, facci caso, è sempre in televisione. E sui giornali. E così, non solo non mi rompe più i ...omissis... ma ora ha fatto anche marcia indietro e va a dire in giro che no, non mi vuole male. Vuole solo spazio. Vuole spazio? E io glielo dò. Ma per poco.

PL:
Silvio, Silvino cosa vuoi dire, per poco? Mi fai paura. Lo sapevo, lo sapevo. Vuoi le elezioni. Ma lo sai che se si va alle elezioni ora... insomma noi... io... Silvio, Silvino, se si va alle elezioni ora, non solo la Lega prende il 30 per cento anche a Canicattì ma il PD muore, sparisce, evapora... Insomma Silvio, hai pensato che cosa succede se io, insomma, se noi non ci siamo più? L'opposizione te la fa Di Pietro, Grillo, i Centri Sociali... Silvio, pensaci bene. Se noi non ci siamo più, tu come farai?

S:
Calma, calma, Gigi. Te l'ho detto che non voglio le elezioni ma mi pare strano che non le voglia nemmeno tu. E' la prima volta che succede. In Italia e forse nel mondo. Voglio dire, la maggioranza ha delle difficoltà e l'opposizione invece di gridare ai quattro venti di andare alle elezioni, si dà da fare affinché, per carità, di elezioni non se ne parli nemmeno. Qualcuno dei tuoi è arrivato a minacciare il mio governo e la mia maggioranza dicendo che le elezioni anticipate sono una vera e propria minaccia. Un atto "fascista" insomma. Gigi, io non vi capisco più. Ma ti voglio rassicurare; alle elezioni non ci voglio andare ma se Mortimer continua a dar di fuori lo sai che cosa faccio? Lo sbologno in un attimo. Tanto al posto suo ne trovo cento. Rassicurati.

PL:
Ma che rassicurati, che rassicurati! E' proprio questo il problema. Se lo mandi via, quello.. sì, Mortimer, si mette con Rutelli e Veltroni e fonda un nuovo partito della sinistra. E io dove andrò? Silvino, non vorrai ammettere che preferisci aver per avversari Mortimer e Cicciobello piuttosto che il sottoscritto!
Io ti sono sempre stato leale.

S:
Gigi, s'è fatto tardi. Sai, il party.. Comunque non ti preoccupare.

PL:
Dici bene, te. Io mi preoccupo, invece.... Pensa a quello che ti ho detto. Ciao. A proposito: c'è ancora un posto per quel party? Sai, ho la serata libera e vorrei tirarmi un pò su.

S:
Mi dispiace Gigi, siamo al completo. Pensa alla salute.

PL:

Macché salute! Gr....(omissis).... e Mortimer... fac... a c.....! Va... acca....hà..... (omissis)..... (omissis).....

La conversazione si interrompe.

LA DEVIAZIONE

domenica 25 aprile 2010

La notizia si era sparsa come un fulmine nel piccolo centro di ****, nella provincia pisana. "Ma davvero?", "Siamo sicuri?"... le domande fioccavano dovunque, nei negozi, alla Posta, per le stradine del centro storico. La notizia sembrava inverosimile; ma come? Il leader della sinistra avrebbe fatto una sosta proprio in quel paesino sperduto; e perché mai? Si decise di andare in massa alla Casa del Popolo: tempo dieci minuti ed una grande folla si era assiepata nel vasto piazzale prospiciente la struttura ma anche lì, i responsabili del Circolo non ne sapevano niente. Però la notizia sembrava vera; pareva che, causa un incidente alla sua auto che avrebbe dovuto portarlo urgentemente a Roma, il famoso personaggio fosse stato costretto a fare una deviazione imprevista per far riparare il mezzo e che, ripreso il viaggio, non avrebbe potuto fare a meno di passare proprio da **** per riimmettersi, poi, nell'autostrada per la Capitale. Telefonarono al meccanico dell'unica Autoriparazione della zona; il meccanico confermò la riparazione e la deviazione e dissolse ogni dubbio: il leader indiscusso della classe operaia, il più fiero antagonista dell'odiato Cavaliere, colui che avrebbe ricompattato in un unico partito il Popolo Viola, quello Arcobaleno, i Girotondi, gli Antagonisti, i Pacifisti, i Verdi e tutti i vari movimenti eco-anti-solido-progressisti sarebbe passato proprio da lì. Alternative non ce n'erano; la strada era una sola e passava proprio davanti alla Casa del Popolo (ribattezzata, pomposamente e in modo abbastanza fuorviante Casa Culturale). Fu deciso di aspettarlo per salutarlo, omaggiarlo ed incitarlo a proseguire nella sua missione.
Dopo una mezz'oretta buona, ecco finalmente la macchina blu che spunta da dietro la curva: la folla è un turbinìo; i due vigili urbani non riescono a trattenere la gente che si accalca in mezzo alla strada; spuntano alcune bandiere rosse, poi, come ad un comando prestabilito, mentre l'auto si ferma, impossibilitata a muoversi, e la figura seduta nel sedile posteriore apre il finestrino per ringraziare i presenti di quella dimostrazione spontanea ed entusiasta, tra le grida di "Grazie di esistere!", "Fallo nero, il Berlusca!", "Pensaci te!", parte irrefrenabile un incitamento ritmato come un coro da stadio: "Gian-Fran-co! Gian-fran-co!". Tutti guardano verso l'auto, chi si appresta a scattare una memorabile foto col telefonino, chi alza sopra la testa il bambino che ha con sé perché possa vedere meglio.. Ecco, il vetro scende lentamente, una faccia si sporge; spunta un viso stupito, addolorato, inaspettato. Il boato della piazza scema, s'arresta. Cade il silenzio. Le bandiere vengono riarrotolate, i telefonini riposti, un vecchio militante sputa in terra prima di andarsene; si fa silenzio e la grande piazza si svuota in un baleno.
Il vetro del parabrezza si richiude, poi l'uomo seduto nel sedile posteriore, tristemente si rivolge all'autista con un velo di stizza nella voce: "A Roma, a Roma. E veloce". Era Bersani.

I FRATELLI "DE REGE"

sabato 17 aprile 2010

Da settimane la sinistra "de chez nous" si arrovella per trovare un leader che possa far concorrenza al Cavaliere; a tale proposito persino un giornale pieno d'aplomb come "L'Espresso" ha lanciato un sondaggio (segno che sono proprio alla frutta). In effetti non c'è nessuno (nemmeno loro che quanto a esse' duri, sò duri sodo) che si accorga che i capetti odierni della sinistra odierna sono improponibili e non solo all'estero ma persino alla maggioranza dei nostri concittadini. O sono velleitari, o sono presuntuosi, o sono tutte e due le cose insieme ma sempre chiacchieroni, inconcludenti, roboanti di bellissime intenzioni ma ognuno di loro con un curriculum che, se si dovesse valutare una assunzione da quello di buono che hanno combinato in anni e anni di chiacchiere (o se volete: dibattiti, incontri, assemblee e via col liscio con il loro rifrittume di parole d'ordine, di manifesti, di marce e di concerti solidali) senza costrutto, resterebbero disoccupati a vita.
Dopo che il cavaliere ha distrutto politicamente tutti quelli che gli si sono opposti in questi ultimi anni (D'Alema, Prodi, Veltroni, Rutelli, Franceschini solo per ricordare qualche nome) e dopo che le minacce, le calunnie, le procure d'assalto, le intercettazioni e persino gli attentati personali si sono rivelati inconcludenti, è persino comprensibile che quelli della sinistra si guardino attorno sconcertati alla ricerca di qualcuno che possa risollevare il partito e, possibilmente, dare la paga al Berlusca.
Io una proposta ce l'avrei.
Scarterei subito i due galletti del Pollaio Democratico (o PD se volete) che si punzecchiano ad ogni occasione: né Bersani né Franceschini hanno il carisma per controbattere non dico al Cavaliere, ma nemmeno, che sò, al Mago Otelma, a Topo Gigio o alla Maionchi e assomigliano sempre più ai vecchi Fratelli De Rege, quel vecchio duo comico interpretato da Walter Chiari e Campanini dove quello che faceva da "spalla" introduceva l'altro con la frase divenuta celebre: "Vieni avanti, cretino!"; quanto ai vecchi notabili (insomma D'Alema e Veltroni, per non parlar di Prodi) hanno trovato la pace dei sensi (e del portafoglio) in una miriade di cariche inutili ed inconcludenti che comunque hanno fatto perder loro la voglia e sopratutto l'interesse di rimettersi in campo in prima persona contro quel diavolo del Berlusca.
Io proporrei Fini. Fini è il candidato perfetto, l'antiberluscones completo e rifinito. La sua candidatura se l'è conquistata non con quelle pagliacciate delle "primarie" (come quelli di sinistra chiamano la procedura per cui la gente viene chiamata a votare -a pagamento- per chi indicano loro si deve votare), ma sul campo, e rischiando di persona. E poi è ambizioso, elegante, serio, cinico e voltagabbana come si richiede nei salotti radical-chic dove i santorini e gli scalfariani indicano la linea del partito.
E comunque la sua elezione a leader della sinistra sarebbe incredibilmente appropriata come esemplificazione dell'involuzione del partito che si definiva "dei lavoratori": settant'anni dopo Gramsci e sessanta dopo Togliatti, con Bertinotti che ormai esce solo per andare alle "Prime" della Scala, Cofferati che mendica un posto da sindaco e Luxuria che ha deciso di farsi operare a Casablanca non ci resta che vedere i resti di quella che fu "la sinistra" in mano ad un ex fascista (Fini) e ad un neo fascista (Di Pietro). Sarebbe veramente impagabile. Roba da non dormirci la notte.

Biri.

L'INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI ELETTORALI

mercoledì 31 marzo 2010

Stamani Dario era più scontroso del solito. C’era qualcosa che gli era andato storto, si vedeva. Per tirarlo su mi sono offerto di pagargli un caffè. “Grazie” ha bofonchiato.

Seduti uno di fronte all’altro al tavolo del bar, ho visto che, poco a poco, cominciava a sciogliersi.

Dopo qualche minuto al mio: “Sarai contento, no?” ha sorriso amaro. Sapevo che ci saremmo arrivati, al punto cruciale; ho fatto il nesci:

“Contento di che?” ho chiesto, candido e innocente.

“Dai, non far finta di niente. Lo sai benissimo. Le elezioni. La sconfitta della sinistra; il trionfo del Cavaliere: sarai contento. O no?”

“Beh, a dir la verità “ero” contento; ma solo all’inizio, subito dopo la pubblicazione dei risultati ufficiali. Oddìo, contento si fa per dire. Come sai io non tifo per nessuno e della politica adopero in maniera utilitaristica e strumentale solo gli spunti polemici, o grotteschi, o comici, che, a iosa, mi propone continuamente. Però come sai avevo una certa simpatia per il Cavaliere; mi sarebbe dispiaciuto che pagasse dazio dopo tutte le carognate che da un anno e più gli stanno propinando i tuoi amici.”

Dario aveva aggrottato le sopracciglia ma era rimasto silenzioso; aveva capito benissimo a cosa mi riferivo. Ho proseguito: “Così devo confessarti che ero rimasto piacevolmente sorpreso dal responso elettorale. All’inizio.”

Dario non capiva. “Che vuol dire: all’inizio? Perché: ora?”

“Amico mio” ho risposto “devi perdonarmi, ma cosa vuoi: io, e come me quasi tutti coloro che hanno votato per la coalizione del Cav, siamo gente semplice, ingenua e ignorante al punto giusto (dato che altrimenti, come dice La Repubblica, voteremmo per Bersani-Di Pietro e Company). Mi perdonerai quindi se pensavo che per la sinistra cedere al centrodestra 4 Regioni e passare così da 11 Regioni amministrate a 7 fosse una sconfitta e mi scuserai se, analogamente, pensavo ad una vittoria del centrodestra avendo visto che aveva strappato 4 regioni alla sinistra passando da 2 a 6 Regioni amministrate. Il risultato delle Provinciali poi lo avevo completamente travisato: pensavo che fosse una grande vittoria dei berluscones strappare alla sinistra tutte le Amministrazioni Provinciali per le quali si votava. Chiedo la tua comprensione: è ovvio che in politica non ci capisco niente.”

Dario, anche se non la pensa come me, sa stare al gioco. Mi ha fatto da sponda:

“E poi?” ha chiesto, cautamente.

“Poi mi sono informato. Ho cominciato a leggere i giornali, quello di Scalfari in primis, ho visto l’approfondimento a Porta a Porta e ho capito tutto. Diavolo di una Sinistra! Altro che perdere le elezioni: un trionfo, è stato per voi! Un trionfo!”. Dario restando muto, l’ho rincalzato di brutto:

“Il primo dubbio alle mie certezze me l’ha messo Bersani quando, come prima dichiarazione ufficiale, ha sentenziato : -Non posso affermare che abbiamo vinto ma certamente posso dichiarare che non abbiamo perso.-, poi, di fronte ad una certa perplessità di fronte a tale criptica enunciazione, ha tirato fuori l’asso dalla manica: -Abbiamo conquistato la maggioranza delle Amministrazioni Regionali!-. Non ci avevo pensato, o meglio, mi era sfuggito. Diavolo d’un uomo! Era vero! La sinistra aveva vinto in 7 Regioni su 13! E quelli del Cav, cretini che non avevano capito niente, ad esultare! Che figura da barboni! Eppure la cosa è indubbia. Pensiamo ad esempio ad una guerra. Ipotizziamo una guerra contro l’Austria. Comincia la guerra e le ostilità vanno avanti per alcuni anni. Al momento dell’armistizio (facciamo l’ipotesi) ecco che l’Austria si ritrova ad aver conquistato tutta l’Italia settentrionale che quindi, da quel momento, diventa una provincia austriaca. -Abbiamo perso la guerra-, direbbero gli ignoranti come me. -Niente affatto- spiegherebbe a quegli sprovveduti Bersani, che se ne intende, -Dato che il Centro ed il Sud dell’Italia non sono state conquistate dagli austriaci è chiaro che la maggioranza dell’Italia è ancora italiana ed è quindi evidente che la guerra l’abbiamo vinta noi e gli austriaci hanno subito una cocente sconfitta” e giù, ad esultare con le bandiere al vento, bande e majorettes mentre volontari in divisa viola distribuiscono La Repubblica al popolo festante (frastornato, ma festante).”

“Scherza, scherza” ha fatto Dario, amaro “Non c’è niente da fare. Il tuo Cavaliere resterà a vita al governo. Cos’altro potrebbe fare la sinistra per scalzarlo?”

“Cosa potrebbe fare? Due cose. Una: si trova un leader credibile, si leva diversi scheletri dagli armadi, fa una bella autocritica e si prepara bene bene per cercare di vincere, fra tre anni, le prossime elezioni governative. Oppure: continua come adesso con la sua ossessione berlusconesca con gli Spatuzza, le D’Addario, le spiate, le carognate, i cavilli, le prese in giro, le intercettazioni, i processi inventati, le Procure amiche, i girotondi, le calunnie, gli attentati, le offese, le santorate e tutto il solito teatrino di nani e ballerine che l’ha ridotta quello che è, la sinistra, in modo che si ridurrà ad una sparuta minoranza da proteggere come una specie in estinzione. Ma non vincerà più.”

Dopo un attimo di silenzio Dario si è alzato: “Si è fatto tardi” ha detto, significando che era arrivata l’ora di salutarsi. Prima di lasciarlo ho cercato di tirarlo su di morale: “A proposito” gli ho fatto “le sai le ultime sui grandi protagonisti della scena politica italiana degli ultimi mesi?

Marrazzo, pare abbia rinunciato a chiedere la libertà su cauzione. Vuole restare in prigione. Pare che uno come lui, abituato a pagare per andare a trans non se la passi poi male a passare le giornate (e le notti) in una stanza 4 metri per 4 con tre marocchini come compagni di cella (e, presumo, ferocemente allupati).

La D’Addario si accinge a scrivere un altro libro dove racconterà per filo e per segno tutti i dettagli delle sue avventure erotiche con il Cavaliere. C’è da immaginare che sarà un best seller; dopotutto la cortigiana più famosa d’Italia, oltre che belloccia, è sveglia e senza peli sulla lingua (o, se li ha, non sono suoi).

Franceschini, c’è da giurarsi, vorrà vendicarsi su Bersani. La spiegazione della vittoria della sinistra non l’ha convinto per niente e dice che, senza bisogno di fare tante ca…te inutili come le famigerate Primarie Democratiche, a perdere con il Berlusca, riusciva anche a lui.

Ne vedremo delle belle”.

Con Dario ci siamo salutati con simpatia. Ho proseguito la mia passeggiata a cuor leggero; mi sentivo allegro e rilassato. Anche se, come dice Bersani, aveva vinto la sinistra.

L'INCUBO

lunedì 29 marzo 2010

Stanotte ho avuto un incubo. Un incubo strano però; più grottesco che pauroso, più demenziale che terrificante mi si è presentato in sogno come una storia nitida e piuttosto coerente.

Non so che cosa lo abbia prodotto; o forse sì. Ora che mi ricordo ieri sera, a cena, non avevo saputo resistere ad un bel piatto di bollito condito con la salsa verde, quella bene agliata come piace a me. Mia moglie mi aveva avvertito: “Il bollito, la sera, non si digerisce”, ma io, duro, avevo fatto orecchi da mercante. Poi, a letto, ci credo che non riuscivo a prendere sonno: il bollito a cena! con la salsa verde!

Quando, dopo essermi rigirato cento volte nel letto, mi sono addormentato e ho cominciato a sognare, ho subito avvertito una sensazione strana: era come se qualcuno mi trasportasse via, in un altro luogo, un altro mondo forse, e contro la mia volontà. Mi sono svegliato (nel sogno) e ricordo che mi sentivo diverso: ma non male, anzi. Mi sentivo ganzo, allegro, contento per quello che ero, o per qualcosa che mi era accaduta ma che non ricordavo.

Fischiettando mi sono alzato da un letto che non era il mio, ho aperto la finestra di una camera che non riconoscevo e sono andato in bagno, dove, esauditi i bisogni fisiologici, mi sono avvicinato allo specchio per radermi. Beh, seguitemi, ora. Mi sciacquo il viso, preparo il rasoio, verso un pò di schiuma da barba sul palmo della mano, fo per stenderla sul viso… A questo punto, beh, non ci crederete, ma non sono riuscito a proseguire.

Non so come spiegarlo, ma guardando la mia faccia riflesso sullo specchio (una faccia che non mi apparteneva ma che sentivo nel sogno essere la mia) ho capito cosa mi era successo; non so perché, non so come fosse capitato (non sapevo ancora di stare sognando) ma io non ero più io, ero un altro, una persona diversa da me ma non a me sconosciuta, ero un uomo diversissimo da ciò che ero stato, un personaggio famoso ed influente. Ero Marco Travaglio. Dite: “Ma ne sei sicuro?”, “Certo” vi rispondo; “Ma sicuro sicuro?”: ed io, paziente: “Sicurissimo”.

Ho voluto un riscontro certo. Sono corso alla porta della casa dove mi trovavo (la mia casa, nel sogno), l’ho aperta e sono uscito sul pianerottolo per vedere quello che c’era scritto accanto al campanello. “Marco Travaglio” c’era scritto, e sotto, più piccolo: “giornalista”. Non c’erano più dubbi: ero lui.

Non sapevo se esserne contento o meno, ma, prima di ogni altra cosa, ho pensato che dovevo ancora farmi la barba (non chiedete ai sogni di essere coerenti), così, prima di prendere qualsiasi decisione al riguardo di che ero o chi non ero, sono tornato in bagno per cominciare finalmente a radermi. Mi sono piazzato di nuovo davanti allo specchio, ho steso di nuovo la schiuma da barba sul palmo della mano e stavo per cominciare ad insaponarmi finalmente il viso, quando, guardando di nuovo la mia faccia riflessa sullo specchio, ho sentito una sensazione strana che mi saliva dallo stomaco, mi prendeva l’esofago, eccitava le mie ghiandole salivari, diventava irresistibile… Non potevo resistere, sentivo che dovevo, dovevo, DOVEVO, sputare su quella faccia. Avevo già raccolto la saliva nella bocca e, mio malgrado, stavo per procedere allo schifoso gesto quando, facendomi forza, sono riuscito a togliere lo sguardo dallo specchio e a scapparmene in salotto. Non sapevo come fare. Ho cercato nell’agenda che era accanto al telefono per vedere di trovare qualcuno a cui potessi chiedere consiglio: c’erano un sacco di nomi. Ho telefonato a Santoro; “Lui potrà aiutarmi” ho pensato (dopotutto ero Marco Travaglio). Il celebre conduttore però non ha saputo consigliarmi niente che potesse risolvere il mio problema: diamine! Dopotutto in qualche modo dovrò pur radermi, gli ho detto preoccupato, e come faccio a radermi se davanti allo specchio non posso fare a meno di sputarmi in faccia! (l’immagine riflessa della mia faccia, voglio dire).

Santoro ha detto che un problema analogo l’aveva avuto pure lui, anni fa, ma che l’aveva poi risolto alla radice evitando di farsi la barba da solo ma facendosi invece radere da un barbiere cieco.

Gli ho domandato perché un barbiere cieco: “Oh bella” mi ha risposto “Se non fosse cieco mi sputerebbe in faccia, chiaro!”. Deluso ho avuto appena il tempo di domandargli come diavolo facesse un cieco a raderlo senza fargli dei tagli. “L’ho addestrato bene” ha confessato: “ora mi rade con una mano che è un guanto. Mi ci è voluto un po’di tempo, però. E nei primi giorni devo ammettere che dei tagli me ne faceva. Oh, se me ne faceva!” ha concluso con un sospiro.

Beh, a me (Travaglio, voglio dire) la soluzione di farmi radere da un estraneo non mi entusiasmava. Io la barba me l’ero fatta sempre da me. E poi dover trovare un barbiere cieco… addestrarlo… No, no. Ci voleva un’altra soluzione. Daniele Luttazzi (la mia successiva telefonata) è sembrato divertito. “Anche io, ho avuto lo stesso problema” ha ammesso (e ti pareva..) “ma credimi, non è un ostacolo insormontabile. Basta imparare a farsi la barba senza guardarsi in faccia. Non è difficile, sai. Ci vuole allenamento, nemmeno tanto. E un po’ di pratica. Intendo con il rasoio elettrico, ovviamente”. Gli ho ribattuto che io il rasoio elettrico non lo sopporto. “Allora i casi sono due” ha concluso Luttazzi “O fai come ha fatto Scalfari e ti fai crescere la barba, oppure impari a fartela da te ad occhi chiusi. Oppure bendato, per non correre il rischio di aprire gli occhi per sbaglio e, vedendo la tua faccia nello specchio, far partire lo sputo immediato. Ora che ci penso questa soluzione è ottimale” ha concluso quel famoso eroe della satira “Essa ti permetterà, una volta che ti ci sarai impratichito, di raderti, oltreché in bagno, anche in cucina, o nel tinello o dovunque tu ne abbia voglia. Pensaci.” E ha riattaccato.

“Beh, sono o non sono Travaglio” ho pensato (e nel sogno lo ero). “E allora, diamine, imparerò a superare anche questo impulso schifoso! Sì, lo supererò!” ho quasi gridato. E così mi sono concentrato in una sorta di training autogeno. “Non sputerò sulla mia faccia; non sputerò sulla mia faccia “ ripetevo attento, teso sull’obiettivo. Dopo circa due ore mi sono sentito pronto. Sono andato in bagno ed evitando di guardare nello specchio ho preparato il rasoio e la schiuma da barba. Poi, dopo aver inspirato ed espirato profondamente per almeno tre volte ho aperto gli occhi e ho piantato decisamente lo sguardo sulla mia faccia riflessa nello specchio. Subito ho sentito salire dal profondo quel sudicio impulso ma sapevo di poter riuscire a controllarlo. Pensavo con tutte le mie forze, mentre le tempie mi battevano e la mano mi tremava: “Mi farò la barba… mi farò la barba… non sputerò sullo specchio… non sputerò… non sputerò!”. Ho sentito che ce l’avrei fatta: non avrei sputato, ero riuscito a resistere. Avevo vinto!

E a quel punto è successo qualcosa di incredibile (ma era un sogno..). Con mia enorme sorpresa ho visto il mio viso riflesso sullo specchio che ha cominciato lentamente ma progressivamente a cambiare espressione; poi con sorpresa mista a terrore ho visto la mia immagine che, dopo aver strabuzzato gli occhi, ha gonfiato le gote e, abbassando il mento come per prendere la rincorsa… squash! mi ha scaraventato uno scaracchio in faccia che ci sarebbe annegato un gattino!

A quel punto (fortunatamente) mi sono svegliato. Dopo essermi accertato di essere proprio io e nessun altro mi sono alzato come il mio solito. Poi, dopo aver fatto colazione, mi sono raso e sono uscito a fare una passeggiata. Era una splendida giornata di sole.

Ma il bollito a cena (specie con la salsa verde) non lo mangerò più. Garantito.

Il Biri

Lettera a Dario

lunedì 22 marzo 2010

Caro Dario,

scusa innanzitutto se pubblico questa lettera sul blog ma il fatto è che stamani non c’eri all’ora solita, al solito posto del nostro solito appuntamento e, siccome qualcosa da dirti ce l’avevo, invece di tenerla in serbo per la prossima volta, preferisco dirtela subito pubblicandola qua sopra. A proposito: come mai non c’eri? Avevi altro (e di più importante) da fare e non ti sei ricordato di avvertirmi? Scusato, scusatissimo e senza nemmeno bisogno di chiederlo; ovvio che le nostre passeggiate farcite di tanti bei discorsi inutili si piazzano all’ultimo posto in una ipotetica gerarchia di cose importanti. Eri indisposto? In questo caso spero che non si tratti di niente di serio e ti auguro, nel caso, una pronta guarigione. Eri forse adirato con me? Beh, in questo caso posso assicurarti che non devi assolutamente pensare che ci possa essere al mondo una sola ragione, almeno da parte mia, per cui la nostra amicizia di una vita possa rompersi e nemmeno che possa risultare incrinata, o affievolita, o appannata. E poi, scusa, per quale ragione dovrebbe mai compiersi il misfatto? Gli amici litigano per interesse, per una donna, per una passione sportiva, per un equivoco verificatosi o per una falsa voce riportata da altri e sono tutti motivi che, per i molti interessi comuni e (purtroppo) per la nostra età non ricorrono (credo e spero) nel nostro caso.

Alcuni litigano e rompono la loro amicizia per diversità politiche. Poveretti! Dimostrano in quale conto la tenevano quell’amicizia, per sacrificarla così, in quattro e quattr’otto, alle idee di politicanti che non sanno nemmeno che quelli esistono e si avvalgono di alcune logore parole d’ordine per circuirli e ottenere il loro consenso (che per i politicanti – tutti - è assolutamente indispensabile e significa continuare ad arricchirsi, continuare ad elevarsi, continuare a far parlare di sé; insomma continuare a comandare e cioè continuare ad esistere).

Spero ardentemente, anzi, sono sicuro, che non è il nostro caso. Le nostre idee sulla politica sono abbastanza distanti in questo momento, lo so, ma ciò non significa niente. Del resto tu preferisci il mare ed io la montagna, tu detesti l’origano ed io lo metterei su qualunque pietanza, tu ami il vino bianco ed io quello rosso e non disdegno neppure la birra, all’occasione. Si litiga forse per questo? Si cessa di essere amici per questo? E allora! Posso assicurarti che considero le differenze di schieramento ideologico assai meno importanti di queste che ti ho appena elencato; effimere al punto che, se me lo chiedessi, cesserei immediatamente, e senza alcun rimpianto di parlarne, di politica.

Solo, mi domando (vista la tua assenza): è davvero questo che vuoi? La situazione politica italiana è talmente grottesca che puoi considerarla solo in due modi: come una ridicola tragedia o come una squallida farsa (come faccio io, per intendersi) ma, se vogliamo essere seri, non puoi prenderla sul serio.

Quindi, tu che mi conosci, sai che non posso non sentirmi incuriosito o addirittura coinvolto da certi comportamenti strani al limite della follia, assurdi al limite della demenzialità e reiterati al limite dell’ossessione; trovo in essi motivo di riflettere su certe debolezze umane e, cercando di spiegarmeli (quei comportamenti) cerco di riuscire a comprendere meglio gli uomini e me stesso.

Attualmente sono tristemente affascinato (si potrebbe dire) dall’inaudita campagna d’odio che la (cosiddetta) sinistra, che l’ha progettata, organizzata e pianificata, sta perseguendo contro una singola persona, allo scopo dichiarato di distruggerla politicamente, economicamente, socialmente e fisicamente. Si tratta di una campagna d’odio così viscerale, irrazionale, totalizzante e paralizzante che ha condizionato e condiziona ogni attività dei suoi esecutori; una campagna d’odio che si manifesta ormai in modi talmente ridicoli e parossistici da poter essere considerata rivelatrice di una vera e propria patologia sociale. E vuoi che questi comportamenti non mi interessino? Che resti indifferente anche ai mille motivi, chiamiamoli così “estetici”, di questa incredibile situazione che registra la lotta che una intera parte politica, avvalendosi di tutti i suoi agganci periferici mediatici, istituzionali, sociali e legislativi conduce contro un solo uomo al fine di distruggerlo? Quale è il pericolo che questa persona rappresenta? E perché, dopo anni di attacchi, lotte, ricatti, intercettazioni anche illegali, intimidazioni giudiziali ed economiche, calunnie ed aggressioni anche fisiche, è questo “nemico” che si rafforza sempre di più e sono i suoi persecutori che lentamente ma inesorabilmente perdono contatto con la gente che fino a pochi anni fa potevano, abbastanza ragionevolmente, dichiarare di rappresentare?

Come vedi i motivi per un mio interessamento, se non altro “culturale”, su questa eccezionale ed inspiegabile situazione ci sono tutti e vanno ben al di là di una semplice “simpatia” per il personaggio vittima di tanto accanimento; il Tizio in questione infatti, se vuoi che te la dica tutta, non mi è particolarmente simpatico. Anzi. Me lo immagino quello (tu sai bene a chi mi riferisco), ad averlo come compagno di scuola. Uno che arriva a scuola con l’auto guidata dall’autista, che vuole fare il piacione con tutte le ragazze più carine; uno che dà il tormento a tutta la classe con i suoi stupidi scherzi e le sue barzellette da oratorio, uno comunque che pretende di essere amico di tutti e che, inoltre, è un secchione mai visto che ci fa sfigurare con i voti che riesce a prendere in tutte le materie. Uno così non avrebbe mai potuto restarmi simpatico… a meno che. A meno che tutto questo furore, questo accanimento verso di lui, questa ossessione totalizzante ed infinita rivolta alla sua distruzione me lo abbia reso (e penso non solo a me) degno di una attenzione che altrimenti non gli avrei mai riservata. Lo sai, al cinema noi facevamo sempre per gli indiani, e comunque è naturale che il bersaglio unico di un attacco portatogli da forze enormemente più potenti, alla fine, attira, se non la simpatia, il rispetto e la solidarietà di tutti: si parteggia per Jerry e non per Tom, per Titti e non per Gatto Silvestro, per Bi-bip e non per Wild Coyote che ci fa godere quando la candela di dinamite piazzata per spappolare la sua timida preda gli esplode in piena faccia mentre l’altro con una risatina gli sfreccia via, velocissimo, imprendibile.

Ormai è come una telenovela, un serial tragicomico, un reality che potrebbe intitolarsi “La caccia alla volpe” dalla trama già scritta ma dal finale imprevedibile dove, a ben guardare, una parte, quella diciamo così “cacciatrice”, che sta dedicando al suo fine (la distruzione della preda) ogni mezzo lecito ed illecito è imprevedibilmente in affanno. Infatti ogni giorno che passa senza che il suo fine sia raggiunto la indebolisce; di più: apre al suo interno e nella sua stessa base scenari inimmaginabili dove persino alcune certezze assodate vengono viste sotto una luce diversa e più problematica; si cominciano a rivedere, non solo i fatti, ma anche le motivazioni dell’intoccabile mito della Resistenza; ci si interroga su alcuni privilegi considerati finora come “dovuti”, come lo status delle cooperative rosse, quello della dipendenza politica dei sindacati e dell’imparzialità delle organizzazioni che controlla, come l’ANM e la FNSI. Insomma si tratta di una lotta diseguale dove “lui” può perdere molto, moltissimo, ma la sua parte avversa di più: essa può perdere, e sta già velocemente perdendo, letteralmente “tutto”. Il bello, la cosa che mi affascina di più in questa lotta diseguale dove il (cosidetto) più debole si rafforza man mano che il (cosidetto) più forte vede sempre rimandare il giorno della sua vittoria è il fatto che, purtroppo, le cose sono andate troppo avanti; si sono spinte fino al punto di non ritorno. La strategia da seguire dalle parti in lotta mi sembra chiara: la “vittima” non potrà che continuare con le sue denuncie appassionate delle aggressioni che sta subendo, i “cacciatori” ormai non potranno che dar fondo ad ogni risorsa che possiedono, anche la più scorretta, la più bieca, la più becera, la più infame. Buttando la maschera che li faceva diversi, non possono fare a meno che mostrarsi per quello che dimostrano di essere: un manipolo di incapaci, invidiosi, inetti Wild Coyotes uniti dal solo scopo ossessivo di far fuori il tenero, sorridente, antipatico ma sveglissimo Bi-bip.

Ecco cosa mi interessa di questa storia che, lungi dall’essere solamente una cronaca di rivalità politica, è diventata, per colpa o merito di un solo uomo (la vera ossessione della sinistra), una lotta di sopravvivenza. E vuoi che non me ne occupi, vuoi che non utilizzi i mille spunti polemici, grotteschi e divertenti che contiene?

Concludo sperando di averti chiarito le motivazioni per cui considero questa specie di moderno safari così coinvolgente; più interessante del Grande Fratello, più pieno di colpi di scena dell’Isola dei Famosi, più divertente di Zelig e con lo stesso thrilling di un film di Hitchcock. Qui può succedere di tutto e stare alla finestra e scrutare il fiume per vedere chi passa non è mai stato così interessante.

Saluti, il tuo amico

Biri.