Missione del blog

Il Biri, il socio più anziano titolare della celebre Agenzia (*), ha l'abitudine, da anni, di annotare i suoi pensieri, le sue osservazioni e gli avvenimenti che gli accadono (anche i meno memorabili) in un taccuino che non mostra a nessuno e del quale è gelosissimo.
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.


Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.

(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.

Roberto Mulinacci

LA CROCIERA

lunedì 30 novembre 2009

-Non riesco proprio a capire il motivo per cui D’Alema non sia stato eletto Ministro degli Esteri dell’Unione Europea. Era dato per il grande favorito, erano tutti d’accordo per la sua nomina, l’elezione era pressoché certa e persino il Cavaliere, inaspettatamente, aveva dichiarato il suo appoggio alla candidatura. Allora come mai all’ultimo momento e a sorpresa è stata eletta al suo posto una britannica insignificante e sconosciuta? Chi ha affossato l’ex Segretario del PD? Chi gli ha fatto le scarpe? Zapatero? Sarkozy? O proprio il Cavaliere? Ah, saperlo!-

Dario proprio non si dava pace per questa ennesima, ma stavolta inaspettata, trombatura del suo campione.

Dario proprio non si dava pace per questa ennesima, ma stavolta inaspettata, trombatura del suo campione.

Impietosito ho pensato di dargli la spiegazione che ci voleva per tirarlo un po’ su.

-Dario, non ti angustiare. Se proprio vuoi sapere come è andata, eccoti la verità: D’Alema l’hanno fatto fuori i suoi ‘compagni’ del PD. Sia pure di nascosto, nascondendo la mano dopo aver tirato il sasso, ma i piddiini questa volta gliel’hanno voluta far pagare. Una specie di vendetta, insomma. Dolorosa.-

-Fantapolitica! Ma che cavolate dici! Ma come ti è venuta in mente una fesseria del genere! I responsabili sarebbero quelli del suo partito, allora! Biri, questa volta non ci hai capito niente. Mi meraviglio di te. E poi, perché mai l’avrebbero fatto?-

Era proprio arrabbiato, Dario. Ho cercato di tranquillizzarlo.

Dario, amico mio, calmati e ascoltami solo per cinque minuti ma attentamente e senza interrompermi e vedrai che alla fine dovrai concordare con la mia tesi. Dunque vediamo i dati (cominciavo a parlare come Nero Wolfe). Non abbiamo un colpevole ma abbiamo una vittima (il povero Baffino anche se manca il movente. Si dice: troviamo il movente e troveremo il colpevole; ebbene io il movente l'ho trovato. Lascia che ti spieghi.


Come certo saprai, dopo le note vicissitudini capitate al Cavaliere, quelle che questa primavera, anche grazie al capillare, attento, e imparziale interessamento del quotidiano di Scalfari ci avevano intrattenuto, incuriosito e divertito fino a fine estate, i deputati e i senatori del PD erano in fermento. Si raccontavano cose dell’altro mondo su certe serate a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli, perfino ad Arcore; insomma dovunque ci fosse Lui. Chi, pur simpatizzante del PD, aveva avuto la fortuna di esserci stato, vuoi perché invitato (difficile: i comunisti, lo sai, non sono bene accetti) vuoi perché infiltratosi di soppiatto nella tana del lupo, raccontava cose leggendarie. Cene favolose, champagne a fiumi, bella gente, movimento, allegria, atmosfera simpatica e poi, sempre una sorpresa. A volte poteva capitare lì Briatore, con tutto il suo entourage del Millionaire, spesso arrivava qualche giovane imprenditore rampante accompagnato da tutta una schiera di ragazze sorridenti simpatiche e desiderose di poter fare nuove conoscenze; e poi ospiti internazionali a go-go: potevi trovare l’emiro del Kuwait con le sue quaranta mogli, o Gheddafi con le sue amazzoni, e in ogni caso c’era sempre Fede con una nuova meteorina, o le veline di Striscia ; insomma non ci si annoiava di certo in quelle feste; ci credo: in quell’ambiente; con quella compagnia! Il Cavaliere poi, sempre pronto a fare la sua parte: barzellette a getto continuo, pacche sulle spalle, battute a raffica, e sempre sorridente, sempre disponibile con tutti. Se gli veniva chiesto (o anche senza che gli venisse chiesto a dire il vero) ecco che ad un certo punto della serata, chissà come, chissà perché, spuntavan fuori una chitarra e un mandolino; allora, senza farsi tanto pregare, il Cavaliere si esibiva a gola spiegata in qualche canzone melodica dei bei tempi andati incitando poi tutti i presenti ad accompagnarlo in coro; spesso addirittura si scatenava in un roboante karaoke con tutti gli invitati! Si tornava a casa tardi da quelle serate, ma che serate! Serate da sogno! Da Mille e una notte a sentire quelli che c’erano stati!

Dagli oggi, dai domani, con “Repubblica” che scavava il dito nella piaga descrivendo ogni giorno per filo e per segno la cronaca di quelle serate favolose, fatto sta che quelli del PD masticavano amaro dall’invidia; “Poterle fare noi quelle feste! (dicevano), ma quello (il Cavaliere) noi (i comunisti) col cavolo che ci invita!”

Poi un giorno, si sparse una voce che qualcuno interpretò come un segno del destino: D’Alema, smentendo la sua fama di taccagno, invitava alcuni dei più importanti rappresentanti della coalizione sulla sua barca per una crociera nel Mediterraneo! L’ora della riscossa era dunque arrivata finalmente! Anche noi (pensavano quelli del PD) avremo le nostre belle serate, i nostri parties, lo champagne e.. tutto il resto! Qualcuno fece la battuta (subito replicata in tutto Montecitorio): “A D’Alema, il Cavaliere gli fa un baffo!”. Contentezza sugli scranni delle Camere, allegria nel Transatlantico, attesa spasmodica del giorno della partenza, tutto prometteva bene, tutto pareva ok. Già. Pareva.

E ora ascoltami bene perché quello che ti racconterò lo saputo personalmente da uno che su quella barca c’era, un simpatizzante romano del PD (il cui nome non posso fare ma che da qui in poi chiamerò Righetto) che fu chiamato a far parte dell’equipaggio all’ultimo momento con la mansione di cuoco aggiunto.

Dice Righetto che il tempo non c’entrò per niente. Le giornate erano stupende, così calde e soleggiate, ed il mare non fu da meno: meravigliosamente calmo e azzurro come s’era visto di rado. Fu il contesto che non funzionò; mancava il ritmo, l’allegria, il feeling. Anche a pranzo ci fu subito da ridire: prima fu un ex-onorevole dei Verdi che pretendeva di mangiare solo portate no-ogm, biologiche e vegetariane, poi ci si mise Fassino a rifiutare i salumi Rovagnati (portati come antipasto) e successivamente i tortelloni Rana al nero di seppia perché pubblicizzati negli spot di Mediaset, ed infine ci fu anche un giovane della sinistra militante, invitato sulla barca per portare una tocco di modernità alla compagnia, che ebbe da ridire sugli spaghetti perché non erano al dente (senza sapere che l’annunciata partecipazione di Scalfaro – poi rientrata - aveva spinto D’Alema a raccomandarsi al cuoco di bordo affinché li facesse bollire come minimo per venti minuti buoni).

Dulcis in fundo, perfino il caffè, servito a fine pasto, non contribuì a rasserenare gli animi. I più lo considerarono una vera schifezza (“Una ciofega”, sentenziò Violante, schifato) e i mugugni aumentarono quando venne fuori che la colpa era stata di Epifani, il quale, non aveva esitato a “dare il pacco” al povero D’Alema convincendolo ad acquistare a prezzi stracciati diverse decine di confezioni di caffè equo-e-solidale (marca “Revolucciòn”) che erano rimaste invendute all’ultima Festa Democratica della Garbatella.

Dopo il pranzo, sul ponte, le cose non andarono meglio. Non si poteva fare un passo senza incontrare la Bindi, in prendisole giallo a fiori larghi (verdi), che cercava di attaccar bottone con chiunque gli passasse a tiro; la plancia di prua era monopolizzata da quel menagramo di Fassino che, in tenuta balneare (canottiera XXL e pantaloncini da bagno blu a maglia larga con cintura di nylon bianca) fissava chiunque gli si avvicinasse con uno sguardo che incuteva il fondato timore che volesse partire lancia in resta a parlare della linea del partito, di correnti, di mozioni ecc. ecc con tutto il solito armamentario dialettico sinistrese che, almeno d’estate, almeno in crociera, dicevano sottovoce i più, non poteva risparmiarselo? D’Alema, incazzato nero da quando aveva dovuto prendere atto che della compagnia faceva parte pure Franceschini che non ricordava d’avere invitato (ma chi gli pareva d’essere a quello, il segretario del PD? O se non lo sapevano tutti che tanto era “a termine” e che dopo le prossime primarie sarebbe tornato ad attaccar circolari nella bacheca della sezione!), con una maglietta a righe orizzontali bianco-celesti e il berretto bianco con l’àncora e la scritta Yacht Club ricamate in azzurro, se ne stava aggrappato al timone di prua come per paura che volessero toglierglielo di mano mentre cercava di dimostrare la propria competenza in materia di navigazione spiegando a Bersani, che non si azzardava a contraddirlo, di come si governa una barca, qual è la differenza tra babordo e tribordo, cosa si intende per “dritta”, cosa significa “strambare” (non fraintendere) e di come da quest’anno la retta per il rimessaggio delle barche da diporto fosse aumentata in maniera scandalosa che non ci si faceva più ad andare avanti. Insomma imperava la noia; noia mortale. La sera, dopo una cena a base di spaghetti al pomodoro (per venire incontro al solito Verde), filetti di platessa Findus, patatine fritte (il purè, preparato in dosi massicce nella scongiurata eventualità che venisse Scalfaro, non lo volle nessuno), e un cornetto Algida per dessert (le bevande, tutte rigorosamente analcoliche escluso una bottiglia di lambrusco offerta sottobanco da Bersani, spaziavano dall’estaté al chinotto), nella compagnia dei croceristi cominciò a serpeggiare lo scoramento. Dopo che ebbero servito la frutta, consistente in pesche, albicocche e prugne cotte (per Scalfaro), D’Alema pensò di recuperare la serata proponendo qualche gioco di società un po’ trasgressivo, ma, avendo indicato a tale scopo lo strip poker, quando furono notate avvicinarsi al tavolo da gioco la Finocchiaro, la Jervolino, l’Annunziata, la Bonino (invitata come guest star) e la solita Bindi in pareo bianco a pois arancioni, fu costretto precipitosamente ed inappellabilmente a desistere (dietro minacce gravi anche lesive dell’incolumità personale) dalla maggioranza dei presenti maschi.

(Nota del redattore: Per la verità Righetto dice che D’Alema aveva cercato di cautelarsi almeno un po’, dal punto di vista del glamour, spingendosi fino ad invitare personalmente la Serracchiani, ma quella, udito di cosa si trattava e data una velocissima scorsa alla lista degli invitati, per tutta risposta, fissandolo dritto negli occhi, aveva alzato la mano sinistra all’altezza del petto, e dopo averne riunito le cinque dita si era limitata ad agitarla velocemente fino quasi a toccarsi il mento per tre volte, prima di andarsene scuotendo il capo e senza proferir parola).

Ospiti, non ce n’erano, se si eccettua il Donadi (l’onnipresente portavoce di Di Pietro, che spaventò a morte più di una signora uscendo all’improvviso da dietro un boccaporto) e la Faccio, più incazzata e spettinata che mai; ovviamente la loro presenza non poteva contribuire alla recuperare la serata. E il giorno successivo la storia si ripetè pressoché uguale…

La crociera (chiamiamola così) durò solo tre giorni dei sette previsti perché alla fine del secondo giorno il Comandante (D’Alema aveva voluto che tutti gli si rivolgessero con questo appellativo) disse che le previsioni metereologiche indicate sulle carte nautiche (che, ovviamente solo lui sapeva interpretare) consigliavano di tornare a riva stante il prossimo arrivo di un terribile uragano (cosa che, puntualmente, non si verificò)

Pare che il mattino del terzo giorno, quando gli ospiti sbarcarono, erano più tristi, depressi e incazzati che mai.

Quando interrogai Righetto per sapere se, secondo il suo parere, D’Alema aveva probabilità di essere eletto ministro europeo, quello, mi rispose enigmaticamente, a voce bassissima e dopo essersi guardato furtivamente attorno: “Lassame stà.. “, poi mi sussurrò: “Dopo sta popò di crociera, quelli, gliel’hanno giurata”. “Ma tu che ne pensi della sua candidatura?” gli chiesi.

Quello mi guardò sorridendo enigmaticamente. Poi, scuotendo il capo mi fece, a mezza voce: “Gnaafà”.

Ecco spiegata la trombatura europea del tuo candidato; ora sai come sono andate le cose, ma, mi raccomando: acqua in bocca. Lascia pure che diano la colpa al Cavaliere tanto lui ci ha le spalle larghe.”

Dario era rimasto come annichilito:

“Ma che storia mi hai raccontato? Ma sei proprio un impunito! Ma pensi che possa prenderti sul serio? Pensi che possa credere che codesta sia la verità?”

Gli ho risposto, dopo aver finto di averci pensato su:

“Non chiederti se la storia è vera. Chiediti solo se è completamente inverosimile. Spesso è più vera una storia completamente inverosimile che non una verità ufficiale. E dopotutto, cos’è poi la verità?: una bugia non ancora scoperta".

E' rimasto in silenzio. Per consolarlo gli ho offerto un caffè. Lavazza.


IL NUOVO CORSO

lunedì 23 novembre 2009

Ieri ho ricevuto una e-mail da Dario. La cosa lì per lì mi ha stupito perché il mio amico, come me, con i pc e le diavolerie informatiche non ci capisce un tubo (e meno male che io almeno ho Roberto che, cortesemente, mi tiene questo blog).
Diceva tra l’altro la lettera virtuale: ‘E’ parecchio tempo che non ci vediamo e non ho potuto chiedere il tuo parere su una cosa che mi sta particolarmente a cuore. Cosa ne pensi del nuovo corso che Bersani prepara per il PD? Sai, l’apertura a tutti, l ‘accoglienza nella grande casa madre, il ritorno di coloro che si erano fatti da parte e così via. Ti pare una cosa fatta bene? Ciao (ecc. ecc.)’.
Lì per lì mi ci è venuto da ridere, ma la sera, approfittando del computer di mio figlio già acceso e inutilizzato, impazzendo con i tasti ma determinato ad arrivare in fondo, sono riuscito in qualche modo a scrivere la risposta il cui testo si può leggere qui di seguito:
‘Carissimo. Devo dire che la tua lettera (se si può parlare di lettera), è giunta in un momento che avevo tutto in mente fuori che Bersani e il nuovo corso del PD. Stavo infatti cercando di risolvere, per la terza volta!, un tremendo Sudoku che mi impegnava mica da ridere da quasi tre ore (e poi dicono che non ho niente da fare!). Bene: ho approfittato del fatto che mi hanno chiamato a leggere la tua missiva per lasciar perdere quel rompicapo e dedicarmi volentieri a risponderti, visto che ci tieni.
Del nuovo corso del PD ti dirò solo una cosa: Finalmente! Era ora! Non ce la facevo più con tutti questi pidiisti di ora, così tristi, sfigatissimi e menagrami quando si presentano davanti alla TV.
Pare non sappiano far altro che citare il Cavaliere qui e il Cavaliere là, a torto e a ragione, a proposito e a sproposito al punto che, insomma, più che una ossessione pare diventata una specie di paranoia insuperabile che sarà penosa per loro, certo, ma purtroppo altrettanto penosa per noi che dobbiamo sorbirceli ad ogni ora del mattino, del pomeriggio e della sera. Accendi la TV, aspetti un telegiornale (uno a caso, tanto il teatrino è lo stesso dovunque) ed eccoli lì, uno dietro l’altro, tutti con la voce cavernosa, gli occhi incavati nelle buie occhiaie, la bocca stretta con gli angoli volti all’ingiù ad indicare disgusto e tristezza esistenziale ma sempre impegnati, mentre parlano del Cavaliere, a fargli “le facce cattive” per cercare di impaurirlo, come ci facevano quando eravamo bambini, i nonni, mentre, raccontandoci le fiabe, evocavano l’Orco.
E allora ecco, prima Franceschini (che ora però sembra dissolto nel nulla), poi Fassino (che se c’è ancora, non si nota), e poi Di Pietro, e dulcis in fundo Bersani, anche lui indossando per l’occasione l’espressione funerea d’ordinanza, tutti lì, in TV, e tutti cupi, preoccupatissimi, tesi, noiosi, deprimenti, minacciosi, spesso fuori dalla grazia di Dio, sul punto di perdere la ragione, quasi.
Vuoi mettere con quelli di una volta? Vuoi mettere con quelli del Governo Prodi, che Dio ce lo conservi e ce lo rimandi? Non sembrava ma lui era allegro, vivace, magari poco eloquente, ma, si sapeva divertire, oh se lo sapeva, l’omarino! Prodi quando era al governo, non sapeva nemmeno dove stesse di casa la tristezza! (Come puoi verificare osservando la foto allegata).
Insomma era una belluria. E ora ritornano, tutti sdoganati da Bersani a rinverdire il suo partito. Torneranno i tre ex-padroni del vapore (Prodi, Visco e TP Schioppa tutti e tre scomparsi prudentemente da allora, ma ancora vivi, vegeti e pronti alla bisogna), torneranno tutti quelli del circo mediatico, quelli che ad ogni telegiornale venivano intervistati, in ossequio alla par condicio, un minuto per uno e ci comparivano davanti, a mezzo busto, uno via l’altro, come i concorrenti del Grande Fratello nel confessionale; anche lì c’era il trans, e poi l’ecologo verde (il più divertente, quello che disse che il mare, in Italia, si riscaldava quattro volte di più che nei Paesi confinanti), poi l’ex-terrorista e via cantando in una specie di galleria esilarante tipo Zelig che la tristezza se ce l’avevi, dopo quel teatrino spassoso, era diventata un lontano ricordo. E poi le votazioni! Quelle sì che erano piene di suspense con quella maggioranza ultrarisicata, mica quelle scontate e risapute di ora! Allora, ad ogni votazione, sorgeva l’interrogativo: ‘Sarà arrivata?’ (la Montalcini a dare l’appoggio); ‘Gliel’avranno detto?’ (a Scalfaro, che c’era da votare) e ancora: ‘Avrà preso in tempo l’aereo?’ (riferendosi a quel senatore eletto in Sud America che ogni volta doveva partire da Buenos Aires e precipitarsi in aula a Montecitorio per non far mancare il voto vitale alla precarissima maggioranza).
Quindi, amico mio, posso dirti con sincerità che, se non altro come amante dello spettacolo mediatico, sono arcicontento che il PD si rinnovi facendo largo ai vecchi (scusa il modo di dire). Ma soprattutto è il ritorno di Veltroni che mi toglie un peso dal cuore. Come sai il Nostro, dopo l’insuccesso alle ultime elezioni, aveva minacciato (anche se non so dirti a chi fosse rivolta la minaccia) di lasciar perdere la politica e di andare in Africa a fare beneficenza. Beh, la cosa era preoccupante. L’Africa non è mica una cosa da poco: è pericolosa, pericolosissima e Veltroni, dovrai ammetterlo anche tu, non sembra avere le fisique du role per certe imprese. Insomma c’era il fondato pericolo che gli potesse accadere come allo sprovveduto esploratore citato nel sottovalutato capolavoro del Ragazzoni, (il De Africa). Dice, tra l’altro lo scapigliato Poeta, riferendosi ai pericoli di quel paese esotico:
..
Ma la cosa che c’è in Africa
che più merita attenzione
è il terribile leone
ruggibondo e divorier.

Non è ver che per malanimo
sia malevolo e cattivo,
solo ha l’animo un po’ vivo
e va in bestia volentier.

E così, Dio scampi e liberi
incontrarlo per la strada!
Se per lì non ci si abbada
si finisce entro il leon

Affamato quei ti stritola
ti trangugia a larghe falde
poi, tra ciuffi d’erbe calde
digerito ti depon.

Ecco Dario quale era la mia preoccupazione prima che Bersani con il nuovo corso del PD la vanificasse: che Veltroni l’Africano potesse, per così dire, finire entro il leon. Onestamente non sarebbe stata una fine degna di lui. E non sarebbe stata una gran cosa neanche per chi sarebbe dovuto andare a raccoglierne i resti sotto i ciuffi di erbe calde. Munito di una paletta, credo.
Saluti, tuo Biri’

Il segno dei tempi

lunedì 16 novembre 2009

Stavamo in silenzio da più di un minuto quando Dario l’ha rotto con una domanda delle sue:
- Allora, hai visto che ha vinto Bersani? – e, dopo una pausa: - Sarai contento -
L’ho guardato come si guardano quei barboncini che, con l’aria del cagnetto più innocente del mondo, aspettano che tu ti distragga un attimo per farti pipì sulle scarpe:
- Certo che sono contento. Era il mio grande favorito. E poi, contro il ragazzo Franceschini, parliamoci chiaro, non c’era partita -
- Dì la verità - ha proseguito con un mezzo sorriso – ora cominciate a preoccuparvi anche voi –
- Senti, Dario, amico mio – mi sono un po’ soffermato su quest’ultime parole prima di andare avanti: - Se nella parola “voi” includi anche una mia presunta appartenenza a questo o a quello schieramento, devo disilluderti: io appartengo a me e a nessun altro. Per quanto mi riguarda, “voi” sono “loro”. Non delego la rappresentanza delle mie idee a nessuno e non aderisco a nessun manifesto, programma o ideologia. Ovvio che vivo in questo mondo e mi muovo in questa società; ed è quindi altrettanto ovvio che posso farmi varie opinioni su certi aspetti o certe tematiche anche se, comunque, sempre molto marginali. I grandi temi, come la salvezza del mondo, la lotta ai cambiamenti climatici (ebbene sì: c’è chi la fa) e il perseguimento della felicità universale li lascio ad altri, posto che abbiano la faccia tosta di sentirsene investiti dopo che c’è già stato, e ci aspetta al varco, quello che ha già detto molte parole, e definitive al riguardo. Per le piccole cose, le baggianate, le ordinarie amministrazioni e i gossip temporanei però, eccomi: sono pronto. E per ribattere alla tua frase, se intendo bene ( e lo intendo) quello che vuoi dire, penso che il Cavaliere stesso cominci a preoccuparsi. Io, al suo posto, lo farei. E non certamente a motivo di un Bersani qualsiasi –
L’avevo spiazzato, lo vedevo. Titubava, non sapeva dove andare a parare. L’ho subito tolto dall’incertezza:
- Il Cavaliere da qualche tempo, lo stanno attaccando da tutte le parti. Ora, dopo che Repubblica, i magistrati, gli studenti, i centri sociali, i sindacati, i terremoti, i rifiuti e le crisi mondiali non sono riusciti a scalfirlo, ecco che ci si sono messi anche i suoi. Soprattutto i suoi. Fini non lo sopporta, Tremonti pare voglia andarsene, le sue TV sono piene di conduttori, giullari e opinionisti (sic!) che lo sbeffeggiano peggio e più degli altri e perfino sua moglie lo tratta come una pezza da piedi. A dire il vero ultimamente, forte della storia delle escort e fresco di Noemi era riuscito alla grande a riconquistare la popolarità scalfita, a rifarsi la faccia, a gettare nello sconforto e nell’affanno i suoi nemici. Che diamine! In Italia un settuagenario che si fa diciottenni, veline e prostitute con registratore incorporato non si era mai avuto! Roba da dargli una popolarità inattaccabile, un gradimento popolare inarrivabile. Chi lo avrebbe potuto contrastare, e con quali argomenti, uno così: un superman? –
- E invece – ho proseguito tristemente – cosa si inventa la sinistra? Coup-de-theatre! Deus ex machina! Ti tira fuori dalla manica un Marrazzo d’assalto insperato che si rivela essere contemporaneamente cocainomane, fedifrago e puttaniere e non di quelle qualsiasi, ma di quella specie particolare di uomini-donne chiamati vezzosamente viados che hanno gli strumenti di poterti far sentire uomo e donna allo stesso tempo! Impagabile! Il Cavaliere con le sue amanti donne-donne si è trovato dall’oggi al domani con l’arma, finora vincente, spuntata. A chi può interessare uno che, tutto sommato, come unica trasgressione va squallidamente a letto con le donne, sia pure di oltre settant’anni (lui, non le donne), rispetto a questo gigante, questo tribuno che dagli studi di Rai Tre si scagliava contro i profittatori della credulità della povera gente e che, ora vien fuori, da oltre cinque anni andava di nascosto dalla famiglia con transessuali prezzolati a fare porcherie sotto l’effetto della cocaina (pagata, fra l’altro, assai profumatamente) –
Dario stava in silenzio. Concordava con me?
- Ovvio che il Cavaliere si sia attapirato (come si dice). Ormai le Noemi, le D’Addario, le veline, insomma le donne originali, sia pure giovani e avvenenti anzi proprio perché giovani e avvenenti, non fanno più notizia, non danno più scandalo. Ora ci vuole il trans. Ed ecco che Marrazzo ha rivitalizzato la sinistra. Altro che dimettersi! Altro che dimetterlo! Dovrebbero, ma farlo segretario. Altro che Bersani! –
- Semmai c’è un particolare che gli addebito. Uno solo; ma di poco conto – ho aggiunto. Aspettavo l’imbeccata ma Dario continuava a guardare in terra e a non parlare, così ho continuato:
- Mi riferisco al lato estetico dell’affare (quello morale come abbiamo visto si è rivelato un vero successo mediatico per gli avversari del premier). Insomma, dico: vuoi andare a puttane-maschie, vuoi provare il brivido del metti-e-prendi, del davanti-didietro, insomma di quella roba lì? Va bene, d’accordo. Ma, caro Marrazzo, scegliteli un po’ più belli i tuoi viados. Ci sono alcuni che, visti in TV, non hanno niente da invidiare (ovviamente a prima vista) alle più celebri modelle da calendario, alle cubiste più provocanti, alle pornostars più trasgressive… e tu che fai? Con tutti i soldi che ci hai speso, sei andato a prenderti dei veri cessi, tipi di marcantoni pelosi, con la barba fatta male, i seni siliconati alla bell’e meglio e con certi bracci che sembrano mortadelle di Bologna. Tu dirai: all’amor non si comanda ma insomma anche il buon gusto, non dico la dirittura morale, sarebbe richiesto a chi svolge una funzione pubblica. Tu dirai, l’amore è cieco. D’accordo ma allora prima di imbarcarti con certa gente e fare figure di m… (dal punto di vista estetico, dico, solo da quel punto di vista), chiedi consiglio a Sircana che se ne intende. Lui, i viados, andava prima a visionarli sulla strada, da dentro la macchina blu. Chiedeva il prezzo, soppesava la merce.. se costavano troppo o se non erano al top: ciao bello! Un cenno con il mento all’autista, una sgommata, e.. via! lasciando il poveretto con un palmo di naso. Ma forse è il segno dei tempi e certa gente, oggi, non c’è più. –
Dario taceva. Sono tornato a casa un po’ più sollevato.

INCOMPATIBILITA'

lunedì 9 novembre 2009

Dario aveva fretta ed io anche. Si è fermato con me giusto un minuto:

- Hai visto che prova di democrazia? Non dovremmo, tutti, esserne orgogliosi? - Si riferiva alle primarie del suo partito.

Non ho saputo, o forse voluto, rispondere. E' bene che ogni tanto anche lui possa sentirsi fiero di qualcosa. In questo caso era fiero che, uno di due candidati scelti dall'alto, avesse prevalso sull'avversario in un conteggio di preferenze interno al partito al quale, entrambi, appartenevano (capito?). Potevo dirgli che non era poi un grande risultato aver vinto in una competizione di tal fatta: come vittoria di democrazia era abbastanza moscia, se anche era una vittoria.

-Valà che anche tu non puoi negare che si sia trattato di una vittoria della democrazia. Il partito delega ai suoi simpatizzanti la scelta del Segretario. E' importante. E' rassicurante. Vuol dire che il partito è aperto a tutti poiché è fatto da ognuno. Chiunque può partecipare al nostro progetto. Anche tu.- Provocava.

-E poi, ad essere sinceri, cosa impedirebbe ad uno come te di entrare a far parte del nostro partito?- ha insistito, galvanizzato dal mio silenzio.

Dario continuava (e poi aveva detto di avere fretta):

-So che non vuoi tessere, o impegni, ma potresti aderire, come dire? in coscienza. Cosa te lo impedirebbe? Dopotutto hai sempre detto di non essere né di destra né di sinistra; ecco. Il nostro partito non richiede niente a nessuno se non di aderire a certi principi generali che anche tu, sono certo, condividi.-

-Quali, di grazia?- ho chiesto, scocciato.

-Beh, sai, quelli soliti: non essere razzista, non essere fondamentalista, essere tollerante, essere pacifista e così via.-

Non potevo tacere, ora.

-Posto che volessi entrare nel tuo partito (e sai che me guarderei bene), sono certo che sareste voi a considerarmi incompatibile- gli ho detto. Poi ho aggiunto:

 –Innanzitutto non sono propriamente un comunista-.

-Beh, quanto a questo non c'è problema. Come tutti sanno i comunisti ormai da noi, non ci sono più. Da anni- ha azzardato (parecchio) il mio amico. Ho dovuto continuare:

-Poi sono revisionista. Cerco sempre prove di ogni genere che dimostrino e confermino come certe bugie o certe esagerazioni siano assurte a miti. Sai: il Che; la Resistenza… Non mi accontento mai della cosiddetta verità ufficiale.-

Dario non si è arreso:

-Anche in questo caso non c'è problema. Ci sono fior di storici tra di noi che sono stati tra i primi ad indagare e a ristabilire certe verità che erano, come dire?, impopolari fino ad oggi.-

Non sapevo come fare a troncare quella penosa conversazione. Ho avuto un'idea.

-E poi, io sono eterosessuale. Come vedi, sono escluso. O no?-

Prima che mi potesse rispondere l'avevo già salutato.