Dopo tanto tempo ho rivisto Dario.
“Che t’era successo?” ho esordito cordialmente “Domenica non ti sei fatto vedere. Fammi indovinare… Malato?... non credo... Occupato?.. quando mai. Vai! Eri a Roma per i festeggiamenti del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia! Dì la verità, ci sei andato! C’erano tutti i tuoi amici comunisti, certo solo pochi di persona, ma tutti gli altri, in pectore, c’erano. Oh, se c’erano!”
“Biri, piantala. Lo sai che non ci sono andato, che razza d’idee ti passano per la testa. Comunque non ci sarebbe stato niente di strano mi pare. L’Unità d’Italia è un avvenimento da celebrare. E poi i miei amici non sono comunisti.”
L’ho guardato inclinando un poco il capo, in tralice. Poi sono scoppiato a ridere. Giuro non lo facevo apposta; solo non sono riuscito a controllarmi. Era troppo forte!
“O questa?” ha fatto Dario sconcertato “O che ci sarebbe poi da ridere?”
Eravamo arrivati davanti al nostro bar. Dopo che ci siamo seduti e ho ordinato i soliti due caffè, ecco arrivato il momento giusto per spiegargli il mio comportamento.
“Vedi” gli ho detto “Se esistesse ancora, posto che sia mai esistita, una qualsiasi unità in Italia, essa meriterebbe certamente di essere celebrata anche se, a dire il vero, l'occasione mi pare un po' sforzata; come si può festeggiare un centenario e mezzo?. Ma poi mi chiedo: l’unità d’Italia è mai esistita in passato? Esisterà in futuro? Esiste oggi? E se esiste, com’è che non si vede, non si professa, non si esalta e va a finire che ci se ne ricorda solo nelle finali dei Mondiali o in certe ricorrenze improvvisate solo per far dispetto a Bossi” Ho fatto una pausa: “L’Unità d’Italia! Roba da chiodi!”.
"Beh?" ha fatto Dario tutto risentito, e per meglio palesare il suo interrogativo ha unito le dita della mano destra a pugnetta e l'ha agitata due o tre volte dall'alto in basso all'altezza del mento (il suo).
"Dario, amico mio. La celebrazione di una ricorrenza come l'Unità d'Italia (posto che la stessa si sia compiuta nel 1861 e non nel 1919 come direbbe la storia) implica il concetto di Patria, anzi di Amor di Patria. E cos'è la Patria? Come diceva il Manzoni: -Una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor...- Ora considera questi fatti. L'Italia unita "d'arme, di lingua e di memorie di sangue e di cor", diciamo la verità: è una panzana. Più divisi di noi, abitanti dello Stivale, non si trovano in tutto il mondo. Per secoli ci siamo ammazzati, l'un contro l'altro armato, per i più discutibili motivi e anche adesso continuiamo su quella strada. Esaltiamo la nostra città, la nostra storia, la nostra lingua, la nostra squadra di calcio, la nostra gastronomia, la nostra furbizia, la nostra Arte, la nostra sagacia e le nostre donne e ridicolizziamo, o sottovalutiamo, o denigriamo tutto quanto viene dagli abitanti, non delle altre nazioni, ma semplicemente, e ferocemente, di città, paesi o territori che si trovano ad un tiro di schioppo (come si diceva una volta) di dove siamo nati. E comunque parliamo lingue diverse e ricordiamo memorie opposte a quelle di altri italiani. Resta "l'altare". Beh, la religione cattolica è stata per quasi due millenni, l'unico cemento unificante i popoli che abitavano l'Italia. E ora? Ora ci si ingegna per smantellare anche questo valore, si professa il relativismo, si dice che una religione vale l'altra e c'è chi si arrabatta (e prima o poi la spunterà) per far sorgere minareti in ogni paesello e per togliere crocifissi da ogni parete. In queste condizioni "cosa" c'è da festeggiare? E comunque "chi" festeggia? Politicamente una parte importante del nostro Paese è in mano a coloro che hanno sempre osteggiato, combattuto, cercato di estirpare e ridicolizzato non dico l'Italia, ma il concetto stesso di Patria (mi riferisco ai tuoi amici, quelli che, per comodità ho definito comunisti anche se ora a indicarli così fanno gli offesi come se preferissero essere chiamati nei modi più fantasiosi e demenziali come girotondini, repubblicones, radical-chic, popolo viola e via col liscio ma, per carità, sempre assolutamente progressisti, non violenti, pacifisti, europeisti e assolutamente anti: antinuclearisti, antiOGM, antifascisti, antirevisionisti, antiimperialisti, anticapitalisti, antiberlusconiani e anti, ma che più anti non si può nazionalisti). E sarebbero questi signori quelli che chiamano tutti a rendere onori ad una Patria che hanno provveduto pervicacemente a svuotare di significato! Poi ci sono coloro che desiderano e auspicano (anche se non lo ammettono così brutalmente) la secessione in tanti staterelli (chiamati regioni) autonomi dal potere centrale e poi ci sono quelli che, in nome di una stupida ed impossibile unità europea (ma se non ci si può sopportare nemmeno a venti chilometri di distanza!), hanno svenduto tutti i valori unificanti della nostra cultura, a partire dalla moneta nazionale fino alla stessa lingua, che infatti non fa parte degli idiomi ufficiali della cosidetta Europa Unita. Insomma, a parte gli eredi del Ventennio, l'Amor di Patria non lo pratica nessuno, nei fatti. Ma a parole, guarda te, ci si mette anche Napolitano a dire che bisogna esser fieri di essere italiani, che siamo tutti uniti, che ci si deve voler bene... eccetera eccetera. Roba da chiodi! Franceschini, Bersani e Napolitano ad elogiare la Patria! Chissà se, in odio alla Lega, si sono lasciati scappare (certo involontariamente) anche un bel: "Forza Italia!". O non aderiscono ad un movimento che ha ridicolizzato per decenni i tre pilastri del nostro(scarso, assai scarso) sentimento nazionale: Dio, Patria, Famiglia? La Famiglia, dopo tutte le batoste che ha subìto, certo non la recuperano più, ma stai a vedere che a breve anche D'Alema, Di Pietro, Bersani, la Bindi, Santoro e persino Marrazzo, cominceranno a parlar bene del Papa. Forse si iscriveranno per passare le vacanze estive in qualche monastero benedettino sperduto tra i monti dell'Appennino. Diranno che lo fanno per ritemprarsi, per rinvigorirsi lo spirito, così lontani dalle cose del mondo. E a noi, in fin dei conti, andrà benissimo, purché ci restino a lungo, in quel monastero. Molto a lungo."
Dario non ha replicato, io non ho insistito e quel che è stato detto è stato detto.
Birituìt
L'ironia
La felicità
Le buone intenzioni
Consultazione
La verità.
Ma come si può definire la verità? Perché alcuni reputano vero un fatto (una dichiarazione, una confessione, una spiegazione, una ideologia, una ricostruzione storica, una teoria, una utopia) e altri no?
Perché si afferma che una cosa è vera? Se quello che ci dicono, o che scrivono, o che ci rappresentano, è conforme alla realtà dei fatti?
Bene; premesso che la Verità (quella assoluta, quella con la V maiuscola) non è di questo mondo, possiamo cercar di dare una definizione della verità (con la v minuscola) terrena.
Per me “Il tasso di verità che accordiamo ad un fatto che non sperimentiamo direttamente risulta dall’aderenza alle nostre aspettative culturali (apprese o sperimentate) dell’evidenza del fatto così come ci viene rappresentato”.
Parlando di tasso di verità (dato che la verità al 100 per 100 non esiste) ecco che siamo disposti a prendere una cosa per vera se la sua descrizione è più o meno conforme a ciò che, per la nostra formazione culturale, siamo disposti ad accettare.
Ma ecco che nascono subito i problemi; la descrizione del fatto ci è esposta da altri ed il nostro giudizio su quel fatto dipende dalla nostra cultura. Poiché un fatto può essere descritto in una miriade di modi (con omissioni, enfasi, punti di vista ideologici, alterazioni varie, mancanza di dati essenziali, ecc. ecc.) e da fonti interessate a provocare un certo tipo di reazione nel destinatario della descrizione del fatto stesso; poiché le formazioni culturali e le esperienze sono tante per ogni essere umano; e poiché possono esserci interessi nella rappresentazione di un fatto ecco che in pratica si può dire che:
a- la verità di ognuno non è che un atteggiamento personale indotto dall’esterno e che
b- la Verità accettata da tutti non può esistere.
A queste condizioni le basi su cui ci regoliamo per destinare ad altri la nostra fiducia, la nostra gratitudine, la nostra stima (e analogamente il nostro odio, il nostro disprezzo, la nostra sfiducia) dipendono quasi sempre non dai fatti (veri o non veri) in sé, ma da noi (come li giudichiamo) e da altri (come ce li propongono).
E allora perché ci danniamo l’anima a perorare certe posizioni, a professare certe ideologìe, a propagandare certezze, a fomentare odii, a concedere simpatie e a sposare tesi che domani, al cambiare di uno dei due termini in gioco (primo: fatti che modificano la nostra esperienza o le nostre conoscenze; secondo: nuovi o diversi mezzi per la presentazione del fatto in questione) possono rivelarsi come mal riposte?
Se il bene e il male, la giustizia e l’ingiustizia, la verità e la menzogna poggiano su basi così fragili come possiamo permetterci “responsabilmente” di giudicare un fatto, un avvenimento, una persona, e a volte un intero popolo, senza rischiare di prendere la posizione sbagliata?
Ecco che la mia posizione può essere, se non condivisa, almeno compresa:
Confessione (1)
I CLASSICI DEL CINEMA IN 3 BATTUTE
THE END
Il Difetto
I FALSI MAESTRI
La saggezza del Biri (3)
"Tutte le cose piacevoli della vita o sono illegali, o sono immorali, o fanno ingrassare"
Woodehouse
l'AFORISMA del mese
"Anche quando le leggi sono scritte, non dovrebbero mai rimanere immutate"
Quanti leggono il taccuino?
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Missione del blog
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.
Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.
(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.
Roberto Mulinacci
L'ANNIVERSARIO
martedì 18 maggio 2010Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 17:00
Etichette: "unità d'Italia", Anniversario, Italia, Patria
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