Birituìt
L'ironia
La felicità
Le buone intenzioni
Consultazione
La verità.
Ma come si può definire la verità? Perché alcuni reputano vero un fatto (una dichiarazione, una confessione, una spiegazione, una ideologia, una ricostruzione storica, una teoria, una utopia) e altri no?
Perché si afferma che una cosa è vera? Se quello che ci dicono, o che scrivono, o che ci rappresentano, è conforme alla realtà dei fatti?
Bene; premesso che la Verità (quella assoluta, quella con la V maiuscola) non è di questo mondo, possiamo cercar di dare una definizione della verità (con la v minuscola) terrena.
Per me “Il tasso di verità che accordiamo ad un fatto che non sperimentiamo direttamente risulta dall’aderenza alle nostre aspettative culturali (apprese o sperimentate) dell’evidenza del fatto così come ci viene rappresentato”.
Parlando di tasso di verità (dato che la verità al 100 per 100 non esiste) ecco che siamo disposti a prendere una cosa per vera se la sua descrizione è più o meno conforme a ciò che, per la nostra formazione culturale, siamo disposti ad accettare.
Ma ecco che nascono subito i problemi; la descrizione del fatto ci è esposta da altri ed il nostro giudizio su quel fatto dipende dalla nostra cultura. Poiché un fatto può essere descritto in una miriade di modi (con omissioni, enfasi, punti di vista ideologici, alterazioni varie, mancanza di dati essenziali, ecc. ecc.) e da fonti interessate a provocare un certo tipo di reazione nel destinatario della descrizione del fatto stesso; poiché le formazioni culturali e le esperienze sono tante per ogni essere umano; e poiché possono esserci interessi nella rappresentazione di un fatto ecco che in pratica si può dire che:
a- la verità di ognuno non è che un atteggiamento personale indotto dall’esterno e che
b- la Verità accettata da tutti non può esistere.
A queste condizioni le basi su cui ci regoliamo per destinare ad altri la nostra fiducia, la nostra gratitudine, la nostra stima (e analogamente il nostro odio, il nostro disprezzo, la nostra sfiducia) dipendono quasi sempre non dai fatti (veri o non veri) in sé, ma da noi (come li giudichiamo) e da altri (come ce li propongono).
E allora perché ci danniamo l’anima a perorare certe posizioni, a professare certe ideologìe, a propagandare certezze, a fomentare odii, a concedere simpatie e a sposare tesi che domani, al cambiare di uno dei due termini in gioco (primo: fatti che modificano la nostra esperienza o le nostre conoscenze; secondo: nuovi o diversi mezzi per la presentazione del fatto in questione) possono rivelarsi come mal riposte?
Se il bene e il male, la giustizia e l’ingiustizia, la verità e la menzogna poggiano su basi così fragili come possiamo permetterci “responsabilmente” di giudicare un fatto, un avvenimento, una persona, e a volte un intero popolo, senza rischiare di prendere la posizione sbagliata?
Ecco che la mia posizione può essere, se non condivisa, almeno compresa:
Confessione (1)
I CLASSICI DEL CINEMA IN 3 BATTUTE
THE END
Il Difetto
I FALSI MAESTRI
La saggezza del Biri (3)
"Tutte le cose piacevoli della vita o sono illegali, o sono immorali, o fanno ingrassare"
Woodehouse
l'AFORISMA del mese
"Anche quando le leggi sono scritte, non dovrebbero mai rimanere immutate"
Quanti leggono il taccuino?
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Missione del blog
Ora, avuto il permesso di visionarlo, l'ho trovato per certi versi interessante (come tutto quello che concerne il Biri) e gli ho chiesto perché non lo pubblicasse in un blog. Impresa disperata: il Biri non sa usare nemmeno il telecomando del televisore, figuriamoci il computer! Impietosito ho deciso di aiutarlo e pertanto ecco qui il blog con le pagine del taccuino del Biri che potrete leggere e commentare ricordando sempre che il sottoscritto non si prende alcuna responsabilità del contenuto essendo il suo contributo solamente quello di una collaborazione tecnica e poco più.
Per saperne di più, leggere il post dal titolo: Ouverture.
R.M.
(*) L'Agenzia di Ascolto e Collaborazione Morale della quale parlerò appronditamente in un prossimo futuro su queste pagine.
Roberto Mulinacci
Sciàlla!
mercoledì 30 novembre 2011Qualche cosa di buono
giovedì 17 novembre 2011Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 14:44 0 commenti
La crisi dei satiri
mercoledì 16 novembre 2011"Il problema è serio, spero l'avrete capito. Con la caduta del Cavaliere tutta questa truppa di comici, battutisti, doppiosensisti, monologhisti e simili, i Cornacchioni, i Vauri, i due Guzzanti, Crozza, Benigni, la Dandini e tutti quelli che hanno vissuto e prosperato finora prendendo per i fondelli il Berlusca, adesso che la vittima designata non c'è più, rischiano di trovarsi disoccupati da un giorno all'altro. Pensate a Santoro. Dopo anni di denunce di complotti di ogni tipo, alla fine riesce ad uscire dalla RAI e a metter su un programma personale e adesso rischia di non avere argomenti da trattare. Nessun deputato da mettere in difficoltà, nessuno da diffamare, nessuna intercettazione da far leggere in diretta.... Mettetevi nei suoi panni. Tra un pò sarà costretto a fare un programma "normale" e imparziale e non se lo filerà più nessuno."
"Ma tutta questa gente non rischia niente" disse Franceschini che, giovane e inesperto, non aveva capito come girano le cose, in Italia; "Vuol dire che da oggi metteranno nel mirino della loro satira Monti, e oltre a lui frugheranno nella sua famiglia, fra le sue amicizie, le sue frequentazioni, il suo passato. Si concentreranno sui Ministri del suo Governo per trovare spunti alle loro facezie a luci rosse, alle diffamazioni varie, ai doppi sensi, agli anagrammi, alle poesiole divertenti.. Insomma, pensa solo ai nomi: c'è Profumo, c'è Passera... hai voglia a trovar spunti per prendere in giro anche questi! hai voglia a far satira!".
Gli altri lo guardarono con commiserazione scuotendo la testa; era giovane Franceschini e non aveva capito niente.
"Amico mio" gli fece D'Alema, "non so se lo hai capito ma le cose sono cambiate. Al Governo non c'è più nessuno da poter prendere in giro e se contro i potenti non si può satireggiare la satira muore. Che satira sarebbe quella che mette alla berlina non chi comanda, ma chi è all'opposizione? Insomma l'aria è cambiata. Irreversibilmente. E se i nostri amici "artisti" non se ne sono accorti, peggio per loro; non prevedo giorni facili per quelli che pensano di proseguire come prima. Adesso Monti e tutti quelli del Governo, si chiamassero pure Grullone, Porcellino, Gnocchetta o Discarica, sono intoccabili, inavvicinabili, intangibili. Escludiamo pure il Papa e Napolitano (specie quest'ultimo) e, di quelli che contano non si può più satireggiare nessuno. Ovvio che chi campava sul mettere alla berlina il Cav, ha ragione ad esser preoccupato."
Era il momento delle decisioni coraggiose; era il momento di prendere il toro per le corna. Maria Rosaria convocò tutti i manifestanti nella sala delle riunioni (democratica):
"Signori" disse con il tono delle grandi occasioni guardando negli occhi tutti i giullari della satira schierati davanti a lei (buffoni, imitatori, monologhisti, registi burloni, conduttori, vignettisti, attorini, cabarettisti, santorini, littizzetine, guzzantisti, benignetti, cornacchioni, vernacolieri e chi più ne ha più ne metta) ora che il Cav è stato defenestrato e non conta più una pippa non vi rimane che una cosa da fare."
Nella grande sala si fece un silenzio assordante; non si sentiva volare una mosca. Tutti quegli artisti erano in attesa di sapere quale sarebbe stato il loro futuro. Potevano forse rivolgere i loro strali satirici contro Monti? O su Passera? Potevano mettere alla berlina Fini forse? O fare battute al vetriolo su Napolitano?
La Bindi finalmente parlò:
"Sentite amici. L'unica cosa che potete fare, se non volete dover smettere di far satira, è quella di far finta che non sia successo niente! Cioè, anche se il Berlusca non c'è più ed il suo partito non è più al Governo: sotto! Fate finta che ci sia ancora, che comandi ancora, che opprima il popolo, le classi lavoratrici e gli estracomunitari più di prima! Mettete in ridicolo l'esenzione dell'ICI sulla prima casa e l'espulsione dei clandestini; preparate barzellette sulla Gelmini, sulla Santanché e su tutti i difetti fisici che notoriamente affliggono chi è nel PDL! Se il Cavaliere non c'è più, fregatevene!"
Un applauso scrosciante salutò queste parole. I timori di disoccupazione precoce per quei valenti satiri erano fugati; la Satira Antiberlusconiana Perpetua era ancora viva e lottava con noi.
Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 15:28 0 commenti
Sic transit gloria mundi
sabato 12 novembre 2011Il Dottor Anselmi saltò fuori dal letto, si vestì in un lampo, corse in garage a prendere la sua auto e dopo nemmeno mezz'ora era già davanti ai cancelli della villa dell'amico dove l'attendeva una donna in lacrime che gli fece strada nel grande atrio e poi lungo il corridoio che traversava tutto l'enorme edificio. Il Dottor Anselmi, prima di vedere il suo amico volle sapere esattamente la patologia che lo aveva assalito.
"Venga, venga", disse la donna invitandola a seguirla e lo introdusse in un salottino dove, seduto su una larga poltrona, lo aspettava, preoccupatissimo, Poldino.
(Nota del Biri: Si trattava di Bondi che gli amici, fin da quando era piccolo, avevano soprannominato affettuosamente Poldino. Niente di strano che il Dottor Anselmi, amico sia di lui che del Cavaliere, si riferisse all'ex ministro con quel simpatico nomignolo).
"Caro dottore" fece Poldino come iniziò ad illustrare i sintomi che aveva cominciato a manifestare l'illustre infermo, "io penso che sia tutto cominciato col Ponte di Messina".
"Come? Cosa c'entra il Ponte? Si spieghi, Poldino, la prego" chiese Anselmi che, educatissimo, seppur riferendosi ad un caro amico, mai avrebbe rinunciato a dargli del "lei".
"Beh, il Cav aveva pensato di aver avuto un'idea geniale: in un colpo solo dotare l'Italia di una grande infrastruttura, unire la Sicilia all'Europa e creare migliaia di posti di lavoro. Chi avrebbe potuto fare di meglio? Invece si accorse con raccapriccio che l'idea non piaceva a nessuno. Tutti gli si misero di traverso: gli ecologisti, i Verdi, i Padani e la grande stampa italiana. Passarono mesi, poi anni. Il Ponte non decollava. Alla fine dovette rinunciare all'idea".
"Da allora fu tutto un susseguirsi di sventure. Prima Fini che lasciò la maggioranza, poi i magistrati che si misero ad indagare sulle sue innocentissime abitudini sessuali, poi la sentenza che lo obbligò a pagare una cifra spropositata nelle tasche del suo acerrimo nemico, e poi di seguito l'affare Mills, e quello dei diritti Mediaset, e Ruby, le Papi-girls, la D'Addario e il Milan che perdeva e perfino un Duomo di Milano tutto per lui, in piena faccia!
La sicurezza di un uomo che aveva avuto tutto il mondo ai suoi piedi cominciò ad incrinarsi, a vacillare, a ripiegare. "Come?" si diceva tra sé e sé: "Io amo tutti e gli altri mi detestano? Perché? Perché?" e dimagriva a vista d'occhio.
Provò a superare la crisi, ad andare avanti, a tornare quello che era sempre stato; nonostante Santoro, e Fazio, e la Littizzetto, e Floris; nonostante Crozza e la pubblicazione delle intercettazioni personali, nonostante i problemi del divorzio da sua moglie, Dio sa se cercò di dimenticare tutto, pur di proseguire nella sua missione!". Poldino si asciugò una lacrima; il Dottor Anselmi prendeva appunti.
"Non ci fu niente da fare. Le sue condizioni peggioravano a vista d'occhio. La sua credibilità si erodeva giorno dopo giorno e lui non poteva farci niente. Cambiò anche fisicamente; i capelli sintetici che portava da neri che erano gli diventarono rossicci, il collo quasi scomparve, il torace gli si ingrossò: ormai le sue giacche erano più larghe che lunghe. Tutto cominciò ad andargli storto; si accorse con terrore di perdere autorevolezza, di non avere autorità, di non essere più in grado di onorare le promesse che aveva fatto a destra e a manca.
"Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani" aveva detto solo pochi giorni prima di aumentare i ticket sanitari, le accise sulla benzina e l'IVA sui prodotti alimentari. Aveva anche promesso di ridurre le tasse spiegando agli ignoranti che la gente paga volentieri le tasse se la pressione fiscale non supera il 33 per cento mentre è giustificata l'evasione se quella pressione supera il 45 per cento; Dottor Anselmi, lo sa come è andata: la pressione fiscale è salita al 47 per cento e l'evasione si è diffusa a velocità vertiginosa: "Ce l'ha detto il Berlusca che siamo scusati se non si pagano le tasse", si giustificano quegli impuniti degli evasori. Certamente erano provvedimenti che Lui non voleva prendere; però li ha presi. Sa Dottor Anselmi, bisogna scusarlo: le pressioni internazionali, la Nato, i mercati, Napolitano e quella tr..ia della Merkel, come la chiama lui. Non riusciva a tener dietro ad una promessa che è una. Ultimamente aveva annunciato: "Ho fatto un accordo col colonnello Gheddafi, che è qualcosa di favoloso. Noi gli si dà un tot di miliardi per risarcirlo dei danni dell'occupazione coloniale, e lui non ci manda i clandestini ad invaderci. Siamo diventati amici carissimi; non lo tradirò mai." Poi, si sa come va: Sarkozy, Obama, la NATO che premeva.. insomma è stato costretto (ma non voleva! non voleva!) a mandare i nostri aerei a bombardare la Libia in modo che, grazie al nostro appoggio, il raìs è stato linciato in diretta e in Libia si è insediata Al Qaeda.
E poi ci si sono messi i mercati. Dietro le pressioni europee il Cavaliere varava una manovra al giorno salvo disconoscerla il giorno successivo. "Taglierò i parlamentari!" e quelli facevano quadrato e, impauriti, cambiavano schieramento; "Abolirò le Province!": niente da fare; tutti contrari e lui doveva rimangiarsi la promessa; "Accorperò i comuni!": peggio che dire "brutto" ai loci; i Sindaci facevano quadrato e dell'accorpamento non si parlava più.
Ora aveva cominciato a dubitare di sé stesso. Faceva lunghi monologhi davanti allo specchio, dava di fuori. Non riusciva più a portare a termine le cose che per lui erano sempre state le più semplici. Una sera Apicella, mentre lo accompagnava alla chitarra, dovette interromperlo mentre il Cav cantava la sua hit "O' sordato 'nnammurato"; "Mi scusi la franchezza, ma stasera Lei stona". Lui se ne era reso conto e, zittitosi, non aveva più aperto bocca per tutta la serata. Un'altra sera, mentre si apprestava alla solita opera di volontariato serale che consiste, come tutti sanno, a testare le qualità artistiche di alcune giovani ragazze disagiate in modo che possano emergere professionalmente nei reality televisivi, una di queste è stata vista uscire, visibilmente incavolata dalla camera dove lui tiene abitualmente lezioni di lap dance dicendo, in modo che tutti la sentissero bene: "E' meglio che me ne vada; che ci sto a fare qui? Stasera, non è aria". Converrà con me, Dottor Anselmi, che le premesse per quello che è avvenuto, c'erano tutte".
Poldino si zittì in attesa ma Anselmi continuò per un pò a scrivere nel suo taccuino senza rispondere, poi, rivolto a Bondi, disse:
"E ora, Poldino, mi dica cosa è successo negli ultimi giorni".
Poldino riprese fiato, bevve un bicchiere d'acqua e dopo una lunga pausa dolorosa, continuò a nararre la cronaca di quei tristissimi giorni.
"Beh, è successo tutto a velocità vertiginosa. Un attimo, un lampo e tutto è cambiato. Prima ci si è messa la... la...",
"La tr..ia della Merkel" (proseguì Anselmi che aveva capito come il Cavaliere appellasse la leader allemanna);
Poldino annuì.
"Quella pretendeva sempre altre misure, altre manovre come se Lui non ne avesse fatte già abbastanza. Si udivano mugugni da ogni parte. L'atmosfera in casa PDL si faceva sempre più irrespirabile. Sono cominciate le defezioni. Il cavaliere è subito volato a Bruxelles a spiegare le sue misure ai partners europei. Macché! Il debito pubblico italiano volava più alto di un jet; lo spread raggiungeva altezze inimmaginabili. Lui che poteva fare? "L'Europa concorda con il mio programma" aveva annunciato, e dopo un'ora eccoti la tr..a della Merkel (come la chiama lui) a dire che occorreva una correzione. "Il nostro debito è sotto controllo" diceva allora il Cavaliere e il giorno successivo eravamo prossimi alla bancarotta.
A quel punto il povero Berlusca ha cominciato a dare i numeri. Non ne azzeccava più una. E' stato terribile. "La maggioranza durerà fino al 2013" dice in TV e il mattino successivo ecco che la laggioranza non c'è più.
"Sia chiaro che dopo di me non c'è altro che le Elezioni anticipate" proclama e subito Napolitano chiama Monti, lo nomina senatore a vita e gli dà l'incarico di formare un governo.
"Non sono disponibile ad appoggiare un governo non eletto da una maggioranza" grida il Berlusca e subito Napolitano lo convoca e gli ordina di appoggiare seduta stante il governo Monti, anche a costo di rompere l'alleanza con la Lega.
"Va bene" accetta il Cavaliere, "ma sia chiaro che Letta deve essere vicepresidente del Consiglio", "Non se ne parla nemmeno" lo gela Monti; "E Nitto Palma alla Giustizia?" implora il Berlusca; "Scordatelo" sibila Monti "E niente scherzi. Ho bisogno del tuo appoggio per fare le tue riforme che tu non hai saputo fare".
Il povero Cav che deve fare? Ubbidisce.
Come ordinatogli dà le dimissioni, garantisce l'appoggio del suo partito al nuovo Governo e torna a casa sotto un diluvio di offese, di fischi e di lanci di monetine.
Poi si mette a letto. E non dice più niente. Ecco perché temo per la sua salute e la ho chiamata, Dottor Anselmi. Ma ecco che vedo la dottoressa Chantal; lei potrà darci le ultime notizie sullo stato di salute del nostro caro paziente. Dottoressa! Dottoressa!"
La donna che entrò nella stanza era poco più di una ragazza. Indossava un camice assai ridotto che le arrivava poco sotto l'inguine e, in alto, faceva risaltare una spettacolare scollatura. Per il resto c'è solo da dire che era assai abbronzata, aveva lunghi capelli ricci e, sopra le scarpe col tacco a spillo indossava un paio di autoreggenti a rete che non finivano mai.
"Si dev'esser laureata molto giovane. Forse in scienze motorie" pensò Anselmi. "Le presento la Dottoressa Margot Chantal" disse Poldino introducendola al dottor Anselmi.
La dottoressa Chantal disse che il Cavaliere, lungi dalle sue abitudini, non l'aveva fatta chiamare in tutto il giorno, restando chiuso nella sua camera senza nemmeno scendere per il pranzo. "Temo per lui" disse Margot aggiungendo: "E' sempre tanto carino con tutti noi che fa male vederlo in questo stato".
Poldino, la dottoressa Chantal e l'Anselmi si avviarono verso la porta che introduceva alla camera dell'illustre paziente ma questi, appena si accorse che qualcuno si accingeva ad entrare si fece vivo da dietro la porta per urlare che non voleva vedere nessuno "Nemmeno la dottoressa Chantal!" precisò facendo scoppiare in un pianto disperato la giovane laureata.
Anselmi potè solo dare una sbirciata dentro la camera dove si trovava il fu-premier, dal buco della serratura.
Quello che vide lo sconvolse.
Con i radi capelli sconvolti, il volto deformato da una smorfia, l'espressione del viso dove si mescolavano stupore e rabbia, colui che era stato fino a pochi giorni prima uno dei leader più influenti del panorama politico mondiale era adesso trasformato in un uomo pressoché irriconoscibile. Anche l'aspetto della sua persona era cambiato. Incassato in una larga vestaglia di seta a pois e con due larghe pantofole che gli coprivano i piedi nudi, il Cav misurava a larghi passi la stanza bofonchiando tra sé e sé frasi irripetibili inframezzate da lunghi sospiri.
Poldino e la Chantal avevano le lacrime agli occhi: "Guardi, dottore, come è ridotto! Un uomo che voleva far del bene a tutti coloro che avevano bisogno di lui!" piagnucolò la dottoressa. Lo spettacolo era straziante; Anselmi convenne che, per il momento la cosa migliore da fare era quella di non intervenire sperando che la notte, inducendo il paziente al riposo, potesse alleviare le sue pene. I tre si allontanarono in punta di piedi. Sul portone incontrarono quattro ragazze appena arrivate. Erano vestite da majorettes, con lunghi stivaletti bianchi, i puff ai polsi e corte sottanine colorate. Ridevano, scherzavano e correndo si precipitavano già verso il corridoio quando Poldino riuscì a fermarle appena in tempo.
"Signorine, signorine, le prego! Il cavaliere stasera non può riceverle. Le prego, andate via!" e si affannava a farle tornare da dove erano arrivate.
Quelle non capivano: "Ma... e il casting? Avevamo il casting per la partecipazione a Miss Maglietta Bagnata 2011 e proprio il Cavaliere doveva fare il giudice! E ora come si fa?". A stento, poco convinte, furono finalmente respinte dietro le insistenze di Poldino e della dottoressa Chantal.
Ora nella grande villa non c'è più nessuno. Anselmi, la Chantal e Poldino si sono ritirati, in attesa del nuovo giorno. Tutti dormono: il giardiniere, il cuoco, lo sguattero e un centinaio di giovani orfanelle che da tempo hanno trovato in quella grande dimora il loro protettore ed il loro rifugio.
Solo uno non dorme.
Davanti allo specchio, ansimante, come febbricitante, scosso dall'ira, il Berlusca dà corpo ai propri incubi, alle proprie ossessioni e le sue frasi inconsulte rimbombano nei meandri più riposti del palazzo:
"Perché non sono riuscito a fare quello che volevo fare? Non ho sempre voluto il bene del popolo? Perché mi hanno cacciato? Traditori! Infami! Io che amavo tutti, io che aiutavo tutti!" poi prosegue, in preda all'ira: "Ma non finirà così! Cribbio! Tornerò più forte di prima e allora... ah ah ah ah! Te la farò pagare maledetto Fini! Ti strapperò il cuore! Maledetti tutti! Mandarmi via così! A me!...".
La voce si affievolisce mano a mano che ci si allontana da quel triste luogo di pena e di espiazione.. Si fa solo in tempo ad udire ancora qualche parola smozzicata che gela il sangue nelle vene e suscita pietà nei cuori più incalliti
"Io solo sono il Premier! Viva il Premier! Il cavaliere canta bene, è simpatico e piace alle donne... Fini! Fini! Rendimi la mia maggioranza! Napolitano! Carlucci! per piacere: la mia maggioranza!!".
E' notte fonda e non c'è un'anima in giro. Il silenzio che copre ogni cosa è rotto solo dal frinire dei grilli che salutano l'estate di San Martino, ma chi si trovasse a passare per la stradina che costeggia il muro di cinta della grande villa di Arcore non potrebbe evitare di tendere l'orecchio ad una voce rotta dai singhiozzi che canta una canzone che si insinua in tutti i più riposti meandri della villa.
E' una canzone antica, melanconica, straziante, grottesca qui, a quest'ora: "O' surdato 'nnammurato".
Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 14:28 0 commenti
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Democrazia
venerdì 11 novembre 2011Quando l'Italia decise di entrare a far parte dell'Unione Europea ve l'hanno chiesto se eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando decisero che il cambio sarebbe stato di quasi 2000 lire per un euro, a Voi ve l'hanno chiesto se eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando da un giorno all'altro ci si svegliò più poveri del 50 per cento (dimezzato il potere d'acquisto degli stipendi, delle pensioni e dei patrimoni monetari), Ve lo chiesero se eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando ci prelevarono forzatamente i soldi per la cosidetta "Tassa per l'Europa" promisero che ce li avrebbero restituiti a breve giro di posta; Voi li avete visti?
IO NO.
Quando l'Italia decise di mandare una missione militare in Afghanistan, e poi decise di bombardare la Libia, e poi decise di accogliere tutti i clandestini che arrivavano, ve lo hanno chiesto se per Voi erano cose sulle quali eravate d'accordo?
A ME NO.
Quando hanno deciso di passare al Digitale Terrestre e che per farlo bisognava provvedere "a spese nostre" a comprare un decoder o un nuovo televisore per continuare a vedere la TV per la quale già avevamo pagato l'abbonamento, Vi è parsa una cosa normale?
A ME NO.
Quando, in mezz'ora hanno deciso di mandare a casa il Governo in carica e di sostituirlo con un altro "nominato" dall'alto senza sentire nemmeno cosa ne pensavate, Voi eravate d'accordo?
IO NO.
Ma loro dicono che la cosa è del tutto normale, che tutto è fatto nel rispetto delle regole e per il bene dei cittadini e che quelli come me non sono altro che Antidemocratici.
Devo dire che se questa è la Democrazia, sono d'accordo.
Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 15:58 0 commenti
THREE IMAGINARY KILLERS (3) - L'attentato
martedì 8 novembre 2011Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 17:49 0 commenti
THREE IMAGINARY KILLERS - (2) - Il piano
domenica 6 novembre 2011Mentre Gargamella, a dispetto di tutte le minacce espresse a destra e a manca ed in ogni occasione nei confronti del suo grande nemico, rabbrividì al pensiero che forse proprio davanti a lui, con lui presente, si stava a programmarne la dipartita terrena, la Capa di tutti i metalmeccanici (e non solo) annuì entusiasticamente e si mise a sbattere con vigore sul tavolo la grossa chiave inglese che portava con sé (e dalla quale non si separava mai) esclamando: "Era ora! Ha da schiattà il porcone! No pasaràn! Esiliamolo ai cipressini!" Maria Rosaria dovette alzare la voce fino a tonalità inaudite per riuscire ad ottenere un poco di silenzio.
"Forse non mi sono spiegata bene" disse non appena si fu ricostituita una parvenza di calma; "Non dico che il Maiale brianzolo (lo chiamava così, tra amici) debba essere accoppato "fisicamente"; ("Accidenti!" mormorò con malcelato disappunto, ma senza evitare che gli altri la sentissero, la Camussa) voglio solo fare in modo, col vostro aiuto, di distruggerlo moralmente, politicamente, mediaticamente; dobbiamo fare in modo che non possa più essere accettato in qualunque consesso, non dico politico, ma nemmeno condominiale, che non possa più farsi vedere in pubblico senza essere oggetto di scherno, che non abbia più il coraggio nemmeno di parlare al telefono. o di rilasciare una dichiarazione o, meno che mai, di cantare una canzonetta napoletana con Apicella. Deve insomma morire socialmente"
"Ma come si può fare, per ottenere ciò?" domando, con un filo di voce, Pierluigi, sperando in cuor suo di non irritare le due erinni.
"Ricordate Franceschini?" chiese retoricamente Maria Rosaria ai suoi compagni d'avventura.
E come no. Chi poteva scordare quei giorni di qualche anno prima, quando alla Convention Democratica, oratore proprio Franceschini, era avvenuto il fattaccio che aveva sprofondato nel ridicolo il giovane democratico rampante determinandone la fine politica.
Era successo che, quasi al termine del comizio del Franceschini, quando, in ossequio all'anima democratica del Partitone l'oratore aveva dato la parola al pubblico in modo da permettere ai presenti di porre qualche domanda, dopo alcune domande politically correct dell'inviato della Velina Rossa, di quello del TG3 e di Travaglio, si era alzato dalla sedia, ed aveva chiesto la parola un tale dal volto celato sotto un largo cappello che, per tutto il tempo, era rimasto in disparte a prendere appunti. Nella grande sala era sceso improvvisamente il silenzio. Chi era costui? Un inviato di una Grande Potenza? Un intellettuale in incognito desideroso di conoscere meglio i meccanismi della politica italiana? Nessuno poteva dirlo. Fra la folla di giornalisti, inviati stranieri e parlamentari europei che affollavano la sala, nessuno l'aveva mai visto prima (o almeno così sembrava).
Quando Franceschini gli aveva dato licenza di formulare la sua domanda, lo sconosciuto aveva appena cominciato:
"Senta..." che era stato subito interrotto dal giovane dirigente piddiino che lo aveva invitato a dargli del "tu", in ossequio al noto cameratismo che contraddistingue da sempre i progressisti.
"Senti" aveva chiesto allora lo sconosciuto, "Tu hai detto di sapere tutto sulla situazione italiana e di conoscere per filo e per segno i mali e quali sarebbero i rimedi per il nostro Paese. Ma tu... (e qui fece una pausa carica di effetto. Tutto l'auditorio tese gli orecchi; la tensione era palpabile); tu dunque, dimmi: lo conosci Pino?".
Lo sventurato Franceschini, ignaro delle conseguenze, non riuscì a fare a meno di chiedere: "Chi Pino?".
"Quello che te lo buttava nel c..o da piccino!" replicò prontamente e a voce altissima lo sconosciuto prima di eclissarsi in un lampo da un pertugio.
Inutile dire che la battuta fece il giro del mondo. Fu riportata su tutti i giornali, fu raccontata su Facebook ed il video che la riportava su YouTube fu il più clikkato dell'anno.
La carriera di Franceschini ne fu sconvolta; il giovane piddiìno invece di proseguire la sua fulminea carriera destinata (come sembrava) a portarlo in breve tempo ai vertici del Partitone, fu accantonato, e, divenuto bersaglio dei commenti più salaci e sanguinosi e delle più perfide prese in giro da parte di coloro che fino ad un'ora prima si professavano suoi amici, si ridusse a qualche comparsata negli scioperi organizzati dalla ciggielle o a fare la spalla a Gargamella nelle sue quotidiane sparate contro il Duce d'Arcore.
"E' giunta l'ora della vendetta!" disse la Presidentessa, e, conoscendo il pulpito dal quale proveniva la minaccia, nessuno osò dubitare che quella sarebbe stata la volta buona per farla finita con il Flagello dei Comunisti.
I due si misero in attesa delle prossime parole di Maria Rosaria.
"Ecco di che si tratta", disse la Bindi, "Fate bene attenzione e ditemi cosa ne pensate..."
(segue)
Pubblicato da Roberto Mulinacci alle 17:44 0 commenti
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